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sabato 31 marzo 2018

Buona Pasqua

A Civitavecchia c'è un'antica tradizione religiosa collegata alle celebrazioni pasquali.
Il Venerdì Santo, il giorno in cui viene commemorata la crocifissione di Cristo, nelle ore serali si svolge una processione come d'altronde avviene pressoché ovunque in Italia.
La particolarità localistica (comunque non esclusiva, secondo quanto ho avuto modo di capire) è che all'interno della processione non vi sono solo figuranti in costume che rievocano i momenti del processo e della condanna di Gesù, ma anche dei penitenti che sfilano coperti da cappucci e tuniche bianche camminando a piedi scalzi. Alcuni hanno sulle spalle delle grosse croci di legno, altri portano pesanti catene legate alle caviglie e le strascinano sull'asfalto producendo un suono stridulo che rende particolarmente intenso e toccante il momento del loro passaggio.


Per certi aspetti è questa l'immagine della Pasqua che più mi resta in mente, probabilmente a causa di vari sensi di colpa che mi porto dietro da anni relativamente a certe situazioni personali.
Sperando che, per tutti voi che leggete, la situazione sia completamente diversa e vi sentiate leggeri e spensierati come una colomba che vola in cielo (sempre a proposito di simbologie pasquali ;-) porgo tanti auguri a tutti gli amici di questo blog.

lunedì 26 marzo 2018

Il mio primo computer, ovvero: quando il me.me. chiama e il blogger risponde ;-)

Sono stato nominato.
Il concorrente Ivano Landi ha proposto ai suoi compagni di blogging la partecipazione al me.me. Il mio primo computer partito da un'idea di Red Bavon. Sono previste delle domande di aiuto - comunque non vincolanti, si può rispondere anche senza basarsi su esse - per sviscerare meglio l'argomento. Nel mio caso parlare del mio primo computer significa tornare indietro a un'epoca in cui esisteva ancora l'Unione Sovietica e in Italia governava il pentapartito (viste le evoluzioni successive tutto sommato non erano neppure brutti tempi) quindi allacciate le cinture di sicurezza perché la DeLorean di Doc Brown dovrà fare un bel salto temporale ;-)

Quale è stato il mio primo computer?
Un Olivetti Prodest 128s. Solo chi è datato come me se lo può ricordare.


Chi ha comprato o regalato il mio primo computer?
Ovviamente i miei meravigliosi genitori.

Quali sono stati i primi software che usavo sul mio primo computer?
Vuoto di memoria. Comunque erano molto primitivi nella grafica e nelle prestazioni, eppure sembravano spettacolari. Mi piaceva in particolare un videogioco, Magic Mushrooms, perché permetteva di costruire la propria piattaforma arcade sistemando a piacimento i vari elementi del gioco (muro, trampolini, scale mobili, rulli, etc.) L'utente poteva creare e disfare come voleva.


Chi mi ha iniziato all’uso del mio primo computer?
Nessuno, ho dovuto leggere le istruzioni e smanettare.

Insieme a chi usavo il mio primo computer?
Quasi sempre da solo. Sono stato un nerd quando ancora era sinonimo di "sfigato".

Che fine ha fatto il mio primo computer?
Dopo un po' di anni ha cominciato a dare qualche problema e abbiamo valutato che ripararlo sarebbe stato troppo costoso. I vari documenti salvati al suo interno ovviamente non sono stati recuperati, compresi alcuni racconti che avevo scritto all'epoca che purtroppo sono andati perduti (o meglio: visti i contenuti di quei racconti è più opportuno dire: per fortuna sono andati perduti!)

Chi vuole partecipare?

