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domenica 9 marzo 2014

La grande distanza

Le polemiche nate intorno al tiepido gradimento popolare de “La grande bellezza” sono ancora fresche, e se mi permetto di esprimere la mia opinione non è perché io pensi di poter aggiungere qualcosa di nuovo a quanto già detto sul film. Anzi, il mio giudizio sulla pellicola di Sorrentino è un aspetto secondario in questo post, che verte piuttosto sulla scelta di un determinato linguaggio espressivo (e il principio può valere non solo nel cinema ma anche in letteratura).
La diatriba è nota: “La grande bellezza” viene trasmesso in prima serata poco tempo dopo aver vinto il premio Oscar per il miglior film straniero. La stampa lo esalta, i critici lo lodano, e milioni di italiani che non lo hanno visto al cinema colgono l’occasione per scoprirlo. Ma i social networks mostrano in tempo reale l’impatto non proprio gradevole del film su molti spettatori: tanti esprimono noia, disorientamento, fastidio. Per contro gli ammiratori de “La grande bellezza” reagiscono infastiditi di fronte a tali commenti, e fioccano i soliti consigli: ‘andate a vedere Checco Zalone’, ‘vi meritate i Vanzina’, etc.
Parlando di me, ammetto che la mia reazione è stata di interrompere la visione del film a metà. Non ho ancora sessantacinque anni, ma ho seguito la regola di Jep Gambardella di non perdere tempo a fare ciò che non ho voglia di fare. E io non avevo voglia di vedere un film così smaccatamente elitario, costruito appositamente per essere di difficile lettura.
Precisazione importante: senza falsa modestia, credo di essere in grado di capire le metafore nascoste nelle scene ‘sopra le righe’ del film, però non apprezzo questo metodo. Ad esempio, la scena dell’artista concettuale che si esprime andandosi a schiantare nuda contro delle rovine, e poi viene ridicolizzata dal protagonista nella successiva intervista. É facile intravedere dietro di lei certi pseudo-artisti che si riempiono la bocca di parole roboanti dette esclusivamente per atteggiarsi, ma la domanda è: lo stesso identico effetto critico, non si poteva ottenere con una scena meno assurda, meno onirica?
Intendiamoci: non sto dicendo che vorrei imporre un metodo espressivo a Sorrentino (o a qualunque altro regista). È giusto che lui segua la sua ispirazione, peraltro impeccabile come dimostra la cura maniacale della fotografia, della recitazione e dei dialoghi che permeano “La grande bellezza”. Però, una scelta espressiva del genere inevitabilmente crea – parafrasando il titolo del film – una ‘grande distanza’ nei confronti del potenziale spettatore medio. Inutile negarlo: questo è un film per pochi, ed ha l’ambizione e la volontà di essere per pochi.
Non voglio fare graduatorie – pessima abitudine – ma mi permetto di citare gli ultimi tre film italiani che hanno vinto l’Oscar: “La vita è bella”, “Mediterraneo” e “Nuovo Cinema Paradiso”, ai quali aggiungo un'altra pellicola premiata però a Cannes, “Il ladro di bambini”. Tutte opere cinematografiche che hanno avuto anche un discreto successo di pubblico, e di cui però non si può certo dire che fossero banali, stupide o convenzionali. Erano film che permettevano all’italiano medio - quello che va al cinema una sola volta all’anno per vedere il cinepanettone - di scoprire qualcosa di nuovo, qualcosa che gli facesse pensare: “Impegnativo, però significativo. Lascia dentro un messaggio, un’emozione”.
Poi, per carità: anche per i film citati poteva capitare lo spettatore che dichiarava di essersi annoiato. Ma quando ci si trova ad assistere a un’opera come “La grande bellezza”, una reazione del genere diventa quasi inevitabile per molti. E questo mi fa temere che si possa venire a creare una frattura insanabile tra chi considera il cinema (o il teatro o la letteratura) quasi esclusivamente un intrattenimento, e chi lo eleva a pura espressività. Ho paura, per capirci, che lo spettatore medio possa arroccarsi sempre di più alla visione di film di bassissima levatura pensando che i capolavori esaltati dalla critica siano, fondamentalmente, incomprensibili coacervi di stranezze inadatti a chi ha un livello culturale non elevato. Anche quelli che vorrebbero ogni tanto spingersi oltre le commediole di Pieraccioni e tentare la visione di pellicole più impegnative, potrebbero arrendersi.
Ma a tenere viva questa ‘grande distanza’ non è il film di Sorrentino in se stesso, semmai l’atteggiamento snobistico dei cinefili più fanatici. I succitati insulti (perché dal loro punto di vista questo sono, nessuno si azzardi a negarlo): ‘vi meritate i Vanzina e Zalone’ mi paiono – secondo il mio modestissimo punto di vista – del tutto fuori luogo. Ammiro coloro che pur apprezzando “La grande bellezza” hanno avuto l’onestà di riconoscere che si trattava di un film estremamente arduo e non si sono minimamente permessi di disprezzare gli spettatori disorientati, comprendendo anzi la loro perplessità e cercando in alcuni casi quasi di spiegare il senso di certe scene. Non per mostrare la loro superiorità intellettuale, ma per l’effettiva consapevolezza che si trattava di un’opera concepita per essere apprezzata da pochi.
La sintesi di questo post è: non vorrei vivere in una società in cui esistono ‘caste’ culturali reciprocamente ostili.
Alcuni dei commentatori delusi da “La grande bellezza” sono stati estremamente maleducati e lo hanno ricoperto di insulti, atteggiamento da deprecare e che non ha nulla a che fare con l’onesta delusione di chi, senza offendere, ha candidamente ammesso di non capirci nulla e di trovarlo troppo criptico.
Però, allo stesso tempo, ho trovato ugualmente censurabili certi interventi di estremisti cinefili che (sia pure virtualmente) sputavano in faccia a chi si permetteva di non essere allineato all’esaltazione di massa del film. Alcuni mi sono sembrati bambini delle elementari che, entrando al bagno con altri ragazzini, li guardano con aria spavalda negli occhi e poi gli dicono: ‘Scommetti che ho il cervello più lungo del tuo?’
Non vorrei che la cinematografia nazionale finisse per ridursi a due estremi antitetici: la commediola banalissima e il supercapolavoro assoluto. Anche le vie di mezzo sono possibili, e mi auguro che continuino a esistere.

