Per un po' di giorni il blog resterà inattivo causa MERITATE ferie del suo gestore...
Conto di ritornare ad aggiornarlo nella seconda settimana di agosto.
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mercoledì 22 luglio 2009
martedì 21 luglio 2009
Parlo parlo ma... i fatti?
Partendo dall’interessante post di ieri di Glauco “31 ottobre”, mi è venuto in mente di fare una specie di verifica sulla mia attività come lettore. Partendo dalla domanda: ‘Sono un consumatore utile al mercato editoriale italiano?’ ho stilato un elenco delle mie letture nel corso dei primi sette mesi del 2009, specificando se si trattasse di libri acquistati (quest’anno o in precedenza), oppure di libri non acquistati, e se fossero di provenienza estera:
Libri comprati e letti:
-un libro illustrato con commenti storico-artistici sui “cremlini” russi
-un libro illustrato con apparato critico e biografico sul pittore olandese Alma-Tadema
-un volumetto con tutte le opere dello scrittore inglese H. H. Munro “Saki” (in corso di lettura, visto che sono più di 900 pagine…) – PROVENIENZA INGHILTERRA (tramite amazon.com)
Libri comprati in anni precedenti e letti:
-le quartine di Omar Khayyam (solo per la cronaca: non la versione “classica” di Edward Fitzgerald, è una traduzione francese più recente) – PROVENIENZA FRANCIA (comprato durante una vacanza)
-alcuni racconti di Nathaniel Hawthorne (lettura parziale) – PROVENIENZA STATI UNITI (ma comprato in una libreria italiana)
-alcuni racconti di Franz Kafka (lettura parziale)
Libri letti senza essere stati comprati:
-un romanzo di un amico aspirante scrittore (opera non pubblicata)
-due racconti pubblicati su internet da aspiranti scrittori
-una raccolta di poesie di un mio parente (libro regalatomi dall’autore)
Sono stato di aiuto all’editoria italiana? Chissà…
Faccio presente che a me non piace comprare un libro e poi metterlo via. Se lo compro, lo leggo. Magari non subito, magari faccio passare del tempo, ma potete essere certi che entro un periodo di tempo ragionevole lo leggo. Se è un tomo poderoso diviso in tanti racconti separati magari posso frazionare la lettura in più anni, però in quei casi sicuramente leggo qualcos’altro contemporaneamente. Mi piace alternare letture diverse anche nel corso di una stessa giornata.
Certo che se avessi più tempo libero a disposizione (tradotto: se non dovessi lavorare e non dovessi star dietro alla mia famiglia) potrei leggere molto di più…
Libri comprati e letti:
-un libro illustrato con commenti storico-artistici sui “cremlini” russi
-un libro illustrato con apparato critico e biografico sul pittore olandese Alma-Tadema
-un volumetto con tutte le opere dello scrittore inglese H. H. Munro “Saki” (in corso di lettura, visto che sono più di 900 pagine…) – PROVENIENZA INGHILTERRA (tramite amazon.com)
Libri comprati in anni precedenti e letti:
-le quartine di Omar Khayyam (solo per la cronaca: non la versione “classica” di Edward Fitzgerald, è una traduzione francese più recente) – PROVENIENZA FRANCIA (comprato durante una vacanza)
-alcuni racconti di Nathaniel Hawthorne (lettura parziale) – PROVENIENZA STATI UNITI (ma comprato in una libreria italiana)
-alcuni racconti di Franz Kafka (lettura parziale)
Libri letti senza essere stati comprati:
-un romanzo di un amico aspirante scrittore (opera non pubblicata)
-due racconti pubblicati su internet da aspiranti scrittori
-una raccolta di poesie di un mio parente (libro regalatomi dall’autore)
Sono stato di aiuto all’editoria italiana? Chissà…
Faccio presente che a me non piace comprare un libro e poi metterlo via. Se lo compro, lo leggo. Magari non subito, magari faccio passare del tempo, ma potete essere certi che entro un periodo di tempo ragionevole lo leggo. Se è un tomo poderoso diviso in tanti racconti separati magari posso frazionare la lettura in più anni, però in quei casi sicuramente leggo qualcos’altro contemporaneamente. Mi piace alternare letture diverse anche nel corso di una stessa giornata.
Certo che se avessi più tempo libero a disposizione (tradotto: se non dovessi lavorare e non dovessi star dietro alla mia famiglia) potrei leggere molto di più…
lunedì 20 luglio 2009
Questo libro ESISTE!
Essendo un frequentatore di librerie, non posso fare a meno di notare certi titoli che compaiono sugli scaffali...
DISCLAIMER: io ho il massimo rispetto per i libri e per chi li scrive. In questa "rubrica" saltuaria che intendo aprire sull'argomento magari non sembrerò tanto rispettoso, ma é solo un modo di scherzare sul variegato universo delle pubblicazioni editoriali italiche, senza voler offendere nessuno.
Domenica ho visto esposto in una libreria Mondadori "La filosofia dei Cesaroni"... Che dire, sono rimasto attonito. Avrei voluto prenderlo tra le mani e sfogliarlo, ma poi mi sono fermato temendo di essere indegno di una lettura del genere (e anche perché magari c'era qualcuno che conoscevo nei paraggi, pensate se mi avesse visto, roba da suicidarsi per la vergogna...).
Recensione: no, mi rifiuto. Non sono all'altezza. Sarebbe come chiedere ad uno juventino di fare una recensione su "Inter-Grande storia nerazzurra dal 1908 a oggi"... impossibile essere obiettivo.
Consiglio: d'istinto direi: bruciatelo! Ma ripensandoci non sarebbe giusto. Non si potrebbe riciclare la carta. Molto meglio il macero.
