Ogni cosa ha una durata limitata, ovviamente di lunghezza variabile a seconda del contesto e della sua natura specifica.
Trascorsi quattro anni di attività, questo blog comincia a perdere colpi. Ha avuto una nascita e una lenta ascesa sino a raggiungere i seimila contatti mensili, ma ora sta iniziando a decrescere, e credo che almeno in parte sia un fenomeno fisiologico.
Diminuiscono le pagine visitate.
Diminuisce il numero dei contatti.
Diminuisce la frequenza dei post (grazie al cavolo, questo è colpa mia).
Diminuiscono le idee (e pure questo is my fault).
Insomma, diminuisce l'intelligenza del blogger che già era limitata di suo.
E poi calano le vendite degli ebook su amazon.
Cala il controvalore dell'euro rispetto al dollaro.
Calano le possibilità che si riesca finalmente ad avere una classe politica credibile...
.... Insomma, ho la netta sensazione di essere ormai entrato in una parabola discendente.
lunedì 29 aprile 2013
martedì 23 aprile 2013
Personaggi letterari ispirati a persone reali
Quando si crea un personaggio talvolta capita di prendere spunto da persone reali.
È capitato a questo umile dilettante che blogga, ma anche ad autori più prestigiosi.
Il sacerdote-detective Padre Brown, protagonista di numerosi racconti di Gilbert Keith Chesterton, in un certo senso è esistito davvero. Si chiamava John O’Connor, era un prete irlandese e fu l’uomo che convinse lo scrittore a convertirsi al cattolicesimo, divenendo anche un suo carissimo amico. Chesterton era meravigliato dall’abilità di quell’ometto in tonaca a capire la psiche umana: apparentemente sembrava un tranquillo sacerdote di campagna con una vita piuttosto solitaria.
Invece padre John O’Connor aveva una mente attiva e un ingegno sottile. Nel 1937, un anno dopo la morte dell'amico scrittore, pubblicò un libro intitolato “Father Brown on Chesterton”, praticamente un saggio su Chesterton scritto da un suo personaggio…
Ma anche l’altro grande detective letterario inglese, Sherlock Holmes, è parzialmente ispirato a un uomo in carne e ossa, ovvero il professor Joseph Bell. Arthur Conan Doyle lo conobbe nel 1877, quando era ancora un giovane studente di medicina, e rimase fortemente colpito dalle sue capacità deduttive. Inoltre Bell collaborava talvolta con la polizia come medico forense. Anni dopo Conan Doyle ammise esplicitamente che il suo investigatore aveva parecchi tratti in comune con il professore.
Tra i personaggi inventati ma reali si potrebbe annoverare inoltre Dorian Gray, che avrebbe i tratti del poeta John Gray. Frequentatore di ambienti artistici e letterari, in gioventù ebbe probabilmente una relazione con Oscar Wilde e rimase in contatto con lui per tutta la vita, diventando poi sacerdote. Egli negò sempre di essere il personaggio ritratto nel romanzo, ma la sua doppia vita (cattolico con aspirazioni clericali e al contempo poeta omosessuale) unitamente alla bellezza androgina che traspare dalle foto che lo ritraggono, lasciano credere che sia davvero stato lui la fonte d’ispirazione di Wilde.
C’è anche il caso di personaggi letterari plasmati sul modello di persone mediaticamente note con lo scopo di creare maggiore interesse attorno al romanzo (in questo caso anche le trame ricalcano ovviamente eventi reali).
Un episodio particolare è quello legato a “Dopo il banchetto”, novella di Yukio Mishima pubblicata nel 1960. Nella vicenda narrata si riconosceva chiaramente un famoso uomo politico giapponese, Hachiro Arita, che all’epoca intratteneva una relazione extraconiugale con la hostess di un locale notturno. Il personaggio creato da Mishima si chiamava Noguchi, ma l’analogia con Arita era evidente (e presumibilmente intenzionale) tanto è vero che il politico querelò lo scrittore per violazione della privacy e il tribunale gli diede ragione condannando Mishima e il suo editore.
