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venerdì 23 dicembre 2016

Buon Natale

Mi sono preso una lunga pausa quest'anno, ma penso che mi perdonerete se me ne concedo ancora una (molto più breve però ;-) per il periodo delle sante festività natalizie.
Buon Natale a tutti gli amici, i followers e i lurkers che rendono vivo questo blog con la loro presenza :-)
Ci rivediamo presto!

domenica 18 dicembre 2016

Effetto panorama

La maggior parte delle fotocamere digitali permettono di fissare immagini con l'effetto panorama, ovvero danno la possibilità di unire due o più foto in una, opzione utile quando ci si trova di fronte a una veduta che, anche usando il maggior grandangolare possibile, non verrebbe mai inquadrata nella sua interezza.
É scomodo per la stampa (e in fondo anche per la visione su pc) perché il formato a rettangolo allungato rimpicciolisce inevitabilmente l'area dell'immagine, pertanto ne deriva una precisazione importante: se volete vedere le foto di questo post un po' meglio (solo un po', eh!) cliccateci sopra ;-)
Quindi il risultato finale dell'effetto panorama presenta degli inconvenienti. Tuttavia, talvolta mi piace ricorrervi.
Questa è una veduta del lago di Bracciano come appare dalle mura del castello.


L'effetto si può utilizzare anche per vedute più ravvicinate che però non possono essere fotografate troppo da lontano per non perdere dettagli. Ad esempio un murale particolarmente lungo, che in questo caso mi sono permesso di evidenziare trasformando in bianco e nero il resto dell'immagine e lasciando a colori solo i disegni:


Lo uso anche in verticale. La Macchina di Santa Rosa, orgoglio di Viterbo durante la festa dedicata alla santa, può anche essere inquadrata in un unico scatto da lontano, ma ho provato a utilizzare due foto unite per mantenere un dettaglio maggiore. Purtroppo ho "tagliato" la base. Gli effetti speciali per correggere le cavolate del fotografo non sono in grado di fornire più occhio a chi non ne ha...
Vi capita mai di scattare foto usando l'effetto panorama?

martedì 13 dicembre 2016

Blocco dello scrittore non totale

Ho sospeso il blog per mesi, non ho scritto quasi nulla e anche di letture ne ho fatte meno del solito.
É quel che si dice il blocco dello scrittore, che in genere si estende anche ad altre attività correlate alla scrittura.
Però il blocco non è totale. Qualche guizzo ancora anima le mie mani in presenza di una tastiera, seppure con svogliata lentezza e discontinuità. Potrei definire questo mio stato di apatia narrativa come stillicidio dello scrittore scribacchino.
Sì, perché non si tratta di esperimenti o bozze. C'è una storia già definita nella mia mente, una scaletta, uno scheletro di idee che attende solo di essere rivestito. Ma non riesco a impegnarmici più di pochi minuti una volta ogni tanto.
Sono sempre riuscito a darmi dei tempi che scandivano l'avanzamento di scrittura, riscrittura e editing, e quantunque spesso non li ho rispettati, adottavo quanto meno un orario e un metodo di lavoro che procedeva regolarmente, anche se il rendimento era inferiore alle aspettative (per inciso: preferisco darmi da fare qualche settimana in più e ottenere un prodotto qualitativamente migliore: le scadenze non sono un problema per un autopubblicato).
Ora invece avanzo senza alcun metodo. Eppur si muove, ma così lento che, diamine, quanto mi ci vorrà per portare a termine i lavori in corso? Il manoscritto in gestione non farà mica la fine di quei lavori pubblici di ristrutturazione edilizia di cui non ci si ricorda più neppure in quale secolo siano iniziati?...
Quel che sia, comunque il blocco non è totale. Lo considero un fatto positivo.