lunedì 19 marzo 2018

Canzoni dimenticate degli anni '80 - 5

Lucio Battisti è un'icona della musica italiana. Ha sempre cercato di adeguarsi ai nuovi trend creando canzoni al passo coi tempi, evitando di ripetersi e di diventare un monumento a se stesso. Per tale motivo la sua produzione è estremamente diversificata e quindi non apprezzata uniformemente nella sua interezza.
L'evoluzione più controversa - persino per i suoi fans più accaniti - è stata indubbiamente la scelta di 'divorziare' dal paroliere Mogol e di sostituirlo, dopo una breve esperienza con Velezia (pseudonimo della moglie di Battisti), con Pasquale Panella. I testi criptici ed enigmatici del nuovo paroliere sembrano aver influenzato anche le scelte musicali del cantante, dato che i suoi album in collaborazione con Panella sono caratterizzati da brani spiazzanti, eseguiti spesso con sintetizzatori e tastiere elettroniche. Sono canzoni con ritmi talvolta ipnotici, oppure un fluire di suoni che si evolvono per l'intera durata del pezzo senza mai fissarsi in una sequenza orecchiabile. Insomma, l'esatto contrario dei grandi successi nazionalpopolari che avevano scalato le hit parades sino a quel momento.
In effetti Lucio Battisti viene ricordato soprattutto come protagonista degli anni '60 e '70, mentre la sua successiva produzione è considerata di nicchia, forse sin troppo.
Eppure esiste un ultimissimo Battisti "per le masse" agli inizi degli anni '80, un cantautore che ancora cerca il giusto compromesso fra l'easy listening e l'intellettualismo sofisticato. Un Battisti che già fa uso del sintetizzatore ma ancora non rinuncia a chitarra e basso.
L'album Una giornata uggiosa è l'ultimo tra quelli prodotti insieme a Mogol e viene immesso sul mercato discografico proprio nel 1980. Il singolo tratto dall'album che resterà nella memoria collettiva nazionale è l'arcinoto "Con il fiocco rosa", il monologo di un uomo che si appresta a iniziare una convivenza seria, forse per la vita, e ha qualche ultimo dubbio. Ma si rende conto che il futuro lo scopriremo solo vivendo (quante volte vi è capitato di usare o ascoltare questa espressione? ;-)
Però l'album aveva un altro singolo, quello che da il titolo all'intera raccolta. "Una giornata uggiosa" è un brano dallo stile pop con qualche lieve accenno di rock, una canzone in cui un Battisti più arrabbiato del solito da sfogo al tipico momento in cui ci si sente delusi dalla propria vita e dal mondo che ci circonda.
Personalmente apprezzo più questa canzone che non quella del "fiocco rosa", pur pregevole. In questo periodo in cui le giornate uggiose con cielo grigio e pioggia costante purtroppo si susseguono senza tregua, è anche in sintonia con il tempo atmosferico.
Incorporo un video da youtube per chi volesse conoscerla o riascoltarla. La trascrizione del testo, trattandosi di una canzone in italiano, penso che non sia necessaria.

lunedì 12 marzo 2018

Moderne furberie antiche

Quando di parla di opere autopubblicate su amazon c'è sempre chi avanza il sospetto che talune recensioni particolarmente entusiastiche siano in realtà tutt'altro che imparziali.
Per esperienza diretta posso garantire gli autori indipendenti in genere agiscono con correttezza e non ricorrono a trucchetti del genere, tuttavia le mele marce esistono in tutte le categorie e gli scribacchini non fanno eccezione.
A volte succede, è vero: giudizi a cinque stelle, lodi sperticate all'autore Tizio firmate dall'acquirente Caio che magari è... Tizio stesso che si è auto-recensito, chissà con quanta obiettività.
Qualcuno si illude che queste bassezze dipendano dal maledetto self-publishing su amazon e che "Quando si pubblicava solo tramite gli editori cartacei certe cose non succedevano".
Eppure basta leggere La stanza rossa del letterato svedese Johan August Strindberg, anno di pubblicazione 1879, per trovare episodi come quello che cito integralmente:

Costui [il critico letterario di una rivista di secondaria importanza dal nome 'Toga Grigia'] aveva pure, per sedici anni, scritto poemi mai letti da nessuno, per i quali s'era valso di uno pseudonimo senza che mai nessuno si fosse dato la pena di indagare sul vero nome dell'autore. I suoi poemi, tuttavia, venivano riesumati, rispolverati nonché lodati in ogni numero natalizio della 'Toga Grigia', naturalmente da parte di un critico imparziale, il quale sempre firmava il proprio articolo affinché il pubblico non credesse che l'avesse scritto l'autore medesimo dei poemi; e questo sempre nella speranza che il pubblico conoscesse l'autore.

Insomma, come vedete non è colpa di amazon se capita che qualcuno recensisca positivamente se stesso.
Per la cronaca, secondo la narrazione di Strindberg nella redazione della rivista 'Toga Grigia' lavorava anche un critico d'arte che

era un vecchio accademico che non aveva mai messo mano a un pennello, ma che faceva parte del famoso circolo artistico 'Minerva' ed era perciò in grado di presentare - appunto - le opere d'arte al pubblico già prima che fossero terminate, risparmiando in tal modo agli interessati la fatica di dover emettere un giudizio. Era sempre indulgente con quelli che conosceva, e mai che dimenticasse i loro nomi quando si trattava di presentare una mostra [...] Dei giovani invece ignorava del tutto l'esistenza, cosicché il pubblico, che per dieci anni non aveva udito altri nomi che quelli vecchi, cominciava a disperare per l'avvenire dell'arte.