Per concludere questo post mi pongo una domanda: John O’Connor, Joseph Bell, John Gray e Hachiro Arita, verrebbero ricordati ancora oggi se non avessero ispirato personaggi letterari di scrittori famosi?
È capitato a questo umile dilettante che blogga, ma anche ad autori più prestigiosi.
Il sacerdote-detective Padre Brown, protagonista di numerosi racconti di Gilbert Keith Chesterton, in un certo senso è esistito davvero. Si chiamava John O’Connor, era un prete irlandese e fu l’uomo che convinse lo scrittore a convertirsi al cattolicesimo, divenendo anche un suo carissimo amico. Chesterton era meravigliato dall’abilità di quell’ometto in tonaca a capire la psiche umana: apparentemente sembrava un tranquillo sacerdote di campagna con una vita piuttosto solitaria.
Invece padre John O’Connor aveva una mente attiva e un ingegno sottile. Nel 1937, un anno dopo la morte dell'amico scrittore, pubblicò un libro intitolato “Father Brown on Chesterton”, praticamente un saggio su Chesterton scritto da un suo personaggio…
Ma anche l’altro grande detective letterario inglese, Sherlock Holmes, è parzialmente ispirato a un uomo in carne e ossa, ovvero il professor Joseph Bell. Arthur Conan Doyle lo conobbe nel 1877, quando era ancora un giovane studente di medicina, e rimase fortemente colpito dalle sue capacità deduttive. Inoltre Bell collaborava talvolta con la polizia come medico forense. Anni dopo Conan Doyle ammise esplicitamente che il suo investigatore aveva parecchi tratti in comune con il professore.
Tra i personaggi inventati ma reali si potrebbe annoverare inoltre Dorian Gray, che avrebbe i tratti del poeta John Gray. Frequentatore di ambienti artistici e letterari, in gioventù ebbe probabilmente una relazione con Oscar Wilde e rimase in contatto con lui per tutta la vita, diventando poi sacerdote. Egli negò sempre di essere il personaggio ritratto nel romanzo, ma la sua doppia vita (cattolico con aspirazioni clericali e al contempo poeta omosessuale) unitamente alla bellezza androgina che traspare dalle foto che lo ritraggono, lasciano credere che sia davvero stato lui la fonte d’ispirazione di Wilde.
C’è anche il caso di personaggi letterari plasmati sul modello di persone mediaticamente note con lo scopo di creare maggiore interesse attorno al romanzo (in questo caso anche le trame ricalcano ovviamente eventi reali).
Un episodio particolare è quello legato a “Dopo il banchetto”, novella di Yukio Mishima pubblicata nel 1960. Nella vicenda narrata si riconosceva chiaramente un famoso uomo politico giapponese, Hachiro Arita, che all’epoca intratteneva una relazione extraconiugale con la hostess di un locale notturno. Il personaggio creato da Mishima si chiamava Noguchi, ma l’analogia con Arita era evidente (e presumibilmente intenzionale) tanto è vero che il politico querelò lo scrittore per violazione della privacy e il tribunale gli diede ragione condannando Mishima e il suo editore.
Per concludere questo post mi pongo una domanda: John O’Connor, Joseph Bell, John Gray e Hachiro Arita, verrebbero ricordati ancora oggi se non avessero ispirato personaggi letterari di scrittori famosi?
venerdì 19 aprile 2013
Come creare una bandella per il proprio libro
Se volete pubblicizzare al meglio il vostro libro è
fondamentale dotarlo di una bandella promozionale. La compilazione è
semplicissima: in apertura inserite a scelta una delle seguenti frasi a
effetto:
oppure:
IL BEST SELLER DELL’ANNO (anche se non ha ancora venduto una copia)
oppure:
UN ESORDIO STREPITOSO (anche se avete già pubblicato altri libri)
Poi aggiungete un nome di persona, non necessariamente famosa (va benissimo anche il vostro vicino di casa) con una dichiarazione virgolettata. Se avete scritto un giallo o un thriller la frase deve essere: “MI HA TENUTO COL FIATO SOSPESO FINO ALL’ULTIMA PAGINA”.