14 commenti:

  1. Non ho visto il film, per cui non posso dare un giudizio, ma sicuramente - per come la vedo io - chiunque si appresti a realizzare un'opera di intrattenimento (e un film questo è, al di là dei messaggi che vuole veicolare) deve porsi come prima regola quella di non annoiare colui che di quell'opera sarà il fruitore.

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    1. Ciao, benvenuto :-)
      Come ho detto nel post, io posso anche essere d'accordo sulla totale libertà espressiva del regista. Non sono d'accordo sull'atteggiamento di chi nega che fosse un film difficile da comprendere a fondo, e addirittura insulta chi si permette di affermarlo (e comunque sbaglia anche chi lo ha definito "una porcata", c'è modo e modo di criticare).
      In linea di massima credo che qualunque forma espressiva (romanzo, film, quadro...) che risulti pressochè incomprensibile per la stragrande maggioranza delle persone, potrò pure essere definito un capolavoro, ma è un capolavoro inutile.

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  2. Anche io non ho visto il film, e l'ho fatto volontariamente, per i motivi che citi nel post, non mi va di spendere tempo in cose che non mi va di fare.

    A ogni modo, da ex-cinefilo (per motivi personali), sto notando due cose:
    1.
    Da un lato si denuncia la crisi del cinema italiano.
    2.
    Dall'altro si esaltano film molto distanti da quella che era la cultura cinematografica italiana.

    Il boom cinematografico italiano fu grande perché parlava semplice, al popolo. Le grandi commedie degl'anni sessanta ispiravano, o venivano rifatte, da Hollywood (Profumo di Donna... giusto per citarne una). La nostra capacità nel doppiaggio, nella costruzione di sceneggiature, nell'abilità di preparare le ambientazioni aveva portato Cinecittà ad attirare produttori stranieri e fare i loro film nel nostro bel paese.

    Oggi vogliono trasformare cinecittà in un parco a tema, con grandi alberghi etc etc...

    Non dico che film come La Grande Bellezza non debbano essere realizzati, tutt'altro, ma il fatto che il cinema debba diventare una sorta di specie protetta, finanziata dallo stato, e incapace di fare botteghino con film di qualità... mi mette tristezza. E soprattutto, non risolleverà le sorti del cinema italiano stesso...

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    1. Ti dirò, la ricerca della qualità a discapito del botteghino può avere una sua logica, ma deve essere un elemento ben ponderato. Gli ultimi film di Fellini erano puntualmente un flop in termini di incassi, ma nessuno si scandalizzava: i produttori sapevano già che sarebbe andata così, lo finanziavamo per motivi di immagine, per poter dire di avere nel proprio portfolio opere di Fellini.
      Qui invece, leggendo certi commenti anche autorevoli, è sembrato che gli italiani siano diventati una massa di idioti incapaci di apprezzare un film capolavoro... e nessuno che abbia l'onestà di ammettere che si trattava di un capolavoro decisamente ostico.

