mercoledì 3 aprile 2013

Un tema pittorico ricorrente - 2

Come già fatto in un precedente post, mi cimento oggi su un tema pittorico ricorrente.
La Pasqua da poco trascorsa mi ha rammentato numerosi episodi del racconto della Passione che hanno offerto spunti ai pittori nel corso dei secoli.
Uno particolarmente scabroso è il bacio di Giuda. Il destino di Gesù era redimere l’umanità, e il disegno si compì tramite la crocifissione preceduta dal tradimento (ma era proprio necessario?) di uno dei suoi apostoli. Un ruolo davvero tremendo per l’Iscariota: farsi carico della più odiosa delle infamie a danno del Cristo. Da un punto di vista teologico il ruolo di Giuda è stato oggetto di discussione, e Borges ne ha tratto il racconto “Tre versioni di Giuda” che consiglio di leggere.
Ma io intendo solo analizzare alcune diverse interpretazioni figurative.


Una delle più celebri è quella di Giotto (1267-1337). Lo stile è ancora quello ieratico dell’iconografia bizantina, però nel suo affresco di vede anche il dinamismo della scena: Gesù riceve forzatamente un bacio che sembra un’aggressione, come d’altronde viene enfatizzato dalle altre figure che lo circondano.


Anche Caravaggio (1571-1610), più di due secoli dopo, sceglie di rappresentare il bacio del discepolo come un atto di violenza, ma cambia la raffigurazione di Cristo: non ha più la fermezza divina, mostra tutta la sua umana fragilità a partire dalle mani che, sotto la spinta di Giuda, non riescono neppure a mantenere la posizione della preghiera.


Felice Torelli (1677-1748) sceglie invece di dipingere un Cristo che mantiene la sua misericordia persino nel momento atroce del tradimento: sembra quasi sorridere a Giuda mostrando compassione verso colui che, in fin dei conti, sta solo svolgendo il ruolo assegnatogli dal disegno divino per il compimento della redenzione dal peccato originale.


Il pittore franco-olandese Ary Scheffer (1795-1858) preferisce invece un Gesù talmente forte da restare quasi indifferente al perfido Giuda che lo sta consegnando ai romani. Nel suo volto si legge la rassegnata ma convinta accettazione dell’ “amaro calice” di cui parla uno degli evangelisti.

20 commenti:

  1. Certamente tre stili e tre epoche diversi. Paradossalmente proprio nell'epoca in cui tutto passa attraverso l'immagine (tv, pc, supporti digitali vari) si è perso il senso della figura, del messaggio attraverso la rappresentazione pittorica. Esistono sicuramente scuole museali moderne e valide ma, a mio modestissimo parere, non raggiungono quell'espressività (e quindi quella leggibilità) tipica di altri periodi. Sono soprattutto i particolari (come hai giustamente sottolineato) a parlare in questi quattro dipinti. Ed è proprio il particolare che maggior senso all'intero del dipinto. Penso che la differenza tra ieri e oggi stia proprio in questo: oggi si punta su una sensazione singola, determinata; ieri l'attenzione era per tutto l'insieme che dava senso anche al singolo particolare.

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    1. Certamente passa la stessa differenza che esiste tra la recitazione teatrale, enfatizzata di una volta, e quella realistica odierna: prima bastava una singola battuta per trasmettere il clima di una scena o il carattere di un singolo personaggio.

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  2. Analisi interessante! Personalmente, preferisco i primi due dipinti - soprattutto quello del Caravaggio. Mi piacciono il movimento, le sensazioni che trasmettono e che hai messo in evidenza. Non mi piace granché, invece, la ieratica immobilità espressiva del Cristo nell'ultimo quadro. Non l'ho mai apprezzata nell'arte in generale e in quella religiosa soprattutto: mi comunica un freddo senso di distacco che mi colpisce in modo spiacevole, nonostante io sia atea.

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    1. Anche io, umanamente, provo maggiore identificazione col Cristo caravaggesco quasi spaventato mentre subisce l'imposizione di un bacio che è in realtà una pugnalata.

