I letterati più celebri compaiono talvolta nei titoli di opere scritte da altri letterati vissuti in epoche successive.
Capita soprattutto quando l'opera è incentrata proprio sull'autore citato che ne è addirittura protagonista.
Attenzione: non mi riferisco alle biografie, ma a opere di narrativa pura nelle quali un certo letterato famoso diventa un personaggio lui stesso, protagonista di eventi che ha realmente vissuto o che sono frutto dell'immaginazione di colui che ha scelto tale espediente narrativo. Fornisco due esempi per chiarire.
L'opera teatrale Shakespeare in love di Lee Hall (ispirata dal film omonimo sceneggiato da Tom Stoppard) racconta una storia d'amore del bardo inglese totalmente inventata e priva di qualunque riscontro storico (che peraltro sono in generale assai pochi per il misterioso William). Invece il grazioso libro per ragazzi Kafka e la bambola viaggiatrice di Jordi Sierra-i-Fabra si ispira a un fatto documentato della vita dello scrittore praghese.
Carlo Goldoni, commediografo italiano amatissimo dai suoi contemporanei, divenne talmente famoso che nei decenni successivi alla sua scomparsa divenne il personaggio principale di numerose pièces teatrali di autori che ammiravano la sua opera. Così, per dire, nel 1851 Paolo Ferrari ne fece il protagonista di (appunto) Goldoni e le sue sedici commedie nuove, mentre il veneto Libero Pilotto nel 1880 mise in scena una rappresentazione in dialetto intitolata Un amoreto de Goldoni a Feltre (ma l'elenco delle commedie in cui l'autore Goldoni diventa il personaggio Goldoni è davvero lungo).
Può però capitare che l'autore citato nel titolo sia solo una presenza aleatoria.
Il dramma di Edward Albee intitolato Chi ha paura di Virginia Woolf? ha come protagonisti due coppie di mezza età i cui rapporti coniugali vanno in crisi. La scrittrice inglese viene evocata nel titolo solo come figura inquietante, per così dire, perché rammenta tragicamente l'immagine di una donna intellettuale con propositi suicidi nonostante una vita brillante e un matrimonio apparentemente privo di problemi.
Non ho idea del perché lo scrittore italiano Giordano Tedoldi abbia dato alla sua raccolta di racconti il titolo Odio John Updike, ma sicuramente il romanziere americano non compare fra i personaggi del libro e la citazione del suo nome è funzionale alla narrazione sotto altri punti di vista.
Conoscete altri esempi di titoli di romanzi (non biografie) che citano autori famosi?
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venerdì 27 gennaio 2017
domenica 22 gennaio 2017
Il dilemma dell'impegno
Il mio atteggiamento verso il cosiddetto impegno (intervento attivo nelle questioni sociali e civili del proprio paese) finora si è limitato alla partecipazione al voto. Il mio modo di raffrontarmici ha spesso coinciso con quello del contadino turco che diventa un maestro di vita per Candido, protagonista dell'omonimo romanzo filosofico di Voltaire:
[...] si sparse la nuova che erano stati strangolati a Costantinopoli due visir del soglio ed il muftì, e che erano stati impalati diversi loro amici. Questa catastrofe fece per tutto un grande strepito di poche ore. Pangloss, Candido e Martino, ritornando alla villetta s’incontrarono in un buon vecchio, che prendeva il fresco sulla sua porta sotto un pergolato d’aranci; Pangloss che era altrettanto curioso quanto ragionatore, gli domandò come si chiamava il muftì che era stato strangolato.
- Io non so niente -, rispose il buon uomo, - e non ho mai saputo il nome di alcun muftì, nè di alcun visir, anzi ignoro il caso di cui mi parlate; sono del parere, bensì, che generalmente coloro che si mescolano negli affari pubblici qualche volta miseramente periscono, e non senza loro colpa; ma non m’informo mai ai ciò che si fa a Costantinopoli. Mi contento di mandare a vendervi le frutta del giardino che io coltivo - [...]
