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giovedì 8 dicembre 2016

I paesaggi artificiali nell'arte e nella letteratura

Il me.me. lanciato da Cristina era troppo stuzzicante, non avrei potuto rimanere indifferente neppure se lo stato di apatia nel quale si è adagiato il mio cervello da alcuni mesi fosse stato peggiore di quanto non sia attualmente.
Pat e Tom (e sicuramente qualche altro che mi sfuggito) hanno dato il loro contributo. Oggi tento anch'io di mappare alcuni luoghi artificiali - ossia costruiti dall'uomo - nelle loro rappresentazioni artistico-letterarie che più mi hanno colpito.
Un edificio tipicamente umano che fortunatamente non ho mai sperimentato in prima persona e tuttavia mi spaventa come una possibilità concreta è il carcere. L'idea di essere recluso fra quattro mura e privato della mia libertà, nonché costretto a condividere il mio spazio vitale con degli sconosciuti, mi terrorizza (la seconda caratteristica della detenzione mi appare persino più inquietante della prima). Non sono il tipo di persona che commetterebbe reati passibili di arresto, tuttavia so che nel corso della storia le prigioni sono state talvolta riempite con innocenti che avevano la sola colpa di non essere allineati con chi deteneva il potere.
La tortura psicologica della carcerazione "politica", intesa anche come perdita totale della propria privacy e di ogni individualità, viene narrata straordinariamente da Milan Kundera in alcuni capitoli de Lo scherzo, uno dei suoi primi libri. Il protagonista teoricamente non è detenuto ma "coscritto militare" presso una caserma che di fatto viene riservata a coloro che sono stati classificati "nemici dello stato". Niente libere uscite, nessuna arma a disposizione ma solo divise da indossare coattivamente, lavoro massacrante, continui sermoni degli ufficiali per rammentare ai "coscritti" la loro indegnità morale... Il protagonista viene disumanizzato a poco a poco:
Tutti i fili erano spezzati.
Interrotti gli studi, interrotta la partecipazione al movimento, il lavoro, i rapporti con gli amici, interrotto l'amore e la ricerca dell'amore: si era, insomma, interrotto l'intero corso, dotato di senso, di una vita. Non mi era rimasto che il tempo. E quello, in compenso, lo conobbi così intimamente come mai prima.
E alcune pagine dopo:
... non conoscevamo nient'altro che fatiche e stanchezza, ogni due settimane ci rasavano il cranio a zero affinchè i capelli non ci dessero una qualche sconveniente autocoscienza, eravamo dei diseredati che ormai non si aspettavano più nulla di buono dalla vita...
Un quadro che a mio avviso esprime questa soppressione del singolo, trasformato forzatamente nell'elemento anonimo di un gruppo simile a un gregge, è Il cortile della prigione di Vincent Van Gogh:


Un altro luogo artificiale che invece conosco bene - lo vivo ogni giorno - è il porto. Una stazione di partenze e arrivi marittimi, navi cariche di merci, passeggeri, equipaggi provenienti da ogni parte del globo... La mia città non è una meta turistica, eppure so con certezza che vi hanno transitato genti di tutte le nazionalità esistenti al mondo. Il porto apre infinite potenzialità di viaggio, espresse stupendamente da Hermann Melville nel suo capolavoro Moby Dick:
Camminate ai margini della città in un sognante pomeriggio domenicale. Andate da Corlears Hook a Coenties  Slip, e di là per Whitehall verso nord. Che cosa vedete? Piazzati come sentinelle silenziose tutt'intorno all'abitato,  stanno migliaia e migliaia di mortali impietrati in sogni oceanici.
Alcuni appoggiati ai pali, altri seduti sulle testate dei  moli; questi spingono lo sguardo oltre le murate di navi che vengono dalla Cina, quelli aguzzano gli occhi verso l'alto,  nelle attrezzature, come cercassero di spaziare ancora meglio sul mare. Ma sono tutti gente di terra, uomini rinserrati nei giorni feriali tra cannicci e intonachi, legati ai banchi, inchiodati agli scanni, ribaditi alle scrivanie. Che significa allora? I prati verdi sono scomparsi? Che fa qui questa gente?
Ma guardate! Arrivano altri gruppi che marciano dritti all'acqua come volessero tuffarsi. Strano! Niente li soddisfa se non il limite estremo della terra, oziare a riparo del vento, all'ombra di quei magazzini, non basta. No. Debbono andare vicino all'acqua, quant'è possibile senza cascarci dentro. Ed eccoli là piantati per miglia e miglia, per leghe. Gente dell'entroterra tutti, vengono da traverse e vicoli, strade e viali, da nord e sud, dall'est e dall'ovest. Ma qui si ritrovano tutti quanti. Ditemi, è la forza magnetica degli aghi di bussola di tutte quelle navi, forse, che li attira qui?

