lunedì 31 maggio 2010

Pezzi di liberty

Trascorrere la domenica in una città tranquilla e ricca di scorci interessanti come Pistoia è un piacere.
Ma spero che i vari restauri in corso su alcuni edifici storici vengano estesi anche alla Galleria Vittorio Emanuele, bellissimo esempio di locale in stile liberty che non è per niente valorizzato al momento attuale. Anzi, diciamo pure che è molto trascurato. Per fortuna le pitture sui soffitti e il trompe-l'oeil del cortile nascosto ancora mantengono il loro fascino.



venerdì 28 maggio 2010

Divagazione sui sogni

Talvolta capita di avere dei sogni in testa che diventano quasi ossessioni (magnifiche ossessioni, parafrasando il titolo di un film). Esperienze che uno vive centinaia di volte nella propria immaginazione, ma che all'atto pratico non si realizzano mai. Rimangono sulla pelle del sognatore, ricordo di qualcosa che in realtà non è mai accaduto.
So che questi sogni irrealizzati svaniscono nel nulla, ma mi piace pensare che esista un luogo in cui hanno potuto prendere forma e accadere realmente.

giovedì 27 maggio 2010

Il punto della situazione

Come da titolo:
-ho inserito Romanzo sensazionale in versione pdf nella pagina degli scritti atipici;
-ho editato 3A Investigazioni (c'era qualche refuso di troppo)
-ho inserito La realtà in versione pdf fra gli scritti di letteratura tradizionale
-sono ancora alla ricerca di un testo da tradurre che mi coinvolga al punto giusto
-mi faccio sempre un mare di domande e non trovo risposte (vabbè, questo esula dal blog)

mercoledì 26 maggio 2010

Gil Elvgren

Le immagini delle Pin-up si sono ormai ritagliate un loro spazio specifico nell’universo degli illustratori, anche se hanno subito una trasformazione notevole rispetto agli anni ’40 e ’50. La società è meno puritana, e anche le pin-up sono diventate più aggressive, talvolta con esiti interessanti come nei disegni di Hajime Sorayama e Lorenzo Sperlonga.
Ma i disegni che preferisco sono quelli più autenticamente “anni ‘50”, e tra i tanti artisti di quel periodo d’oro per le pin-up ho una predilezione per Gil Elvgren.
Le sue figure femminili riescono a trasmettere perfettamente quel misto di candore (magari ipocrita, ma solo in parte) e involontaria (?) malizia di quegli anni in cui si voleva solo sorridere e dimenticare gli orrori della guerra. Niente fatalone hollywoodiane stile anni ’30, nessun accenno a Mae West, Greta Garbo o Marlene Dietrich. Le ragazze di Elvgren ricordano piuttosto la commessa del supermercato o la figlia maggiorenne del vicino di casa: belle ma non snob, sexy ma rassicuranti.
Basta vedere le due stampe che ho inserito nel messaggio: una fa subito venire in mente la sequenza di un film celebre di quegli anni, con una Marylin Monroe ingenua e inconsapevolmente provocante. L’altra – continuando coi riferimenti cinematografici – fa invece pensare a una Doris Day tanto pasticciona quanto irresistibilmente attraente.
Immagini che ormai sono icone di un’epoca.


lunedì 24 maggio 2010

Citazioni

A volte mi capita di essere a corto di ispirazione per i post da inserire. Non sono obbligato a postare a scadenze regolari, ovvio, però ho notato che se si lascia passare troppo tempo si finisce col perdere l’abitudine a “bloggare”.
Così ho pensato di creare un tag dedicato alle citazioni da libri che ho letto. Ce ne sono alcune fisse sulla barra laterale a sinistra, quelle che meglio esprimono lo spirito di questo blog. Ma potrei aggiungerne altre…

Mi é avvenuto più volte, svegliandomi nel cuor della notte (la notte, in questo caso, non dimostra veramente d'aver cuore) mi é avvenuto di provare al bujo, nel silenzio, una strana meraviglia, uno strano impaccio al ricordo di qualche cosa fatta durante il giorno, alla luce, senza abbadarci; e ho domandato allora a me stesso se, a determinar le nostre azioni, non concorrano anche i colori, la vista delle cose circostanti, il vario frastuono della vita. Ma sì, senza dubbio; e chi sa quant'altre cose! Non viviamo noi [...] in relazione con l'universo? Ora sta a vedere quante sciocchezze questo universo ci fa commettere, di cui poi chiamiamo responsabile la misera coscienza nostra, tirata da forze esterne, abbagliata da una luce che é fuor di lei.

(Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal)

venerdì 21 maggio 2010

Esito concorso Effequ

Tempo fa avevo pubblicato sul blog il bando del concorso organizzato dalla casa editrice Effequ, il cui tema era scrivere un racconto ispirato ad articoli di cronaca riportati nel bando stesso, tutti connessi con l'immigrazione.
Il vincitore del concorso avrà il proprio racconto inserito in un volume che verrà pubblicato entro la fine dell'anno, mentre le migliori opere scartate saranno inserite nel blog della casa editrice.
Ecco, l'esito della mia partecipazione è stato ovviamente la seconda delle due: piazzato ma non vincente (che poi è, in estrema sintesi, la storia della mia vita).
Conseguentemente il mio racconto - La realtà - si trova ora nel blog della Effequ su questo link.