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  3. Anche io preferisco il Cristo caravaggesco, sarà forse per la sua carica di umanità, da cui traspare non solo la paura ma anche tutta la delusione per un amicizia tradita.

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    1. Sì, un Cristo molto uomo e poco divino, come è nello stile di Caravaggio, che sembra davvero una persona come noi e non un essere superiore.

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  4. Ottimo post e ottima analisi.
    La versione di Torelli è forse quella che mi colpisce di più, per i suoi contrasti.

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    1. É un quadro poco noto ma a mio modestissimo avviso significativo.

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  5. Ciao, le opere che hai scelto suscitano istantaneamente emozioni in chi guarda, come tutta l' arte figurativa in genere, si apprezzano le capacità tecniche dell' artista e i soggetti sono riconoscibili, è un' arte immediata anche a distanza di secoli di storia, evoluzioni etiche e sociali.
    Diversamente le forme d' arte non figurative moderne o contemporanee, che siano pittura, scultura, video arte, ecc, dove non è più il soggetto o la tecnica a rendersi riconoscibile ma l' idea, il concetto che le genera, richiedono un impegno aggiuntivo per poter dare un senso (personale) all' opera.
    Preferisco l' arte pittorica dei primi 50 anni del '900, fatta di forme geometriche e colori vivaci che si inseriva a rottura dall' imitazione dei modelli, sostenuta dal classicismo. Un' arte dalle possibilità infinite che permette a noi che guardiamo di ammirarla a più livelli in modo critico, siamo liberi di fermarci all' accozzaglia di colori che sta bene sopra il divano, fino ad arrivare a comprenderne il significato spirituale, rendere visibile ciò che non lo è.
    Temo di essere andata fuori tema.... :)
    Veronica

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    1. Personalmente invece prediligo l'arte classica (ma non escludo altri generi, come il surrealismo e il simbolismo). Credo che un'opera troppo introspettiva e soggettiva diventi anche troppo oscura per il fruitore.
      Ovviamente è solo il mio personalissimo e opinabilissimo gusto.

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  6. Anch'io preferisco il dipinto del Caravaggio, Gesù manifesta la sua fragilità e le sue emozioni come un semplice uomo, come uno di noi...

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    1. In effetti la grande intuizione di Caravaggio è stata proprio quella di rendere umane sotto ogni punto di vista anche le figure sacre come Gesù e Maria.

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  7. Io invece, quest'anno, apprezzato una differente forma di arte… il mercoledì prima di Pasqua sono andata a sentire il concerto La Passione secondo Matteo, di Bach.

    È stata un'esperienza emotivamente potente… specie la prima parte, che narra della notte del tradimento nel campo di ulivi. Il Giovedì Santo mi ha sempre profondamente commossa. Quando frequentavo ancora la parrocchia, la Messa in caena domini mi commuoveva ogni volta… Piuttosto che il venerdì santo, come dici tu, è per me molto più significativo il giovedì :-)

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    1. Beh, tutta l'esperienza della Passione è altamente coinvolgente, e le varie forme espressive con le quali gli artisti hanno cercato di raccontarla ha sempre un grosso impatto emotivo, prescindendo dalla fede.
      Anche la semplice lettura della Passione durante la messa, con tutti i passi più drammatici nei quali si possono scorgere infiniti significati simbolici, riesce sempre a commuovermi.

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  8. Che interessante posto... e Caravaggio è sempre grande!
    Spero che abbiate trascorso una Pasqua serena...

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    1. Grazie. Diciamo che è stata una pasqua serena nonostante le brutte premesse dalle quali partivamo.

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  9. Mi piacciono sempre le tue analisi dei dipinti...:)
    Anche io preferisco Caravaggio e non mi piace proprio l'ultimo dipinto.

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  10. "Analisi" è una parola grossa, io sono solo un banale dilettante.
    Comunque direi proprio che la versione di Caravaggio è quella più apprezzata.

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  11. Post molto interessante, complimenti :)

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    1. Ciao, benvenuto :-)
      Mi fa piacere che tu lo abbia trovato interessante.

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