DISCLAIMER: io ho il massimo rispetto per i libri e per chi li scrive. In questa "rubrica" saltuaria che intendo aprire sull'argomento magari non sembrerò tanto rispettoso, ma é solo un modo di scherzare sul variegato universo delle pubblicazioni editoriali italiche, senza voler offendere nessuno.
Domenica ho visto esposto in una libreria Mondadori "La filosofia dei Cesaroni"... Che dire, sono rimasto attonito. Avrei voluto prenderlo tra le mani e sfogliarlo, ma poi mi sono fermato temendo di essere indegno di una lettura del genere (e anche perché magari c'era qualcuno che conoscevo nei paraggi, pensate se mi avesse visto, roba da suicidarsi per la vergogna...).
Recensione: no, mi rifiuto. Non sono all'altezza. Sarebbe come chiedere ad uno juventino di fare una recensione su "Inter-Grande storia nerazzurra dal 1908 a oggi"... impossibile essere obiettivo.
Consiglio: d'istinto direi: bruciatelo! Ma ripensandoci non sarebbe giusto. Non si potrebbe riciclare la carta. Molto meglio il macero.
venerdì 17 luglio 2009
Codici miniati...
Come detto nel post precedente ho una passione per i libri anche intesi come oggetto fisico. Inevitabilmente mi piacciono i codici miniati medievali e rinascimentali, piccoli capolavori dove il testo del libro si confonde con l'arte grafica delle illustrazioni, dei bordi pagina decorati, delle lettere stilizzate in forme eleganti.
Era un'epoca in cui i libri erano oggetti di artigianato, uno diverso dall'altro, pazientemente trascritti dagli amanuensi e quindi molto costosi. Solo le persone agiate (o le gerarchie ecclesiastiche) potevano permetterseli.
Nel caso di certi codici realizzati appositamente da botteghe specializzate il costo diventava esorbitante. In effetti si trattava di libri ordinati da signori feudali e sovrani, che richiedevano mesi o a volte perfino anni di lavoro, e tanta manodopera tra calligrafi, illustratori, rilegatori, addirittura chimici (per la doratura delle pagine o altri "effetti speciali" tipo testo argentato su sfondo nero...). Inevitabile che testi di elaborazione così complessa costassero l'equivalente di 30 / 40 mila euro di oggi... La Bibbia di Borso D'Este é l'esempio più noto.
Per chi volesse approfondire questa materia restando sul web consiglio il sito www.miniaturaitaliana.com
A chi preferisce un libro sull'argomento suggerisco "Capolavori della Miniatura" della Taschen, una guida ai codici miniati più belli del mondo che ovviamente non poteva mancare nella mia personale biblioteca ;-)
Era un'epoca in cui i libri erano oggetti di artigianato, uno diverso dall'altro, pazientemente trascritti dagli amanuensi e quindi molto costosi. Solo le persone agiate (o le gerarchie ecclesiastiche) potevano permetterseli.
Nel caso di certi codici realizzati appositamente da botteghe specializzate il costo diventava esorbitante. In effetti si trattava di libri ordinati da signori feudali e sovrani, che richiedevano mesi o a volte perfino anni di lavoro, e tanta manodopera tra calligrafi, illustratori, rilegatori, addirittura chimici (per la doratura delle pagine o altri "effetti speciali" tipo testo argentato su sfondo nero...). Inevitabile che testi di elaborazione così complessa costassero l'equivalente di 30 / 40 mila euro di oggi... La Bibbia di Borso D'Este é l'esempio più noto.
Per chi volesse approfondire questa materia restando sul web consiglio il sito www.miniaturaitaliana.com
A chi preferisce un libro sull'argomento suggerisco "Capolavori della Miniatura" della Taschen, una guida ai codici miniati più belli del mondo che ovviamente non poteva mancare nella mia personale biblioteca ;-)
mercoledì 15 luglio 2009
Edizioni gTerma...
Ho migliorato un po' il mio "spazio" su lulu.com aggiungendo un altro ebook (se vi interessa il download é sempre gratuito, ancora una storia fantastica della lunghezza di 14 pagine).
La vetrina l'ho chiamata "Edizioni gTerma" perché é la mia casa editrice virtuale...
Ho sempre avuto la passione per i libri, anche come oggetto fisico, e quando ero più giovane (e avevo molto più tempo libero a disposizione...) oltre a scrivere racconti li trasformavo io stesso in volumi. Con molta pazienza ed una taglierina trasformavo i fogli A4 classici in piccoli A5, li stampavo fronte/retro con la mia HP, e poi li inserivo in una pressa artigianale, mettevo un primo strato di colla, poi praticavo delle incisioni sul dorso e ci inserivo degli spaghi, un secondo strato di colla e il libro era pronto. Il tempo di stampare la copertina (fronte e retro insieme) su un cartoncino bristol e di incollarla sul dorso e potevo dire di aver "creato" in tutti i sensi il mio "manoscritto" (un argomento sul quale tornerò più avanti). Essendo "editore" ci inserivo anche il nome della casa editrice... "gTerma" é una parola tibetana, indica "oggetti nascosti" che possono essere ritrovati tramite un sogno... l'esperienza onirica fornisce dei particolari che permettono di identificare un luogo reale in cui é nascosto un oggetto antico. Ho trovato la cosa molto suggestiva, e ho scelto questo nome per la "mia" casa editrice...
Quindi avevo già distribuito libri di "Ariano Geta" pubblicati dalle "Edizioni gTerma", però a un numero estremamente limitato di persone (amici per lo più) e nel tradizionale formato cartaceo.
