I blog sono spazi aperti a tutti gli internauti dove in genere si può interagire con chi lo gestisce. Spesso i commentatori sono altri blogger, coi quali si instaura talvolta un rapporto di amicizia virtuale da cui possono anche derivare iniziative comuni, collaborazioni, scambi di messaggi privati, persino incontri dal vivo per conoscersi di persona.
Naturalmente può capitare il contrario. Nel corso dei miei otto anni di blogging ho sperimentato tre esperienze di questo genere.
Nel primo caso si trattava di un collega scribacchino con il quale mi sarebbe piaciuto entrare in maggiore confidenza, ma evidentemente io non gli piacevo proprio e me lo suggeriva in modo concreto. Lui aveva l'abitudine di rispondere a tutti i commenti che riceveva sul suo blog. Solo i miei venivano sistematicamente ignorati. Ho capito che era il caso di lasciar stare e ho abbandonato i miei propositi di frequentazione.
Il secondo caso, assai più doloroso per me, ha riguardato un blogger col quale avevo inizialmente un ottimo rapporto, fino al momento in cui lui ha smesso di commentare il mio blog. Io continuavo a visitare il suo, ma lui evitava di rispondere ai commenti (solo ai miei anche in questo caso). Il messaggio subliminale era sin troppo chiaro.
Nel terzo e ultimo caso il mio commento è stato addirittura cancellato, e posso garantirvi che si trattava di un commento attinente al post, niente parole sgarbate o contenuti che potessero in qualche modo essere equivocati.
Insomma, il blogger può decidere che gli stai antipatico ed escluderti dal suo spazio virtuale.
Soprattutto nel secondo caso mi sono chiesto "perché?" ma d'altronde il potere dell'empatia è tale da non necessitare di ulteriori motivazioni. Se viene meno, tutto il resta non conta più.
D'altra parte io pure ammetto di frequentare con maggiore interesse Tizio piuttosto che Caio. Ma al tempo stesso posso garantirvi che un commento educato e attinente al post, provenisse pure da un internauta che non mi sta simpatico, qui riceverà sempre la sua attenzione e relativa risposta.
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lunedì 26 giugno 2017
lunedì 19 giugno 2017
Quando si scrive in segreto
Ho già spiegato più volte che ho deciso di mettermi in gioco tramite ebook gratuiti o autopubblicati (malgrado il mancato placet degli editori) poiché sono convinto che quando si scrive narrativa ci si rivolge implicitamente a un ipotetico lettore, quindi tenere tutto chiuso in un cassetto non ha senso. É un tipo di scrittura che nasce con lo scopo di essere letta, non occultata.
Però esiste un altro genere di scrittura che, al contrario, viene rigorosamente tenuta nascosta.
I cosiddetti diari segreti, ma anche certi sfoghi e confessioni che anziché restare confinati nella mente vengono scritti al volo su un fogliaccio o su un file del pc (talvolta solo per sparire subito dopo con un clic sul tasto canc oppure come combustibile per il fuoco del caminetto) prendono vita con lo scopo opposto, che è abbastanza contraddittorio: dare forma visibile a ciò che non deve essere mostrato agli altri.
Si tratta di pagine da elaborare e, talvolta, rileggere per una sorta di necessità personale che può assumere varie forme: autoanalisi, "vendetta", ricordo privato.
Qual è il senso di una scrittura di questo genere? Se si tratta di cose che nessuno oltre l'autore deve leggere, perché dargli una forma fisica che le espone al rischio delle sbirciate altrui?
Ovviamente una prima facile risposta è che: beh, col tempo i ricordi si cancellano, le sensazioni si affievoliscono. Raccontare (o meglio: raccontarsi) a caldo quel che si è provato per eventi appena vissuti che hanno lasciato un'emozione intensa e trascriverlo a futura memoria personale è un metodo per impedire che il grigiore del tempo ne sbiadisca l'intensità.