Peynet inatteso

Raymond Peynet è il creatore delle celebri vignette dei “fidanzatini”, tenerissimi innamorati la cui dolcezza è ormai proverbiale. Ma sono rimasto un po’ sorpreso scoprendo che in questa famosa serie si trovano anche vignette che non mi sarei aspettato.
Intendiamoci: sono sempre e comunque straordinariamente garbate, mai volgari. Però non immaginavo che la matita di Peynet avesse tracciato anche queste…


                                                                             

mercoledì 19 maggio 2010

Romanzo online sul blog

E' ora disponibile sul blog il Romanzo sensazionale che avevo preannunciato.
In realtà è una novella (55 pagine formato A5, carattere 11), è ovviamente di "sensazionale" non ha nulla, tranne il riferimento a certe forme di letteratura e fumetti.
Faccio presente da subito che (come avevo già precisato) si tratta di un divertissment, pertanto va considerato un racconto di puro intrattenimento senza alcun contenuto profondo. Una novella scritta per il piacere di essere scritta, da leggere senza particolari aspettative.
Nei meccanismi della trama c'è anche un artificio letterario - altra mia passione - di cui però non anticipo nulla.
La versione sul blog è stata corredata da alcuni link a immagini che in qualche modo illustrano la vicenda.
Nei prossimi giorni creerò anche una versione ebook in formato pdf, in cui i links saranno sostituiti da tradizionali note a piè da pagina inserite con la serietà di un traduttore scrupoloso (rammento nuovamente che si tratta di una traduzione da un originale giapponese... inglese :-)
Per visualizzare la novella basta cliccare sulla colonna a sinistra sul tag romanga (n.b.: causa lunghezza occupa due pagine di blog, per leggere gli ultimi capitoli basta cliccare sui "post più vecchi").
(Spero) buona lettura.

Dopo la copertina...

... l'amico Luca ha avuto la gentilezza di recensire Cronaca di natale e segnalarlo sul suo blog.
Ovviamente lo ringrazio di nuovo, sentitamente.

martedì 18 maggio 2010

Seconda anticipazione sul nuovo romanzo...

Prima di rendere disponibile Romanzo sensazionale vorrei fornire alcune chiavi di lettura.
Uno dei riferimenti è (ovviamente) quello alla fiction “sensazionale”, quei romanzi di appendice degli anni ’20 (l’epoca cui risale il libro) caratterizzati da colpi di scena inverosimili, struttura narrativa sempre simile nello svolgimento, e una serie di elementi tipici che da un lato rendevano la vicenda "clichè", ma dall’altro erano fortemente voluti dal lettore che comprava quei libri. Li comprava proprio perché era certo di trovare quegli elementi ripetitivi: triti e ritriti, ma amati.
Al giorno d’oggi accade qualcosa del genere con certi manga, che hanno sviluppato dei sottogeneri pieni di personaggi-cliché, situazioni standard e trame ripetitive, e tuttavia hanno il loro pubblico affezionato, felice di leggere esattamente ciò che si aspetta di leggere.
Romanzo sensazionale gioca proprio sugli "elementi caratteristici", con particolare riferimento ai manga giapponesi. A partire dai personaggi:

-protagonista principale patetico e vittima di tanti odiosi prepotenti
-un contorno di donne-standard: quella misteriosa, quella disinibita, quella fantastica…
-un amico simpatico ma scombinato
-personaggi secondari grotteschi e caricaturali

Poi naturalmente ci sono una serie di situazioni, pure queste tipiche:

-scene di erotismo parossistico e demenziale (ebbene si, c’è anche questo, ma ho cercato di non essere volgare)
-elementi soprannaturali durante la vicenda
-situazioni imprevedibili che si innestano nella quotidianità con estrema naturalezza, diventando routine sin dal momento in cui compaiono
-incredibile rapidità nello svolgersi dei fatti

Anche a livello narrativo ci sono elementi tipici:

-continui passaggi da un tono narrativo all’altro: dal comico al drammatico, poi al sentimentale e poi ancora al comico…
-estrema naturalezza nel raccontare fatti che tanto naturali non sembrano…

Insomma, più che un romanzo lo si può definire un romanga...

lunedì 17 maggio 2010

Inserimenti in corso

Post rapidissimo: sto inserendo Romanzo sensazionale nel blog perché vorrei fare una specie di scritto "multimediale" per così dire. Ci sono molti riferimenti a luoghi e immagini, e il blog (a differenza di un file pdf) mi permette di inserire i link sul web che aprono pagine con i luoghi e le immagini citate.
Ci vorrà un po' di tempo, almeno ho modo di presentare con maggior dovizia di particolari questo artificio-divertissment che mi ha restituito il piacere di scrivere... traducendo.

domenica 16 maggio 2010

Prima anticipazione sul nuovo romanzo...

Come avevo anticipato, sto scrivendo un divertissment che è anche un artificio letterario. A partire dall’autore, che non sono io, bensì lo scrittore giapponese Hiroshi Miura, vissuto tra il 1886 e il 1932. La sua novella “Romanzo sensazionale” venne pubblicata nel 1925 a Tokyo, e io mi sono limitato a tradurla in italiano...
Un artificio, come dicevo. Borges scriveva recensioni di libri immaginari, Pessoa componeva poesie a nome di vari eteronimi inventati da lui, e io… niente, non sono neanche originale perché il trucco della traduzione l’aveva già inventato Boris Vian, che presentò il suo romanzo “J’irai cracher sur vos tombes” come la traduzione francese di un libro dello scrittore americano Vernon Sullivan (che naturalmente non è mai esistito).
Per dare più spessore alla finzione ho creato anche una biografia di Hiroshi Miura, in cui si possono ravvisare alcuni elementi della sua vita che poi confluiranno all’interno del romanzo che ho tradotto…
(P.S.: un ringraziamento a Alex per l'idea di dare spessore storico, sia pure fittizio, alla fantasia letteraria di noi "scribacchini" e un tributo a Mirco che sta ancora traducendo dal giapponese un romanzo di fantascienza in collaborazione con un certo Giovanni Verza...)