- Voi dovete avere - disse Candido al turco - una vasta e magnifica terra -.
- Io non ho che venti staie - rispose il turco; - Le coltivo coi miei figli, ed il lavoro allontana da noi tre mali: la noia, il vizio e il bisogno -.
L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera.
[...] Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.
[...] Dei fatti maturano nell'ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa.
[...] Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell'ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto [...] del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente.
E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. [...] pochi si domandano: se avessi anch'io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo?
[...] Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto.
In questo vero e proprio atto d'accusa contro l'inerzia si riassume il dilemma di cui parlavo nel titolo: qual è il giusto modo di partecipare alla vita civile del proprio paese e, per estensione, del proprio mondo? Quando non ci si sente in sintonia con nessuno - ma veramente nessuno - dei modelli proposti, quando si è avulsi dal mondo che si muove intorno, quando si appartiene a una minoranza così minoritaria da coincidere quasi esclusivamente con la propria persona, quando ci si adegua all'idea che la maggioranza abbia il democratico diritto di imporre la propria legge nella quale però non ci si riesce a riconoscere; ebbene, la filosofia del contadino voltairiano è davvero indifferenza passiva o piuttosto una scelta attiva?
[...] si sparse la nuova che erano stati strangolati a Costantinopoli due visir del soglio ed il muftì, e che erano stati impalati diversi loro amici. Questa catastrofe fece per tutto un grande strepito di poche ore. Pangloss, Candido e Martino, ritornando alla villetta s’incontrarono in un buon vecchio, che prendeva il fresco sulla sua porta sotto un pergolato d’aranci; Pangloss che era altrettanto curioso quanto ragionatore, gli domandò come si chiamava il muftì che era stato strangolato.
- Io non so niente -, rispose il buon uomo, - e non ho mai saputo il nome di alcun muftì, nè di alcun visir, anzi ignoro il caso di cui mi parlate; sono del parere, bensì, che generalmente coloro che si mescolano negli affari pubblici qualche volta miseramente periscono, e non senza loro colpa; ma non m’informo mai ai ciò che si fa a Costantinopoli. Mi contento di mandare a vendervi le frutta del giardino che io coltivo - [...]
- Voi dovete avere - disse Candido al turco - una vasta e magnifica terra -.
- Io non ho che venti staie - rispose il turco; - Le coltivo coi miei figli, ed il lavoro allontana da noi tre mali: la noia, il vizio e il bisogno -.
Questa filosofia di vita, poi accolta e applicata in pieno da Candido e i suoi compagni di viaggio, sembra in gran parte coincidere con l'indifferenza condannata da Antonio Gramsci in uno degli scritti che componevano il numero unico della rivista "La Città Futura":
[...] Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.
[...] Dei fatti maturano nell'ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa.
[...] Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell'ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto [...] del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente.
E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. [...] pochi si domandano: se avessi anch'io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo?
[...] Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto.
In questo vero e proprio atto d'accusa contro l'inerzia si riassume il dilemma di cui parlavo nel titolo: qual è il giusto modo di partecipare alla vita civile del proprio paese e, per estensione, del proprio mondo? Quando non ci si sente in sintonia con nessuno - ma veramente nessuno - dei modelli proposti, quando si è avulsi dal mondo che si muove intorno, quando si appartiene a una minoranza così minoritaria da coincidere quasi esclusivamente con la propria persona, quando ci si adegua all'idea che la maggioranza abbia il democratico diritto di imporre la propria legge nella quale però non ci si riesce a riconoscere; ebbene, la filosofia del contadino voltairiano è davvero indifferenza passiva o piuttosto una scelta attiva?