Vediamo se il digitale riuscirà a raggiungere più lettori...
EDIT: NON UTILIZZO PIU' LULU.COM, MA E' POSSIBILE SCARICARE I RACCONTI DIRETTAMENTE DAL BLOG (LINK "i miei scritti" SOTTO L'AVATAR).
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La vetrina l'ho chiamata "Edizioni gTerma" perché é la mia casa editrice virtuale...
Ho sempre avuto la passione per i libri, anche come oggetto fisico, e quando ero più giovane (e avevo molto più tempo libero a disposizione...) oltre a scrivere racconti li trasformavo io stesso in volumi. Con molta pazienza ed una taglierina trasformavo i fogli A4 classici in piccoli A5, li stampavo fronte/retro con la mia HP, e poi li inserivo in una pressa artigianale, mettevo un primo strato di colla, poi praticavo delle incisioni sul dorso e ci inserivo degli spaghi, un secondo strato di colla e il libro era pronto. Il tempo di stampare la copertina (fronte e retro insieme) su un cartoncino bristol e di incollarla sul dorso e potevo dire di aver "creato" in tutti i sensi il mio "manoscritto" (un argomento sul quale tornerò più avanti). Essendo "editore" ci inserivo anche il nome della casa editrice... "gTerma" é una parola tibetana, indica "oggetti nascosti" che possono essere ritrovati tramite un sogno... l'esperienza onirica fornisce dei particolari che permettono di identificare un luogo reale in cui é nascosto un oggetto antico. Ho trovato la cosa molto suggestiva, e ho scelto questo nome per la "mia" casa editrice...
Quindi avevo già distribuito libri di "Ariano Geta" pubblicati dalle "Edizioni gTerma", però a un numero estremamente limitato di persone (amici per lo più) e nel tradizionale formato cartaceo.
Vediamo se il digitale riuscirà a raggiungere più lettori...
EDIT: NON UTILIZZO PIU' LULU.COM, MA E' POSSIBILE SCARICARE I RACCONTI DIRETTAMENTE DAL BLOG (LINK "i miei scritti" SOTTO L'AVATAR).
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martedì 14 luglio 2009
Pubblicare...
Pubblicare un libro presso una casa editrice “istituzionale” sta diventando sempre più difficile.
Parlando della mia esperienza personale, posso dire di aver proposto un manoscritto ad un noto editore del nordest che mi ha risposto con un file word quasi completamente bianco, eccetto sette parole: al momento non prendiamo in visione manoscritti. Un altro noto editore del nord non mi ha neppure risposto. Ho pensato: sbaglio io a rivolgermi a nomi così prestigiosi, devo provare con editori “piccoli”. Così mi sono rivolto ad un editore di Treviso, ottenendo ancora la tipica risposta preconfezionata di rifiuto. Mi è venuto in mente uno delle mie parti, anticonvenzionale e apparentemente propenso a dare spazio a nomi nuovi. Ma nel modulo per sottoporre il proprio manoscritto si faceva presente che NON sarebbero stati “presi in considerazione”: fantascienza, storie d’amore, poesie, aforismi, saggi e raccolte di racconti… il grassettato era proprio il mio caso… Un editore di Roma invece spiegava nel modulo di invio che si poteva spedire qualunque cosa, ma che loro erano specializzati in narrativa “trasgressiva” ed “erotica”, quindi al di fuori di quel settore c’era poca possibilità... E aggiungeva che “non si forniscono valutazioni”…
Ecco, questo è un altro aspetto non da poco. Anche una famosa casa editrice di Torino ed una meno nota di Milano specificavano la stessa cosa: “non si forniscono valutazioni”… Praticamente io spedisco il mio manoscritto, loro non lo restituiranno mai (ben specificato), daranno una risposta dopo circa 12-15 mesi (anche questo ben specificato sul modulo di invio), e il massimo che posso aspettarmi dopo più di un anno di attesa è lo stereotipato: “il suo manoscritto non è confacente alla nostre attuali necessità”… Va bene, ma come era? Aveva un qualche valore letterario? Ho dato prova di avere un minimo di talento? Faceva schifo? E’ meglio che mi dia all’ippica?... A volte penso alle bellissime strisce dei Peanuts, e al tormentone di Snoopy che spedisce continuamente i suoi racconti a vari editori per ricevere risposte tipo: “Non pubblicheremmo le sue storie neppure se lei fosse l’ultimo scrittore rimasto sulla terra” o “La supplichiamo di non inviarci più la sua robaccia”…
Magari potessi ricevere una risposta del genere! Significherebbe che qualcuno ha letto il mio scritto e ha emesso un giudizio. Invece mi ritrovo al punto di partenza: non sono riuscito ad avere neppure una valutazione da un recensore competente, figuriamoci se posso anche solo sognare di pubblicare… A meno che non mi accolli io le spese, sborsando un bel po’ di soldi. Fino a poco tempo fa era così: ti rivolgevi ad una casa editrice/speculatrice, e loro ti pubblicavano qualunque cosa, bastava pagare le spese di stampa, spesso svariati milioni di vecchie lire.
Pubblicare a proprie spese era la norma, qualche secolo fa. Aristocratici intellettuali (gli unici che potevano permetterselo) facevano stampare i propri libri per farli circolare fra amici ed elite culturale.
Poi nel 1800 è nato il mercato del libro, gli scrittori professionisti, e le case editrici sono diventate preminenti. La pubblicazione a proprie spese è sopravvissuta, ma come un lusso per chi poteva permettersi di spendere.
Poi, ecco che nel terzo millennio è apparso qualcosa di nuovo… il book on demand… L'ho scoperto con molto ritardo (mea culpa, non sono ancora pienamente entrato nel 3° millennio). Ora tutti, veramente TUTTI, possono diventare autori e pubblicare i propri libri senza svenarsi.
