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sabato 30 agosto 2014

Recensione di un libro immaginario

IL SECONDO ACCORDO FRA STATO E MAFIA
di Ariano Geta
Edizioni gTerma
Anno di pubblicazione 2014
256 pagine

Ariano Geta si avventura nella fantapolitica con una storia fra il grottesco e il provocatorio, che riesce solo in parte nel suo intento.
La vicenda inizia ai giorni nostri, durante i primi mesi del primo governo Renzi. Il premier si rende conto che qualunque provvedimento per snellire la burocrazia e, soprattutto, aumentare le entrare fiscali allo scopo di ridurre il debito pubblico, rischia di essere vanificato dall'incapacità del governo di porre un freno agli sprechi della politica. Occorre, secondo le parole dell'immaginario Renzi protagonista del romanzo "un cambio di rotta di radicale" che sia costruito tramite una nuova gestione dello stato basandosi su "un talento straordinariamente italiano che ci viene riconosciuto in tutto il mondo".
Ed ecco la trovata: affidare il dicastero dell'economia al padrino della mafia Matteo Messina Denaro.
I capitoli dedicati alla ricerca del boss latitante e al suo arresto ricostruiscono le operazioni di polizia con realismo e accuratezza, ma risultano eccessivamente lunghi e inoltre sono del tutto privi del tono sarcastico che permea la parte iniziale del libro. Il carattere grottesco della storia raggiunge però il suo apice proprio dopo la cattura di Messina Denaro, con lo stupefatto boss che si aspettava di essere condotto in un carcere di massima sicurezza e invece si ritrova in un palazzo che "gli sembrava di aver visto alla televisione, non ricordava se in una telenovela o in un telegiornale".
L'incontro fra i due Matteo, Renzi da una parte e Messina Denaro dall'altra, è il momento più divertente dell'intero romanzo. Da un lato il politico, con giri di parole spesso inutili, spiega la problematica del debito pubblico ormai fuori controllo, i problemi con la Germania e gli altri paesi dell'Unione Europea e la necessità di reperire quattrini, dall'altro il mafioso che si esprime in modo spiccio e, dopo lo sbalordimento iniziale, prende subito confidenza con il "presidente? Ma, mi scusi, il presidente non era un vecchietto pelato che parla con l'accento napoletano?"
Mentre Matteo (Renzi) chiede lumi sui metodi di "gestione finanziaria" di cosa nostra e azzarda qualche ipotesi di applicazione di tali principi a livello pubblico, Matteo (Messina Denaro) sembra invece scettico e spiega quanto sia diventato difficile "alzare qualche miserabile milione d'euro". Perché "Lei non si rende conto di come si lavori male con tutti questi minchia di poliziotti che si intromettono! Alcuni riesci a comprarli, ma tanti altri no, e poi c'è sempre qualche testa di minchia di pubblico ministero che apre un'indagine, e siccome le teste di minchia vanno sempre a coppia c'è pure il giudice istruttore che fa partire il processo e ti arresta cento collaboratori nel giro di una notte".
Anche la collaborazione con la politica è difficile perché "i siciliani sono ostinati. Uno fa del suo meglio per spiegargli che devono votare a una certa persona, e loro continuano a comportarsi come se avessero il diritto di votare a chi minchia gli pare, così alla fine magari viene eletto un figghie 'e bottana che ci rema contro..."
Nonostante tutto l'accordo viene siglato, e i capitoli successivi sono un susseguirsi di scene paradossali, fra tutte quella in cui un negoziante palermitano vede entrare nella sua bottega i tre esattori mafiosi che gli chidevano il pizzo, e che di fronte alle sue minacce di chiamare la polizia mostrano un tesserino in cui si attesta che sono diventati dipendenti di Equitalia.
Il finale è l'apoteosi del ridicolo, e lascia un po' interdetto il lettore. L'idea di partenza si prestava a numerosi sviluppi narrativi che sono stati realizzati solo in parte, e talvolta in maniera troppo sbrigativa da parte dell'autore, e questo vale in particolar modo proprio per la conclusione della vicenda.
Il giudizio complessivo non può che essere negativo.

lunedì 25 agosto 2014

Chi sei?

L’ultima settimana di agosto è quella in cui si percepisce la conclusione del periodo di vacanza dalla routine sociale della scuola e del lavoro, soprattutto meteorologicamente quando, talvolta, scoppiano acquazzoni violenti che sono i primi indizi della fine dell’estate (anche se spesso il bel tempo persiste sino ai primi di ottobre).
Più banalmente, l’ultima settimana di agosto è anche quella in cui questo blogger è venuto al mondo qualche decennio fa, il periodo dell’anno in cui un tempo festeggiava doppiamente: perché oltre alla torta e alle candeline c’erano pure le giornate libere, al mare o in collina, senza l’assillo dei compiti e della convivenza forzata con altri coetanei in un’aula di pochi metri quadri.
Considerato che difficilmente posso pensare di vivere fino all’età di 88 anni, ritengo con certezza quasi assoluta di aver ufficialmente varcato la metà del tempo a mia disposizione. Quarantaquattro anni sono abbastanza per aver visto e vissuto un sacco di esperienze che ovviamente mi hanno plasmato e modificato.
Da questo punto di vista talvolta provo perplessità quando mi guardo allo specchio. Mi chiedo chi ci sia davvero dentro il mio corpo cresciuto. Tante certezze svanite, tante ambiguità acquisite… Ho sempre creduto in qualcosa, ho sempre avuto convinzioni assolute dalle quali derivavano giudizi categorici, che però man mano si sono dissolti lasciando spazio alla tolleranza (ed è stato un bene) e a una rassegnata sopportazione di tutto quel che non mi piace (ed è stato un male). Leggendo e scrivendo mi sono conosciuto meglio: ho capito che il mio gruppo musicale preferito sono stati i Nirvana perché il loro messaggio musicale era: non abbiamo nessun messaggio da dare; ho compreso che il mio scrittore preferito è Pirandello perché racconta l’assurdo della vita e, contemporaneamente, la necessità di convivere con questo assurdo e anche – perché no – di adattarvisi.
Insomma, non so più dire con esattezza chi sono, e le cose che desidero potrebbero apparire contraddittorie. Però questo è quel che ormai sono, ma mi evolverò ulteriormente perché, beh, diamine, mica posso illudermi di non mutare più… chissà quanto ancora sono in grado di sorprendere la persona che si vede allo specchio e riesce a riconoscere soltanto il proprio corpo cresciuto.