lunedì 27 ottobre 2014

L'era dell'esibizionismo globale - 2

AVVISO IMPORTANTE: LETTURA INADATTA AI BAMBINI

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La testa era ancora appoggiata sulla mano e il gomito ugualmente piantato sopra un tavolo. Cambiavano solo i dettagli: il disordinato angolo cucina di casa invece dell’ufficio del commissariato e il pigiama già indosso – anche se erano solo le nove di sera – al posto della camicia e dei jeans.
Alle sette e dieci Doglia aveva postato il suo personale messaggio di addio a Edwin Maas:
Le tue parole sono entrate a far parte di tante vite e neppure la tua scomparsa potrà mai cancellarle
e poi si era trattenuto per circa un’ora leggendo i successivi commenti. Li leggeva nel senso che ripeteva a voce bassa i suoni di vocali e consonanti mentre comparivano a ritmo continuo nella shoutbox sotto forma di incomprensibili sequenze. Erano quasi esclusivamente vocaboli di idiomi a lui ignoti, talvolta apparivano persino caratteri di altri alfabeti. Le parole italiane o comunque identificabili erano rarissime, prevalevano le lingue assurde.
Verso le otto aveva virato su facebook per rispondere ad alcune notifiche sul proprio profilo, e uno dei suoi ‘amici’ gli aveva rammentato che l’indomani il Royal Majesty Channel di youtube avrebbe trasmesso in diretta la prima notte di nozze del principe erede Oliver e della fresca sposina Virginia (ironia del nome). Il messaggio si concludeva specificando che su twitter era già predisposto, con largo anticipo, l’hashtag #fucKingAndQueen per commentare la regale scopata…
Che poi non ho ancora capito per quale cazzo di motivo dobbiamo sempre adattarci a questi stracazzo di hashtag inglesi e quelli in italiano vengono ignorati. Cioè, cazzo, vedi commenti italiani che quotano l’hashtag inglese, e intanto l’hashtag italiano sullo stesso argomento rimane a quota zero perché non se lo fila nessuno. Siamo proprio un popolo di esterofili!
Vabbé. Ci vediamo!
Doglia non aveva risposto, né all’amico in questione né a nessun altro.
Successivamente aveva visionato il sito della sua amica Rosanna, che sul web si faceva chiamare semplicemente Rosi. La webcam la riprendeva in tempo reale mentre guardava la televisione. Ogni tanto si girava verso la telecamera e lanciava un bacio con la mano, poi subito digitava un messaggio sul proprio pc che in un attimo scorreva nella parte bassa dello schermo:
un kiss a tutti quelli che mi seguono :-*
Era da parecchie settimane che non aveva l’occasione di parlarci. Le inoltrò un messaggino generico, subito stuzzicandone la reazione: la donna si voltò voluttuosamente in direzione della webcam e stavolta il bacio venne lanciato a due mani.
Special kiss per l’amico Sandro!
Il nome di Doglia non era Sandro, ma il poliziotto decise di essere indulgente: una che si firma Rosi e in realtà si chiama Rosanna denota scarso feeling coi nomi di battesimo. E poi, in fondo, lo stress della telecamera in diretta è sempre in agguato: qualche gaffe può capitare a chiunque.
Intanto la donna, accoccolata sul proprio divano, gattona come una quattordicenne anche se nel suo caso le cifre dell’età dovevano essere invertite, guardava la tele e si beava del suo reality preferito. Alla prima interruzione pubblicitaria qualcosa la sconvolse. Nuovi sottotitoli comparvero nella parte bassa dell’inquadratura, stavolta tutto acido e niente miele.
Bastardo figlio di puttana! Quando lo prendono devono chiuderlo in carcere e buttare la chiave!
Lo sfogo digitato da Rosi suscitò la curiosità di Doglia, che subito aprì una nuova finestra sul web per visionare un sito aggregatore di notizie. L’ultimora titolava in rosso, il colore delle news più eclatanti e tragiche, per informare che l’attentatore misterioso aveva appena colpito pochi minuti prima, sempre a Roma, stavolta nella zona di Trastevere. Un’esplosione aveva sventrato l’appartamento di un pianterreno: i dati erano ancora confusi ma si temevano morti e feriti come nei due casi precedenti.