Il mio primo pensiero é stato: perché no? E tanto per non fermarmi alle parole, sono passato ai fatti e sto per entrare nel mondo di Boopen…
Parlando della mia esperienza personale, posso dire di aver proposto un manoscritto ad un noto editore del nordest che mi ha risposto con un file word quasi completamente bianco, eccetto sette parole: al momento non prendiamo in visione manoscritti. Un altro noto editore del nord non mi ha neppure risposto. Ho pensato: sbaglio io a rivolgermi a nomi così prestigiosi, devo provare con editori “piccoli”. Così mi sono rivolto ad un editore di Treviso, ottenendo ancora la tipica risposta preconfezionata di rifiuto. Mi è venuto in mente uno delle mie parti, anticonvenzionale e apparentemente propenso a dare spazio a nomi nuovi. Ma nel modulo per sottoporre il proprio manoscritto si faceva presente che NON sarebbero stati “presi in considerazione”: fantascienza, storie d’amore, poesie, aforismi, saggi e raccolte di racconti… il grassettato era proprio il mio caso… Un editore di Roma invece spiegava nel modulo di invio che si poteva spedire qualunque cosa, ma che loro erano specializzati in narrativa “trasgressiva” ed “erotica”, quindi al di fuori di quel settore c’era poca possibilità... E aggiungeva che “non si forniscono valutazioni”…
Ecco, questo è un altro aspetto non da poco. Anche una famosa casa editrice di Torino ed una meno nota di Milano specificavano la stessa cosa: “non si forniscono valutazioni”… Praticamente io spedisco il mio manoscritto, loro non lo restituiranno mai (ben specificato), daranno una risposta dopo circa 12-15 mesi (anche questo ben specificato sul modulo di invio), e il massimo che posso aspettarmi dopo più di un anno di attesa è lo stereotipato: “il suo manoscritto non è confacente alla nostre attuali necessità”… Va bene, ma come era? Aveva un qualche valore letterario? Ho dato prova di avere un minimo di talento? Faceva schifo? E’ meglio che mi dia all’ippica?... A volte penso alle bellissime strisce dei Peanuts, e al tormentone di Snoopy che spedisce continuamente i suoi racconti a vari editori per ricevere risposte tipo: “Non pubblicheremmo le sue storie neppure se lei fosse l’ultimo scrittore rimasto sulla terra” o “La supplichiamo di non inviarci più la sua robaccia”…
Magari potessi ricevere una risposta del genere! Significherebbe che qualcuno ha letto il mio scritto e ha emesso un giudizio. Invece mi ritrovo al punto di partenza: non sono riuscito ad avere neppure una valutazione da un recensore competente, figuriamoci se posso anche solo sognare di pubblicare… A meno che non mi accolli io le spese, sborsando un bel po’ di soldi. Fino a poco tempo fa era così: ti rivolgevi ad una casa editrice/speculatrice, e loro ti pubblicavano qualunque cosa, bastava pagare le spese di stampa, spesso svariati milioni di vecchie lire.
Pubblicare a proprie spese era la norma, qualche secolo fa. Aristocratici intellettuali (gli unici che potevano permetterselo) facevano stampare i propri libri per farli circolare fra amici ed elite culturale.
Poi nel 1800 è nato il mercato del libro, gli scrittori professionisti, e le case editrici sono diventate preminenti. La pubblicazione a proprie spese è sopravvissuta, ma come un lusso per chi poteva permettersi di spendere.
Poi, ecco che nel terzo millennio è apparso qualcosa di nuovo… il book on demand… L'ho scoperto con molto ritardo (mea culpa, non sono ancora pienamente entrato nel 3° millennio). Ora tutti, veramente TUTTI, possono diventare autori e pubblicare i propri libri senza svenarsi.
Il mio primo pensiero é stato: perché no? E tanto per non fermarmi alle parole, sono passato ai fatti e sto per entrare nel mondo di Boopen…
lunedì 13 luglio 2009
Primo ebook...
Confesso che ero rimasto all' "età della carta"...
O meglio: sapevo degli ebook, ma non li avevo mai sfruttati come possibilità.
Ho deciso di recuperare il tempo perduto nello spazio di poche ore...
Ho pubblicato su lulu.com un racconto di 17 pagine, fantastico ma con riferimenti eruditi, nel solco del grande, inarrivabile maestro Borges.
P.S.: purtroppo la copertina non é quella che volevo io, non sono riuscito a caricarla.
Avrebbe dovuto essere quella a lato (c'é anche la didascalia sulla prima pagina, che ora appare incoerente, vabbé, cercherò di applicarmi meglio e la metterò sulla seconda edizione).
Rimane però l'essenziale di qualsiasi libro: il testo.
Se volete leggerlo e darmi un giudizio mi farebbe veramente piacere, il download é gratuito.
EDIT: L'EBOOK E' INCLUSO NELLA RACCOLTA "RACCONTI FANTASTICI"
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venerdì 10 luglio 2009
Essere originali...
Sono praticamente convinto che essere originali ormai é impossibile. Sono 4000 anni che l'uomo scrive per dar corpo alle sue emozioni, e negli ultimi secoli la quantità di esseri umani alfabetizzati ed istruiti che creano letteratura é aumentata vertiginosamente. Ed é una cosa bellissima. Ma questo fa sparire la possibilità di scrivere una "novità".