martedì 17 gennaio 2017
Un tema pittorico ricorrente - 8
Tra i protagonisti della mitologia greca, Prometeo è sicuramente uno dei più ammirevoli. É un titano che non partecipa alla ribellione contro gli dei e al quale viene dato il compito di creare l'uomo. Utilizzando il fuoco divino genera la vita in una statua di fango alla quale dona poi intelligenza e memoria rubandole ad Atena. Grazie a uno stratagemma che farà infuriare Zeus, permette inoltre agli uomini di tenere per loro la carne più pregiata degli animali e di sacrificare agli dei solo gli scarti. Nel momento in cui Zeus toglie il fuoco all'umanità, Prometeo non esita a sottrarglielo di nascosto per restituirlo agli uomini, venendo perciò condannato a restare incatenato in cima a un monte dove ogni giorno un rapace gli mangia il fegato che poi ricresce, rendendo il supplizio infinito. Viene infine liberato da Ercole (o, secondo altre versioni, gli dei lo graziano fornendogli anche l'immortalità) ed entra a far parte dell'Olimpo.
Tutti questi eventi sono stati raccontati da centinaia di opere d'arte e la figura di Prometeo è ancora oggi oggetto di interpretazioni pittoriche.
La vicenda che più mi intriga è il furto del fuoco divino. Prometeo sfida il potere delle divinità - e già questo basta a renderlo interessante - venendo poi crudelmente punito. E qual è il motivo? Nessun vantaggio personale, solo l'altruistica volontà di ridare agli uomini da lui stesso creati il più prezioso strumento che possano ricevere: il fuoco.
Una dei primi quadri con tale soggetto è opera del fiammingo Jan Cossiers (1600-1671) che in verità non rende molto onore al titano, dipingendolo come un rozzo ladruncolo che si guarda alle spalle mentre porta via il bottino:
A distanza di due secoli anche il tedesco Christian Griepenkerl (1839-1912) ne fornisce un'interpretazione che sottolinea soprattutto la sua abilità da proto-Lupin nel derubare il lussurioso Zeus e il suo giovane Ganimede durante il sonno...
Ma il cambio di sensibilità è nell'aria. Il mondo sta evolvendo e infatti il contemporaneo (e connazionale) di Griepenkerl, Max Klinger (1857-1920), appartenente all'area dei rinnovatori poi definiti simbolisti, nella sua incisione esalta l'aspetto eroico del gesto di Prometeo e la conseguente riconoscenza degli uomini immersi nelle tenebre che infine rivedono la luce:
Un altro simbolista, il belga Jean Delville (1867-1953), propone un Prometeo ancora più vicino alla nostra concezione di arte moderna, ponendolo in una scena ricca di espressività come colui che trasporta una stella luminosa rischiarante il mondo avvolto nell'oscurità:
L'artista australiano Harold Freedman (1915-1999) su richiesta dei pompieri di Melbourne ha decorato la parete di un edificio con un'allegoria del mito sicuramente elementare ma assai suggestiva. Nella parte più alta del mosaico compaiono Zeus e Febo con la fiamma divina, mentre in basso c'è il mondo terreno per il quale il fuoco è una ricchezza ma anche una maledizione. Prometeo rappresenta il trait d'union fra i due elementi:
Un paio di dettagli ravvicinati rendono maggiore merito al lavoro dell'autore (e comunque potete ammirarli meglio su questo blog cui spetta il merito di aver condiviso in rete le immagini):
L'artista canadese contemporaneo André Durand (del quale segnalo doverosamente il sito web) ha invece preferito realizzarne un'interpretazione squisitamente estetica focalizzando la propria attenzione sulla bellezza plastica del corpo di Prometeo che discende col suo dono verso l'umanità, ovvero il pianeta Terra del quale si intravede l'inevitabile profilo della Grecia...
Insomma, come sempre si parte da uno stesso soggetto per scoprire alcune variazioni sul tema. Non sono le uniche e se avete voglia di fare una ricerca sul web scoprirete tante rappresentazioni di Prometeo e del fuoco rubato agli dei.
Tutti questi eventi sono stati raccontati da centinaia di opere d'arte e la figura di Prometeo è ancora oggi oggetto di interpretazioni pittoriche.
