A partire da oggi apro un nuovo tag, "librivissuti". Uno spazio dedicato a quei libri la cui lettura mi ha lasciato un segno profondo dentro.
Si dice che la lettura trasmetta emozioni, ed é vero, ma in alcuni casi va anche oltre, ed ha l'effetto di un'esperienza vissuta... almeno così é stato per me in certi casi.
Quindi non ne parlerò come un critico che sta facendo la sua recensione, ma come un lettore che prova a spiegare ciò che gli é rimasto di quel libro.
Comincerò con "Confessioni di una maschera" di Yukio Mishima.
Riassumo la storia per chi non la conoscesse. Il protagonista inizia a raccontare, in prima persona, la storia della sua vita da quando era bambino. Nell'infanzia ha un primo, strano turbamento sessuale vedendo un'immagine di San Sebastiano sofferente. Pian piano comincia ad appassionarsi alla contemplazione di uomini cui viene inflitto un atto di violenza, e per lungo tempo ignora che gli altri ragazzini si appassionano semmai a immagini di donne nude.
L'adolescenza lo conduce alla scoperta della propria omosessualità e dei propri istinti sadici, di cui però sottovaluta l'importanza, come se, crescendo, tutto dovesse magicamente risolversi. Essendo molto riservato ed avendo degli atteggiamenti da "topo di biblioteca", gli altri ragazzi non immaginano minimamente questa sua natura nascosta, e lui stesso cerca di ignorarla e di comportarsi come gli altri. Finisce addirittura col fidanzarsi, benché non provi nessuna attrazione per le ragazze.
Nello sfondo del Giappone bombardato dagli americani, e poi nei primi anni del dopoguerra, avviene l'inevitabile impatto con la propria "diversità". Dopo aver rotto il fidanzamento e sperimentato drammaticamente la totale asessualità verso le donne, decide di fare l'unica cosa possibile: scrivere questo romanzo per svelare a tutti la sua vera natura che aveva tenuta nascosta dietro una "maschera", conscio di tutte le conseguenze che questa rivelazione potrà avere nei suoi rapporti con gli altri.
Come si capisce é un romanzo che affronta il tema della diversità, una diversità "inevitabile" e che può trasformarsi in un trauma, in un senso di angosciato isolamento rispetto alla "massa" delle persone normali. Un romanzo scritto splendidamente, ambientato nel Giappone degli anni '40 ma che potrebbe essere collocato in qualunque altro paese.
Per me fu un pugno nello stomaco, forse perché anch'io all'epoca credevo che fosse possibile, semplicemente crescendo, "omologarsi" e diventare "uguale agli altri". Nel corso degli anni ho invece capito che la propria eventuale "diversità" non sparisce, deve essere accettata in primo luogo da noi stessi, e comunque non può essere nascosta agli altri. E non c'é bisogno di essere omesessuali o sadici per essere diversi. La "diversità" può essere qualunque comportamento leggermente fuorviante rispetto al proprio contesto. La "massa" tende a catalogare come diverso chiunque si discosti dai comportamenti generalizzati, anche per cose abbastanza stupide.
Se col tempo ho imparato a non volermi conformare e ad apprezzare la diversità di chiunque rispetto all'asettica "normalità" delle classificazioni standard, e se riesco ad essere maggiormente "me stesso" rispetto al passato, lo devo anche a questo libro. Un pugno nello stomaco che ora non fa più male.
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