Biografia

Hiroshi Miura nacque il 5 agosto 1886 a Shizuoka. Sua madre morì poche ore dopo il parto a causa di un’emorragia, e suo padre rimase talmente sconvolto che finì col cadere in uno stato di grave depressione, togliendosi la vita alcuni giorni dopo.
Il piccolo crebbe accanto ai nonni paterni che – secondo testimonianze prive di riscontri certi – lo avrebbero spesso accusato di aver causato indirettamente la morte di entrambi i genitori.
All’età di quindici anni decise di farsi monaco e divenne novizio presso un convento buddhista nei dintorni della sua città natale, ma dopo due anni abbandonò la vocazione e ritornò alla vita laica.
Nel 1904 si recò a Tokyo presso un parente di sua nonna, probabilmente proprio su richiesta di quest’ultima. In effetti risiedeva in una piccola pensione di cui il parente della nonna era proprietario. Sicuramente il suo soggiorno non era gratuito, e Miura doveva versare una somma mensile per potervi alloggiare.  
Per mantenersi svolgeva piccoli lavori saltuari, tra i quali strillone per conto del quotidiano Mainichi. Fu in questi anni che inizio a leggere molto, soprattutto riviste specializzate in storie fantastiche e polizieschi.
Nel 1908 scrisse il racconto La madre del mostro. Lo sottopose all’attenzione di un giornalista del Mainichi con cui aveva un po’ di confidenza, Takeshi Hasegawa, e questi lo propose al suo amico Daisuke Otani, editore della rivista Akuma. Ebbe così inizio l’attività di Hiroshi Miura come scrittore. Firmava i suoi lavori utilizzando lo pseudonimo Masuo Tohno.
Daisuke Otani lo retribuiva in base al numero di pagine fornite. Nei quindici anni successivi avrebbe scritto per la rivista Akuma una trentina di racconti e cinque romanzi pubblicati a puntate.
I compensi per la sua attività letteraria erano tuttavia modesti, e dovette continuare a svolgere altri lavori per guadagnarsi da vivere.
Nel 1919, grazie all’interessamento di Takeshi Hasegawa con cui mantenne per tutta la vita un rispettoso rapporto di amicizia, venne assunto presso la tipografia che stampava il quotidiano Mainichi. Si trattava di un impiego molto più remunerato dei precedenti, che gli avrebbe potuto permettere una maggiore indipendenza. Tuttavia, per ragioni non chiare, continuò a risiedere nella piccola pensione del parente di sua nonna. E’ probabile che fosse in qualche modo affascinato dalla strana umanità che vi risiedeva, composta da emarginati, artisti squattrinati, immigrati dalle campagne e donne senza fissa dimora.
Quando il grande terremoto del 1923 rase al suolo Tokyo, Miura perse ogni cosa e dovette fare ritorno a Shizuoka da sua nonna, nel frattempo rimasta vedova. La difficile convivenza durò dodici mesi, ed ebbe termine col suo rientro a Tokyo nel settembre del 1924, in un contesto ancora difficile a causa dei gravi danni causati dal sisma. Tuttavia poté ricominciare a lavorare presso la tipografia del Mainichi.
Nel 1925 riprese la sua attività letteraria collaborando con Kojiro Fubuki, editore della rivista Ukiashi, su cui vennero pubblicati a puntate Romanzo sensazionale e altri lavori meno noti.
Restando sempre ai margini del mondo letterario e mantenendo uno stile di vita estremamente riservato, Miura visse in condizioni modeste, apprezzato solo dai lettori di narrativa di consumo. Si sa pochissimo della sua vita privata.
Durante l’inverno del 1930 si ammalò gravemente a causa di una sindrome influenzale con complicazioni polmonari. Fisicamente prostrato, venne ospitato da Kojiro Fubuki nella sua casa di Yokohama. Secondo alcune testimonianze, i famigliari di Fubuki dimostrarono subito grande affetto per Miura arrivando a programmare un suo possibile matrimonio con la sorella minore dell’editore, Saori, notando che fra i due era nata quanto meno una simpatia reciproca.
Nel settembre del 1931 Kojiro e Saori accompagnarono Miura a Takamatsu, nell’isola di Shikoku, sperando che il clima caldo giovasse alla sua salute. Purtroppo la sua situazione complessiva era ormai irreversibile. Continuò però a risiedere a Takamatsu grazie all’aiuto economico di Kojiro e quello materiale di Saori, che rimase al suo fianco per assisterlo.
Lo scrittore morì il 20 febbraio del 1932.
Largamente ignorato da vivo e dimenticato per molti decenni, i suoi scritti sono stati riscoperti e parzialmente rivalutati solo negli anni ’90 da parte di alcuni giovani critici letterari.
Al momento attuale non esiste neppure un elenco completo delle sue opere.


