martedì 15 marzo 2011

150

 Visto che certe occasioni capitano una volta ogni mezzo secolo (e visto che difficilmente sarò presente alla prossima) penso che sia il caso di spendere qualche post sull'anniversario dell'unità italiana, a partire da questa settimana in cui viene celebrato il giorno ufficiale dell'evento storico, il 17 marzo 1861.
Le polemiche sono tante, e per un paese come il nostro non è una stranezza: l'italiano medio (me compreso) campa di pane e polemiche.
Premetto che reputo sempre legittimo esprimere la propria opinione, quindi fanno bene i leghisti e i borbonici che - in nome della libertà di espressione - dichiarano di non essere soddisfatti dell'unità e la criticano. Come diceva Voltaire, non condivido la tua opinione ma mi batterò per permetterti di poterla sostenere. Guai se non si potesse esprimere il proprio pensiero.
Personalmente sono un pro-unitario. So bene che in questo paese tante cose non funzionano, e anche noi cittadini spesso non siamo migliori dell'apparato pubblico. Sono anche d'accordo sul fatto che l'unità poteva essere costruita meglio. Però...
Però è il solito vecchio discorso: è facile scovare i difetti e criticare a distanza di cent'anni e passa, è semplice dire "Cavour ha sbagliato", "Garibaldi ha sbagliato", "Bisognava dar retta a Mazzini", "Dovevano seguire Gioberti"... Noi siamo qui, comodamente seduti davanti al pc, coi libri di storia a disposizione per sapere tutti i dettagli del periodo post-unitario sino ai giorni nostri.
In quegli anni invece dovevano semplicemente agire. Si trattava di sovvertire uno status quo che durava da secoli, e che (è il caso di ricordarlo) era iniziato già nel 1820, quindi quaranta anni prima, coi moti di Napoli.
Quarant'anni di sommosse, guerriglia clandestina, riunioni segrete, arresti, esili e fucilazioni, col culmine del 1848 e delle centinaia di patrioti morti combattendo a Milano, Brescia, Roma, Venezia e altre città.
"Non bisognava mettersi nelle mani dei Savoia". Per me è facile dirlo. Molto meno lo era per un Garibaldi che, dopo vent'anni spesi a combattere, era costretto a fuggire da Roma come un ricercato per vedere il papa re che rientrava trionfalmente a Roma, gli austriaci che rientravano a Venezia e Milano, e l'Italia ancora divisa con la prospettiva che questa situazione potesse durare per altri cent'anni. Perchè no?
Insomma, in quegli anni non era così facile e scontato pensare che l'Italia sarebbe stata unificata, e non era solo questione di mettersi attorno a un tavolino e decidere i dettagli. In alcuni degli stati pre-unitari non si poteva neppure parlare dell'ipotesi di unità, si rischiava l'arresto per questi argomenti "sovversivi". Noi siamo abituati a parlare liberamente di ogni cosa e neppure possiamo concepire queste situazioni. Ancora meno possiamo capire il fatto di dover prendere il fucile e rischiare la vita per combattere in nome di un ideale. La nostra idea di "combattere per un ideale"  è scendere in piazza e gridare slogan, e la prospettiva di ricevere qualche manganellata ci fa pensare alla dittatura (e a una bella causa contro lo stato invocando un certo articolo di legge...) Invece Garibaldi e i patrioti non potevano scendere in piazza, e neppure sporgere denuncia al tribunale dei diritti dell'uomo (che non esisteva), dovevano direttamente rischiare la vita, sparare e farsi sparare in un'autentica battaglia militare. Oppure stare zitti e buoni, fregarsene, e lasciare a noi posteri la questione. "Vi sta bene la divisione o volete l'unità? Fate voi, decidete voi, la vita rischiatela voi, le fucilate prendetevele voi". Mi piacerebbe vedere un Bossi governato da Radetzky (coi metodi di Radetzky, non con quelli della repubblica italiana) o uno di quei ragazzi meridionali che sputano su Garibaldi di fronte a una monarchia assolutista borbonica (non di fronte al governo democraticamente eletto della Regione Sicilia). Sarebbero più felici? Forse sì. Ma forse anche no.
E qui si arriva al nocciolo. C'è chi dice (adesso): "Ma perchè è stata fatta questa unità? Ma chi l'ha voluta? Solo una minoranza di carbonari e borghesi, il popolo non la voleva". La questione è legittima. Era opportuna questa unità?
Secondo me sì, e ne parlerò più approfonditamente in altri post sull'argomento.