Borges, uno dei miei autori preferiti, in un suo racconto cita un saggio di Benedetto Croce del 1904, definendolo "la miglior confutazione delle allegorie" che avesse mai letto. Poi però aggiunge un'osservazione paradossale: le tesi di Croce in questo saggio erano già state smontate 3 anni prima da G.K. Chesterton senza che i due si conoscessero. Lo studio di Chesterton sulle allegorie sembra fatto apposta per smentire quello di Croce che però sarebbe stato pubblicato solo successivamente... E Borges fa un commento molto significativo:
"Tanto é isolato e vasto il mare della letteratura".
E' vero. Io scrivo un romanzo pensando di essere originale, ma magari un romanzo molto simile al mio lo sta scrivendo un giapponese, a sua volta convinto di essere originale... Oppure sviluppo una trama altamente innovativa per poi scoprirla quasi identica in un racconto di uno scrittore messicano del 1910...
Seguendo il simbolismo di Borges, il "mare della letteratura" é talmente variegato ed esteso che appare impossibile aggiungerci anche una sola goccia diversa da tutte le altre già versate in esso.
Ma per quanto possa essere uno sforzo inutile, voglio continuare a provarci...
Borges, uno dei miei autori preferiti, in un suo racconto cita un saggio di Benedetto Croce del 1904, definendolo "la miglior confutazione delle allegorie" che avesse mai letto. Poi però aggiunge un'osservazione paradossale: le tesi di Croce in questo saggio erano già state smontate 3 anni prima da G.K. Chesterton senza che i due si conoscessero. Lo studio di Chesterton sulle allegorie sembra fatto apposta per smentire quello di Croce che però sarebbe stato pubblicato solo successivamente... E Borges fa un commento molto significativo:
"Tanto é isolato e vasto il mare della letteratura".
E' vero. Io scrivo un romanzo pensando di essere originale, ma magari un romanzo molto simile al mio lo sta scrivendo un giapponese, a sua volta convinto di essere originale... Oppure sviluppo una trama altamente innovativa per poi scoprirla quasi identica in un racconto di uno scrittore messicano del 1910...
Seguendo il simbolismo di Borges, il "mare della letteratura" é talmente variegato ed esteso che appare impossibile aggiungerci anche una sola goccia diversa da tutte le altre già versate in esso.
Ma per quanto possa essere uno sforzo inutile, voglio continuare a provarci...
mercoledì 8 luglio 2009
Racconto estivo...
Ho deciso di partecipare al concorso organizzato dal blogger 31ottobre
Questo é il mio racconto:
Erano passati solo trenta minuti dal momento in cui Mario aveva varcato il famigerato ingresso del super-mega-fanta-parco acquatico, e già gli sembrava che fosse trascorsa un’eternità. Quanto lo odiava quel finto mare! Chilometri di scivoli intasati di gommoni, tutti carichi di ragazzini scatenati e adulti con la sindrome di Peter Pan che facevano a gara a chi schizzasse via più veloce sino alla piscina di atterraggio… Avrebbero dovuto fare un altro tipo di gara: quella per chi era più idiota.
Chi l’avrebbe vinta? Difficile dirlo, si rischiava un ex-equo tra circa due-tremila persone. I restanti mille avrebbero comunque meritato una menzione d’onore…
Fece un rapido riassunto della situazione: ore 10:32 (minimo altre 5 ore di tortura); +31° di temperatura (unica salvezza buttarsi in piscina in mezzo alla tempesta urlante di adolescenti saltellanti… fra i due mali, bah, difficile scegliere); 0 passatempi a disposizione (e almeno una decina di rimpianti per non aver comprato il quotidiano, non aver aggiornato i giochini sul cellulare, aver lasciato a casa il palmare, più varie altre).
Che fare? Sicuramente incazzarsi con la propria famiglia per questa infantile ossessione del “parco acquatico”, che palle! E poi… scazzarsi subito, mi sembra ovvio. Farsi girare le palle con quel caldo era abbastanza pericoloso. Un uomo di 40 anni deve stare attento all’ipertensione.
“E’ questo il problema”, pensò. “In questi posti ci devono venire solo i giovani. Se avessi 17 anni qui mi divertirei. Peccato che…”.
Il pensiero s’interruppe a metà. Un respiro profondo equivalente ad un sospiro mise il timbro su un improvviso attacco di nostalgia, nostalgia della giovinezza e dei bei tempi in cui c’era solo lo scazzo e nessuna preoccupazione.
“Eh si, quelli si che erano bei tem…”. Trasalì. Una sagoma lontana agitava le sue mani lardose per salutarlo, e per costringerlo a rimangiarsi seduta stante tutti i suoi rimpianti. La spensieratezza della gioventù, la vita beata… si, certo, però c’erano anche le rotture pazzesche tipo quell’essere (si avvicinava man mano coprendo tutto lo spettro visuale con il suo adipe invadente e la sua faccia più larga che lunga)… Eccolo là di fronte a lui, il maledetto Fabianelli.
“Pisellino! Come va?”.
(Sempre stò nomignolo maledetto, ogni volta urlato a duemila decibel, bastardo!) “Bene”.
“Allora, che hai combinato dall’ultima volta che ci siamo visti? Quando è stato, due anni fa?”.
(Purtroppo si, speriamo che questa sia l’ultima) “Niente, solite cose”.
“Sei ancora sposato con Luciana?”.
(Perché, non dovrei esserlo?) “Si, certo”.
“Bravo, bravo, tu si che sei bravo. Non come me che ho lasciato mia moglie dopo otto anni per un’altra, però… L’uomo è debole, si sa. E poi Jessica m’era sempre piaciuta, fin dai tempi della scuola”.
(Jessica? Quella bonazza si va a mettere con questo qui? Li mort…) “Eh, capisco”.
“Che fai, prendi il sole sotto l’ombrellone, eh eh?”.