La vicenda che più mi intriga è il furto del fuoco divino. Prometeo sfida il potere delle divinità - e già questo basta a renderlo interessante - venendo poi crudelmente punito. E qual è il motivo? Nessun vantaggio personale, solo l'altruistica volontà di ridare agli uomini da lui stesso creati il più prezioso strumento che possano ricevere: il fuoco.
Una dei primi quadri con tale soggetto è opera del fiammingo Jan Cossiers (1600-1671) che in verità non rende molto onore al titano, dipingendolo come un rozzo ladruncolo che si guarda alle spalle mentre porta via il bottino:
A distanza di due secoli anche il tedesco Christian Griepenkerl (1839-1912) ne fornisce un'interpretazione che sottolinea soprattutto la sua abilità da proto-Lupin nel derubare il lussurioso Zeus e il suo giovane Ganimede durante il sonno...
Ma il cambio di sensibilità è nell'aria. Il mondo sta evolvendo e infatti il contemporaneo (e connazionale) di Griepenkerl, Max Klinger (1857-1920), appartenente all'area dei rinnovatori poi definiti simbolisti, nella sua incisione esalta l'aspetto eroico del gesto di Prometeo e la conseguente riconoscenza degli uomini immersi nelle tenebre che infine rivedono la luce:
Un altro simbolista, il belga Jean Delville (1867-1953), propone un Prometeo ancora più vicino alla nostra concezione di arte moderna, ponendolo in una scena ricca di espressività come colui che trasporta una stella luminosa rischiarante il mondo avvolto nell'oscurità:
L'artista australiano Harold Freedman (1915-1999) su richiesta dei pompieri di Melbourne ha decorato la parete di un edificio con un'allegoria del mito sicuramente elementare ma assai suggestiva. Nella parte più alta del mosaico compaiono Zeus e Febo con la fiamma divina, mentre in basso c'è il mondo terreno per il quale il fuoco è una ricchezza ma anche una maledizione. Prometeo rappresenta il trait d'union fra i due elementi:
Un paio di dettagli ravvicinati rendono maggiore merito al lavoro dell'autore (e comunque potete ammirarli meglio su questo blog cui spetta il merito di aver condiviso in rete le immagini):
L'artista canadese contemporaneo André Durand (del quale segnalo doverosamente il sito web) ha invece preferito realizzarne un'interpretazione squisitamente estetica focalizzando la propria attenzione sulla bellezza plastica del corpo di Prometeo che discende col suo dono verso l'umanità, ovvero il pianeta Terra del quale si intravede l'inevitabile profilo della Grecia...
Insomma, come sempre si parte da uno stesso soggetto per scoprire alcune variazioni sul tema. Non sono le uniche e se avete voglia di fare una ricerca sul web scoprirete tante rappresentazioni di Prometeo e del fuoco rubato agli dei.
giovedì 12 gennaio 2017
Come sopravvivere alla dittatura del freddo e alla democrazia dei tirchi
Pur presentando indubbiamente numerosi difetti funzionali, la democrazia resta la forma di governo da prediligere.
Il suo opposto rappresentato dalla dittatura, per dire, spesso si risolve in imposizioni che scontentano quasi tutti. Avete presente come funziona una dittatura? Ve lo spiego rapidamente.
Il meccanismo è più o meno questo: il presidente della repubblica decide che il tempo meteorologico amministrato dall'estate - che tutto sommato aveva un gradimento assai elevato - deve essere rimosso. Quindi nomina un governo tecnico e lo affida all'autunno. Ma la commissione europea comincia a fare pressione affinché vi sia maggior rigore, così dopo tre mesi il presidente destituisce l'autunno e nomina nuovo premier il generale inverno.
Ecco, con un tiranno simile c'è poco da fare: io invento ogni possibile strategia per difendere le mie ossa dal suo infido freddo, ma contro un generale che ha fatto a strisce persino due geni militari come Carlo XII di Svezia e Napoleone Bonaparte, beh, che speranze posso avere? É automatico che il vincitore sia sempre lui.
