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mercoledì 29 ottobre 2014

L'era dell'esibizionismo globale - 3

AVVISO IMPORTANTE: LETTURA INADATTA AI BAMBINI

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La riunione era iniziata all’una di notte e aveva prodotto gli unici risultati possibili: banalità elaborate da teste annebbiate dal sonno.
Erano state azzardate una decina di ipotesi investigative, plausibili ma troppo generiche, e ciascuna era stata assegnata a una squadra.
L’ispettore Berruti avrebbe dovuto analizzare il web per un’ulteriore ricerca di rivendicazioni, che al momento attuale assurdamente mancavano. Era questa la stranezza sconcertante degli attentati: nessuno si era fatto vanto di aver sventrato tre case, di aver provocato la morte di quattro persone e il ferimento di altrettante e, soprattutto, di aver beffato la polizia.
Messaggi che affermavano “sono stato io” ne erano circolati tanti, ma di scarsa credibilità: in gran parte erano riconducibili ad IP di connessioni registrate a nome di conclamati mitomani e sciacalli, i restanti comparivano in discussioni scherzose sul web e costituivano chiaramente un’innocente battuta ironica da parte di onesti cittadini avvezzi a cazzeggiare su ogni argomento, stragi e cataclismi inclusi.
“Compito del giorno: cercare un ago in un pagliaio” ironizzò torvo Berruti. Erano le sei di mattina, aveva già bevuto quattro caffè e non avrebbe saputo dire se era più il sonno o il giramento di palle. Ma davvero i superiori pensavano di risolvere il caso con questo tipo di approccio?
“Bisogna avere pazienza e aspettare i riscontri della scientifica” pensava ad alta voce. “Se dobbiamo scovare un matto che non sente la necessità di condividere i suoi gesti con gli altri, che possiamo fare?”
Su questo punto erano tutti d’accordo, non c’erano dubbi: si trattava di un pazzo. Non perché avesse commesso tre attentati e causato dei morti, ma perché aveva compiuto un gesto clamoroso mantenendo l’anonimato.
“Iniziamo a cercare l’ago” filosofeggiò Doglia.
“Ti vedo meno rincoglionito del solito” lo insolentì Berruti con un tono di voce che aveva l’intenzione di essere amichevole e invece suonava stizzoso. Ma la battuta acida aveva un fondo di verità: in quel momento il poliziotto apatico sembrava realmente più solerte del suo capo. Probabilmente era una delle sue giornate (in questo caso nottate) lucide: la soglia di attenzione si manteneva salda e gli occhi si incollavano senza distrazioni su una sequenza di immagini delle case distrutte dai precedenti attentati.
“Proposte?” sbuffò retoricamente Berruti.
“Possiamo accedere anche al database della polizia postale?” si informò il vice.
“Sì: postale, scientifica, carabinieri, ministero dell’interno… tutto a disposizione. Dieci miliardi di informazioni e tre ore scarse per leggerle. Forse il commissario pensa che stiamo recitando in un telefilm e fra un po’ ci passano la sceneggiatura con gli indizi suggeriti dal cugino di secondo grado dell’ispettore Montalbano, compreso il nome del colpevole”.
Si accorse che Doglia stava digitando sulla tastiera del pc.
“Che combini?”
“Ho esaminato le tipologie dei controlli eseguiti sul web…”
“Hanno già ammesso di non aver trovato niente” lo interruppe Berruti. “Ricontrollare non serve a un cazzo”.
“Però manca l’analisi che ho in mente io. Sto inoltrando una richiesta specifica ai colleghi della polizia postale” Si voltò verso l’ispettore per spiegare meglio l’idea. “In apparenza questo tizio non ha mai rivendicato gli attentati, ma forse l’ha fatto in maniera non palese”.
Berruti alzò il collo con uno scatto nervoso. I suoi occhietti piccoli e spiritati si restrinsero. “Che ti stai inventando?”
“Sto chiedendo di verificare tutti gli IP che nelle ultime due settimane sono stati attivi esclusivamente nei tre giorni in cui si sono verificati gli attacchi dinamitardi”.