Io penso che sia anche una necessità quasi fisiologica: credo che mettere per iscritto certe esperienze sia un modo per esorcizzarle, per espellerle dalla mente come se fossero una tossina che, una volta messa nero su bianco, fa meno male (o più bene) all'anima.
Voi che ne pensate? Avete mai scritto cose "segrete" a esclusivo uso personale?
Però esiste un altro genere di scrittura che, al contrario, viene rigorosamente tenuta nascosta.
I cosiddetti diari segreti, ma anche certi sfoghi e confessioni che anziché restare confinati nella mente vengono scritti al volo su un fogliaccio o su un file del pc (talvolta solo per sparire subito dopo con un clic sul tasto canc oppure come combustibile per il fuoco del caminetto) prendono vita con lo scopo opposto, che è abbastanza contraddittorio: dare forma visibile a ciò che non deve essere mostrato agli altri.
Si tratta di pagine da elaborare e, talvolta, rileggere per una sorta di necessità personale che può assumere varie forme: autoanalisi, "vendetta", ricordo privato.
Qual è il senso di una scrittura di questo genere? Se si tratta di cose che nessuno oltre l'autore deve leggere, perché dargli una forma fisica che le espone al rischio delle sbirciate altrui?
Ovviamente una prima facile risposta è che: beh, col tempo i ricordi si cancellano, le sensazioni si affievoliscono. Raccontare (o meglio: raccontarsi) a caldo quel che si è provato per eventi appena vissuti che hanno lasciato un'emozione intensa e trascriverlo a futura memoria personale è un metodo per impedire che il grigiore del tempo ne sbiadisca l'intensità.
Io penso che sia anche una necessità quasi fisiologica: credo che mettere per iscritto certe esperienze sia un modo per esorcizzarle, per espellerle dalla mente come se fossero una tossina che, una volta messa nero su bianco, fa meno male (o più bene) all'anima.
Voi che ne pensate? Avete mai scritto cose "segrete" a esclusivo uso personale?
lunedì 12 giugno 2017
Ottavo anno di blogging
Nonostante la crisi del settimo anno e la conseguente pausa di quattro mesi che ne è seguita, sono ancora in pista e festeggio otto anni di blogging.
Lo ammetto, punto al premio "highlander" riservato ai blogger più longevi ;-)
O, più banalmente, la mia grafomania è inarrestabile e questo spazio virtuale costituisce un'ottima arena per metterla in azione.
Cosa posso dire come discorso solenne per l'anniversario del blog?
Intanto mi sono riletto tutti i post dei precedenti anniversari.per rendermi conto che già il quarto anno mi sentivo "a corto di idee" e che il sesto anno è stato il peggiore a causa di situazioni legate alla mia vita privata.
Nel complesso il miglior post di anniversario è quello del quinto anno, forse avrei dovuto fare copia/incolla, cambiare tutti i 5 in 7 e sperare che nessuno si accorgesse di nulla, chissà ;-)
Riguardo i progetti in corso, ammetto che per ora sto tirando i remi in barca. Sinora ho auto-pubblicato 17 ebook (3 sono stati temporaneamente ritirati per essere sottoposti a revisione) e quindi mi sento non dico appagato ma quanto meno con la coscienza a posto. Non implica un ragionamento del tipo "ok, ho scritto abbastanza, posso mollare" però significa che ho già detto molto di quel che avevo dentro.
Peraltro l'estate è in arrivo, il rito nazionalpopolare del paese che calza i ciabattoni e si ferma - letteralmente, anche se da qualche anno l'Italia mi sembra abbastanza immobile pure in pieno inverno - è in arrivo.
Dopo quasi mezzo secolo di appartenenza alla società italica sto infine assorbendone gli usi e i costumi malgrado il mio ostinato isolamento, perciò i mesi che seguiranno diventano i meno adatti per iniziare nuovi progetti.
Il blog vivacchierà sicuramente sino a ottobre (quindi resta attivo ma non aspettatevi post impegnativi) e chi vivrà vedrà.