Un artista che ha saputo raccontare l'attività febbrile che si svolge tra moli e banchine con continui arrivi e partenze di vascelli, è il maestro del vedutismo Canaletto. I suoi panorami veneziani non trascurano mai l'importanza dell'elemento portuale nella città lagunare:


Infine, un altro luogo artificiale che amo (e che sfrutto ogni volta che posso) è l'albergo. É un porto più raccolto, un punto di incontro e transito di umanità varia proveniente da luoghi diversi, ma anche - se si è clienti abituali - una sorta di seconda casa come racconta Pirandello nella novella Nell'albergo è morto un tale:
Cento cinquanta camere, in tre piani, nel punto piú popoloso della città. Tre ordini di finestre tutte uguali, le ringhierine ai davanzali, le vetrate e le persiane grige, chiuse, aperte, semiaperte, accostate.
La facciata è brutta e poco promettente. Ma se non ci fosse, chi sa che effetto curioso farebbero queste cento cinquanta scatole, cinquanta per cinquanta le une sulle altre, e la gente che vi si muove dentro; a guardarla da fuori.
L’albergo, tuttavia, è decente e molto comodo: ascensore, numerosi camerieri, svelti e ben disciplinati, buoni letti, buon trattamento nella sala da pranzo, servizio d’automobile. Qualche avventore (piú d’uno) si lamenta di pagar troppo; tutti però alla fine riconoscono che in altri alberghi, se si spende meno, si sta peggio e non si ha il vantaggio, che si vuole, d’alloggiare nel centro della città [...] Ci sono i vecchi clienti che chiamano per nome i camerieri, con la soddisfazione di non esser per essi come tutti gli altri, il numero della stanza che occupano: gente senza casa propria, gente che viaggia tutto l’anno, con la valigia sempre in mano, gente che sta bene ovunque, pronta a tutte le evenienze e sicura di sé.
Per concludere la partecipazione al me.me. di Cristina scelgo un'opera d'arte da abbinare all'ultima citazione, un'opera che esprima l'atto di soggiornare in un albergo con la stessa naturalezza che si proverebbe a casa propria. Hotel vicino a una ferrovia di Edward Hopper mi sembra il quadro ideale:

21 commenti:

  1. Ma che bella sorpresa questa tua partecipazione! Cavolo... sembra quasi che quei quadri siano stati dipinti apposta per il tuo post. Ma come hai fatto?
    Hai ragione sul discorso che il carcere, tra tutte le situazioni da incubo, è la peggiore. Non potrei mai immaginarmi a dover fare i bisogni in un vasetto di fronte a quattro altri detenuti e a respirarne i miasmi, miei e degli altri, finché non ce lo svuotano. La solitudine delle quattro mura, idealmente, spaventa meno anche a me (infatti mi sto godendo questo ponte dell'immacolata dentro casa in pigiama), ma temo che una situazione prolungata diventerebbe alienante, specialmente se non hai una biblioteca fornita.

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    1. Grazie, non potevo proprio esimermi ;-)
      Il carcere è l'unico fra i tre luoghi che non ho mai vissuto eppure mi terrorizza. Sono talmente geloso della mia privacy che non potrei sopportare di condividere forzatamente ogni istante della giornata con altri individui che magari non sarebbero neppure ostili ma resterebbero inevitabilmente una presenza aggiuntiva ineluttabile nel mio spazio vitale.

