venerdì 31 dicembre 2010

Ariano's side of Survival - 4

AVVISO: questo post non rientra nella normale routine del mio blog, ma appartiene al progetto Survival Blog


Primo giorno del 2016 (o meglio: un giorno qualsiasi)

Il paesino di cui sono stato re per alcune settimane si chiama Mugnano. Poi sono arrivati i razziatori natalizi e ho capito di non essere più al sicuro, oltre ad aver perso le mie scorte alimentari.
Adattarsi sempre all’ambiente e alle nuove circostanze, questo è il segreto della sopravvivenza. Ergo, dovevo trovare una zona di caccia sicura, priva di nemici più forti di me. Però ho esitato per alcuni giorni. Paura, incertezza, istinto.
Stamattina però era il primo giorno del nuovo anno. Stronzate. Un alba come tante altre, il concetto di “nuovo anno” fa parte dei retaggi anacronistici della mente sapiens. Ma io ho deciso ugualmente di considerarlo un “segnale” e di andare finalmente in cerca di una nuova tana. PRIMO ERRORE!
Dopo pochissimi chilometri ho sospeso incautamente la mia migrazione solitaria. Era inevitabile che transitassi davanti al fratello maggiore di Mugnano, il vecchio borgo tufaceo di Bomarzo, con il cartello turistico che ancora pubblicizzava il Parco dei Mostri. C’ero stato tante volte da bambino, e non mi aveva mai fatto paura. I “mostri” sono opere d’arte, da ammirare più che da temere.
Non avrei dovuto, ok. Gli animali non hanno ricordi. Io invece mi sono lasciato trascinare dai residui della mia umanità e mi sono addentrato nella boscaglia per rivedere le sculture di tufo, un pezzo di memoria di un’epoca talmente lontana che sarebbe stata preistoria persino cinque anni fa, quando ancora la pandemia era solo un trafiletto sulla cronaca estera. SECONDO ERRORE!
La vegetazione era selvaggia, ma non più di quanto sia sempre stata. Non lo hanno mai curato quel parco, era abbandonato a se stesso anche prima dello spopolamento. I rami degli alberi schermavano il sole, foglie secche e erba congelata scricchiolavano con discrezione sotto i miei piedi.
Le sculture erano sempre lì. Ed è accaduto che, a quarantacinque anni suonati, sono rimasto terrorizzato a causa della Grande Faccia. Non mi aveva turbato neppure quando ero un bimbo di sei, da adulto invece mi ha gelato il sangue. Perché stavolta l’ho vista viva. Feroce. Regredita anche lei. Non più elegante e allegorica opera figurativa creata da un brillante artista rinascimentale, ma idolo pagano di un pianeta primitivo, pronto a esigere il suo sacrificio umano.


Sì, la Grande Faccia aveva masticato un uomo. Le gambe erano già nelle sue fauci, mentre il tronco insanguinato ancora penzolava fuori come un boccone in attesa di essere inghiottito.
Era destino che anche le statue si dessero al cannibalismo. In questo mondo nuovo e diverso, nulla può più essere come prima. Se io ho banchettato con carne umana, se gli uomini del futuro lo faranno con ancor più naturalezza, è giusto che la Grande Faccia del Parco di Bomarzo si adegui.
Belle riflessioni eh? No, cazzate. Roba anacronistica. Un predatore non riflette, rischia di distrarsi. TERZO ERRORE!
E infatti c’è mancato davvero poco. Era troppo tardi quando ho capito che quello scricchiolio di foglie non lo stavo causando io. Ormai ero fottuto. Ero solo, in mezzo a una selva buia, perfetto bersaglio per qualunque nemico nascosto nell’ombra. Se ci fosse stato uno di quei “miliziani” ero praticamente già morto, pronto per essere il nuovo pasto della Grande Faccia.
Ne avevo ammazzati diversi di quei bastardi in mimetica: loro entravano in paese, pattuglie di due persone al massimo, e io sfruttavo la posizione nascosta per freddarli alle spalle. Bum bum. Ora la situazione era invertita: io bersaglio allo scoperto, loro cecchini invisibili.
Il terrore è aumentato. Sangue gelato come un’antilope in mezzo alla savana e l’odore di leone a troppa poca distanza per poter anche solo tentare una fuga. Insetto che ormai si rende conto che la foglia di quella pianta carnivora non si sta muovendo a causa del vento, è una morsa che si sta serrando attorno alle sue ali.
Mi sono preparato mentalmente all’idea di morire. Ciclo della natura. Mors tua vita mea. Stavolta tocca a me, ok, fa parte del gioco. Non ho più nulla da perdere. Preda sì, ma almeno boccone indigesto per il predatore, se possibile. Lentamente ho infilato le mani nel giaccone, afferrando le armi. Poi ho concentrato le orecchie verso il suono delle foglie secche. Mi sono girato di colpo verso destra e ho estratto a tutta velocità le pistole, come John Wayne in un film western. Un John Wayne imbranato, perché una pistola mi è caduta, e oltre tutto il rumore veniva da sinistra (evidentemente i miei sensi animali sono abbastanza scadenti).
Ma per fortuna era un “giallo”. Sì, per fortuna. Perché loro aggrediscono da bestie vere (non fittizie come me). Mi stava per saltare al collo, ma lui non aveva armi da fuoco. Ho fatto in tempo a girarmi e gli ho scaricato addosso cinque colpi, anche se il primo lo aveva già steso.
Per fortuna era un “giallo”, lo ripeto. Se fosse stato un miliziano a quest’ora non potrei raccontarlo. In questo nuovo mondo sono più pericolosi certi uomini che hanno mantenuto la loro umanità rispetto a quelli che ormai sono regrediti al cannibalismo endemico della pandemia. Io sono a metà strada, o piuttosto sperduto tra questi due estremi. Sperduto, anche tra i paesini della Tuscia. La mia strada è ancora lunga, ed estremamente incerta.
“Buon anno” a chi ancora mantiene nella sua mente questo bizzarro concetto legato al ciclo di rivoluzione della Terra attorno al sole. Anch'io continuo a concepirlo nella mia testa, e questo è sicuramente il mio QUARTO ERRORE.

3 commenti:

  1. (Fuori dal personaggio): Ottima l'idea dell'escursione a Bomarzo, così come le suggestioni della grande faccia "animata".
    Mi piace, e anche tu, sotto sotto, ci stai prendendo gusto ;-)

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  2. Nonostante tutto: felice 2011, Ariano.
    Vedrai che un"occasione (o l'occasione) salterà fuori.

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  3. (personaggio off) Scusa se arrivo solo ora al tuo SB, ma ho dovuto recuperare una settimana quasi di lettura di tutti i blog. E' un ottimo pezzo e secondo me questi contributi che si calano anche nelle geografia e la animano danno l'idea della realtà della situazione. Non è solo una caccia al Giallo o una fuga da loro, ma da il senso di come la pandemia sia estesa su tutto il territorio, anche quello che sembrerebbe abbandonato. E' una cosa 'vera'.
    Temistocle

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