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giovedì 23 giugno 2011

Rinnegare i propri scritti

La scrittura fa spesso trasparire idee e opinioni dell'autore, e ovviamente ne esprime lo stile e la vocazione letteraria. Ma le idee possono mutare, come pure gli orientamenti stilistici.
Lo scrittore che rinnega - o quanto meno si pente o prova vergogna - per alcuni suoi vecchi lavori non è una situazione rara. In molti casi possono subentrare addirittura coinvolgimenti ideologici e morali.
Negli anni '20 e '30 del XX secolo alcuni artisti credettero di scorgere nel comunismo la possibile realizzazione di un mondo migliore e sostennero la nascente Unione Sovietica. André Breton, uno dei fondatori del movimento surrealista, era fra questi. Tuttavia nel corso degli anni cominciò a perdere progressivamente fiducia nella rivoluzione bolscevica, sino a provare orrore per lo stalinismo. Si pentì quindi dei propri scritti pro-sovietici.
Il poeta dialettale Gioacchino Belli, famoso per i suoi sonetti romaneschi irriverenti e spesso anticlericali, ripudiò la propria opera chiedendo addirittura a un amico di distruggerla dopo la sua morte. È possibile che si trattasse di una scelta forzata, dovuta alla necessità di cautelare la famiglia dal rischio di "rappresaglie" da parte dell'amministrazione pontificia, ma c'è il dubbio di un'effettivo pentimento, considerata la sua posizione conservatrice e anti-rivoluzionaria all'epoca della Repubblica Romana, da lui avversata.
Anche Franz Kafka chiese a un amico di bruciare i propri scritti dopo la sua morte. Non è chiaro il motivo di questo desiderio. Sicuramente denota un conflitto interiore dello scrittore ceco verso la propria opera letteraria, conflitto che traspare anche dai suoi diari privati.
Si può anche abbandonare totalmente la scrittura. Arthur Rimbaud, uno dei poètes maudits - forse il più celebre - tra i sedici e i diciannove anni scrisse poesie visionarie ancora oggi incluse nelle antologie della letteratura francese. Poi scelse l'avventura. Girovagò per l'Europa e il mondo come manovale, soldato, mercante, forse anche schiavista. Riguardo la poesia, si racconta che avrebbe detto a un suo amico "Je ne m'intéresse plus à ça".
Oppure, semplicemente, non si riesce più ad apprezzare lo stile e lo spirito dei propri esordi. Nel 2010 il poeta messicano contemporaneo José Emilio Pacheco è stato insignito del premio Cervantes, uno dei più importanti riconoscimenti letterari del mondo ispanico. Nel riceverlo ha dichiarato di essersi "pentito" di molte poesie giovanili, che nelle edizioni antologiche della sua opera sono state infatti corrette e modificate rispetto alle versioni iniziali.
Insomma, c'è la possibilità che chi scrive rinneghi la propria scrittura.

6 commenti:

  1. Bellissime queste curiosità. E' sempre interessante conoscere questi aneddoti. In ogni caso si dice che solo lo stupido non cambia mai idea.
    Ma adesso mi pento di quello che ho commentato... ;)

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  2. Non credo sia un rinnegare la propria scrittura, piuttosto è un rinnegare idee avute nel passato. Non c'è nulla di strano. A tutti capita di cambiare opinione riguardo certi argomenti. A volte grazie a un approfondimento delle informazioni che si possiedono, a volte grazie a una maturazione personale... o anche per motivi di altro genere, politici, ambientali, e quant'altro (basta vedere il comportamento di alcuni nostri politici).
    In uno scrittore, tutto ciò si può tradurre in un cambio di direzione che pretende (?) di rimettere in discussione vecchi scritti, vecchie idee, vecchi lavori.
    Fa parte della maturazione delle persone. Nel cambio di opinione c'è sempre una mutazione, uno sviluppo, una rivoluzione di pensiero.
    Non ci trovo nulla di male, e soprattutto, mi pare una cosa del tutto naturale. :)

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  3. mi sembra normale cambiare idea dopo che si è capito cos'era realmente il comunismo di Stalin. Credo che anche molti fascisti dopo si siano pentiti. Come dice Glauco le persone cambiano, e le idee cambiano per fortuna.

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  4. Magari si può pensare che nella vita si matura e si cambia come in una specie di viaggio, e la scrittura o alcune idee sono dei 'passaggi' momentanei destinati a cambiare.

    E come hanno già detto, solo gli stupidi non cambiano mai opinione! ^^

    Simone

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  5. Molto interessante.
    E spinge a più di una riflessione.
    Io, riportando il discorso al mio mestiere, ripenso alle grafiche che progettavo all'inizio della mia carriera, ai primi anni novanta. Solo qualche anno fa mi facevano schifo, ora le trovo deliziosamente retrò.
    Poi ho le grafiche degli anni duemila: alcune belle, altre assolutamente dimenticabili.
    Altre ci sto rimettendo le mani ora, per riattualizzarle.
    Trovo che sia sempre un peccato gettare via il vecchio lavoro solo perché le mode sono passate o le ideologie non sembrano più valide: se non per altro, dovrebbe restare a livello di documento, per testimoniare la nostra evoluzione (o l'involuzione) stilistica e/o morale.

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  6. No, rinnegare no. Però è ovvio che crescendo e maturando cambino pensieri, punti di vista e obiettivi, ragion per cui le proprie opere più "lontane" appaiono... diverse.
    La mia consueta reazione quando leggo i primi scritti (1997/98) è più che altro un sorriso legato comunque a bei ricordi.

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