giovedì 8 dicembre 2016

I paesaggi artificiali nell'arte e nella letteratura

Il me.me. lanciato da Cristina era troppo stuzzicante, non avrei potuto rimanere indifferente neppure se lo stato di apatia nel quale si è adagiato il mio cervello da alcuni mesi fosse stato peggiore di quanto non sia attualmente.
Pat e Tom (e sicuramente qualche altro che mi sfuggito) hanno dato il loro contributo. Oggi tento anch'io di mappare alcuni luoghi artificiali - ossia costruiti dall'uomo - nelle loro rappresentazioni artistico-letterarie che più mi hanno colpito.
Un edificio tipicamente umano che fortunatamente non ho mai sperimentato in prima persona e tuttavia mi spaventa come una possibilità concreta è il carcere. L'idea di essere recluso fra quattro mura e privato della mia libertà, nonché costretto a condividere il mio spazio vitale con degli sconosciuti, mi terrorizza (la seconda caratteristica della detenzione mi appare persino più inquietante della prima). Non sono il tipo di persona che commetterebbe reati passibili di arresto, tuttavia so che nel corso della storia le prigioni sono state talvolta riempite con innocenti che avevano la sola colpa di non essere allineati con chi deteneva il potere.
La tortura psicologica della carcerazione "politica", intesa anche come perdita totale della propria privacy e di ogni individualità, viene narrata straordinariamente da Milan Kundera in alcuni capitoli de Lo scherzo, uno dei suoi primi libri. Il protagonista teoricamente non è detenuto ma "coscritto militare" presso una caserma che di fatto viene riservata a coloro che sono stati classificati "nemici dello stato". Niente libere uscite, nessuna arma a disposizione ma solo divise da indossare coattivamente, lavoro massacrante, continui sermoni degli ufficiali per rammentare ai "coscritti" la loro indegnità morale... Il protagonista viene disumanizzato a poco a poco:
Tutti i fili erano spezzati.
Interrotti gli studi, interrotta la partecipazione al movimento, il lavoro, i rapporti con gli amici, interrotto l'amore e la ricerca dell'amore: si era, insomma, interrotto l'intero corso, dotato di senso, di una vita. Non mi era rimasto che il tempo. E quello, in compenso, lo conobbi così intimamente come mai prima.
E alcune pagine dopo:
... non conoscevamo nient'altro che fatiche e stanchezza, ogni due settimane ci rasavano il cranio a zero affinchè i capelli non ci dessero una qualche sconveniente autocoscienza, eravamo dei diseredati che ormai non si aspettavano più nulla di buono dalla vita...
Un quadro che a mio avviso esprime questa soppressione del singolo, trasformato forzatamente nell'elemento anonimo di un gruppo simile a un gregge, è Il cortile della prigione di Vincent Van Gogh:


Un altro luogo artificiale che invece conosco bene - lo vivo ogni giorno - è il porto. Una stazione di partenze e arrivi marittimi, navi cariche di merci, passeggeri, equipaggi provenienti da ogni parte del globo... La mia città non è una meta turistica, eppure so con certezza che vi hanno transitato genti di tutte le nazionalità esistenti al mondo. Il porto apre infinite potenzialità di viaggio, espresse stupendamente da Hermann Melville nel suo capolavoro Moby Dick:
Camminate ai margini della città in un sognante pomeriggio domenicale. Andate da Corlears Hook a Coenties  Slip, e di là per Whitehall verso nord. Che cosa vedete? Piazzati come sentinelle silenziose tutt'intorno all'abitato,  stanno migliaia e migliaia di mortali impietrati in sogni oceanici.
Alcuni appoggiati ai pali, altri seduti sulle testate dei  moli; questi spingono lo sguardo oltre le murate di navi che vengono dalla Cina, quelli aguzzano gli occhi verso l'alto,  nelle attrezzature, come cercassero di spaziare ancora meglio sul mare. Ma sono tutti gente di terra, uomini rinserrati nei giorni feriali tra cannicci e intonachi, legati ai banchi, inchiodati agli scanni, ribaditi alle scrivanie. Che significa allora? I prati verdi sono scomparsi? Che fa qui questa gente?
Ma guardate! Arrivano altri gruppi che marciano dritti all'acqua come volessero tuffarsi. Strano! Niente li soddisfa se non il limite estremo della terra, oziare a riparo del vento, all'ombra di quei magazzini, non basta. No. Debbono andare vicino all'acqua, quant'è possibile senza cascarci dentro. Ed eccoli là piantati per miglia e miglia, per leghe. Gente dell'entroterra tutti, vengono da traverse e vicoli, strade e viali, da nord e sud, dall'est e dall'ovest. Ma qui si ritrovano tutti quanti. Ditemi, è la forza magnetica degli aghi di bussola di tutte quelle navi, forse, che li attira qui?