Bibliografia parziale

Racconti:

La madre del mostro (1908)
La casa sull’arcobaleno (1909)
Il dono magico (1910)
Nere viscere (1910)
Il mercante di armi (1912)
Scommessa mortale (1915)
Echi lontani (1918)
Guardami! (1918)
L’isola dell’assassino (1919)
Il mistero della casa (1919)
Le dimissioni di Izanagi (1929)


Romanzi:

Taro e Yumiko (1920)
La voce dello spettro (1921)
Akiko (1923)
Romanzo sensazionale (1925)
La fuga di Akane (1927)
L’eroe di Canton (1929)


Traduzioni

Selected short stories (trad. inglese a cura di R. Nakamura, 2006)
Romanzo sensazionale (trad. italiana a cura di Ariano Geta, 2010)

venerdì 14 maggio 2010

Il print-on-demand si affaccia da Feltrinelli...

... ma non nel modo in cui speravano alcuni (meglio precisarlo subito per evitare che il titolo provochi ottimismo ingiustificato).
Il fatto: il portale ilmiolibro specializzato in print-on-demand (di cui sono peraltro utente), aggiunge da oggi un servizio supplementare: la possibilità di vendere i propri libri autoprodotti tramite la catena libraria e il sito internet della Feltrinelli. In fondo 'ilmiolibro' appartiene a un gigante dell'editoria come il gruppo Repubblica/Espresso, quindi era inevitabile che prima o poi si accordasse con altri giganti del settore.
I termini del servizio sono spiegati in questa pagina web.
Riassumendo in poche parole: i libri autoprodotti non sarebbero certo esposti negli scaffali delle librerie Feltrinelli, e un eventuale acquirente può semplicemente ordinare il libro presso un punto vendita feltrinelliano, attendendo poi alcuni giorni per la consegna (il tempo di stamparlo). Oppure può ordinarlo direttamente sul sito LaFeltrinelli, e in questo caso c'é il vantaggio di poter abbinare l'acquisto con altri testi dell'editoria ufficiale (esempio: se convinco mio cugino a comprare un mio libro autoprodotto con questo sistema, lui può inserire nel carrello "Gigantesca cagata" di Ariano Geta, "Il codice da Vinci" di Dan Brown e "La cattedrale del mare" di Ildefonso Falcones).
Il servizio non é gratuito, ma non ha costi assurdi e comunque quanto meno fornisce un codice isbn al proprio libro [EDIT: come da segnalazione in uno dei commenti, verificata e risultata corretta, viene fornito solo un codice a barre di tipo commerciale, ma NON un codice isbn].
Perplessità: purtroppo quelle tipiche del print-on-demand. Intanto la qualità dello scritto: qualunque analfabeta ambizioso (come me ad esempio) può pubblicare un romanzo con questo sistema, senza che il suo libro sia stato sottoposto a nessun giudizio da parte di lettori ed editors competenti.
Poi la pubblicità: anche ipotizzando che, con l'aiuto di ghost writers esperti, uno riesca a scrivere qualcosa di veramente originale, però deve farlo conoscere ai potenziali lettori. I libri prodotti da questo servizio NON sono (é bene ribadirlo) esposti in libreria, bisogna che l'acquirente sappia della loro esistenza tramite altri canali (messaggi su facebook, supplica di prenderne una copia da parte del parente che ha scritto il presunto capolavoro). In poche parole: la promozione resta tutta nelle mani dell'autore.
E poi il prezzo di copertina: devono guadagnarci il tipografo, il sito 'ilmiolibro', il distributore e la Feltrinelli... temo che a queste condizioni é impossibile mantenere un prezzo decente.
Partendo da questi presupposti e dal fatto che il servizio é a pagamento, resta il dubbio sia solo un buon sistema per spillare soldi ai tipici megalomani del vanity-press come quel coglione di Ariano Geta (che per il momento però non intende avvalersi di questa opzione).
Prendiamo il lato positivo: é un passettino in più per avvantaggiare l'autopubblicazione e la distribuzione dei libri autopubblicati a livello nazionale, che non sono necessariamente le cazzate dell'Ariano Geta di turno ma anche reportage e documenti di altro genere prodotti da gruppi o associazioni che vogliono scrivere le loro verità senza passare attraverso le forche caudine dei tagli e delle "correzioni" che applicherebbero la case editrici ufficiali (ovviamente c'é anche qui il rovescio della medaglia: é possibile creare libri tendenziosi e farli circolare senza troppi problemi, certe "organizzazioni" sono bravissime a diffondere tra i propri seguaci idee distorte facendole passare per il Verbo).
Insomma, riassumendo rimane la notizia in se stessa. Tutto il resto sono solo ipotesi e parole.

Atrocità e poesia

Il 14 maggio nella mia città è l’anniversario del bombardamento americano durante la seconda guerra mondiale, il primo di una lunga serie. Una tragedia che io ho vissuto solo nei racconti dei miei parenti anziani, alcuni dei quali hanno perso i loro genitori proprio a causa di questo evento.
I bombardamenti sui civili sono un’atrocità orribile. Anni fa ho letto questa poesia di Dylan Thomas, poeta maledetto del secolo scorso dal linguaggio visionario, é mi è sembrato di risentire le parole dei miei parenti sopravvissuti.


AMONG THOSE KILLED IN THE DAWN RAID WAS A MAN AGED A HUNDRED
When the morning was waking over the war
He put on his clothes and stepped out and he died,
The locks yawned loose and a blast blew them wide,
He dropped where he loved on the burst pavement stone
And the funeral grains of the slaughtered floor.
Tell his street on its back he stopped a sun
And the craters of his eyes grew springshots and fire
When all the keys shot from the locks, and rang.
Dig no more for the chains of his grey-haired heart.
The heavenly ambulance drawn by a wound
Assembling waits for the spade's ring on the cage.
O keep his bones away from the common cart,
The morning is flying on the wings of his age
And a hundred storks perch on the sun's right hand.


