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venerdì 18 febbraio 2011

Ancora sull'autopubblicazione

Intanto, in quello stesso 1892 che aveva visto morire il padre, nasce Italo Svevo: un romanzo che aveva cominciato a scrivere cinque anni prima, proposto all’editore Treves con il titolo L’inetto e da Treves respinto, usciva a spese dell’autore con il titolo Una vita presso l’editore triestino Vram
(nota biografica su Italo Svevo in La coscienza di Zeno, Mondadori, 1997, pag. VI)

1923 - Fa stampare dalla tipografia Serrantes il suo primo libro di poesie, Fervor de Buenos Aires, in trecento copie e con la copertina illustrata dalla sorella Norah
(cronologia della vita e delle opere di Jorge Luis Borges in Manuale di zoologia fantastica, Einaudi, 1998, pag. 156)

Insomma, l’autopubblicazione non è necessariamente riservata ai mediocri (ma nella maggior parte dei casi purtroppo sì, e lo dico a mio discapito). Da questo punto di vista il print on demand e l’ebook rappresentano un’autentica evoluzione democratica del self-publishing. Con la stampa tradizionale la spesa era enorme, e solo autori benestanti come Ettore Schmitz (Italo Svevo) e Borges potevano permettersi di usufruirne. Il p.o.d. e  l’epub invece costano pochissimo, e tramite questi mezzi chiunque ha la possibilità di mettersi in gioco.
Forse in futuro arriveremo al punto in cui l’autopubblicazione sarà la forma prevalente per la diffusione delle proprie opere, e gli editori si trasformeranno per lo più in professionisti della promozione e del marketing.
In parte è già così, almeno a giudicare dalla gigantesca quantità di libri pubblicati sui vari servizi di print on demand o su piattaforme digitali, rispetto al numero dei libri ufficiali e dotati di codice isbn.
Quanto può essere al momento attuale la percentuale dei primi sul totale globale? Il 40% di titoli? E considerando nella prima categoria anche i libri pubblicati con editori a pagamento (che in fondo sono un'altra forma di autopubblicazione, sia pure mascherata dietro l'ufficialità dell'isbn) é possibile che siamo già ben oltre la metà?

7 commenti:

  1. Beh... dire che L'ISBN è il confine tra autopubblicazione e editoria ufficiale è piuttosto riduttivo. Tra le altre cose, il codice ISBN è offerto anche da molti servizi POD (Lulu, Boopen e altri) e di ebook (Lulu, Narcissus e altri).
    Il codice ISBN serve solo a essere rintracciabili, a essere catalogati ufficialmente tra le pubblicazioni disponibili al mondo.

    L'editoria tradizionale dovrebbe garantire un servizio che il POD non può fornire per sua natura. Ovvero ciò che sta dietro a una buona storia, l'editing, la cura dei dettagli, la selezione certosina di prodotti di qualità...

    Ora bisogna capire se l'editoria odierna fornisce ancora questi servizi o se si sia adagiata sugli allori e si accontenti di produrre testi capaci di vendere rinunciando invece alla ricerca della qualità.

    Il problema, pare assurdo dirlo, è che il libro non è più un mezzo per trasmettere cultura. E' uno strumento per fare introiti.

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  2. Beh, quello che intendevo dire in generale é se i libri fai-da-te sono ormai più di quelli pubblicati dagli editori tradizionali (quelli free, non e.a.p. o servizi analoghi) oppure no.
    Includendo tutti i servizi che permettono l'autopubblicazione senza nessun particolare filtro (boopen, ilmiolibro, lulu, amazon, le varie piattaforme per ebook gratuiti o a pagamento ecc.), la somma dei titoli "self-published" ma comunque sul mercato, supera già i titoli pubblicati in modo ufficiale da editori tradizionali? E se così è, quanto conta ormai l'editore? Serve solo per dare la giusta visibilità al libro?
    Ecco, questa è la domanda.

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  3. L'autoproduzione secondo me non è diversa da un libro "normale", pubblicato da un editore.

    Chiarisco: per me un libro è un libro, e da dove arrivi (POD, editoria a pagamento, mega-editore, ebook autoprodotto eccetera) non fa alcuna differenza perché a tutti gli effetti la differenza non esiste se non nella testa di qualcuno.

    Poi, nel momento in cui un libro "vuole" essere letto, c'è bisogno di marketing, pubblicità, presentazioni, visibilità, recensioni, conoscenze eccetera eccetera.

    Il limite dell'autoproduzione insomma è che, da soli, è difficile o impossibile valorizzare degnamente un testo, e un lavoro autoprodotto che non fa il salto a un editore "vero" o comunque a un gruppo di persone più vasto e in grado di aumentarne la visibilità non riesce a essere valorizzato degnamente.

    Simone

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  4. Quoto sicuramente Simone: di fronte ad un racconto ci si può levare il cappello sia che lo trovi su un scaffale in libreria, sia che lo possa leggere gratuitamente in rete. Il problema è, infatti, la giusta pubblicità che da la possibilità di essere conosciuto, valorizzato come dice lui. A proposito di autoproduzione (o peggio in questo caso!) c'è la storia di Tomasi di Lampedusa, che dovette obbligare il figlio, con testamento, a pubblicare "Il gattopardo" per poter accedere all'eredità.
    Temistocle

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  5. Non ho esperienza in merito. Però concordo in pieno con quello che hanno detto Simone e Tim. :)

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  6. Secondo me a lungo andare la strada tracciata sarà proprio quella dell'autoproduzione.
    Strada già percorsa in campo musicale, con molti cantanti anche famosi che hanno creato la loro micro-etichetta, oppure piccoli consorzi con colleghi o professionisti di massima fiducia.
    Effetto della rivoluzione i-Tunes e del crollo delle case discografiche, che ricorda per molti versi la crisi dell'editoria.

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  7. Voglio dare anche io il mio piccolo contributo a questa discussione... io che sono una convinta sostenitrice del self publishing.
    Potete visitare i miei siti:
    www.appuntidielisasanacore.com
    www.selfpublishinglibri.com

    La qualità letteraria, oggi, non è di certo garantita dagli editori. Quanti titoli spazzatura ha Mondadori o Rizzoli o altri grandi, in catalogo solo per far cassa? E magari stanno pure nella top ten. Quindi, a chi disprezza l'editoria a pagamento il self publishing evocando la selezione qualitativa degli editori, dico: ma di cosa state parlando? Non siamo più negli anni '50 della Einaudi.

    Come avete detto voi, un esordiente che si pubblica da sé ha solo il problema della promozione. Questo sì che è un grosso problema, non altro.
    Poi, se il libro è promosso adeguatamente, ma non viene letto, allora in tal caso forse c'è qualcosa che non va. O l'argomento che tratta non prende, ogni cosa, seppur valida, deve capire al momento giusto. Oppure chi l'ha letto non l'ha ritenuto valido e non è scattato il passaparola.

    Auguro buona fortuna a tutti gli autori esordienti, me compresa.

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