Un artista che ha saputo raccontare l'attività febbrile che si svolge tra moli e banchine con continui arrivi e partenze di vascelli, è il maestro del vedutismo Canaletto. I suoi panorami veneziani non trascurano mai l'importanza dell'elemento portuale nella città lagunare:


Infine, un altro luogo artificiale che amo (e che sfrutto ogni volta che posso) è l'albergo. É un porto più raccolto, un punto di incontro e transito di umanità varia proveniente da luoghi diversi, ma anche - se si è clienti abituali - una sorta di seconda casa come racconta Pirandello nella novella Nell'albergo è morto un tale:
Cento cinquanta camere, in tre piani, nel punto piú popoloso della città. Tre ordini di finestre tutte uguali, le ringhierine ai davanzali, le vetrate e le persiane grige, chiuse, aperte, semiaperte, accostate.
La facciata è brutta e poco promettente. Ma se non ci fosse, chi sa che effetto curioso farebbero queste cento cinquanta scatole, cinquanta per cinquanta le une sulle altre, e la gente che vi si muove dentro; a guardarla da fuori.
L’albergo, tuttavia, è decente e molto comodo: ascensore, numerosi camerieri, svelti e ben disciplinati, buoni letti, buon trattamento nella sala da pranzo, servizio d’automobile. Qualche avventore (piú d’uno) si lamenta di pagar troppo; tutti però alla fine riconoscono che in altri alberghi, se si spende meno, si sta peggio e non si ha il vantaggio, che si vuole, d’alloggiare nel centro della città [...] Ci sono i vecchi clienti che chiamano per nome i camerieri, con la soddisfazione di non esser per essi come tutti gli altri, il numero della stanza che occupano: gente senza casa propria, gente che viaggia tutto l’anno, con la valigia sempre in mano, gente che sta bene ovunque, pronta a tutte le evenienze e sicura di sé.
Per concludere la partecipazione al me.me. di Cristina scelgo un'opera d'arte da abbinare all'ultima citazione, un'opera che esprima l'atto di soggiornare in un albergo con la stessa naturalezza che si proverebbe a casa propria. Hotel vicino a una ferrovia di Edward Hopper mi sembra il quadro ideale:

sabato 3 dicembre 2016

Autoritratti creativi

Chi ha frequentato questo blog sa bene che non ho mai mostrato la mia faccia. Anche quando ho postato foto personali ho sempre censurato il mio inutile volto.
Ne consegue che, anche se pubblico un post nel cui titolo compare la parola "autoritratti", non dovete mica aspettarvi che io abbia finalmente deciso di palesare il mio aspetto esteriore.
Se avete già sbirciato gli scatti fotografici allegati avrete notato che tendono più a nascondere che a mostrare: non volevo dipingermi fisicamente ma raccontarmi, creare un ritratto che dica come sono dentro più che come appaio fuori. Ecco il senso dell'aggettivo "creativi".
Lascio decidere a coloro che leggeranno questo post cosa traspare di me con queste fotografie: che personalità fanno immaginare? Che impressione trasmettono?
E magari lancio pure una piccola sfida: chi vuole provare a realizzare a sua volta un autoritratto creativo, più psicologico che somatico, e poi pubblicarlo?