Doglia trascinò le gambe verso il lato notte del suo angusto monolocale e accese la televisione appesa strategicamente sull’armadio posto ai piedi del letto, ma non si accomodò fra le lenzuola: preferì rimanere seduto sul bordo, in una posizione piuttosto scomoda, per evitare di addormentarsi. Voleva seguire senza distrazioni ogni aggiornamento.
Canale 5 trasmetteva ancora il reality show preferito di Rosanna, ma la presentatrice lanciò un messaggio non pubblicitario – o semmai diversamente pubblicitario – che annunciava uno special sul nuovo attentato all’interno del programma Tenera è la notte subito dopo il reality. La conduttrice del programma, la nota pornostar Ylene, avrebbe aggiornato i telespettatori su ogni nuova notizia tra un’esibizione e l’altra.
Rai 1 aveva invece improvvisato un tiggì in edizione straordinaria, scusandosi coi telespettatori per aver cancellato L’intervista sul filo del rasoio, che tanti attendevano con curiosità perché l’ospite era il sospettato di un omicidio passionale e già da alcuni giorni giravano sondaggi e scommesse sul grado di probabilità che l’intervistato mostrasse gravi segni di alterazione nella pressione sanguigna e nel grado di secchezza della gola (misurate in tempo reale dagli apparati medici) non appena l’intervistatore avesse sottolineato la presenza del suo DNA sulle vesti della ragazza uccisa.
L’anchorman diede la linea al reporter collegato in diretta da Trastevere. I pompieri erano già intervenuti e il fuoco era ormai domato, ma il buio rischiarato dai lampioni appariva saturo di fuliggine e cenere.
“Come vedete è un disastro, una tragedia, il ripetersi di un incubo che si sta abbattendo sulla città di Roma e sull’Italia intera” esordì il reporter con l’enfasi di un attore melodrammatico, nel contempo impartendo disposizioni al cameraman tramite rapidi gesti della mano sinistra.
“Ma partiamo dall’inizio. Abbiamo un filmato in esclusiva per i nostri telespettatori” continuò orgoglioso l’inviato Rai: “Le scene dell’incendio subito dopo la deflagrazione”.
Vennero trasmesse le sequenze girate amatorialmente con un cellulare da un residente del palazzo di fronte, immagini sgranate di fiamme arancioni e fumo nero. L’autore della ripresa venne inquadrato dalla telecamera, sorridente e soddisfatto di se: lo stavano intervistando in diretta nazionale all’interno di un reportage che verosimilmente si sarebbe attestato a uno share del venticinque per cento.
“Ho sentito il botto e ho preso subito il Samsung per riprendere” spiegò. “Ché poi, ho pure una videocamera a alta definizione, ma nella fretta non ci ho mica pensato” aggiunse quasi scusandosi coi telespettatori.
“Ha chiamato lei i pompieri?” gli chiese il reporter.
“Veramente non ho pensato manco a questo. D’altronde era più importante documentare l’attentato col filmino, no?” si giustificò.
Il reporter gli diede ragione. Si rivolse nuovamente alle telecamere mentre l’intervistato continuava a stare piazzato davanti al cameraman e a lanciare saluti nonché digitare messaggi per amici e followers.
Poi toccò a un vigile del fuoco. L’inviato Rai sottolineò l’efficienza dimostrata dai coraggiosi pompieri, testimoniata da ben duemilottocentocinquantatre ‘mi piace’ ricevuti in pochi minuti sul loro profilo facebook relativamente a quest’intervento, e domandò con aria grave se vi fossero vittime.
“Purtroppo sì” commentò triste l’uomo in divisa. “Abbiamo appena aperto un hashtag per commemorare queste povere persone ancora senza nome: cancelletto loromeritanogiustizia. Le foto dei cadaveri carbonizzati sono già adesso visibili sulla nostra pagina instagram per aiutare l’identificazione…”