FRA GLI UCCISI NELL’INCURSIONE ALL’ALBA C’ERA UN UOMO DI CENT’ANNI
Mentre il mattino si svegliava sopra la guerra
Si mise i suoi vestiti, uscì fuori e morì.
Le serrature cigolarono lente e uno scoppio le disperse,
Lui cadde dove amò, sul marciapiede esploso
E nella funebre polvere del suolo massacrato.
Diglielo alla strada sulla sua schiena che egli fermò un sole,
E nei crateri dei suoi occhi crebbero virgulti e fuoco
Quando tutte le chiavi caddero dalle serrature e trillarono.
Non scavate più per le catene del suo cuore canuto.
L’ambulanza celeste disegnata da una ferita raduna,
Aspettando, i rumori delle pale sulla gabbia.
Tenete le sue ossa lontane dal carro comune,
Il mattino sta volando sulle ali della sua età
E cento cicogne si posano sulla mano destra del sole.

giovedì 13 maggio 2010

Uno copertina per "Cronaca di natale"





L'amico Luca "cyberluke" ha voluto gentilmente farmi omaggio di una copertina per il romanzo breve Cronaca di natale, di cui avevo già parlato in un post di alcuni giorni fa e che può essere scaricato da questa pagina.
Ho già provveduto ad aggiungere la copertina sul file pdf scaricabile gratuitamente, e colgo l'occasione per ringraziare nuovamente Luca per il suo pensiero, che mi ha fatto davvero piacere.

martedì 11 maggio 2010

Maxfield Parrish

Charles Baudelaire ironizzava sugli artisti cosiddetti "realisti" sostenendo che il senso delle loro opere potrebbe essere : 'Così sarebbe la realtà se l'autore non esistesse'... L'esteta francese voleva sottintendere che quando un artista crea (un quadro, una scultura, o anche un lavoro letterario come un romanzo) inevitabilmente mette in scena LA PROPRIA VISIONE DELLA REALTA', e non "la realtà in senso assoluto", entità che non può esistere dal momento che ognuno di noi percepisce soggettivamente (quindi in modo unico) il mondo circostante.

L'americano Maxfield Parrish (1870-1966) è stato sicuramente un artista che ha sempre profuso nei propri lavori la sua personale percezione della realtà. Specializzato in raffinate illustrazioni stile fantasy, ma anche pittore e decoratore, ha creato figure incantate e scene da sogno che spesso andavano a corredare racconti fantastici.
Il tono fiabesco viene esaltato con toni brillanti e luminosità potenti che contrastano in modo giocoso con colori crepuscolari che mantengono tuttavia un'intensità cromatica assai elevata. In generale, i colori delle sue illustrazioni tendono a trasmettere calore, e i disegni sono pieni di magia.

Però, anche quando si cimenta con soggetti non fantastici, con normali paesaggi privi di elementi sovrannaturali, si nota lo stesso trasporto fiabesco. L'artista riesce a trovarlo anche in una casa in mezzo alla campagna (come quella dell'illustrazione in basso) e in tanti altri scorci panoramici che assumono un aspetto sorprendentemente magico pur mantenendo una verosimiglianza assoluta con la realtà (ma che valore possiamo dare a questa parola così ambiziosa?...)
Un artista che offre la sua percezione del mondo in maniera evidente, condivisibile o meno (ma d'altronde noi fruitori abbiamo la possibilità di scegliere liberamente le opere da apprezzare).

