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venerdì 20 maggio 2011

Lo farei?

Le città di provincia in genere sono noiose e piene di gente conformista e prevedibile. Molti però nascondono uno spirito eccentrico che si manifesta in forma attenuata, per lo più tramite hobby più o meno diffusi. Si va dal fanatico del softair che ogni tanto indossa la mimetica e simula una battaglia con altri appassionati di questo gioco, al capellone che suona la chitarra in una garage-band di splendidi quarantenni... Tutto rigorosamente part-time, un passatempo di pochi attimi che ha il nobile scopo di evitare la metamorfosi in un grigio uomo-poltrona lobotomizzato dalla quotidianità. Le ore della giornata continuano a essere scandite dalla consapevolezza di essere adulto, con l'obbligo della maturità, del senso di responsabilità, del conto in banca...
Certo, se il chitarrista quarantenne trovasse l'improvvisa chance di suonare in modo professionale, con ottimi guadagni economici, potrebbe mollare il suo lavoro e inseguire la passione di una vita. Chi potrebbe criticarlo? Il profitto giustifica l'immaturità, se questa si trasforma in una fonte di reddito.
Ma se rimane economicamente infruttuosa?...
Nella mia città viveva, sino a pochi anni fa, un pittore dilettante che purtroppo non è più di questo mondo. Non è mai diventato famoso, e neppure ha mai provato a entrare nel giro. Semplicemente dipingeva. E non voleva fare altro. É stato coerente sino in fondo con questa sua... passione/eccentricità (barrare l'opzione precelta). E ha rinunciato ad avere una vita rispettabile in cui la pittura sarebbe diventata un hobby domenicale.
La scelta di non uniformarsi ha comportato un prezzo da pagare: non avendo mai cercato un impiego serio, ha vissuto a lungo coi suoi genitori e poi in piccolissimi appartamenti con affitto basso. Guadagnava qualche soldo vendendo i suoi quadri alla gente, stile "artista di strada", e ovviamente non ha mai messo insieme grosse cifre, tutt'altro. Doveva spesso ricorrere ad aiuti economici da parte di sua sorella, e naturalmente non si è mai creato una famiglia (quale donna sposerebbe un uomo perennemente disoccupato e senza una lira in tasca?)
Però lo ha fatto. Ha scelto di inseguire la sua insana e immatura passione per la pittura senza alcun guadagno, né economico né sociale.
Mi chiedo: io lo farei? Se per assurdo si potesse essere uno "scrittore di strada" che vende racconti a prezzi stracciati, quanto basta per pagarsi un tetto e un piatto di minestra, io vorrei esserlo? E rinunciare alla casa con qualche metro quadro in più, l'automobile, la televisione, il pc, l'adsl, i libri comprati in libreria e non presi in prestito in bilblioteca?
La mia risposta sincera è: non so se ne avrei il coraggio...

8 commenti:

  1. Spesso si dice "la dura realtà". Penso che questo sia uno di quei casi in cui il termine è appropriato. La 'dura' realtà, penso, mi porterebbe a sacrificare la voglia di libertà e di esplorazione per 'avere' qualcosa in più. Che poi devi aspettare la fine della vita per capire se il 'qualcosa in più' era la libertà o un tetto sulla testa. E quando l'hai scoperto, magari, è troppo tardi per tornare indietro. Come te, dico: non so se ne avrei il coraggio...
    Temistocle

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  2. Io lo farei. Per molto tempo ho lottato, e ancora adesso ci provo. E comunque non è necessario vivere di assoluti. Dove lavoro io, c'è un ragazzo che ha la passione di costruire pipe. All'inizio le portava nelle tabaccherie, per esporle in conto vendita. Poi ha frequentato qualche fiera minore. Ora va a Chicago, Shangai, Hong Kong... e le sue pipe sono richiestissime.
    Ancora continua a lavorare da "noi", ma adesso guadagna anche attraverso la sua passione. E chissà che le cose non possano migliorare ancora, nel tempo.
    Quindi?
    Un passettino alla volta, e se capita l'occasione, mai tirarsi indietro. Meglio avere rimorsi o rimpianti?

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  3. La tua frase "Il profitto giustifica l'immaturità" mi ha colpito parecchio.
    Forse perché è vera.
    Di storie con uomini e donne che mollano ogni cosa per inseguire le proprie passioni ne è piena la letteratura e il cinema, ma di rado ci è concesso sapere cosa accade a chi ci prova davvero.
    Che dire?
    È difficile.
    La nostra società è configurata in un certo modo, la mentalità imperante, poco poco ti allontani dai binari dell'uomo "perbene", ti condanna e ti emargina.
    Ciò non significa che non sia possibile compiere una scelta simile.
    Solo, si deve essere pronti a pagarne le conseguenze, che non sono solo di ordine pratico.

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  4. Come prima cosa saluto Luca, che è mancato alcuni giorni per le ragioni che sappiamo.
    Riguardo al topic, vedo che i miei dubbi sono condivisi, tranne che da parte di Glauco più pronto a seguire una scelta che comporta parecchie rinunce.
    Comunque sia, speriamo di non essere mai pentiti delle nostre scelte, qualunque esse siano.

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  5. Chi insegue le proprie passioni purtroppo viene sempre messo da parte, considerato come infantile e disadattato socialmente, a meno che queste passioni, come già detto, non diventino fonte di lucro.
    A quel punto la gente invece che schernirti inizia ad essere invidiosa, perchè il fatto che tu abbia rischiato e sia riuscito a vincere li fa sentire umiliati per tutte le volte che non hanno avuto il coraggio di lanciarsi.

    L'avete visto Easy Rider? Il discorso di Jack Nicholson in questo discorso cade come il cacio sui maccheroni:
    http://youtu.be/N-8HDoc1O5c

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  6. non avrei mai il coraggio e non so se invidio chi lo fa. Opto per una via di mezzo: un lavoro che dia il sostentamento, anche minimo, e il resto del tempo dedicato agli hobby. I quadri si possono anche vendere, ma i racconti per strada proprio no. Al massimo potrei rispolverare la chitarra.

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  7. Secondo me serve sempre coraggio per diventare quello che vorremmo essere. Non e' solo questione di soldi: troppa gente i soldi ce li ha ma vive senza assecondare le proprie passioni, e comunque se hai un hobby che ti toglie il tempo sono comunque soldi non guadagnati.

    Il problema più difficile e' il giudizio di chi abbiamo vicino. Se fai qualcosa di 'strano' devi riuscire anche a reggere le critiche degli altri e molti non se la sentono.

    Simone

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  8. Io lo farei.
    Non dico di patire la fame, ma qualche rinuncia la farei volentieri, pur di vivere seguendo una passione.
    Che poi la cosa peggiore sarebbe la gente "per bene" che punta il dito, specialmente se si abita in piccole realtà provinciali.
    Certo, è una scelta che comporta sacrifici, non per ultimo quello di una vita solitaria (mettere su una famiglia senza avere un lavoro fisso è un gesto folle, piaccia o meno).

    Detto tutto ciò, ribadisco: io lo farei.

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