lunedì 28 novembre 2016

Luoghi da... fotografare

Con questo post inauguro una serie di altri analoghi che seguiranno in modo discontinuo.
L'argomento è assai originale, anzi direi originalissimissimo e, soprattutto, mai sfruttato da altri bloggers: pubblicare foto di luoghi che mi hanno colpito.
... e in fondo lo sapete che sono a corto di idee ;-)
Comunque, lo scopo è sicuramente insistere in questa mia nuova svolta fotografica del blog, che non si limiterà solo a luoghi ma sarà anche più creativa (almeno nelle intenzioni).
I primi scatti che propongo sono di un borgo vicino Pescara, Silvi Alta, che onestamente non conoscevo, non è il tipo di luogo di cui si parla sulle guide Touring eppure mi ha incantato. Ha contribuito molto anche la splendida giornata - metereologicamente parlando - e i colori vivaci di alcune case:



Si trova in cima a un colle - la mia principessa ha detto che gli ricordava le scenografie del videogioco Gravity Rush - e naturalmente ha un belvedere con una veduta spettacolare:


Il borgo è davvero piccolissimo, si percorre per intero facendo pochi passi. Naturalmente c'è la classica chiesa di paese e la fontana...



... però c'è anche un murale, che non stona affatto nel contesto:


Insomma, un luogo che vale una piccola deviazione dalla strada principale.
E ogni tanto di queste deviazioni dalla strada principale c'è bisogno, ce ne è davvero bisogno, credetemi...

sabato 12 novembre 2016

Troppo singolare per puntare alla pluralità?

Ai tempi dell'università lessi una definizione interessante per indicare gli scrittori i cui romanzi si rivelano dei best seller pur non avendo i canoni tipici dei libri in voga in quel determinato momento storico. Non ricordo le parole precise, ma il concetto era più o meno che lo scrittore che riesce a cogliere lo spirito del tempo in cui vive innesca una sorta di identificazione collettiva fra coloro che lo avevano percepito ma non erano riusciti a definirlo. Lo scrittore offre ai lettori (almeno a quelli dotati della sensibilità necessaria per avvertire le inquietudini e le prospettive del momento presente) la definizione dettagliata di tale spirito fondamentalmente divergente rispetto all'immaginario sociale creato dalle opere letterarie (e anche cinematografiche e televisive) degli ultimi anni e genera un punto di rottura. Propone pertanto un nuovo modello che poi probabilmente verrà imitato e copiato da altri fino a essere a sua volta scardinato dal successivo romanzo in grado di cogliere il sempiterno spirito del tempo presente perennemente in evoluzione.
Partendo da questa considerazione così ampia nelle sue implicazioni e riflessioni che potrebbero derivarne, assai grettamente io la applico alla mia miserabile persona ponendomi una domanda: se uno che - come il qui presente - ha la tendenza a risultare sempre singolare rispetto all'opinione media della massa, possa essere mai in grado di concepire il sopracitato libro capace di innescare l'identificazione collettiva.
Sarà un caso, ma da sempre - e negli ultimi anni in modo particolare - mi sento sempre spiazzato rispetto alle collettività di cui faccio parte. Che si tratti dei colleghi di lavoro o dei condomini, o delle classiche discussioni che sorgono quando parenti e amici sono riuniti attorno a un tavolo, o quando i genitori dei bambini di una certa classe in cui c'è anche la tua si incontrano ai colloqui coi professori, beh, è una costante: sono sempre in minoranza.
Questa situazione si ripete con tale frequenza che mi sono persino chiesto se non si tratti di una mia tendenza inconscia a volermi a ogni costo distinguere dalla pluralità.
E quindi sorge la domanda: se non riesco a essere in sintonia con la pluralità, potrò mai cogliere l'immaginario collettivo e lo spirito del tempo presente necessari per creare il libro in grado di generare empatia con la massa dei lettori?