“Presumo che comunque la polizia dovrebbe riuscire a identificarli abbastanza facilmente” lo interruppe il reporter con la gola che gli raspava.
“Sì, certo, però abbiamo pensato che questa condivisione possa essere d’aiuto anche per le forze dell’ordine…”
Il reporter lo interruppe di nuovo. “Ma è pressoché certo che si tratti – almeno a rigor di logica – degli inquilini dell’appartamento distrutto…”
Si notava il fastidio dell’inviato Rai nei confronti del pompiere che aveva pubblicato le fotografie dei morti su instagram anziché richiedere la messa in onda televisiva. Uno sgarbo assai antipatico, soprattutto se si considerava che proveniva da uno al quale era stato concesso il privilegio di essere intervistato in diretta.
Intanto, mentre i due dibattevano, si intravedeva alle loro spalle una folla compatta di residenti del quartiere: numerosi trasteverini, ma anche tanti intrusi accorsi dai quartieri vicini, decine di esseri umani che si ammassavano pian piano nel riquadro della telecamera. Nel mucchio, un ragazzo con lunghi dreadlocks stava invitando gentilmente una signora anziana in lacrime a seguirlo in direzione del reporter. La vecchia indossava pantofole e vestaglia, era uscita di casa così come si trovava, terrorizzata dall’esplosione. Scuoteva la testa e si sottraeva all’abbraccio della visibilità, fuggiva dall’inquadratura, non voleva condividere con gli spettatori della Rai la propria paura ancora viva. Ma il giovane – forse un parente – insisteva, la prendeva per la mano, indicava la fila che già si era formata davanti al giornalista con tutti quelli che speravano di essere intervistati.
Le lacrime della donna schiva e traumatizzata ebbero tuttavia un istante di pubblica attenzione quando il cameraman zoomò su quel volto rugoso, un’inquadratura rapida e presto mollata perché il reporter aveva appena beccato un testimone importante: un uomo che sosteneva di essere stato il primo a chiamare il 113 per avvertire dell’esplosione, sebbene si udissero in sottofondo le urla di protesta di almeno altre tre persone che rivendicavano a loro volta quel primato.
Il volto dell’anziana scomparve dallo schermo televisivo, sostituito da quello giovanile e abbronzato di un trentenne che proclamava di aver telefonato sia alla polizia che ai pompieri per richiederne l’intervento.
Negli occhi di Doglia però si era fissata la sagoma della signora che piangeva, il suo orrore, la sua disperata incredulità. Quella donna non si capacitava della violenza sconvolgente che aveva appena funestato la sua vita ormai prossima a concludersi. ‘Perché?’, sembrava chiedersi senza trovare una risposta plausibile.
Un avviso di messaggio risuonò inatteso dal cellulare. Il mittente era il commissariato, le parole essenziali ma cariche di gravità:
Presentarsi tutti entro due ore nessuno escluso


CONTINUA…

12 commenti:

  1. La cosa triste è che a questo stato di cose ci stiamo arrivando sul serio.

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  2. Qui si sente tutto il sapore della distopia e non esagero affatto quando dico che le atmosfere sono quelle orwelliane (io adoro la letteratura distopica) trasmutate in una vicinissima realtà futura che fa spavento.
    Sei stato eccezionale.
    Questa pagina è un racconto intero.

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    1. Grazie :-)
      Spero che piacciano anche i capitoli successivi.

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  3. Il commissario Doglia me lo immagino come una via di mezzo tra Maigret e Lo Gatto. Buon lavoro :-)

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  4. Purtroppo questa è la realtà...

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    1. Beh, qui è un po' esagerata, ma in effetti è per evidenziare meglio certi atteggiamenti già esistenti.

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