Le stagioni non sono più quelle di una volta e si stava meglio quando si stava peggio (insomma, sto invecchiando ;-)
Lo ammetto, punto al premio "highlander" riservato ai blogger più longevi ;-)
O, più banalmente, la mia grafomania è inarrestabile e questo spazio virtuale costituisce un'ottima arena per metterla in azione.
Cosa posso dire come discorso solenne per l'anniversario del blog?
Intanto mi sono riletto tutti i post dei precedenti anniversari.per rendermi conto che già il quarto anno mi sentivo "a corto di idee" e che il sesto anno è stato il peggiore a causa di situazioni legate alla mia vita privata.
Nel complesso il miglior post di anniversario è quello del quinto anno, forse avrei dovuto fare copia/incolla, cambiare tutti i 5 in 7 e sperare che nessuno si accorgesse di nulla, chissà ;-)
Riguardo i progetti in corso, ammetto che per ora sto tirando i remi in barca. Sinora ho auto-pubblicato 17 ebook (3 sono stati temporaneamente ritirati per essere sottoposti a revisione) e quindi mi sento non dico appagato ma quanto meno con la coscienza a posto. Non implica un ragionamento del tipo "ok, ho scritto abbastanza, posso mollare" però significa che ho già detto molto di quel che avevo dentro.
Peraltro l'estate è in arrivo, il rito nazionalpopolare del paese che calza i ciabattoni e si ferma - letteralmente, anche se da qualche anno l'Italia mi sembra abbastanza immobile pure in pieno inverno - è in arrivo.
Dopo quasi mezzo secolo di appartenenza alla società italica sto infine assorbendone gli usi e i costumi malgrado il mio ostinato isolamento, perciò i mesi che seguiranno diventano i meno adatti per iniziare nuovi progetti.
Il blog vivacchierà sicuramente sino a ottobre (quindi resta attivo ma non aspettatevi post impegnativi) e chi vivrà vedrà.
Le stagioni non sono più quelle di una volta e si stava meglio quando si stava peggio (insomma, sto invecchiando ;-)
martedì 6 giugno 2017
Le soddisfazioni dello scribacchino
Qualche tempo fa Roberto Bonfanti ha pubblicato un articolo su libricity dal titolo emblematico: "Essere uno scrittore di (in)successo e vivere felice".
Vi invito a leggerlo perché ne condivido in pieno lo spirito e Roberto esprime il concetto assai meglio di quanto saprei fare io.
Noterete che ho commentato l'articolo in questione. Preciso anzi, come ho già fatto in altra sede, che nel mio caso non posso affermare di vivere felice, però nella mia infelicità la scrittura non c'entra nulla. Tutt'altro: una delle cose positive della mia vita sono proprio i momenti in cui mi siedo davanti al pc (molti anni usavo la macchina da scrivere o addirittura carta e penna) e provo a trasformare in un testo scritto la massa informe di sensazioni e pensieri che mi premono dentro la testa. L'atto di scrivere è straordinariamente terapeutico per me, come d'altronde credo che sia per chiunque altro abbia la stessa intima necessità di dare forma scritta alla propria creatività.
E quando si scrive un testo lo scopo è che qualcuno lo legga. Tenerlo chiuso in un cassetto è come avere una macchina e lasciarla per sempre dentro un garage.
Non so se avete mai letto le citazioni condivisibili nella barra laterale destra, quello che esprimono lo spirito di questo blog. Una è di Milan Kundera:
Vi invito a leggerlo perché ne condivido in pieno lo spirito e Roberto esprime il concetto assai meglio di quanto saprei fare io.