Peccato davvero che esista questa dittatura delle stagioni alternate, perché se si potesse votare democraticamente sono certo che l'estate otterrebbe la maggioranza assoluta. E invece no, per tre mesi all'anno comanda il gelo, e la minoranza dei filo-invernalisti corre a festeggiare: dopo mesi in cui si è dovuta accontentare di fare auto-erotismo con una stalattite di ghiaccio presa dal frigorifero, finalmente può scatenarsi ed eseguire tutte le posizioni del kamasutra col suo partner preferito: un pupazzo di neve.
Il guaio davvero grosso è quando, contemporaneamente a questa gelida dittatura, emergono i difetti funzionali della democrazia in un organismo in cui essa vige e in cui siete coinvolti, tipo l'assemblea del condominio dove risiedete. Può infatti capitare che la maggioranza dei votanti sia talmente pidocchia che pur di risparmiare qualche euro decida che, nonostante la temperatura polare, è meglio spegnere i termosifoni al mattino, compresa la domenica. Poverini, bisogna pur capirli: la mamma se la sono già venduta, la sorella l'hanno già mandata a prostituirsi, quindi per accumulare ancora denaro gli resta solo di tagliare i riscaldamenti per pagare una quota più bassa alla faccia di chi preferirebbe riscaldarsi.
Ecco, quando ci si trova in una situazione del genere, oppressi dalla dittatura dell'inverno e dalla democratica maggioranza dei tirchioni che preferiscono avere due lire in più nel portafogli surgelato, cosa può fare un infreddolito uomo in minoranza per salvarsi? Può forse chiedere consiglio ai pinguini e agli orsi bianchi che passeggiano sul pianerottolo?
No, in casi così disperati occorre necessariamente rivolgersi a un'entità spirituale superiore che accondiscenda a risolvere i tuoi guai terreni. E io l'ho fatto. Col capo coperto di cenere mi sono recato in pellegrinaggio presso una potentissima entità che, come il mitico genio della lampada, può esaudire molti desideri e risolvere numerosi guai (non tutti, ma in questo caso rientravo nella casistica). L'entità mi ha accolto amorevole nel suo immenso tempio e mi ha guidato verso la soluzione del mio problema esistenziale.
Eh!, nessuna entità è buona e potente come la Auchan.
Con modico sacrificio di venti euro sull'altare della cassa, essa mi ha equipaggiato di due erogatori d'aria calda che mi permetteranno di sopravvivere soddisfacentemente al gelo imposto dalla natura e a quello artificioso voluto dalla democrazia degli avari.
Certo, mi costerà un bel po' di quattrini in bollette elettriche. Ma mi consolerò immaginando che i pidocchi ne spenderanno altrettanti in medicinali.
Quindi, ecco fornita la risposta alla domanda del titolo. E vorrei anche aggiungere una considerazione conclusiva che - ne sono certo - qualunque essere umano ha pensato almeno una volta nella vita, anche i filo-invernalisti durante l'estate e i tirchioni democratici quando viene deliberato che bisogna spendere:
MA VAFFANCULO ALLA MAGGIORANZA!!!
Il suo opposto rappresentato dalla dittatura, per dire, spesso si risolve in imposizioni che scontentano quasi tutti. Avete presente come funziona una dittatura? Ve lo spiego rapidamente.
Il meccanismo è più o meno questo: il presidente della repubblica decide che il tempo meteorologico amministrato dall'estate - che tutto sommato aveva un gradimento assai elevato - deve essere rimosso. Quindi nomina un governo tecnico e lo affida all'autunno. Ma la commissione europea comincia a fare pressione affinché vi sia maggior rigore, così dopo tre mesi il presidente destituisce l'autunno e nomina nuovo premier il generale inverno.
Ecco, con un tiranno simile c'è poco da fare: io invento ogni possibile strategia per difendere le mie ossa dal suo infido freddo, ma contro un generale che ha fatto a strisce persino due geni militari come Carlo XII di Svezia e Napoleone Bonaparte, beh, che speranze posso avere? É automatico che il vincitore sia sempre lui.
