PAGINE

giovedì 13 marzo 2014

Serissimi consigli per la scrittura - 2

Stavolta i consigli sono davvero seri, almeno nelle intenzioni. Non necessariamente validi, ma ci provo lo stesso.
Quando si racconta un evento, o una sensazione, o si descrive qualcuno, si deve scegliere quel che si vuole dire. Michelangelo sosteneva che la scultura è già nel blocco di marmo, bisogna sottrarre la parte in eccesso per far emergere la forma voluta.Allo stesso modo, nel blocco di tutto quel che si potrebbe dire sono presenti i concetti essenziali e più opportuni da levigare fino ad evidenziare quel che va detto.
Avete presente quando qualcuno vi spiega un certo fatto che gli è accaduto e dopo un po' pregate che la finisca presto perchè riempie il discorso di elementi inutili? Una storia appesantita risulta meno interessante.
Da qui nasce la dicotomia fra il detto e il non detto, che è il vero talento di alcuni narratori. Talvolta il non detto diventa persino più significativo del detto, anche se reputo opportuno usare dei termini diversi. In realtà qualcosa viene comunque raccontato, quindi il vero contrasto è piuttosto definibile come accennato / dettagliato. Un accenno può risultare più funzionale di una descrizione estremamente dettagliata. Ovviamente devono coesistere entrambe. Un testo tutto accenni e niente dettagli difficilmente riuscirà a raccontare davvero qualcosa.
Essere selettivo nella maniera corretta è la più grande difficoltà narrativa, almeno dal mio punto di vista. Sicuramente il mio blocco di parole potenziali viene scolpito sino all'essenzialità, e d'altronde trovo più densa, significativa e riuscita una narrazione con numerose omissioni non fondamentali ai fini della vicenda centrale rispetto a una carica di dettagli inutili. Per restare nella metafora del marmo michelangiolesco, per me è meglio una statua che presenti punti d'ombra a causa delle torsioni della figura umana scolpita, rispetto alla piena visibilità di un corpo di marmo statico ed eretto. Allo stesso modo, talvolta un personaggio letterario viene presentato al lettore con poche, selezionate parole che lo caratterizzano meglio di un elaborato curriculum vitae.
Prendo ad esempio l'incipit del racconto di Pirandello "Scialle nero":
Aspetta qua, - disse il Bandi al D'Andrea. - Vado a prevenirla. Se s'ostina ancora, entrerai per forza.
Miopi tutti e due, parlavano vicinissimi, in piedi, l'uno di fronte all'altro. Parevano fratelli, della stessa età, della stessa corporatura: alti, magri, rigidi, di quella rigidezza angustiosa di chi fa tutto a puntino, con meticolosità. Ed era raro il caso che, parlando così tra loro, l'uno non aggiustasse all'altro col dito il sellino delle lenti sul naso, o il nodo della cravatta sotto il mento, oppure, non trovando nulla da aggiustare, non toccasse all'altro i bottoni della giacca. Parlavano, del resto, pochissimo. E la tristezza taciturna della loro indole si mostrava chiaramente nello squallore dei volti.
Cresciuti insieme, avevano studiato ajutandosi a vicenda fino all'Università, dove poi l'uno s'era laureato in legge, l'altro in medicina. Divisi ora, durante il giorno, dalle diverse professioni, sul tramonto facevano ancora insieme quotidianamente la loro passeggiata lungo il viale all'uscita del paese.
I due personaggi principali vengono presentati in modo sommario tramite informazioni scarne, insistendo soprattutto su particolari comportamentali e sui loro piccoli gesti.
Secondo me questo breve resoconto li descrive meglio di un dettagliato elenco indicante la loro età anagrafica, il colore degli occhi e dei capelli, i motivi delle loro scelte universitarie, la provenienza geografica, etc.
D'altronde (unico guizzo poco serio che mi concedo) chiunque frequenta questo blog sa bene che ogni qual volta vengono forniti elementi descrittivi fisici, biografici e psicologici di Ariano Geta... prevale sempre il non detto ;-)

4 commenti:

  1. Io non ho mai amato le descrizioni lunghe... se voglio vedere qualcosa vado al cinema, se voglio immaginare leggo un libro, no?

    RispondiElimina
  2. L'immagine dello scultore, in questo caso, è quanto mai azzeccata. Lo scrittore, come un bravo scultore, dovrebbe limitarsi a sgrossare il racconto che ha già in testa.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Enzo :-)
      In effetti la stessa cosa può essere raccontata in un'infinità di maniere, con parole diverse, concetti differenti.
      Saper scolpire la propria narrazione significa darle la forma che si desidera. Sperando di averlo fatto col dovuto talento e con i giusti attributi per renderla interessante e piacevole agli altri.

      Elimina