UN NUOVO CASO LETTERARIO
oppure:
IL BEST SELLER DELL’ANNO (anche se non ha ancora venduto una copia)
oppure:
UN ESORDIO STREPITOSO (anche se avete già pubblicato altri libri)
Poi aggiungete un nome di persona, non necessariamente famosa (va benissimo anche il vostro vicino di casa) con una dichiarazione virgolettata. Se avete scritto un giallo o un thriller la frase deve essere: “MI HA TENUTO COL FIATO SOSPESO FINO ALL’ULTIMA PAGINA”.
Se invece è un romanzo sentimentale
scegliete: “HO PIANTO INSIEME AI PROTAGONISTI SENZA VERGOGNARMI”.
Per tutti gli
altri casi va bene un generico: “IL LIBRO PIÚ BELLO CHE MI È CAPITATO DI LEGGERE
NEL CORSO DEGLI ULTIMI CINQUE ANNI”.
Opzionale: potete eventualmente completarlo con il vostro nome seguito dalla dicitura “è il
nuovo… [inserire un nome famoso di autore
a voi affine]”.
Esempio: “ARIANO GETA È IL NUOVO BORGES”
Cosa ne pensate di quella che ho creato per me?
martedì 16 aprile 2013
Ma un po' di originalità no eh?
Domenica scorsa, nella libreria di un centro commerciale, ho notato un paio di libri esposti su due scaffali a un metro di distanza l'uno dall'altro: "Fotografia, la storia completa" edita da Atlante, e "Lingerie", editore White Star.
Chi ha copiato la copertina all'altro?
Chi ha copiato la copertina all'altro?
giovedì 11 aprile 2013
Insuccessi che diventano miti
Non sempre un'opera letteraria che riceve una buona accoglienza al momento della sua prima uscita passa alla storia, e per contro può capitare che esordi disastrosi riescano pian piano a diventare degli autentici miti.
Lo scrittore francese Alphonse Daudet pubblicò nel 1872 il suo "Tartarin de Tarascon", picaresca vicenda che ha come protagonista il giovane provenzale Tartarin, e grazie a questo libro divenne l'uomo più odiato della Francia meridionale. Gli abitanti della Provenza - quelli della città di Tarascona in particolare - ritenevano che il personaggio da lui creato fosse macchiettistico e ridicolo, e che il romanzo risultasse oltraggioso per il buon nome della regione. Sembra addirittura che durante quei mesi concitati Daudet abbia ricevuto minacce di morte. Nessuno poteva prevedere che nel corso dei decenni successivi il personaggio di Tartarin sarebbe diventato uno dei simboli del carnevale provenzale e, a suo modo, un'icona letteraria del sud della Francia.
Herman Melville invece si trovò nella situazione paradossale di aver ottenuto un discreto successo con due romanzi oggi poco conosciuti, "Typee" e "Omoo", e di incappare in un flop clamoroso con "Moby Dick". Stampato in tremila copie, non riuscì a venderle tutte. Va aggiunto per onestà che anche i suoi successivi romanzi "Pierre" e "L'uomo di fiducia" furono disastrosi sul piano delle vendite, e ciò pose fine alla sua fama di scrittore. Il libro con le gesta di Ismaele, Achab e la balena bianca cessò di essere pubblicato nel 1872 (Melville aveva 53 anni e sarebbe vissuto sino al 1891), e rimase nel dimenticatoio fino al momento in cui venne riscoperto dalla critica letteraria nel 1921.
In quello stesso anno Luigi Pirandello ricevette una pessima accoglienza durante la prima rappresentazione del suo dramma "Sei personaggi in cerca d'autore" avvenuta a Roma. La struttura particolarmente innovativa e surreale della pièce teatrale non venne apprezzata dagli spettatori, e alla fine dello spettacolo la platea sommerse di fischi gli attori. Si dice che molti gridassero "Manicomio!" a sottolineare l'apparente insensatezza dell'opera. Nonostante questo debutto disastroso, il dramma in questione è oggi considerato uno dei capolavori assoluti del teatro italiano e mondiale.