L’ispettore dovette faticare alcuni secondi prima di riuscire a capire. “Va bene anche questo pur di dimostrare al commissario che stiamo azzardando qualche pista. Però, scusa se te lo dico: è una stronzata da guinness dei primati! Ti pare logico che l’attentatore abbia una connessione IP e per due settimane la lasci inutilizzata connettendosi solo nei giorni in cui colpisce? Probabile come una puttana ancora vergine!”
“Se questa persona è matta, come tu dici, potrebbe commettere matterie del genere”.
“Sì, ti pare? Uno si scopa la gran gnocca della vicina di casa, il sabato mattina va al bar, si siede con gli amici e, invece di annunciare ‘Mi sono fatto Annetta!’, mastica a testa bassa ‘Ieri sera ho visto un bel film in televisione’… Proprio un comportamento plausibile, eh?... Ma dai, neppure uno psicopatico resisterebbe alla tentazione di pavoneggiarsi! Se per qualche problema di cervello preferisce non dirlo, sta zitto e basta! Non esistono vie di mezzo!”
“Può darsi che sia una specie di sfida” replicò tranquillo Doglia, solita voce cantilenante ma occhi con pupille immobili rispetto al giorno primo. “Il matto dice agli amici: ‘ho visto un bel film’ affinché gli chiedano: ‘quale?’ e lui possa rispondere un titolo inesistente, così loro capiscono che li sta trascinando in un indovinello. Se però gli amici sono talmente idioti da non capire, il matto lascia perdere e non dice più nulla”.
Prima che Berruti replicasse, Doglia aggiunse ulteriori argomentazioni con insolita prontezza: “Oppure, è possibile che il tizio non possa rivelare di essersi fatto Annetta per altri motivi, perciò si proibisce di parlarne. Però, inconsciamente, si lascia scappare indizi perché in fondo vorrebbe realmente vantarsene. È un comportamento studiato e codificato da numerosi saggi di psicologia”.
L’ispettore scacciò l’ipotesi con un gesto della mano, come se fosse una mosca fastidiosa.  “Non esiste un motivo valido per tenersi qualcosa dentro: la gente normale spiattellerebbe tutto. Uno con turbe psichiche forse no, e qui si chiude ogni possibilità. Siccome la situazione è la seconda che ho detto, possiamo solo sperare che la scientifica becchi qualche elemento utile esaminando il materiale esplosivo… qualcosa che li faccia risalire a uno che vende o confeziona i prodotti utilizzati. Le ricerche di messaggi nascosti sono inutili. Comunque, procedi. Il capo voleva anche ricerche inutili e noi lo accontentiamo”.
Doglia esitò prima di inviare l’e-mail. “Quanto pensi che gli occorra ai colleghi della postale?”
“Per verificare la tua domanda? Se lo scanning è circoscritto agli indirizzi IP di Roma probabilmente basta un giorno; se lo estendono a livello nazionale gli ci vorrà una settimana, o anche dieci giorni”.
Il poliziotto specificò che l’analisi doveva limitarsi all’area urbana e spedì la posta elettronica. In fin dei conti i tre botti erano scoppiati a Roma: assai probabile che l’attentatore risiedesse nella capitale.
“E adesso che facciamo?” si inacidì nuovamente Berruti.
“Visto che ho dato il mio contributo” azzardò Doglia “Vorrei prendermi tre ore di permesso”.
“Guarda che i morti mica resuscitano a forza di visite”.
L’ispettore era convinto che la brutalità fosse una necessità inevitabile per aiutare coloro che non riescono ad accettare la scomparsa dei propri cari. Usava questo tipo di cortesia nei confronti del suo vice ogni volta che gli chiedeva di potersi assentare al mattino per andare al cimitero. Le visite al Verano da parte di Doglia parevano troppo frequenti a Berruti, un serio ostacolo all’elaborazione del lutto. Come ulteriore cortesia s’inventò un’alternativa:
“A te piace leggere, no?”
Il poliziotto confermò.
“Alle otto e mezza presentano l’ultimo libro di uno scrittore famoso alla libreria qui di fronte. Ci saranno pure Teleroma 56 e Rai 3, se hai culo ti inquadrano e domani ti dicono ‘Ti ho visto in televisione’ così ti dai pure un po’ d’arie”.
“Va bene” si arrese senza combattere Doglia. “Sto in servizio fino alle otto e mezza e la pausa la faccio in libreria”.

