lunedì 16 febbraio 2015

Scritture sperimentali del XX secolo (SECONDA PARTE)

Un autore che ha seguito un personalissimo percorso negli sperimentalismi letterari del XX secolo è sicuramente Tommaso Landolfi.
L'autore italiano ha prodotto opere molto diverse tra loro come stile e contenuti, inseguendo ogni volta nuove strade espressive.
Una delle sue scritture sperimentali più particolari è il racconto La passeggiata, nel quale sostituisce le parole più normalmente utilizzate dalla lingua italiana con sinonimi desueti od arcaici, non modificando quindi in alcun modo il senso della frase ma rendendola di difficilissima comprensione per il lettore medio.
Questo che segue è l'incipit del racconto:

La mia moglie era agli scappini, il garzone scaprugginava, la fante preparava la bozzima … Sono un murcido, veh, son perfino un po’ gordo, ma una tal calma, mal rotta da quello zombare o dai radi cuiussi del giardiniere col terzomo, mi faceva quel giorno l’effetto di un malagma o di un dropace! Meglio uscire, pensai invertudiandomi, farò magari due passi fino alla fodina.
In verità siamo ormai disavvezzi agli spettacoli naturali, ed è perciò da ultimo che siam tutti così magoghi e ci va via il mitidio. Val proprio la pena d’esser uomini di mobole, se poi, non che andarsi a guardare i suoi magolati, non si va neppure a spasso!…
Basta. Uscii dunque, e m’imbattei in uno dei miei contadini, che volle accompagnarmi per un tratto. Ma un vero pigo! In oggi di quegli arfasatti e di quelle ciammengole o manimorce, ve lo so dir io, non se ne trova più a giro; né servon drusce per farli parlare, ma purtroppo hanno perso anche la loro bella e pura lingua di una volta. Recava due lagene.
— Dove le porti?
— Agli aratori laggiù: vede, dov’è quell’essedo. C’è il crovello per loro.
— E il mivolo, o il gobbello?
— Bah, noialtri si fa senza.
E meno male che non avete al tutto dimenticato la vostra semplicità, pensai. Ma volevo scatricchiarmi; finalmente lui andò pei fatti suoi e potetti rimaner solo, e presi per una solicandola.


Un altro esempio abbastanza noto è costituito dalla scrittrice americana Gertrude Stein, altra sperimentatrice modernista della prosa letteraria. Il suo lavoro più indicativo da questo punto di vista è The making of Americans (noto in Italia come C'era una volta gli americani) nel quale utilizza un linguaggio caratterizzato dalla ripetizione e dall'esagerazione verbale del medesimo concetto. Ne propongo un estratto per rendere meglio l'idea.

La signorina Charles era del tipo di quel tipo di uomini e donne che io conosco bene nella vita. Conosco bene tutte le varietà di quel tipo.
In ognuno di quei tipi ci sono quelli graziosi e quelli che non sono poi così graziosi, sono piacevoli e sono spiacevoli, sono quelli che hanno quel tipo d'essere ma così leggero che difficilmente poi li rende di quel tipo, ci sono alcuni di loro che hanno quel modo d'essere di quel tipo d'essere dentro di loro così concentrato che è meraviglioso vederli, vedere quel tipo d'essere così completo in un uomo o una donna.
La signorina Charles era del tipo d'essere che io conosco bene nella vita, decisamente bene nella vita, io conosco bene tutte le varietà del tipo d'essere che la signorina Charles era nella vita in tutte le molte numerose milioni di varietà mai vissute che avessero avuto o avessero quel tipo d'essere in loro.


Potrei reperire altri esempi, ma quelli portati sono sufficienti per tirare una conslusione e proporla a tutti coloro che bazzicano questo blog: queste forme di scrittura sperimentale sono suggestive ma anche un po' fini a se stesse, giochi eruditi difficili da apprezzare per la massa dei lettori. La loro utilità resta però quella di aver proposto nuove vie, nuovi modi che - resi meno ermetici - hanno modificato in modo creativo la maniera di scrivere anche di autori più convenzionali.
Siete d'accordo?

4 commenti:

  1. Secondo me no. O meglio, ti fornisco un controesempio: Il codice di Perelà. Sperimentale, se vogliamo sulla scia del futurismo, è un romanzo riuscitissimo, in cui la sperimentazione si combina armoniosamente con la vicenda raccontata. E viene ancora stampato, soprattutto. Quello sulle sperimentazioni è un discorso che andrebbe fatto caso per caso, proprio perché di opere uniche si tratta. L'anno scorso ne ho lette un paio degli anni 2000, promosse al 50%... nel senso che una l'ho digerita a stento (in "Io sono febbraio"), l'altra la promuovo (in "La scuola dei disoccupati", che dovrei aver recensito da qualche parte). In uno dei casi, infatti, le scelte stilistiche dell'autore si contestualizzavano benissimo nel tema del romanzo, che purtroppo non penso abbia avuto un grande successo. Una curiosità: entrambi sono editi dalla stessa casa editrice (ISBN).

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    1. Sì, sono d'accordo anch'io che ogni singolo libro va giudicato a se.
      Anni fa lessi un romanzo sperimentale scritto sullo stile di "Bassotuba non c'è" di Paolo Nori (per farti capire il genere) e la scrittura in se era forse la cosa più riuscita del romanzo mentre il contenuto alla fine deludeva.

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  2. Francamente non so rispondere alla domanda. Comunque questi due libri, a differenza di quelli del primo post della serie, mi sembrano del tutto illeggibili.

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    1. Beh, Gertrude Stein è effettivamente illeggibile a tratti, mentre nel caso di Landolfi si tratta di una provocazione a se stante (il resto della sua narrativa non è necessariamente così incomprensibile).

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