(Quanto non sopporto stà risata del cazzo) “Non è che mi diverta tanto venire qui. Lo faccio solo per Luciana e la bambina”.
“No, no, sbagli, qui ci si diverte. L’hai mai fatto il volo della morte?”.
(Eccolo là, ci avrei giurato! Sta già cercando l’occasione per mettermi in ridicolo, come sempre) “Si, un paio di volte…”.
“Eh, quello è fortissimo! A quest’ora poi é ancora accessibile, non c’è un’ora e mezzo di fila sotto lo scoppio del sole”.
(Ho capito dove vuole arrivare) “Può darsi”.
“… Pisellino… perché non ci spariamo un volo insieme? Fammi compagnia, dai!”.
(Come no, per farmi fare la figura del coglione come sempre) “Non posso lasciare l’ombrellone incustodito”.
“Ma chi si frega niente! Qua tutti hanno tutto, c’era una bimba che avrà avuto neanche 15 anni e aveva uno smartphone che vale quanto io e te messi assieme! Sai che gliene frega dei dieci euro che hai nel portafogli!”.
(E se invece… il fattore sorpresa potrebbe aiutarmi…) “In effetti… perché no?”.
“Oh, bravo pisellino, così mi piaci!”.
Si avviarono verso la spaventevole scalinata che saliva fino al terrificante volo della morte, pittoresco nome di un’attrazione scivolosa, curva, velocissima, sigillata in un tubo chiuso con sbocco finale in una piccola piscina, tanti schizzi d’acqua sino alle sdraio più vicine, e una colonna sonora fatta di urla di paura.
“Lo frego io a quest’elefante bastardo” pensava Mario con una scintilla di malignità che brillava più delle gocce di sudore. “Quando siamo in cima farò finta di avere un capogiro, mi metto a barcollare, lo sbilancio e lo faccio cadere… ma non verso lo scivolo, no, sarebbe troppo corretto. Lo mando direttamente sulla costa rocciosa a lato, quella che ancora non si sono decisi a metterci una staccionata perché ‘nessuno è mai caduto’, ma c’è sempre una prima volta, no? L’elefante farà un bel botto… Non si ammazzerà, sono solo un paio di metri, però una costola se la frattura… Con tutto quello che mi ha combinato negli ultimi vent'anni ci può anche stare… Così saldo tutto in una volta sola”.
La fila era davvero minima, considerata la straordinaria attrazione che suscitava quel gioco così meravigliosamente thrilling. C’erano solo una trentina fra giovanotti scimmieschi e ragazzine pseudo-veline, e poi, abbastanza fuori luogo, due quarantenni tipo Stanlio e Ollio, uno grande e grosso, l’altro mingherlino e dall’aria indifesa. Eppure i suoi occhi erano sinistri…
“Dai che si siamo. Al prossimo giro andiamo noi. Prendo il canotto…”.
“No, no, lo prendo io” (Ci mancherebbe, non devi avere niente che ti possa ammortizzare la caduta!).
“Va bene. Vai che ci siamo”.
Mario fissò con lucida, bramosa follia il piccolo strapiombo sul lato destro rispetto all’ingresso al volo della morte. Sentì le gambe che gli tremavano ma anche una volontà feroce che lo spingeva a non ripensarci.
“Adesso è il momento gius…”. Ancora una volta i suoi pensieri vennero interrotti. Uno dei tanti scimmioni adolescenti aveva spinto un suo amico per scherzo, provocando una reazione a catena tipo domino fra la gente in fila. Mario cadde di schiena verso lo scivolo del volo della morte, nel buio del tubo chiuso, pensando che stava per succedere qualcosa di orribile…
“Sei piccolino ma pesi”, gli disse il suo amico in tono scherzoso, anche se la costola doveva fargli un male cane. Mario annuì.
“Purtroppo non posso fare nulla”, spiegò l’addetto dell’infermeria. “Ho chiamato l’ambulanza, così la porteranno al pronto soccorso”.
“Non serve a niente”, osservò l’amico. “Costola rotta, non credo che possano ingessarla. Per tre mesi mi toccherà patire. Ogni volta che mi siedo o che mi sdraio vedrò le stelle… e mi sa che qualche scopata con Jessica mi toccherà saltarla”.
La diretta interessata gli diede un’occhiataccia: “Ma che dici, sporcaccione?”.
“Mi dispiace”, commentò Mario a bassa voce.
“Ma non lo dire neanche per scherzo! Quando t’ho visto che stavi per cadere giù di schiena mi è venuto un infarto. Non ho fatto nemmeno in tempo a pensare: ‘se gli si spezza la colonna vertebrale rimane paralizzato’ che già mi ero buttato per farti da cuscino. Anzi, avevo paura di non fare in tempo. Mi sarei sentito in colpa perché eri venuto sullo scivolo solo perché te lo avevo chiesto io”.
Per la prima volta in vita sua Mario fece un sorriso sincero all’elefante.
“Vai da Luciana, che ti starà cercando. Tanto se stai qui non è che mi si guarisce la frattura”.
“No, è che… mi dispiace, davvero. Se posso…”.
“Fare qualcosa? Una cosa la puoi fare: questo è l’ingresso mio e di Jessica, vale anche per domani. A noi non ci serve più, sfruttalo te, così risparmi trenta euro”.
Mario ringraziò con un gesto della testa. Non aveva proprio parole.
Quando ritornò all’ombrellone trovò Luciana e la bambina.
“Ti stavi proprio annoiando, eh? Dai, sopporta, domani andiamo dove vuoi tu”.
“No, no, domani torniamo qui. Ho rimediato un ingresso di quelli validi anche per il giorno dopo”.