La commedia "La cantatrice calva" di Eugène Ionesco passò invece inosservata. Venne messa in scena per la prima volta nel 1950, racimolando uno scarsissimo, perplesso pubblico e non suscitò alcun interesse nella critica. Ma successivamente sarebbe diventata una delle poche opere teatrali al mondo capaci di restare ininterrottamente in scena per 56 anni. Proprio così: il Teatro de la Huchette di Parigi ce l'ha nel suo cartellone dal 1957, e continua a mantenerla, quindi il numero di anni è destinato a salire. Sarebbe interessante scovare gli annoiati spettatori della fallimentare "prima" e chiedergli: lo avreste mai immaginato?
Lo scrittore francese Alphonse Daudet pubblicò nel 1872 il suo "Tartarin de Tarascon", picaresca vicenda che ha come protagonista il giovane provenzale Tartarin, e grazie a questo libro divenne l'uomo più odiato della Francia meridionale. Gli abitanti della Provenza - quelli della città di Tarascona in particolare - ritenevano che il personaggio da lui creato fosse macchiettistico e ridicolo, e che il romanzo risultasse oltraggioso per il buon nome della regione. Sembra addirittura che durante quei mesi concitati Daudet abbia ricevuto minacce di morte. Nessuno poteva prevedere che nel corso dei decenni successivi il personaggio di Tartarin sarebbe diventato uno dei simboli del carnevale provenzale e, a suo modo, un'icona letteraria del sud della Francia.
Herman Melville invece si trovò nella situazione paradossale di aver ottenuto un discreto successo con due romanzi oggi poco conosciuti, "Typee" e "Omoo", e di incappare in un flop clamoroso con "Moby Dick". Stampato in tremila copie, non riuscì a venderle tutte. Va aggiunto per onestà che anche i suoi successivi romanzi "Pierre" e "L'uomo di fiducia" furono disastrosi sul piano delle vendite, e ciò pose fine alla sua fama di scrittore. Il libro con le gesta di Ismaele, Achab e la balena bianca cessò di essere pubblicato nel 1872 (Melville aveva 53 anni e sarebbe vissuto sino al 1891), e rimase nel dimenticatoio fino al momento in cui venne riscoperto dalla critica letteraria nel 1921.
In quello stesso anno Luigi Pirandello ricevette una pessima accoglienza durante la prima rappresentazione del suo dramma "Sei personaggi in cerca d'autore" avvenuta a Roma. La struttura particolarmente innovativa e surreale della pièce teatrale non venne apprezzata dagli spettatori, e alla fine dello spettacolo la platea sommerse di fischi gli attori. Si dice che molti gridassero "Manicomio!" a sottolineare l'apparente insensatezza dell'opera. Nonostante questo debutto disastroso, il dramma in questione è oggi considerato uno dei capolavori assoluti del teatro italiano e mondiale.
La commedia "La cantatrice calva" di Eugène Ionesco passò invece inosservata. Venne messa in scena per la prima volta nel 1950, racimolando uno scarsissimo, perplesso pubblico e non suscitò alcun interesse nella critica. Ma successivamente sarebbe diventata una delle poche opere teatrali al mondo capaci di restare ininterrottamente in scena per 56 anni. Proprio così: il Teatro de la Huchette di Parigi ce l'ha nel suo cartellone dal 1957, e continua a mantenerla, quindi il numero di anni è destinato a salire. Sarebbe interessante scovare gli annoiati spettatori della fallimentare "prima" e chiedergli: lo avreste mai immaginato?
martedì 9 aprile 2013
Spiacente ma ritornano i CAPTCHA
Post brevissimo solo per informare che, causa odioso e insistente attacco di spammers anglofili, mi vedo costretto a ripristinare i famigerati CAPTCHA.
So quanto siano rognosi per chiunque voglia inserire un commento, ma l'alternativa è ritrovarmi il blog invaso da
hi, I hope you might take a glance at http://merda-merda-e-ancora-merda.com
Spero che capirete.
EDIT 14/04/2013 - Temporaneamente rimossi i CAPTCHA sperando che gli spammers abbiano deciso di andare a rompere altrove
So quanto siano rognosi per chiunque voglia inserire un commento, ma l'alternativa è ritrovarmi il blog invaso da
hi, I hope you might take a glance at http://merda-merda-e-ancora-merda.com
Spero che capirete.