lunedì 10 maggio 2010

ROMANZO SENSAZIONALE
di Hiroshi Miura

prima edizione: Tokyo, 1925
tradotto in italiano da Ariano Geta


Capitolo 1

“E’ difficile scrivere”.
Murasaki Tezuya ha l’aria di uno che trova tutto difficile, spesso impossibile, ma finisce col portare a termine ogni azione per forza d’inerzia.
“Non dire così. La difficoltà è solo una scusa per non pretendere troppo da se stessi”.
Abe Akira invece ha lo sguardo sornione di chi professa ottimismo e dichiara che nessun ostacolo é insormontabile, anche se all’atto pratico spesso lascia le cose a metà…
“Tu non sei mai a corto d’idee per le tue stampe?”
“In genere no. Se potessi scrivere con le mie immagini ti aiuterei”.
“Semmai dovresti disegnare con le parole”.
“Spiegami come si fa”.
Studio dell’incisore Abe Akira, tarda mattinata. Una stanzetta piccola, quattro tatami e mezzo di superficie. La parete di fondo è coperta da due lunghi pannelli scorrevoli, i cui telai si sono allentati in più punti; il tessuto è logoro e tendente al verdastro agli angoli. Qualche buco qua e là.
A sinistra la parete è spoglia, assi di legno sbiadito circondano una finestrella che lascia filtrare una luce fioca. Sotto la finestrella c’è un tavolino di ciliegio su cui sono ammassati fogli di carta, tre lastre per stampa, una dozzina di attrezzi per l’incisione, pochi pennelli, dieci barattoli di vetro contenenti liquidi di vario colore e un bollitore per acqua calda. Alcuni di questi oggetti sono caduti sul pavimento.
A destra la parete è stata resa meno monotona con quattro stampe, incorniciate ed appese ad altezze diverse. Sono tutti ritratti di donna. In basso vi sono due cassapanche di bambù di colore paglierino.
Al centro della stanza c’è un tavolino basso su cui è appoggiata una teiera di ceramica bianca sbrecciata in più punti, ai lati due tazze.
A sinistra del tavolino, adagiato sul pavimento con una posa languida - gomito poggiato a terra e la testa sorretta da una mano - Abe Akira ha il volto rilassato. L’altra mano sorregge una lunga pipa da cui fuoriesce un impercettibile filo di fumo bianco. Indossa uno yukata di colore chiaro con decorazioni nere, e sotto sembra non avere altri indumenti. I piedi sono scalzi.
A destra, seduto sulle ginocchia, camicia bianca e calzoni grigi, Murasaki Tezuya appare distratto, con la mente altrove. Tuttavia il suo corpo non accusa alcuna tensione e la postura della schiena è dritta ma non rigida. La sua giacca giace a terra ben piegata, con appoggiato sopra il cappello floscio.
Akira porta la pipa alle labbra e inspira lentamente una boccata. Si gira verso la finestra per liberare nell’aria una voluta di fumo biancastro.
“Speravi che ti dessi qualche suggerimento?”
Tezuya annuisce. “Non trovo un’idea valida. Ormai escono tantissimi romanzi di consumo, le storie sensazionali abbondano. Forse sarebbe più facile scrivere un capolavoro, ma il mio editore non vuole capolavori, solo romanzetti capaci di incuriosire la gente comune”.
“Allora è facile: una storia fra un uomo e una donna”.
“Credo che ci abbiano già pensato”, replica Tezuya con un sorriso ironico.
“Ovvio. Non esiste una cosa a cui nessuno abbia mai pensato. E’ impossibile avere idee nuove dopo tutti questi millenni, e non puoi sperare di scrivere un romanzo originale. Devi solo scegliere un tema che interessi a tutti. L’attrazione fra uomo e donna è l’elemento principale della vita, quindi è uno spunto perfetto”.
“Ma sarebbe un romanzo uguale a tanti altri”.
“E allora? Ragionando in questo modo anche i ritratti di Utamaro potrebbero essere considerati uguali a quelli di altri artisti della sua epoca. Ma sono diversi per quei piccoli dettagli che lui ha saputo metterci. Tu devi fare la stessa cosa. Puoi anche copiare una trama già inventata da un altro scrittore, l’importante è che riesca a personalizzarla aggiungendoci il tuo talento. Una storia fra un uomo e una donna si può narrare in tanti modi: se si parla di amore verrà fuori un racconto sentimentale, se si aggiunge qualche trama oscura che si intromette fra loro verrà fuori un romanzo poliziesco, o addirittura un gotico. Pensa alla bellezza di poter inventare una vicenda in totale libertà, come un dio creatore”.
Tezuya continua ad avere la testa altrove, tuttavia risponde. “Non posso copiare una trama perché poi verrei denunciato per plagio. E non posso scrivere in totale libertà, ma devo sempre pormi la domanda fatidica: questa storia interesserà ai lettori del mio editore?”
Abe Akira solleva la schiena da terra e si mette seduto, le ginocchia strette fra le braccia. “Noi artisti di oggi non possiamo essere veramente creativi perché ci manca la libertà principale: quella della mente”. Sospira, ma senza tristezza. “Nell’epoca Tokugawa gli artisti non erano liberi. La legge metteva loro dei limiti, ma non se ne curavano. Non ponevano ostacoli fra le loro idee e la carta, anche se rischiavano di essere interdetti o arrestati. Oggi c’è maggiore libertà di espressione, eppure mettiamo le catene alla mente con le nostre mani. Non esistono più i censori, ma ce li siamo creati in testa”.
“Tu sei convinto che gli artisti tradizionali erano migliori di quelli moderni”.
“Erano migliori perché la loro mente era libera. Creavano senza porsi alcun limite. L’uomo e la donna, ecco. Al giorno d’oggi nessuno saprebbe più creare degli shunga come quelli dei grandi maestri…”
Akira s’interrompe come se avesse avuto un’intuizione. Si solleva pigramente da terra e si trascina verso le due cassapanche di bambù. Ne apre una e comincia a frugare in mezzo a grossi astucci e libri antichi. Estrae un raccoglitore di paglia intrecciata delle dimensioni di un oban, lo apre e lo mostra al suo amico.
“Guarda questa stampa di Eisen. Tra quelle veramente libere da ogni costrizione è la più recente che io conosca, eppure è di quasi cinquant’anni fa!”
Tezuya la esamina, inarcando impercettibilmente le sopracciglia. Un cielo azzurro con piccole stelle argentate, su cui un uomo nudo con il pene eretto vola come se nuotasse nell’aria, inseguendo una donna ugualmente nuda, il foro vaginale ben evidenziato coi peli pubici che lo incorniciano. Al collo ha una lunga fascia rossa che fluttua, enfatizzando il movimento di fuga da quell’uomo che vuole penetrarla. Ma il volto della donna è voltato verso l’inseguitore, e non appare spaventata. Semmai sembra valutare quanto ci vorrà prima che egli riesca a raggiungerla. Un gioco delle parti in cui il maschio recita la parte del cacciatore e la femmina quello della preda, entrambi consapevoli della consapevolezza altrui.
“Vorrei tanto realizzare stampe del genere, ma mi mancano le idee. Nessun censore limita la mia fantasia, eppure non arrivo a concepire immagini così giocosamente libere. Il problema è che io sono un uomo dell’era Taisho, e quindi la mia testa è imbevuta dalla mentalità moderna”.
“Questa è pornografia”, commenta Tezuya con gli occhi fissi sul disegno.