lunedì 7 novembre 2016

Autunno

La trasferta lucchese mi è stata utile anche perché nel corso del lungo weekend fra fine ottobre e inizio novembre ho potuto spostarmi lungo l'appennino toscano e umbro e ho avuto la possibilità di ammirare l'autunno.
Abitando in una città di mare in genere non lo vivo per niente: gli alberi sono quasi tutti sempreverdi imperterriti quali pini, lecci e palme, non ci sono castagni né colline ricoperte di vigneti e, conseguentemente, neppure il ribollir de' tini e l'aspro odor dei vini che va l'anime a rallegrar. Dove lavoro io aleggia sempre la solita, costante, insopportabile puzza di pesce.
Perciò ammetto che l'autunno dell'entroterra mi affascina. Sono consapevole che ha i suoi lati negativi per chi lo vive quotidianamente: vedere una vallata in cui, alle dieci di mattina, nonostante il sole ormai alto ancora ristagna la nebbia, può essere deprimente.



Ma è affascinante vedere che quanto più il sole scompare nel cielo grigio, tanto più i suoi colori sembrano voler rivivere nelle piante che iniziano a perdere fogliame. La desolazione del verde che si dirada viene mitigata dalle sfumature di rosso, giallo e arancione sui rami degli alberi.


Le foglie assumono il loro tipico colorito rosso e giallo e per me diventano magiche, probabilmente perché non sono una visione tanto usuale per uno che vive sulla costa.





Il giallo intenso delle foglie contro l'azzurro intenso del cielo in una giornata serena formano un contrasto cromatico incantevole.
Le foglie cadono e si accumulano, vengono trasportate dal vento, diventano così numerose da ricoprire il terreno. La mia principessina ha scoperto quanto sia divertente correrci in mezzo, sentire il loro scricchiolio sotto i piedi, farle volare via.


Non sono più un ragazzino ma sono stato tentato di cimentarmici anch'io... magari in un momento in cui non passava nessuno, di nascosto, fare una corsetta e sollevare mulinelli di foglie gialle...
Ma alla fine ho deciso di limitarmi a un giro in bicicletta sopra il loro proverbiale tappeto che ricopre il prato e la strada. Buon autunno a tutti :-)

mercoledì 2 novembre 2016

La mia giornata a Lucca

Alla fine sono riuscito a fare solo la metà delle cose che avrei voluto, d'altronde un solo giorno è evidentemente troppo poco.
Comunque me lo sono goduto ugualmente.
Lucca è una città che adoro e che non ho scoperto - a differenza della maggior parte delle persone - per il festival dei fumetti: la conoscevo bene già da anni, ho percorso le mura in bicicletta decine di volte, ho visitato i monumenti e le chiese più importanti, ma solo dal 2015 ho iniziato a frequentare la kermesse del Comics & Games.
É questo il pregio speciale della manifestazione: non si svolge in un anonimo hangar, come ad esempio il Romics, ma disponde di uno scenario spettacolare, ovvero il centro storico di una meravigliosa città toscana. Si ottiene così la somma di due bellezze. Le mostre con le tavole originali di artisti come Zerocalcare e Kamimura ne sono un ottimo esempio: l'eleganza dei disegni esposti si unisce alla spettacolarità delle sale del Palazzo Ducale:


Anche la mostra dedicata ad Attack on Titan in un locale vicino Japantown (Piazza San Francesco) era particolarmente suggestiva:

Ma è evidente che i veri protagonisti sono sempre loro, i cosplayers. Si può davvero rivivere la propria infanzia grazie a colui che ha deciso di mascherarsi come il mitico Dick Dastardly (ve le ricordate le folli gare delle Wacky Races?)

E Arale non l'avete dimenticata, vero? Un applauso speciale a questa cosplayer che è stata simpaticissima e si è fatta scattare una foto anche se glielo ho assai inopportunamente richiesto mentre si era appena accomodata su una panchina a mangiare...
 

