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mercoledì 7 maggio 2014

Serissimi consigli per la... lettura

Qualche anno fa vidi una commedia inglese abbastanza simpatica, pur senza essere memorabile.
Il protagonista è uno sceneggiatore televisivo di mezza età, un tranquillo uomo sposato che sta creando lo script per un film, al quale viene affiancato un giovane regista trasgressivo.
Discutendo a proposito di una certa scena, il regista propone che la protagonista assuma delle sostanze stupefacenti e abbia un trip visionario, ma lo sceneggiatore si oppone sostenendo che il personaggio in questione non fa ricorso a droghe.
Il regista lo fissa perplesso e gli chiede di confermargli se, come lui aveva capito, si tratta di una donna che ha superato i trent’anni.
Lo sceneggiatore conferma.
Allora il regista si fa ancora più perplesso, poi di colpo radioso, e pieno di entusiasmo elogia la fantasia incredibile dello sceneggiatore. Si complimenta sinceramente con lui perché è riuscito a immaginare una trentenne che non si è mai drogata in vita sua, una cosa inverosimile…
Questa scena sopra le righe racconta bene il rischio in cui incorriamo spesso come lettori (o scribacchini): contestualizziamo i personaggi e i loro comportamenti in base alle nostre esperienze personali e – soprattutto – all’epoca e al luogo in cui viviamo, dimenticandoci che non siamo i depositari dell’esperienza umana nella sua totalità. Socialmente, geograficamente e cronologicamente parlando noi ne sperimentiamo soltanto una piccola porzione, saremmo dei presuntuosi se credessimo che la nostra limitata conoscenza possa essere estesa universalmente.
Invece spesso capita. Magari si legge un romanzo vecchio di duecento anni e di fronte alle smanie coniugali della protagonista viene da pensare: “Ma questa è ossessionata solo dall’idea di sposarsi? Che razza di femmina superficiale e insignificante!”, dimenticando che due secoli fa per una donna molte strade erano chiuse, e restare “zitella” significava trascorrere la propria vita a invecchiare precocemente facendo da badante ai genitori e a vivere in condizioni economiche assai precarie, visto che le ricchezze di famiglie sarebbero state utilizzate come dote per le sorelle sposate, e la sorella nubile non avrebbe potuto neppure lavorare per mantenersi poiché all’epoca le donne erano escluse dall’istruzione e conseguentemente da molte carriere professionali.
Oppure, tornando all’ambito cinematografico, mi viene in mente una scena di una commedia americana degli anni ’30 con James Stewart e Ginger Rogers in cui una grassa cameriera nera si dichiara pronta a lasciare suo marito se per caso questi le proibisse di fumare. Vista con gli occhi di oggi può sembrare una sequenza di cattivo gusto: il classico stereotipo razziale che dipinge la donna nera come una popolana ignorante dedita a vizi sottoproletari che possono nuocere alla salute. Ma nel corso del film anche Ginger Rogers fuma piuttosto disinvoltamente (i pericoli della nicotina erano sottovalutati a quell’epoca) e scopre che persino sua suocera ama il tabacco e fuma di nascosto per evitare rampogne dal marito. Pertanto è verosimile che gli spettatori degli anni ’30 percepissero la scena con la cameriera di colore in modo tutt’altro che negativo: probabilmente lei incarnava la semplicità e la schiettezza delle donne del popolo in contrasto con l’ipocrisia delle dame dell’alta società.
Insomma, occorre saper contestualizzare in maniera corretta, altrimenti si rischia di fraintendere completamente la condotta e il simbolismo dei personaggi.
Alzi la mano chi è caduto almeno una volta in questo errore…

8 commenti:

  1. Io ci provo sempre a contestualizzare.. a volte quasi giustificare, ma non sempre mi riesce.. ^^

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    1. Non riesce facilmente a nessuno, te lo posso garantire ;-)

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  2. È verissimo quello che dici. Però io non riesco ugualmente quando leggo a non immedesimarmi nei personaggi (quando sono raccontati come si deve!)... a modo mio! Mi capita anche abbastanza spesso che inizio a seguire un personaggio in una storia e mi ci affeziono. Poi all'improvviso fa qualcosa di strano in base alle mie aspettative e non riesco più ad andare avanti. Lo stesso mi succede con i film: se c'è qualche personaggio che esce dall'idea che me ne sono fatto, mi sta subito antipatico. So che è stupido, ma è così! Ti faccio un esempio: sto seguendo in TV la serie del commissario Wallander, in una nuova edizione. Come sai Mankell è uno degli autori che amo di più, ho letto tutti i libri della serie del commissario di Ystad, e so che il rapporto tra lui e la figlia è molto conflittuale. Ora in questa trasposizione il personaggio di Linda compare sin dall'inizio (mentre nei romanzi, che coprono un arco di diversi anni, diventa poliziotta solo negli ultimi romanzi), probabilmente per inserire un personaggio femminile, e il suo comportamento mi risulta veramente scostante, molto più di quanto non lo sia stato nelle storie originali. Perciò continuo a guardare la serie (per il resto mi sembra fatta abbastanza bene) ma quella parte non la sopporto!

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    1. Beh, le trasposizioni che alterano i personaggi sono fastidiose. Io non sopporto l'ultima versione di Sherlock Holmes interpretato da Robert Downey, non mi piace proprio.

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  3. A me è successo l'opposto di recente con una miniserie inglese ambientata nel 600, The devil's whore. In questo caso mi ha dato fastidio proprio l'apparente incapacità degli autori di situarsi nel contesto dell'epoca. La protagonista sembrava una donna del XX secolo che avesse fatto un viaggio nel tempo e alla fine, dopo due episodi, ho smesso di seguire la serie.

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    1. Può capitare anche quello, ovvio. Anche questa è una mancanza di contestualizzazione, però da parte dell'autore.

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  4. E' sempre difficile contestualizzare, bisogna la capacità di immaginazione...

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    1. Immaginazione e a volte anche un po' di cultura di base.

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