“E come hai fatto?”.
“Diciamo che oggi è successo un mezzo miracolo”.
“Che miracolo?”.
“Un giorno te lo racconterò. Adesso però voglio andare a farmi un bagno in piscina. Voglio stare in mezzo a tutti quei giovani pieni di energia, magari ne trasmettono un po’ anche a me”.
Questo é il mio racconto:
Erano passati solo trenta minuti dal momento in cui Mario aveva varcato il famigerato ingresso del super-mega-fanta-parco acquatico, e già gli sembrava che fosse trascorsa un’eternità. Quanto lo odiava quel finto mare! Chilometri di scivoli intasati di gommoni, tutti carichi di ragazzini scatenati e adulti con la sindrome di Peter Pan che facevano a gara a chi schizzasse via più veloce sino alla piscina di atterraggio… Avrebbero dovuto fare un altro tipo di gara: quella per chi era più idiota.
Chi l’avrebbe vinta? Difficile dirlo, si rischiava un ex-equo tra circa due-tremila persone. I restanti mille avrebbero comunque meritato una menzione d’onore…
Fece un rapido riassunto della situazione: ore 10:32 (minimo altre 5 ore di tortura); +31° di temperatura (unica salvezza buttarsi in piscina in mezzo alla tempesta urlante di adolescenti saltellanti… fra i due mali, bah, difficile scegliere); 0 passatempi a disposizione (e almeno una decina di rimpianti per non aver comprato il quotidiano, non aver aggiornato i giochini sul cellulare, aver lasciato a casa il palmare, più varie altre).
Che fare? Sicuramente incazzarsi con la propria famiglia per questa infantile ossessione del “parco acquatico”, che palle! E poi… scazzarsi subito, mi sembra ovvio. Farsi girare le palle con quel caldo era abbastanza pericoloso. Un uomo di 40 anni deve stare attento all’ipertensione.
“E’ questo il problema”, pensò. “In questi posti ci devono venire solo i giovani. Se avessi 17 anni qui mi divertirei. Peccato che…”.
Il pensiero s’interruppe a metà. Un respiro profondo equivalente ad un sospiro mise il timbro su un improvviso attacco di nostalgia, nostalgia della giovinezza e dei bei tempi in cui c’era solo lo scazzo e nessuna preoccupazione.
“Eh si, quelli si che erano bei tem…”. Trasalì. Una sagoma lontana agitava le sue mani lardose per salutarlo, e per costringerlo a rimangiarsi seduta stante tutti i suoi rimpianti. La spensieratezza della gioventù, la vita beata… si, certo, però c’erano anche le rotture pazzesche tipo quell’essere (si avvicinava man mano coprendo tutto lo spettro visuale con il suo adipe invadente e la sua faccia più larga che lunga)… Eccolo là di fronte a lui, il maledetto Fabianelli.
“Pisellino! Come va?”.
(Sempre stò nomignolo maledetto, ogni volta urlato a duemila decibel, bastardo!) “Bene”.
“Allora, che hai combinato dall’ultima volta che ci siamo visti? Quando è stato, due anni fa?”.
(Purtroppo si, speriamo che questa sia l’ultima) “Niente, solite cose”.
“Sei ancora sposato con Luciana?”.
(Perché, non dovrei esserlo?) “Si, certo”.
“Bravo, bravo, tu si che sei bravo. Non come me che ho lasciato mia moglie dopo otto anni per un’altra, però… L’uomo è debole, si sa. E poi Jessica m’era sempre piaciuta, fin dai tempi della scuola”.
(Jessica? Quella bonazza si va a mettere con questo qui? Li mort…) “Eh, capisco”.
“Che fai, prendi il sole sotto l’ombrellone, eh eh?”.
(Quanto non sopporto stà risata del cazzo) “Non è che mi diverta tanto venire qui. Lo faccio solo per Luciana e la bambina”.
“No, no, sbagli, qui ci si diverte. L’hai mai fatto il volo della morte?”.
(Eccolo là, ci avrei giurato! Sta già cercando l’occasione per mettermi in ridicolo, come sempre) “Si, un paio di volte…”.
“Eh, quello è fortissimo! A quest’ora poi é ancora accessibile, non c’è un’ora e mezzo di fila sotto lo scoppio del sole”.
(Ho capito dove vuole arrivare) “Può darsi”.
“… Pisellino… perché non ci spariamo un volo insieme? Fammi compagnia, dai!”.
(Come no, per farmi fare la figura del coglione come sempre) “Non posso lasciare l’ombrellone incustodito”.
“Ma chi si frega niente! Qua tutti hanno tutto, c’era una bimba che avrà avuto neanche 15 anni e aveva uno smartphone che vale quanto io e te messi assieme! Sai che gliene frega dei dieci euro che hai nel portafogli!”.
(E se invece… il fattore sorpresa potrebbe aiutarmi…) “In effetti… perché no?”.
“Oh, bravo pisellino, così mi piaci!”.
Si avviarono verso la spaventevole scalinata che saliva fino al terrificante volo della morte, pittoresco nome di un’attrazione scivolosa, curva, velocissima, sigillata in un tubo chiuso con sbocco finale in una piccola piscina, tanti schizzi d’acqua sino alle sdraio più vicine, e una colonna sonora fatta di urla di paura.