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  3. La semplicità e la sincerità sono le prime cose da usare se si vuole promuovere cultura, "la grande bellezza" non ha li possiede. Può essere un grande capolavoro ma non è il modo di avvicinare la gente. Quando una cosa è elitaria non bisogna prendere in giro il pubblico popolare per infarcirlo di pubblicità

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  4. Non ho visto il film, ma capisco bene quello che dici. Ormai raramente vedo i film...

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    1. Comunque se ti capita puoi vederlo per curiosità, così puoi darci la tua opinione.

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  5. Io ho visto la prima mezz'ora. Forse c'erano troppe aspettative attorno al film, almeno da parte mia, ma non riuscivo a stare fermo sul divano: braccia e gambe avevano bisogno di muoversi, di trovarsi altrove. Per citare la tua... citazione (la tizia che sbatte la testa al muro e poi viene trattata come una deficiente dal giornalista perché non sa spiegare il suo gesto) avevo immaginato da subito che finisse in quel modo, e io non sono un tipo molto furbo e sgamato, per cui mi è sembrata una banalità. E infati è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e mi ha fatto preferire Lucio Dalla su rai2.È brutto (e abusato) dire: non ci sono più i film di una volta (come giustamente ha fatto notare Glauco), però è così. Non si riesce più a trovare una via di mezzo tra film inguardabili perché non hanno nessun contenuto, e film che il contenuto potrebbero averlo se fosse anche espresso decentemente. Una volta ci si divertiva ma ti restava dentro anche un messaggio, ora devi scegliere. Piume di struzzo o Amici miei ti davano l'uno e l'altro contenuto, per citare qualcuno. Ma probabilmente mi sarò disabuituato anch'io al cinema.

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    1. Per carità, forse anche noi stiamo diventando troppo esigenti. Però, sono sempre dell'idea che è meglio esprimere sinceramente la propria opinione piuttosto che dire qualcosa che non penso realmente al solo scopo di essere "uniformato" con l'opinione degli altri.
      E poi,soprattutto, anche se la mia reazione al film fosse oggettivamente errata, difendo il mio diritto a errare, almeno per quanto riguarda una cosa frivola come le opinioni cinematografiche.

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  6. Mi sarebbe piaciuto vedere il film alla televisione , ma visto che lo trasmetteva canale 5, me ne son ben guardata : sono 6 anni che non frequento Mediaset, le sue reti e il suo padrone.
    Il tuo post mi conferma ciò che avevo dedotto leggendo varie critiche : non ho nessuna voglia di vedere 'La grande bellezza'..
    Ciao.
    Cristiana

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    1. Ciao, benvenuta :-)
      In realtà credo fortemente nella soggettività di giudizi e gusti, quindi chissà: potrebbe anche piacerti.
      Io ho espresso le mie perplessità sulla maniera prescelta dal regista per disporre immagini e sequenze.

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  7. Devo dire che quello che hai scritto è uno dei commenti più interessanti al film tra quelli letti e/o ascoltati finora. L'ho visto anche io, sono arrivata volentieri fino alla fine. Soprattutto trascinata dalle musiche, i cori. Mi ha colpito la fotografia la regia e tutto l'aspetto puramente visivo. La storia non è stata semplice nemmeno per me. Infatti condivido in tutto e per tutto la tua analisi. Però io sono anche una di quelle che si vanta di non aver mai visto un film dei Vanzina e mai lo vedrà (però non che mi eleggo critica suprema e disprezzo chi non ha capito queto film, come ho già scritto non è stato semplice nemmeno per me).
    Il problema più grande di questo film, soprattutto dopo che ha vinto l'Oscar, è stato leggere in giro - anche da parte di Napolitano o Fazio o da giornalisti commenti e complimenti che facevano capire che il film NON LO AVEVANO NEMMENO VISTO e dicevano cose fuori luogo ed esattamente opposte al messaggio di decandenza del film.

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    1. Beh, quando si parla di questi personaggi mediatici (televisivi o politici che siano) è normale che abbiano l'aria di essere sempre al corrente su tutto. Ovvio poi che in pubblico debbano dire: "Bello, stupendo!" mentre magari dentro di loro pensano "Che noia mortale!"

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