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  2. Molto bello. Con la sensibilità che ti caratterizza hai tratteggiato emozioni, visioni, stati d'animo, di due realtà che conosco molto bene. Complimenti Ariano.

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    1. In effetti mi piacerebbe conoscere la tua definizione del porto. Sono sicuro che potresti dirci cose molto interessanti ;-)

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  3. Questo meme è proprio adatto a te, con la tua sensibilità e la tua conoscenza della materia hanno creato un piccolo gioiellino con questo post.

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  4. Grazie di cuore della partecipazione al mio meme, Ariano! Dopo vado subito ad aggiungerti agli altri partecipanti. :-)

    Per quanto riguarda i luoghi da te scelti, il carcere è un ambiente terribile e, purtroppo, grande protagonista di molta letteratura che non è romanzo ma testimonianza. Il fatto della rasatura dei capelli, come della totale perdita di privacy, come del fatto di spogliare i prigionieri, sono mirati ad annientare la personalità e la dignità dell'individuo. Mi vengono in mente anche tanti libri di Primo Levi sui campi di concentramento. Con il porto mi hai rivelato un altro aspetto di te, non sapevo che lo vedessi ogni giorno. Io potrei dire la stessa cosa della metropolitana, altro interessante luogo ricco di varia umanità. L'albergo ha pure dato lo spunto a tanti bei romanzi e racconti, e molte pièce teatrali. I tre quadri sono bellissimi, ma il terzo è quello che mi piace di più.

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    1. Eh sì, abito in una città portuale anche se non mi posso definire un "uomo di mare".
      La tua definizione della "metropolitana" potrebbe aggiungere un tassello a questa serie di post. Tu l'hai già scritto, è vero, ma sei anche la creatrice del me.me. quindi puoi anche farne uno doppio se vuoi ;-)

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  5. Che meraviglia la tua prova *_* Bellissime le motivazioni e gli abbinamenti scelti sono perfetti. I tre dipinti sono veri capolavori: non avevo ancora visto quello di Van Gogh :O

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    1. Sì, tra i possibili quadri per rappresentare il carcere non ho avuto dubbi: era quello perfetto.

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  6. Posso dire che questo meme, tra tutti (e non me ne vogliano gli altri), è quello che mi è piaciuto di più? I luoghi che hai scelto sono interessanti, soprattutto il carcere è quello che rimane più impresso e colpisce di più: un'esperienza che nessuno vorrebbe mai fare e l'opera scritta che hai abbinato lo racconta molto bene. (Anche il quadro di Van Gogh è perfetto).
    Mi è piaciuta anche la citazione di Pirandello.
    Insomma, tutto molto azzeccato. :)

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  7. Bellissime parole e bellissime immagini..
    Onestamente non mi sono mai soffermata troppo sulle dinamiche della prigione anche se ne ho letto/viste (in Tv e affini) parecchie.. forse la mia mente si rifiuta di pensarci! ^^

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    1. Naturale. Anche io in genere non ci penso proprio, è solo la lettura di certi libri (tipo "Lo scherzo") a farmici riflettere su.

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  8. Sono contento di vederti finalmente approdare in questo percorso dei vasi comunicanti che, come hai dimostrato, ti è del tutto congeniale, Ariano. Tra l'altro sei anche arrivato in tempo per finire citato nel mio contributo personale, che è uscito solo stamani.
    Non ho letto nessuno dei tre libri che hai utilizzato, sebbene leggere "Moby Dick" sia un mio sogno fin da quando, una vita fa, ho visto il film di John Huston. Ma ho sempre rimandato.
    Van Gogh e Hopper sono poi due dei miei pittori preferiti. Le opere del secondo in particolare rappresentano alla perfezione il mio ideale di arte.

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    1. Immaginavo che avresti particolarmente apprezzato il terzo quadro ;-)

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  9. E' molto interessante. I tuoi racconti e le immagini si abbinano molto.

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  10. Mica bruscolini questo post eh, Ariano. �� complimenti

    Mi vergogno sempre di più del mio ��

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  11. E il naso di Ariano si allungò.. ahhahahaha
    Grazie!

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