Insomma, direi proprio che centocinquanta anni sono passati invano ;-)

lunedì 5 marzo 2018

Di uno storico falsario delle mie parti

Il post odierno parlerà di manipolazione dell'informazione e falsificazione di documenti.
No, tranquilli, non ci sarà nessun riferimento ai discorsi e ai proclami della lunga tornata elettorale conclusasi ieri (che comunque mi ha ispirato l'argomento, diciamo così ;-)
Voglio solo dedicare qualche paragrafo a un bizzarro personaggio vissuto dalle mie parti in epoca rinascimentale le cui attività hanno anche una qualche attinenza con le tematiche letterarie del blog.
Giovanni Nanni, meglio noto come Annio da Viterbo, nacque nella città papale nel 1437. Diventato frate domenicano, era riuscito ad accattivarsi le simpatie della gerarchia ecclesiastica arrivando fino alla cima: sia Sisto IV (Francesco Della Rovere, zio di quel Giuliano Della Rovere che poi diventerà a sua volta papa col nome di Giulio II) che Alessandro VI (il famigerato papa Borgia) gli affidarono incarichi importanti e dimostrarono grande stima nei suoi confronti.
Grazie alla benevolenza del Borgia il frate viterbese ebbe a disposizione i mezzi e le risorse economiche per dedicarsi a ricerche erudite e scavi archeologici, come andava di moda in quegli anni di riscoperta dell'antica arte classica romana. Nel 1498 pubblicò ufficialmente il risultato dei lunghi anni trascorsi studiando testi antichi e reperti: una colossale opera in 17 volumi intitolata Antiquitatum Variarum, una collazione di documenti compilati da storici dell'antichità da lui commentati nonché corroborati dal ritrovamento di reperti che ne comprovavano la veridicità.
Tra le tante curiosità riportate nella sua opera c'è ad esempio la storia altomedievale di Viterbo, nata dall'unione di quattro borghi (Fanum, Arbanum, Vetulonia, Longula) su iniziativa del re longobardo Desiderio. Dall'unione deriva l'acronimo FAVL (pronunciato "fàul") che ancora oggi è uno dei toponimi tipici della città laziale grazie alla Porta Faul lungo le mura. Annio era certo della veridicità di tale notizia riportata da uno storico medievale poiché aveva rinvenuto durante i suoi scavi anche il documento ufficiale attestante tale evento: una stele marmorea circolare, di cui restava solo la parte superiore, in cui era incisa la dedicatoria della fondazione.
Una storia certamente molto suggestiva.
Peccato che fosse falsa, come pure la stele marmorea che era stata fatta 'fabbricare' da Annio stesso.
Non fu l'unico caso: i finti reperti archeologici, accuratamente invecchiati tenendoli seppelliti per qualche mese nella nuda terra, furono la specialità di Annio per così dire.
Quindi il frate viterbese scrisse diciassette volumi (migliaia di pagine) composti da menzogne elaboratissime ma elegantemente camuffate in modo da sembrare vere, cronache fasulle tratte da fittizi documenti storici ufficiali. Ci vollero un paio di secoli perché vari studiosi europei appurassero tale inganno.
Perché Annio realizzò questo gigantesco falso? Con quale fine?
Anche se sembra riduttivo (nell'Antiquitatum vi sono false ricostruzioni relative anche ad altri luoghi e personaggi del passato, non limitate quindi alla sola Tuscia) è possibile che il suo scopo fosse fondamentalmente quello di nobilitare la sua amata Viterbo: voleva che la fondazione della città assumesse un'aura leggendaria che cancellasse l'assai più prosaica verità storica. Tra i documenti inventati che cita vi è addirittura un'improbabile cronaca secondo la quale Noé (sì, proprio quello dell'arca) dopo l'abbassamento delle acque del diluvio giunse nel territorio dove poi sorgerà Viterbo e lì prese il nome di Janus (il Giano dei latini, secondo le inevitabili, fantasiose ricostruzioni) diventando il capostipite del popolo etrusco...
Insomma, una finzione letteraria che diventa falso storico che è poeticamente ucronia e praticamente fake news del XVI secolo. Una folle fantasia scritta per esaltare la propria città, che a differenza di Roma non poteva vantare una storia tanto gloriosa, né un'origine divina grazie all'approdo di Enea e al discendente Romolo figlio del dio Marte... (ma temo che anche questa storia qui non sia mica tanto vera ;-)
In un certo senso Annio è però riuscito nel suo scopo: alcune delle vicende immaginarie che ha trascritto nell'Antiquitatum compaiono negli affreschi del Palazzo dei Priori a Viterbo (bellissimo peraltro, vale la pena di visitarlo) e tra queste l'unione dei quattro borghi da cui nascerebbe la succitata sigla FAVL, immagine tanto potente che ancora oggi c'è gente che crede che quella storia sia vera.
Perché dopo tutto, a volte, la fantasia di uno scrittore (o di un falsario) è più stuzzicante della verità. Sarà per questo che ancora oggi le fake news hanno così tanti estimatori?