Foto di gruppo per aficionados della Disney: 

Non ho mai giocato a Pokemon Go, ma sono riuscito a beccare Mewtwo:

I personaggi dei manga sono quelli più gettonati, sia quelli di oggi che quelli di qualche annetto fa...
Complimenti a questi Joker & Harley Quinn che se ne fregano dell'onda lunga di Suicide Squad e preferiscono sfoggiare un look vintage:

I crossover sono la normalità, alcuni particolarmente improbabili...

Spicca tra i cosplayers l'assenza del fumetto italiano, al quale sono però stati eretti dei veri e propri monumenti. Strameritato quello per le leggendarie Sturmtruppen:

Avrei potuto fare di più, ma per quest'anno è andata così. Per fortuna Sua Santità Deadpool I mi offre una benedizione urbi et orbi che condivido con tutti i partecipanti al Lucca Comics ;-)

venerdì 28 ottobre 2016

Ospite di Maria Teresa

Da oggi, per qualche giorno, sarò ospite di Maria Teresa Steri sul blog Anima di Carta che gentilmente ha deciso di dare spazio una volta al mese a chi vuole presentare ai lettori del suo blog uno dei propri libri.
Nel mio caso ho scelto Storie di scrittori e pertanto sarò a disposizione di chiunque voglia farmi qualche domanda a proposito di questa raccolta di racconti, ma ogni botta-e-risposta dovrà avvenire sul blog di Maria Teresa.
Vi aspetto lì ;-)
N.B.: nel weekend forse non sarò rapidissimo a rispondere, ma prometto - magari con un giorno di ritardo - di non dimenticare nessuno.

martedì 25 ottobre 2016

Nuvole (remake e reboot)

In un post del 30/11/2010 ipotizzavo che, giunto all'età pensionistica, probabilmente avrei trascorso parte del mio tempo libero facendo il cacciatore di nuvole.
Considerata la non remota probabilità che nel frattempo l'età minima per ritirarsi dal lavoro venga innalzata a 85 anni o giù di lì, ho ritenuto opportuno iniziare già adesso ad andare a caccia nei ritagli di tempo.
Ottobre e novembre non sono tra i mesi che prediligo, però decorano il cielo con nubi fantastiche nel corso dell'intera giornata, attraversando tutte le gradazioni di colore concesse dalla luce del sole.



Fluttuano morbide sopra i tetti caratteristici di borghi pittoreschi...


... ma democraticamente passano anche sopra le banali terrazze di anonimi quartieri periferici, cosicché posso fotografarle dal mio squallido condominio all'ora del tramonto.


Quando vado al lavoro le vedo al porto all'alba, sopra le barche da pesca, mentre i primi guizzi di luce le imbiancano a poco a poco...


... e poi al crepuscolo, quando invece cominciano a scurirsi dopo aver raccolto le ultime gocce di sole.


Mi piacciono anche quando si tratta di giganteschi nuvoloni che sovrastano la città dall'orizzonte fin sopra le case...


... anche se ovviamente sono assai più rassicuranti quando si limitano a fare compagnia ai pini marittimi del giardino sopra le vecchie mura pontificie.


In generale, anche in quei paesaggi che sono già belli di loro, mi sembra che le nubi possano comunque diventare un complemento di bellezza.


Concludendo, se avete qualche amico che ha sempre la testa fra le nuvole vi invito a essere comprensivi con lui: in fondo non fa nulla di male ;-)