Peccato davvero che esista questa dittatura delle stagioni alternate, perché se si potesse votare democraticamente sono certo che l'estate otterrebbe la maggioranza assoluta. E invece no, per tre mesi all'anno comanda il gelo, e la minoranza dei filo-invernalisti corre a festeggiare: dopo mesi in cui si è dovuta accontentare di fare auto-erotismo con una stalattite di ghiaccio presa dal frigorifero, finalmente può scatenarsi ed eseguire tutte le posizioni del kamasutra col suo partner preferito: un pupazzo di neve.
Il guaio davvero grosso è quando, contemporaneamente a questa gelida dittatura, emergono i difetti funzionali della democrazia in un organismo in cui essa vige e in cui siete coinvolti, tipo l'assemblea del condominio dove risiedete. Può infatti capitare che la maggioranza dei votanti sia talmente pidocchia che pur di risparmiare qualche euro decida che, nonostante la temperatura polare, è meglio spegnere i termosifoni al mattino, compresa la domenica. Poverini, bisogna pur capirli: la mamma se la sono già venduta, la sorella l'hanno già mandata a prostituirsi, quindi per accumulare ancora denaro gli resta solo di tagliare i riscaldamenti per pagare una quota più bassa alla faccia di chi preferirebbe riscaldarsi.
Ecco, quando ci si trova in una situazione del genere, oppressi dalla dittatura dell'inverno e dalla democratica maggioranza dei tirchioni che preferiscono avere due lire in più nel portafogli surgelato, cosa può fare un infreddolito uomo in minoranza per salvarsi? Può forse chiedere consiglio ai pinguini e agli orsi bianchi che passeggiano sul pianerottolo?
No, in casi così disperati occorre necessariamente rivolgersi a un'entità spirituale superiore che accondiscenda a risolvere i tuoi guai terreni. E io l'ho fatto. Col capo coperto di cenere mi sono recato in pellegrinaggio presso una potentissima entità che, come il mitico genio della lampada, può esaudire molti desideri e risolvere numerosi guai (non tutti, ma in questo caso rientravo nella casistica). L'entità mi ha accolto amorevole nel suo immenso tempio e mi ha guidato verso la soluzione del mio problema esistenziale.
Eh!, nessuna entità è buona e potente come la Auchan.
Con modico sacrificio di venti euro sull'altare della cassa, essa mi ha equipaggiato di due erogatori d'aria calda che mi permetteranno di sopravvivere soddisfacentemente al gelo imposto dalla natura e a quello artificioso voluto dalla democrazia degli avari.
Certo, mi costerà un bel po' di quattrini in bollette elettriche. Ma mi consolerò immaginando che i pidocchi ne spenderanno altrettanti in medicinali.
Quindi, ecco fornita la risposta alla domanda del titolo. E vorrei anche aggiungere una considerazione conclusiva che - ne sono certo - qualunque essere umano ha pensato almeno una volta nella vita, anche i filo-invernalisti durante l'estate e i tirchioni democratici quando viene deliberato che bisogna spendere:
MA VAFFANCULO ALLA MAGGIORANZA!!!
sabato 7 gennaio 2017
Il bello del photo editing
Eccomi di ritorno, puntuale subito dopo l'Epifania (ve l'avevo detto che la pausa sarebbe stata prettamente festiva, no? ;-)
Per il 2017 i miei propositi sono: terminare il manoscritto che sto portando avanti molto lentamente a causa dei noti problemi motivazionali di cui ho già ampiamente parlato; far sopravvivere il blog; continuare a scattare fotografie e... ritoccarle.
Eh sì, perché poter intervenire sulle foto digitalmente e modificarle, stravolgerle se necessario, sta diventando una vera passione per il qui presente.
É una forma di creatività a suo modo, e mi intriga.