“Sciocchezze. Pensa a La pescatrice e la piovra di Hokusai. Qua in Giappone ormai provoca imbarazzo, nessuno vorrebbe averne una copia in casa. Invece in Europa è considerata un capolavoro. Anzi, in Francia fanno addirittura mostre di quadri che ritraggono il pube delle donne e la gente fa la fila per vederli. Freud l’ha detto: abbiamo trasformato il rapporto tra uomo e donna in un tabù, e questo ci crea problemi mentali. In occidente l’hanno capito e cercano di ritrovare la naturalezza dell’eros. Invece noi giapponesi, che questa naturalezza l’abbiamo avuta per secoli, adesso l’abbiamo persa”.
“Provo un po’ di invidia per gli artisti che devono limitarsi ad un’immagine”.
“Che intendi dire Tezuya?”
“Creare un immagine è molto più semplice. Un uomo e una donna si uniscono carnalmente, tu li disegni e hai la tua opera d’arte. Io invece devo scrivere molte decine di pagine, e non posso far durare la descrizione del loro amplesso per tutto il romanzo”.
Akira si è sdraiato nuovamente a sinistra del tavolo. Ha ripreso a fumare, con una scintilla negli occhi che si accende appena sente le parole dell’amico.
“Le immagini hanno bisogno di un’anima. Non basta tracciare delle linee, occorre che siano vive, e la vita gliela deve dare l’incisore con il suo potere di dio della carta. Forse è più facile produrre stampe che scrivere un romanzo, nel senso che ormai esistono macchine capaci di riprodurre la realtà con un click…”
“Però le fotografie sono prive di colori” gli fa notare Tezuya.
“Questione di tempo e ce lo metteranno”, riprende Akira. “Ormai le macchine stanno sostituendo l’uomo per ogni attività. Anche questo limita la nostra mente moderna. Il cinematografo sta prendendo il posto del teatro, un disco di cera con una spirale può riprodurre la voce di una cantante. Prima o poi il progresso creerà macchine capaci di fare musica senza che l’uomo gli presti le sue corde vocali… macchine per realizzare film senza che uomini-marionetta debbano farsi catturare da un pellicola. Personaggi inesistenti verranno incisi direttamente sulla celluloide. Le macchine potranno anche scrivere e pensare al posto dell’uomo”.
“Questo purtroppo è già vero. Noi che scriviamo ormai siamo quasi macchine. Una volta si scriveva per esprimere concetti importanti, era un’attività riservata alle classi elevate. Adesso invece si fanno libri su commissione e si valutano le pagine tipo merce: ogni venti pagine il mio editore mi da un certo numero di yen… La letteratura si compra e si vende come il pesce al mercato”.
Akira guarda beatamente il soffitto, ed espira un cerchio di fumo reso opalescente dal raggio di luce che entra dalla finestrella. “Viviamo in un mondo molto diverso da quello dei nostri antenati. La modernità non ha prodotto solo le macchine, ha anche cambiato le persone, e il rapporto fra uomo e donna. Le donne di oggi non sono più oggetti nelle mani dell’uomo, si ribellano al loro ruolo subordinato, e questa è un’ulteriore limitazione alla libera fantasia di cui potevano godere Hokusai o Utamaro. Ai loro tempi persino le donne padrone di se stesse erano comunque consapevoli di dover recitare la parte dell’ancella, anche se di fatto costringevano gli uomini a piegarsi ai loro voleri. Ma almeno fingevano questa condizione subalterna, e non si scandalizzavano ad essere considerate oggetti ma semmai si servivano di questa prerogativa per tenere in pugno i loro amanti. Adesso invece non vogliono più essere oggetti e si atteggiano a figure autonome. E’ uno spacco netto, una frattura che ha distrutto ogni cosa. Non siamo più uomini completi, siamo mezzi uomini”.
“Il passato di Tanizaki e il presente di Soseki”.
“Esatto, i loro romanzi sono lo specchio del Giappone moderno. Ecco perché gli uomini si sposano sempre meno. Guarda noi due: io ho 35 anni, tu 31, e siamo ancora celibi. Metterci alla pari con una donna ci spaventa. Meglio tenerla lontana, come una prostituta. La modernità ha castrato l’uomo, ecco perché nessuno sa più fare stampe come quelle di un secolo fa. Ai quei tempi c’era un ordine, per gli uomini di oggi non più. Non hanno neppure voglia di avere rapporti sessuali, come dice Ogai Mori. Immagina una donna con la libertà mentale di un uomo di cento anni fa, e avrai una storia veramente originale capace di incuriosire i lettori del tuo editore”.
“Una donna”, ripete con aria concentrata Tezuya. “Beh, il personaggio principale ce l’ho. Mi manca solo la storia”.
“Puoi chiedere a lei: gentile Signorina Personaggio, potrebbe suggerirmi una trama per il mio romanzo di cui lei sarà protagonista?”
“Sarebbe straordinario poter fare una cosa del genere. Persino meglio di quelle macchine del futuro che scriveranno e penseranno al posto dell’uomo. Se solo potessi parlarci un attimo…”
Murasaki Tezuya solleva la stampa di Eisen con l’uomo e la donna volanti, e sfoglia le altre litografie accumulate nel raccoglitore di paglia. La mano sinistra all’improvviso si ferma, la stampa precedente resta mezza sollevata mentre lo sguardo si incanta sulla figura successiva.
Abe Akira ha una nuova scintilla negli occhi. “Quella si che sarebbe un bel personaggio, eh?”
Davanti allo scrittore c’è una donna disegnata in uno stile che sembra una via di mezzo tra quello giapponese e quello europeo. Nuda, petto in fuori, seduta su un tappeto e appoggiata a un divano in una posa provocante, gli occhi puntati verso sinistra e le braccia alzate mollemente sopra la testa. Ha un’espressione di estrema sicurezza, quasi di scherno mentre sembra dire: ‘Lo so che mi vorresti toccare…”
“Ecco, quello è il massimo che possiamo fare noi incisori di oggi. Non siamo capaci di spingerci oltre”.
“E’ opera tua?”, domanda Tezuya.
“E’ di un collega molto più bravo di me. Se ti ispira, posso fartene fare una copia e spedirtela a casa”.
“No, meglio di no. Starò fuori per alcuni giorni per un servizio giornalistico, è meglio se me la spedisci in albergo, almeno inizio subito la stesura del romanzo”. La spiegazione è stata fornita con una certa ansia nella voce, come se l’idea di ricevere una donna così provocante al proprio domicilio, sia pure fatta di carta e inchiostro, rappresentasse un problema.
Akira ha percepito l’imbarazzo di Tezuya, ma evita di metterlo in difficoltà con domande inopportune.
“Dove andrai?”
“A Hakone”.
“Le terme! Ti rilasserai!”
“Non so. Sicuramente dovrò inviare al quotidiano uno o due articoli al giorno. La figlia primogenita della famiglia Yoshizu farà un breve soggiorno da quelle parti, e viste le voci di un possibile interessamento della corte imperiale per un fidanzamento col principe primogenito, la gente è molto curiosa di sapere ogni novità su questa giovane”.
“Meno male che io non sono la gente”, replica Akira con un sorriso ironico. Si alza lentamente, e con altrettanta lentezza si avvicina alla finestrella e getta fuori il tabacco bruciato della pipa.
Fruga tra lastre di legno, pennelli e barattoli per rintracciare un pezzetto di carta inservibile per il disegno ma utile per appuntare un indirizzo.
“Dove dormirai?”
“Albergo Tamaki, Ashinoyu, Motohakone”.
Con gesti eleganti, la mano sinistra di Abe Akira traccia sul foglio il domicilio del suo amico per i prossimi tre giorni. “Domani ti spedisco per posta il tuo personaggio”.