“Lo frego io a quest’elefante bastardo” pensava Mario con una scintilla di malignità che brillava più delle gocce di sudore. “Quando siamo in cima farò finta di avere un capogiro, mi metto a barcollare, lo sbilancio e lo faccio cadere… ma non verso lo scivolo, no, sarebbe troppo corretto. Lo mando direttamente sulla costa rocciosa a lato, quella che ancora non si sono decisi a metterci una staccionata perché ‘nessuno è mai caduto’, ma c’è sempre una prima volta, no? L’elefante farà un bel botto… Non si ammazzerà, sono solo un paio di metri, però una costola se la frattura… Con tutto quello che mi ha combinato negli ultimi vent'anni ci può anche stare… Così saldo tutto in una volta sola”.
La fila era davvero minima, considerata la straordinaria attrazione che suscitava quel gioco così meravigliosamente thrilling. C’erano solo una trentina fra giovanotti scimmieschi e ragazzine pseudo-veline, e poi, abbastanza fuori luogo, due quarantenni tipo Stanlio e Ollio, uno grande e grosso, l’altro mingherlino e dall’aria indifesa. Eppure i suoi occhi erano sinistri…
“Dai che si siamo. Al prossimo giro andiamo noi. Prendo il canotto…”.
“No, no, lo prendo io” (Ci mancherebbe, non devi avere niente che ti possa ammortizzare la caduta!).
“Va bene. Vai che ci siamo”.
Mario fissò con lucida, bramosa follia il piccolo strapiombo sul lato destro rispetto all’ingresso al volo della morte. Sentì le gambe che gli tremavano ma anche una volontà feroce che lo spingeva a non ripensarci.
“Adesso è il momento gius…”. Ancora una volta i suoi pensieri vennero interrotti. Uno dei tanti scimmioni adolescenti aveva spinto un suo amico per scherzo, provocando una reazione a catena tipo domino fra la gente in fila. Mario cadde di schiena verso lo scivolo del volo della morte, nel buio del tubo chiuso, pensando che stava per succedere qualcosa di orribile…
“Sei piccolino ma pesi”, gli disse il suo amico in tono scherzoso, anche se la costola doveva fargli un male cane. Mario annuì.
“Purtroppo non posso fare nulla”, spiegò l’addetto dell’infermeria. “Ho chiamato l’ambulanza, così la porteranno al pronto soccorso”.
“Non serve a niente”, osservò l’amico. “Costola rotta, non credo che possano ingessarla. Per tre mesi mi toccherà patire. Ogni volta che mi siedo o che mi sdraio vedrò le stelle… e mi sa che qualche scopata con Jessica mi toccherà saltarla”.
La diretta interessata gli diede un’occhiataccia: “Ma che dici, sporcaccione?”.
“Mi dispiace”, commentò Mario a bassa voce.
“Ma non lo dire neanche per scherzo! Quando t’ho visto che stavi per cadere giù di schiena mi è venuto un infarto. Non ho fatto nemmeno in tempo a pensare: ‘se gli si spezza la colonna vertebrale rimane paralizzato’ che già mi ero buttato per farti da cuscino. Anzi, avevo paura di non fare in tempo. Mi sarei sentito in colpa perché eri venuto sullo scivolo solo perché te lo avevo chiesto io”.
Per la prima volta in vita sua Mario fece un sorriso sincero all’elefante.
“Vai da Luciana, che ti starà cercando. Tanto se stai qui non è che mi si guarisce la frattura”.
“No, è che… mi dispiace, davvero. Se posso…”.
“Fare qualcosa? Una cosa la puoi fare: questo è l’ingresso mio e di Jessica, vale anche per domani. A noi non ci serve più, sfruttalo te, così risparmi trenta euro”.
Mario ringraziò con un gesto della testa. Non aveva proprio parole.
Quando ritornò all’ombrellone trovò Luciana e la bambina.
“Ti stavi proprio annoiando, eh? Dai, sopporta, domani andiamo dove vuoi tu”.
“No, no, domani torniamo qui. Ho rimediato un ingresso di quelli validi anche per il giorno dopo”.
“E come hai fatto?”.
“Diciamo che oggi è successo un mezzo miracolo”.
“Che miracolo?”.
“Un giorno te lo racconterò. Adesso però voglio andare a farmi un bagno in piscina. Voglio stare in mezzo a tutti quei giovani pieni di energia, magari ne trasmettono un po’ anche a me”.
martedì 7 luglio 2009
Perché lo fai?...
La domanda che a volte mi pongo è: perché certe persone (tra le quali io) amano così tanto scrivere? Perché questa passione per la scrittura, e non un’altra cosa? Scrivere a livello amatoriale può essere definito un hobby, come collezionare francobolli o andare a pesca? Certo, la letteratura é qualcosa di superiore rispetto alla filatelia o alla pesca subacquea… Ma praticata da “dilettante”, da “scrittore della domenica”, che valore ha?... Personalmente non smetterei mai di scrivere anche se è evidente che non sarò mai un nuovo Pirandello (magari) o un nuovo John Grisham (non me ne potrebbe fregare di meno, i fabbricanti di best-sellers non sono il mio modello).
La risposta che mi sono dato (ovviamente non disinteressata…) è che scrivere amatorialmente può essere definito, oltre che un hobby, un vizio… E siccome è un vizio che non provoca carie, non avvelena i bronchi, non favorisce l’insorgere della cirrosi epatica, non aumenta il colesterolo, e ha come unica controindicazione i commenti ironici dei vostri famigliari più stretti… beh, credo di poter perseverare in questo vizio.
La risposta che mi sono dato (ovviamente non disinteressata…) è che scrivere amatorialmente può essere definito, oltre che un hobby, un vizio… E siccome è un vizio che non provoca carie, non avvelena i bronchi, non favorisce l’insorgere della cirrosi epatica, non aumenta il colesterolo, e ha come unica controindicazione i commenti ironici dei vostri famigliari più stretti… beh, credo di poter perseverare in questo vizio.