Qualche giorno fa, per dire, ho scattato una foto a un giardinetto pubblico all'alba. Mi aveva colpito il lampione ancora acceso benché ci fosse già la luce del sole, nonché la disposizione delle mattonelle messe sul prato come un sentiero da seguire verso le panchine:
Però una foto del genere oggettivamente non è significativa.
Tanto per cominciare ci sono un sacco di dettagli fastidiosi: un cestone di mondezza in basso a sinistra, un cartellone pubblicitario vicino al muro, un altro cestino per le cartacce a destra e alle sue spalle un quadro elettrico... Ma con un paziente lavoro di photo editing possono essere cancellati:
Tuttavia ancora non mi piaceva: la luce del giorno che splende sopra le mura rende meno evidente il lampione acceso, così ho pensato che sarebbe stato meglio se ci fosse stato un cielo scuro, come se dovesse ancora sorgere il sole...
Ma la veduta d'insieme continuava a non convincermi: il prato e le mura erano estremamente luminose, il contrasto col cielo imbrunito artificialmente era troppo forte. E allora ho tentato un'altra modifica: trasformarla in una foto in bianco e nero, eliminando inoltre l'albero spoglio davanti alla panchina centrale. Ed ecco il risultato finale:
Mi pare che la disposizione delle mattonelle e la luce del lampione siano maggiormemte valorizzate, no?
Per farlo ho dovuto abbattere alberi, cartelli e pattumiere, ma soprattutto ho trasformato il giorno in notte. É un superpotere davvero speciale, no? Posso usarlo solo nelle fotografie, certo, ma mi appaga ugualmente (e, d'altronde, se potessi usarlo anche nella realtà concreta chissà che casini combinerei ;-)
A voi capita mai di fare photo editing e... assumere superpoteri per modificare il mondo?
Per il 2017 i miei propositi sono: terminare il manoscritto che sto portando avanti molto lentamente a causa dei noti problemi motivazionali di cui ho già ampiamente parlato; far sopravvivere il blog; continuare a scattare fotografie e... ritoccarle.
Eh sì, perché poter intervenire sulle foto digitalmente e modificarle, stravolgerle se necessario, sta diventando una vera passione per il qui presente.
É una forma di creatività a suo modo, e mi intriga.
Qualche giorno fa, per dire, ho scattato una foto a un giardinetto pubblico all'alba. Mi aveva colpito il lampione ancora acceso benché ci fosse già la luce del sole, nonché la disposizione delle mattonelle messe sul prato come un sentiero da seguire verso le panchine:
Però una foto del genere oggettivamente non è significativa.
Tanto per cominciare ci sono un sacco di dettagli fastidiosi: un cestone di mondezza in basso a sinistra, un cartellone pubblicitario vicino al muro, un altro cestino per le cartacce a destra e alle sue spalle un quadro elettrico... Ma con un paziente lavoro di photo editing possono essere cancellati:
Tuttavia ancora non mi piaceva: la luce del giorno che splende sopra le mura rende meno evidente il lampione acceso, così ho pensato che sarebbe stato meglio se ci fosse stato un cielo scuro, come se dovesse ancora sorgere il sole...
Ma la veduta d'insieme continuava a non convincermi: il prato e le mura erano estremamente luminose, il contrasto col cielo imbrunito artificialmente era troppo forte. E allora ho tentato un'altra modifica: trasformarla in una foto in bianco e nero, eliminando inoltre l'albero spoglio davanti alla panchina centrale. Ed ecco il risultato finale:
Mi pare che la disposizione delle mattonelle e la luce del lampione siano maggiormemte valorizzate, no?
Per farlo ho dovuto abbattere alberi, cartelli e pattumiere, ma soprattutto ho trasformato il giorno in notte. É un superpotere davvero speciale, no? Posso usarlo solo nelle fotografie, certo, ma mi appaga ugualmente (e, d'altronde, se potessi usarlo anche nella realtà concreta chissà che casini combinerei ;-)
A voi capita mai di fare photo editing e... assumere superpoteri per modificare il mondo?