4
Un ragazzo stava filmando l’espositore con decine di volumi del romanzo postumo di Edwin Maas. Si autoinquadrò declamando: “In questo momento sto acquistando ‘L’invisibilità mortale’. Come potete vedere ci sono ancora molte copie disponibili, io sono uno dei primi compratori. Sono venuto in anticipo, stamattina presto, e ho aspettato che la libreria aprisse perché sapevo che più tardi non l’avrei trovato. Normalmente compro solo ebook, ma i libri speciali preferisco possederli anche in formato cartaceo perché mi permettono di decorare in forma visibile e concettuale lo spazio espositivo della mia biblioteca domestica con tutte quelle opere che definiscono la mia personale opinione a proposito di tutto ciò che è degno di essere chiamato letteratura...”
Poco più in là una signora sui quarant’anni, nuda, stava passeggiando lungo lo scaffale dei classici ondeggiando le chiappe cellulitiche e due poppe cadenti. Un’amica la riprendeva con la telecamera.
“Devono partecipare a una sfida lanciata da un blog per il miglior video amatoriale, una cosa di questo genere” spiegò un commesso in risposta allo sguardo incuriosito di Doglia.
“Chi è l’autore che oggi deve presentare il suo libro?” gli domandò il poliziotto.
“Non è qui” si offese il commesso. “Deve andare alla Giunti, quella alla fine della via”.
Doglia mandò mentalmente a quel paese l’inaccuratezza di Berruti e andò a nascondersi nell’angolo coi libri gialli classici: le improbabili indagini deduttive di Poirot, Holmes, Chang, Vance.
C’erano altri due appassionati, un uomo e una donna. Stavano fantasticando a proposito degli attentati.
“… la polizia, mi pare chiaro. Se volessero l’avrebbero già arrestato. Loro sperano che si crei un clima di terrore per convincerci a starcene tutti chiusi dentro casa”.
“Ma stanno facendo una figura di merda! Secondo te accetterebbero di essere sputtanati solo per assecondare un progetto politico di coprifuoco?”
“Non ho detto: ‘politico’. Parlo proprio di polizia: vogliono togliere la gente dalle strade e spingerla nel chiuso delle abitazioni private per facilitarsi il lavoro. Non mi stupirei se a mettere le bombe fosse stato proprio un poliziotto col benestare dei suoi capi. Lo sputtanamento interno fa parte del progetto: loro devono convincerci che sono una massa di incapaci e non sono in grado di proteggerci, così avremo tutti paura a uscire di casa”.
Doglia sorrise. Ebbe la tentazione di avvicinarsi al complottista mostrandogli il tesserino e invitandolo a seguirlo in commissariato per esporre meglio la sua teoria (“Sa, siamo proprio alla disperata ricerca di ipotesi investigative, la sua idea potrebbe essere uno spunto utile”). Ma optò per la serietà professionale e lo ignorò.
In quel momento dal cellulare della donna si udì un bip.
“Ultime news” lesse. “Dice che stanotte c’è stato un brainstorming in tutti i commissariati per affinare le strategie delle indagini. La caccia all’attentatore è a un passo dalla soluzione, il cerchio si stringe”.
“Dicono sempre così” commentò sprezzante l’uomo.
“Stanno seguendo una pista” specificò la donna. “La polizia postale sta analizzando tutti gli IP di Roma che sono stati attivi esclusivamente nei tre giorni in cui si sono verificati gli attentati”.
Il libro che Doglia stava sfogliando cadde in terra. Il poliziotto si avviò verso l’uscita della libreria scuotendo la testa per scrollarsi di dosso l’incredulità. L’idiozia degli alti comandi e la loro assurda abitudine di comunicare ai mass media ogni dettaglio delle indagini era inconcepibile per lui. Il livello di scazzatura era troppo elevato per poter essere mitigato dalla constatazione che la sua proposta era stata – evidentemente – ritenuta la più originale nonostante l’opinione avversa di Berruti.


CONTINUA…

11 commenti:

  1. Doglia e Berruti con i loro scambi di battute stanno cominciando a diventarmi simpatici.

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    1. Ma il protagonista è Doglia, te ne accorgerai nella parti successive.

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  2. Chissà se la polizia postale è davvero così zelante.. ^^

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    1. Probabilmente il tipo di richiesta fatta da Doglia non è neppure verificabile allo stato attuale. Ma la storia è ambientata nell'immediato futuro...

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  3. Mi affeziono sempre più a Doglia...

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  4. Stai descrivendo una vera società da incubo. L'unica salvezza possibile sarebbe viverne al di sopra o al di fuori.

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    1. Forse esagero, ma io questo incubo lo vedo con una certa concretezza... e cerco di viverne al di fuori.

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  5. Mi piace che non ci sia una linea di demarcazione definita nonostante gli eventi vertano al momento verso una direzione, mi riferisco sempre al discorso sui social: il colpevole è colui che 'sta fuori', colui che non cede ad un atteggiamento comunemente diffuso.

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    1. Sì, c'è questo elemento in effetti. Forse l'ho marcato troppo...

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    2. Secondo me si allinea perfettamente al resto!
      O almeno a me piace molto la piega stilistica che hai!

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