EDIT 14/04/2013 - Temporaneamente rimossi i CAPTCHA sperando che gli spammers abbiano deciso di andare a rompere altrove
mercoledì 3 aprile 2013
Un tema pittorico ricorrente - 2
Come già fatto in un precedente post, mi cimento oggi su un tema pittorico ricorrente.
La Pasqua da poco trascorsa mi ha rammentato numerosi episodi del racconto della Passione che hanno offerto spunti ai pittori nel corso dei secoli.
Una delle più celebri è quella di Giotto (1267-1337). Lo stile è ancora quello ieratico dell’iconografia bizantina, però nel suo affresco di vede anche il dinamismo della scena: Gesù riceve forzatamente un bacio che sembra un’aggressione, come d’altronde viene enfatizzato dalle altre figure che lo circondano.
Anche Caravaggio (1571-1610), più di due secoli dopo, sceglie di rappresentare il bacio del discepolo come un atto di violenza, ma cambia la raffigurazione di Cristo: non ha più la fermezza divina, mostra tutta la sua umana fragilità a partire dalle mani che, sotto la spinta di Giuda, non riescono neppure a mantenere la posizione della preghiera.
Felice Torelli (1677-1748) sceglie invece di dipingere un Cristo che mantiene la sua misericordia persino nel momento atroce del tradimento: sembra quasi sorridere a Giuda mostrando compassione verso colui che, in fin dei conti, sta solo svolgendo il ruolo assegnatogli dal disegno divino per il compimento della redenzione dal peccato originale.
Il pittore franco-olandese Ary Scheffer (1795-1858) preferisce invece un Gesù talmente forte da restare quasi indifferente al perfido Giuda che lo sta consegnando ai romani. Nel suo volto si legge la rassegnata ma convinta accettazione dell’ “amaro calice” di cui parla uno degli evangelisti.
La Pasqua da poco trascorsa mi ha rammentato numerosi episodi del racconto della Passione che hanno offerto spunti ai pittori nel corso dei secoli.
Uno particolarmente scabroso è il bacio di Giuda. Il destino
di Gesù era redimere l’umanità, e il disegno si compì tramite la crocifissione
preceduta dal tradimento (ma era proprio necessario?) di uno dei suoi apostoli. Un ruolo davvero tremendo
per l’Iscariota: farsi carico della più odiosa delle infamie a danno del
Cristo. Da un punto di vista teologico il ruolo di Giuda è stato oggetto di
discussione, e Borges ne ha tratto il racconto “Tre versioni di Giuda” che
consiglio di leggere.
Ma io intendo solo analizzare alcune diverse interpretazioni figurative.
Una delle più celebri è quella di Giotto (1267-1337). Lo stile è ancora quello ieratico dell’iconografia bizantina, però nel suo affresco di vede anche il dinamismo della scena: Gesù riceve forzatamente un bacio che sembra un’aggressione, come d’altronde viene enfatizzato dalle altre figure che lo circondano.
Anche Caravaggio (1571-1610), più di due secoli dopo, sceglie di rappresentare il bacio del discepolo come un atto di violenza, ma cambia la raffigurazione di Cristo: non ha più la fermezza divina, mostra tutta la sua umana fragilità a partire dalle mani che, sotto la spinta di Giuda, non riescono neppure a mantenere la posizione della preghiera.
Felice Torelli (1677-1748) sceglie invece di dipingere un Cristo che mantiene la sua misericordia persino nel momento atroce del tradimento: sembra quasi sorridere a Giuda mostrando compassione verso colui che, in fin dei conti, sta solo svolgendo il ruolo assegnatogli dal disegno divino per il compimento della redenzione dal peccato originale.
Il pittore franco-olandese Ary Scheffer (1795-1858) preferisce invece un Gesù talmente forte da restare quasi indifferente al perfido Giuda che lo sta consegnando ai romani. Nel suo volto si legge la rassegnata ma convinta accettazione dell’ “amaro calice” di cui parla uno degli evangelisti.
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