venerdì 21 ottobre 2016

Sorprese secolari

Come forse qualcuno ricorderà, io vivo agli inizi del XX secolo in una torre d'avorio decorata in stile liberty. Talvolta propongo infatti alla pubblica attenzione citazioni da libri pubblicati dai miei... contemporanei (ad esempio QUI e QUI).
Oggi voglio rendere il medesimo servizio a quella sagoma di Filippo Tommaso - per gli amici "Effeti" - Marinetti.
Lui è sempre stato provocatorio, euforico, contraddittorio, iconoclasta, guerrafondaio, smanioso di protagonismo, furbetto se necessario, beccandosi l'etichetta di teatrante (nell'accezione negativa del termine, beninteso).
É stato financo definito maschilista e sciovinista, fardello che si era imposto lui stesso quando, nel primo manifesto futurista, aveva dichiarato fra le altre cose che lui e i suoi sodali volevano
glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna
Ma il vecchio Effeti è sempre stato imprevedibile, mutevole, pronto a sorprendere tutti. E pochi anni dopo, proprio nel libro apparentemente più maschilista della sua produzione, ovvero "Come si seducono le donne", conclude il suo piccolo memoriale con un explicit nel quale promette alle esponenti del gentil sesso che, se lo aiuteranno a vincere la sua battaglia artistica e sociale, riceveranno in premio
tutte le belle libertà che noi Futuristi vogliamo offrirti:
Diritto di voto. Abolizione della autorizzazione maritale. Divorzio facile. Svalutazione e abolizione graduale del matrimonio. Svalutazione della verginità. Ridicolizzazione sistematica e accanita della gelosia. Libero amore.
Che dire? Più estremista della più accanita femminista! Pertanto, si scopre così che nel 1915 Effeti era stato realmente futurista nel senso di: efficace precursore di ciò che sarà a distanza di un secolo.
Nel mio... presente imparo sempre tante cose ;-)

martedì 18 ottobre 2016

Reboot post

Come avevo preannunciato, la via della sopravvivenza del blog passa anche attraverso un reboot.
Che nel caso specifico è solo un adeguamento del qui presente ai blog-diario i cui gestori si limitano a parlare di ciò che fanno nel week end, corredando il testo con indispensabili foto didascaliche. Non si preoccupano di essere letterari o artistici, semplicemente raccontano se stessi, talvolta riuscendo a essere più coinvolgenti di quelli che, invece, vorrebbero intenzionalmente esprimere concetti più profondi di un ‘banale’ resoconto della gita domenicale fuori porta.
Neanch’io mi preoccuperò di essere letterario nella prosa o artistico nelle foto (menzogna clamorosa, serve solo a giustificarmi nel caso in cui vengano fuori post troppo banali).
Parto documentando non una giornata specifica ma una situazione più generica... Perché dovete sapere che, causa mantenimento dell’armonia coniugale, mi capita spesso di trascorrere una mezza giornata del weekend in un qualche centro commerciale megagalattico. Non voglio recitare la parte dell’ombroso intellettuale che disdegna siffatti luoghi: in realtà trovo modo di svagarmi anch’io nei maestosi monumenti del consumismo. Però, con la collaborazione del mio piccolo clone al femminile, a volte evado dagli scintillanti corridoi lastricati di vetrine e mi avventuro all’esterno.
Per scoprire, ad esempio, che a pochi passi da uno di questi grandi centri è venuto alla luce un tratto di un’antica strada romana in ottime condizioni.


Poco più in là sorge un quartiere periferico. Il tratto di campagna tra il centro commerciale e l’area urbana è letteralmente circondato dall’espansione edilizia, ma riesce ancora a fare da scenario al tramonto del sole, che sarà pure poco innovativo come scatto fotografico, ma a me piace sempre.



Comunque a volte mi capita anche di scherzare insieme alla mia piccolina (che tanto piccolina ormai non è) sul fastidio provocato a entrambi dalla presenza ossessiva di coloratissime icone pubblicitarie di mondi ideali…


Senza contare che ogni rilucente emporio carico di merci provenienti dal favoloso oriente (nel senso di “made in China”) può abbastanza rapidamente trasformarsi in un locale vuoto e abbandonato.


Ecco, questo è stato un assaggio di come vorrei reimpostare il blog. Parafrasando un noto successo musicale degli anni sessanta, stasera mi reboot e faccio di tutto per stare con voi ;-P