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venerdì 18 novembre 2011

Conoscenza di quel che si racconta

Comincio con una citazione letteraria, tanto per darmi un po’ d’arie ;-)
Anni fa aiutai una mia amica a fare ricerche per la sua tesi di laurea su Arnold Bennett, scrittore inglese di fine ‘800. Lessi un aneddoto interessante. Nel suo romanzo più celebre, The Old Wives Tale, viene descritta in modo dettagliato e coinvolgente l’esecuzione di una condanna a morte in una pubblica piazza tramite ghigliottina. Poiché Bennett aveva vissuto alcuni mesi in Francia, i suoi conoscenti erano certi che lui avesse davvero assistito a tale evento, tanto era realistica la narrazione. Lui confermò, ma a distanza di tempo scrisse una lettera a un amico in cui confessava di non aver mai assistito a un fatto del genere. Si era documentato e lo aveva immaginato.
È una questione spesso dibattuta: per raccontare decentemente una situazione, è necessario averla vissuta? Per esprimere in modo convincente un’emozione, occorre averla provata?
La risposta più ovvia è “no”, altrimenti qualunque scrittore di noir sarebbe costretto a compiere svariati omicidi per entrare nella mente dell’assassino “in maniera credibile”. Per contro, è comunque obbligato ad apprendere una gran quantità di nozioni su procedure giuridiche, metodi polizieschi, balistica, etc., onde evitare di scrivere idiozie.
Parlando in generale, si può postulare che chi abbia vissuto sulla sua pelle certe esperienze possa raccontarle meglio. O magari no: forse chi ha il talento di saper narrare può inventare delle bugie più realistiche e coinvolgenti di qualunque verità. Basta osservare il mondo attorno e carpirne gli attimi significativi. Ricordo un’intervista allo scrittore inglese Graham Greene in cui raccontava – con un certo imbarazzo – un episodio emblematico. Si trovava casualmente all’interno di un ospedale mentre, a pochi passi da lui, una donna veniva informata della morte di suo marito. La donna era scoppiata in lacrime e aveva iniziato a farfugliare parole di dolore. Greene, spirito da scrittore, anziché allontanarsi per delicatezza era deliberatamente rimasto nei paraggi per ascoltare cosa diceva, per comprendere che tipo di frasi potesse pronunciare una persona sconvolta da un’emozione così violentemente drammatica…
Concludendo, è la classica questione sulla quale non si potrà mai emettere un verdetto definitivo. Il modo migliore di chiudere questo post è citare una strofa di Fernando Pessoa che è ovviamente un paradosso, ma non più di tanto:
Il poeta è un fingitore
finge così completamente
che arriva a fingere
che è dolore
il dolore che davvero sente.

4 commenti:

  1. Credo che immedesimarsi in persone che non siamo e in situazioni che non abbiamo mai vissuto sia uno degli esercizi mentali più creativi che il nostro cervello sai in grado di fare, e, sebbene in misura diversa, è una cosa che facciamo tutti, quotidianamente, anche senza rendercene conto.
    Alcuni, poi, hanno un vero talento per questo, e spesso diventano scrittori.
    Ammiro il loro spirito d'osservazione, come quello di Greene rimasto ad "origliare" emozioni in una corsia d'ospedale per farle sue, e soprattutto il saperle poi usare nel proprio lavoro.
    Per contro, se si è troppo autobiografici, sono dell'opinione che alla lunga traspaia dalle proprie cose, e non è sempre una buona cosa in un'opera dichiaratamente di fantasia.

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  2. In molti casi la chiamo empatia il saper comprendere il dolore di una persona e metterlo su carta. Ma anche l'odio necessita di una certa empatia, l'indifferenza. Ecco che un bravo narratore allora può scrivere di qualunque cosa.

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  3. Io credo che "chi ha il talento di saper narrare può inventare delle bugie più realistiche e coinvolgenti di qualunque verità".

    Però mi viene in mente un'altra cosa: quante volte a noi capita di sognare cose impossibili o che non abbiamo mai fatto (cadere da un palazzo, volare, perdere i denti o tantissime altre) che però non sono vere?
    La nostra mente non ha confini.

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  4. Secondo me, se uno sa scrivere bene, scrive bene di qualunque cosa (ovviamente magari prima si documenta se non conosce l'argomento, come dici tu, per non scrivere bestialità).

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