Noterete che ho commentato l'articolo in questione. Preciso anzi, come ho già fatto in altra sede, che nel mio caso non posso affermare di vivere felice, però nella mia infelicità la scrittura non c'entra nulla. Tutt'altro: una delle cose positive della mia vita sono proprio i momenti in cui mi siedo davanti al pc (molti anni usavo la macchina da scrivere o addirittura carta e penna) e provo a trasformare in un testo scritto la massa informe di sensazioni e pensieri che mi premono dentro la testa. L'atto di scrivere è straordinariamente terapeutico per me, come d'altronde credo che sia per chiunque altro abbia la stessa intima necessità di dare forma scritta alla propria creatività.
E quando si scrive un testo lo scopo è che qualcuno lo legga. Tenerlo chiuso in un cassetto è come avere una macchina e lasciarla per sempre dentro un garage.
Non so se avete mai letto le citazioni condivisibili nella barra laterale destra, quello che esprimono lo spirito di questo blog. Una è di Milan Kundera:
Vivant Denon non ha mai reclamato la proprietà artistica del
racconto [Senza domani]. Non che rifiutasse la gloria: è che all'epoca essa
aveva tutt'altro significato. Il pubblico che lo interessava, e che voleva
sedurre, non era affatto, a mio avviso, la massa di sconosciuti ai quali anela
di piacere l'odierno scrittore, bensì il piccolo gruppo di quelli che poteva
conoscere e stimare personalmente. Il piacere procuratogli dal plauso dei suoi
lettori non deve essere stato molto diverso da quello che provava di fronte ai
pochi ascoltatori raccolti attorno a lui in uno dei salotti nei quali brillava.
Ecco, non soltanto scrivere, ma anche essere letto e apprezzato regala soddisfazione indipendentemente dai numeri. Quando mi capita di leggere un post come questo di Pat mi sento francamente gratificato.
Con l'occasione ringrazio tutti quanti coloro hanno apprezzato la mia scrittura e magari hanno anche lasciato commenti ugualmente piacevoli su amazon o su altri siti web. I primi tempi aprivo dei post appositi per segnalare le recensioni ricevute, poi ho smesso perché non volevo sembrare troppo autocelebrativo, comunque garantisco che li apprezzo davvero tanto. Oggi faccio un'eccezione perché le parole di Pat vanno al di là della recensione e ci tengo a ringraziarla pubblicamente.
Insomma, anche scribacchiare come un dilettante regala tante soddisfazioni, credetemi.
venerdì 2 giugno 2017
"Promessi sposi" politically correct
Basta, ho deciso di arrendermi alla nuova tendenza che ha caratterizzato i vari remake cinematografici e televisivi degli ultimi anni: rendere la narrazione politically correct A OGNI COSTO.
Pertanto scriverò a breve (quando dico "a breve" in genere sottintendo un periodo di tempo compreso fra le prossime ventiquattro ore e i prossimi ventiquattro anni) una nuova versione del capolavoro manzoniano seguendo i succitati dettami ideologici.
Non sarà una sfida facile, ma ho già elaborato gli elementi base.
Tanto per cominciare non va bene che i protagonisti siano entrambi lombardi. Per Lucia ci può pure stare: in fondo l'attaccamento per i luoghi denota un'appartenenza ancestrale a quel ramo del lago di Como tra due catene non interrotte di monti. Ma Renzo sarebbe più politically correct se fosse figlio di immigrati meridionali, magari piazzando pure qualche intercalare tipico del Mezzogiorno nel suo eloquio.
Non va bene neppure l'ossessiva presenza di religiosi cattolici. Passi per don Abbondio, ma fra' Cristoforo deve essere modificato. Lo ribattezzerò Cristoforo Muhamad e sarà l'imam di Lecco.
Don Rodrigo rimane il cattivo della vicenda, però non deve essere proprio cattivo. Cioè, lo sarà ancora, ma dovrà emergere che da bambino ha subito dei gravi abusi che gli hanno provocato turbe psichiche responsabili dei suoi comportamenti antisociali. Devo solo definire meglio che tipo di abusi. Forse potrebbe essere stato vittima di ripetuti indottrinamenti razzisti, classisti e sessisti da parte di alcuni cattivispagn franc giapp ... da parte di alcune persone di nazionalità, sesso e appartenenza sociale indefinita. Però sicuramente fasciste.
