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venerdì 30 aprile 2010

Odon Lechner


Già in altri post ho parlato della mia ammirazione per lo stile Liberty, l’Art Nouveau e tutto quel complesso movimento artistico che fra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 cercò di applicare l’estetica della bellezza (e non solo della mera funzionalità) agli oggetti di uso comune ma anche e soprattutto all’ambiente circostante: case, arredi, elementi urbanistici…
In quegli anni molti architetti seguirono con entusiasmo questi principii, e il favorevole contesto culturale gli permise di realizzare opere innovative e affascinanti, dando una nuova immagine a diverse città. Il caso più noto è ovviamente Barcellona.
La maggiore importanza assunta dal capoluogo catalano in seguito al crollo dell’impero spagnolo e alla perdita di prestigio di Madrid, e il sostegno economico della borghesia di Barcellona permisero la costruzione di tantissimi edifici pubblici e privati in linea con le tendenze dell’Art Nouveau. In questo contesto poterono operare al meglio delle loro capacità architetti come Josep Vilaseca i Casanovas, Josep Puig i Cadafalch, Lluís Domènech i Montaner e soprattutto Antoni Gaudì.
Ma sarebbe troppo scontato come post. Se possibile cerco sempre di spaziare oltre le cose già note alla maggioranza per fornire spunti nuovi.

Ebbene, qualcosa di simile accadde anche in un’altra capitale non molto lontana dall’Italia.
Nel 1867 gli Asburgo, consci dell’impossibilità di fermare le spinte indipendentiste delle varie etnie all’interno del loro dominio, concessero una larghissima autonomia almeno alla più numerosa fra esse, quella ungherese. L’impero Austriaco divenne ufficialmente impero Austro-Ungarico, e Budapest ebbe la possibilità di eleggere un proprio parlamento. Ovviamente questa quasi-indipendenza originò grande entusiasmo popolare, orgoglio nazionalistico e un prepotente fermento culturale, incluso il desiderio di creare un’arte veramente autonoma e libera dall’influenza tedesca.
In questo contesto, stimolati anche dal rinnovamento internazionale del Liberty, molti architetti ebbero la possibilità di cercare nuove forme espressive.
Odon Lechner (1845-1914), al pari di Gaudì, lasciò la propria impronta sulla capitale del suo paese. Per celebrare l’origine orientale del suo popolo (gli Ungari giunsero in Europa dall’Asia centrale, sostenendo di essere della stessa stirpe degli Unni) inserì elementi asiatici nelle strutture delle progettazioni, ovviamente perseguendo anche la bellezza estetica delle forme.
Il Museo delle Arti Applicate (in alto un interno) e la Cassa di Risparmio (in basso una guglia) sono solo alcuni esempi del suo stile così curato e attento ai dettagli. La sua mano ha plasmato molti altri edifici pubblici e privati della capitale magiara.

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