9 commenti:

  1. @ Mirco : forse, ma d'altronde coloro che hanno lottato per l'unità hanno combattuto in prima persona, molti morendo o pagando con anni di esilio, prigionia e clandestinità. Quanti di quelli che oggi criticano sarebbero disposti ad accettare una vita piena di privazioni?

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  2. Come hai scritto anche sul mio blog, gli italiani sono pigri e non hanno molta voglia di informarsi. L'Italia dei comuni poteva sembrare più prospera di una nazione unita sotto la bandiera sabauda ma, in quel contesto storico, non sarebbe durata a lungo. I comuni si sarebbero impoveriti perché incapaci di fare concorrenza a nazioni potenti come Francia, Spagna, Austria... sarebbero diventati l'ombra di loro stessi e, in breve tempo, territorio di conquista (come del resto accadde... Bologna fu francese per parecchio tempo, e ancora oggi lo si può notare in molte cose, tra cui il dialetto).
    Quindi, politicamente, era necessario unirsi e creare una struttura abbastanza ampia e robusta, capace di resistere alle pressioni politiche, economiche e militari degli stati confinanti.
    Quanto ai leghisti... che brucino pure la bandiera italiana con sdegno. Se oggi esistono e possono fare queste cose, lo devono solo a chi ha dato la vita perché l'Italia divenisse realtà. E comunque sono degli ipocriti, visto che per non perdere la seggiolina in parlamento trovano continue scuse per ritardare, derogare, rimandare il tanto conclamato federalismo.

    E poi... devo ancora capire cosa ci facciano, loro, nei palazzi di potere della "Roma ladrona". Bah!

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  3. @ Glauco: è facile sapere cosa fanno nei palazzi del potere: ingrassano a spese nostre. Loro non fanno differenza se i soldi li beccano dai padani, dai terroni o dai ciociari: l'importante è che abbiano il colore giusto. Pecunia non olet!
    Temistocle

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  4. Purtroppo un certo tipo di italioti non sono capaci di apprezzare ciò che deriva dalle altre regioni d'Italia e sono sempre pronti a sottolinerare le differenze piuttosto che le analogie. Come si fa a vedere un futuro (in questo mondo globalizzato) con la scissione d'Italia? Giusto i leghisti (antistorici) possono andare a pensare una cosa simile.

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  5. L'unità d'Italia credo che in parte esista solo sulla carta, perché come popolo siamo diversissimo da regione a regione, anche se ci sono caratteristiche - belle e brutte - che ci accomunano tutti.

    Le motivazioni che portarono agli eventi di 150 anni fa sono storicamente comprensibili e giuste: è ciò che ne han fatto gli italiani dell'unità e di cosa ne stiamo facendo noi ora che mi fa nascere dei dubbi... dubbi NON tanto geografici nel mio caso, ma di pensiero... (o meglio di non capacità di pensare)

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  6. Certo, e la superficialità di tanti è figlia di una mancanza di cultura. Proprio l'altro giorno un mio parente mi fa: "Tu che sai tutto, mi spieghi esattamente cosa è successo 150 anni fa?"
    Mi sono cadute le braccia per terra.

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  7. @Ariano:
    Solitamente, chi esordisce con "Tu che sai tutto" fa presagio di catastrofe, rogne, difficoltà, o per lo meno imbarazzo! ^_^

    Ma come gli hai risposto? Non puoi lasciarci sulle spine così!

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  8. @ Glauco: e che dovevo fare? Con un certo imbarazzo mi sono messo a spiegare che l'impresa dei Mille (sì, proprio quella) era accaduta esattamente 150 anni fa; e che contemporaneamente i Savoia occupavano Umbria e Marche etc. etc.
    Spero almeno che di qui a tre mesi se lo ricordi ancora.

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