Considerato che Cristoforo è un imam, ne consegue che l'Innominato si convertirà all'islam. Però si sposerà con una donna buddhista per sottolineare la convivenza pacifica tra religioni diverse (d'altronde, immaginare che nella Lombardia del Seicento ci fosse qualche buddhista non è mica una forzatura, no?) E poi, considerata la concessione della poligamia per i musulmani, sposerà anche una donna induista, sempre per gli stessi motivi. Infine in terze nozze impalmerà un uomo ateo, rivelando al mondo che il suo amore non ha limiti e quindi non è esclusivamente eterosessuale.
L'epidemia di peste sarà rimpiazzata da una vasta diffusione di aids causata dal mancato uso del preservativo, ma alla fine tutti saranno convinti ad utilizzarlo grazie a un efficace discorso pubblico della monaca di Monza che farà notare a tutti come la sua indesiderata gravidanza sarebbe stata facilmente evitata con un adeguato contraccettivo. Al termine di detto discorso sarà acclamata dalla folla e nominata nuovo vescovo (o vescova?) della diocesi di Lecco, in nome dell'affermazione femminile e dell'uguaglianza fra i sessi.
Qualche suggerimento?
Pertanto scriverò a breve (quando dico "a breve" in genere sottintendo un periodo di tempo compreso fra le prossime ventiquattro ore e i prossimi ventiquattro anni) una nuova versione del capolavoro manzoniano seguendo i succitati dettami ideologici.
Non sarà una sfida facile, ma ho già elaborato gli elementi base.
Tanto per cominciare non va bene che i protagonisti siano entrambi lombardi. Per Lucia ci può pure stare: in fondo l'attaccamento per i luoghi denota un'appartenenza ancestrale a quel ramo del lago di Como tra due catene non interrotte di monti. Ma Renzo sarebbe più politically correct se fosse figlio di immigrati meridionali, magari piazzando pure qualche intercalare tipico del Mezzogiorno nel suo eloquio.
Non va bene neppure l'ossessiva presenza di religiosi cattolici. Passi per don Abbondio, ma fra' Cristoforo deve essere modificato. Lo ribattezzerò Cristoforo Muhamad e sarà l'imam di Lecco.
Don Rodrigo rimane il cattivo della vicenda, però non deve essere proprio cattivo. Cioè, lo sarà ancora, ma dovrà emergere che da bambino ha subito dei gravi abusi che gli hanno provocato turbe psichiche responsabili dei suoi comportamenti antisociali. Devo solo definire meglio che tipo di abusi. Forse potrebbe essere stato vittima di ripetuti indottrinamenti razzisti, classisti e sessisti da parte di alcuni cattivi
Considerato che Cristoforo è un imam, ne consegue che l'Innominato si convertirà all'islam. Però si sposerà con una donna buddhista per sottolineare la convivenza pacifica tra religioni diverse (d'altronde, immaginare che nella Lombardia del Seicento ci fosse qualche buddhista non è mica una forzatura, no?) E poi, considerata la concessione della poligamia per i musulmani, sposerà anche una donna induista, sempre per gli stessi motivi. Infine in terze nozze impalmerà un uomo ateo, rivelando al mondo che il suo amore non ha limiti e quindi non è esclusivamente eterosessuale.
L'epidemia di peste sarà rimpiazzata da una vasta diffusione di aids causata dal mancato uso del preservativo, ma alla fine tutti saranno convinti ad utilizzarlo grazie a un efficace discorso pubblico della monaca di Monza che farà notare a tutti come la sua indesiderata gravidanza sarebbe stata facilmente evitata con un adeguato contraccettivo. Al termine di detto discorso sarà acclamata dalla folla e nominata nuovo vescovo (o vescova?) della diocesi di Lecco, in nome dell'affermazione femminile e dell'uguaglianza fra i sessi.
Qualche suggerimento?