Ancora autopromozione...

Come già fatto alcuni giorni fa, autopromuovo uno dei miei scritti resi disponibili in download gratuito senza alcuna presentazione preventiva.
Nel caso di "Cronaca di natale" si tratta di un romanzo breve ambientato negli anni '90. Il protagonista é un trentaduenne che qualche ministro definirebbe un "bamboccione", il classico ultratrentenne che non si é ancora sposato, non si decide a mettere su famiglia, forse é un po' immaturo...
In questo romanzo ho cercato di vedere le cose dal suo punto di vista (in cui onestamente mi identifico parecchio). Ho cercato di cogliere quel senso di disillusione che nasce dalla sproporzione tra le aspettative che uno ha, e gli esiti concreti che poi raccoglie.
La vicenda si svolge durante le festività natalizie, un natale che ha perso ogni magia, e che comunque offrirà al protagonista delle opportunità per decidere cosa vuole fare "da grande"...
Il tema é serio ma la narrazione cerca di essere ironica a tratti, anche nelle situazioni che si vengono a creare, talvolta un po' comiche. Però prevale la riflessione.
E' possibile scaricarlo, leggerlo e stroncarlo tramite la pagina con i miei scritti di narrativa tradizionale...

sabato 8 maggio 2010

Questo libro esiste...

Essendo un frequentatore di librerie, non posso fare a meno di notare certi titoli che compaiono sugli scaffali...
DISCLAIMER: io ho il massimo rispetto per i libri e per chi li scrive. In questa "rubrica" saltuaria magari non sembrerò tanto rispettoso, ma é solo un modo di scherzare sul variegato universo delle pubblicazioni editoriali italiche, senza voler offendere nessuno.


Qualche sera fa mi é capitato di vedere su un canale nazionale della Rai uno spot pubblicitario su un libro...
Un intero spot dedicato a un singolo libro é abbastanza raro, e sono rimasto perplesso. La perplessità é aumentata per il modo in cui era strutturato: l'autore lo presentava di persona, con uno stile che rammentava le pubblicità artigianali di certe tv locali tipo TeleSgurgola o Canale188 Otricoli... Non diceva neppure chi fosse la casa editrice e spiegava semplicemente che si poteva trovare nelle edicole e nelle librerie...
Ho fatto una ricerca sul web.
L'autore compare solo su Wikipedia, dove d'altronde non é particolarmente difficile essere inserito (ci si può persino auto-inserire...)
Il libro é in vendita su webster.it, e la casa editrice abbinata risulta aver pubblicato solo quel singolo libro e basta...
Insomma, saremmo di fronte a un caso di libro auto-prodotto con tanto di distribuzione nelle edicole e nelle librerie e spot pubblicitario su un canale Rai... ma quanto ha speso l'autore per questo scherzetto?
recensione: non avendolo letto non posso dire nulla.
consiglio: stavolta é per chi segue questo blog. Ecco i link per verificare quanto sopra esposto:
un utente su internet che ha avuto le mie stesse perplessita
il libro su webster
tutti i libri editi dalla casa editrice abbinata...
la biografia dell'autore su wikipedia
Capitolo 2

Murasaki Tezuya esce dallo studio di Abe, una piccola isola di calma nel mezzo del caos di Tsukiji.
Centinaia di persone passano ai bordi della strada, macchine, autobus e biciclette affollano la via, un vociare confuso scuote le sue orecchie intorpidite dalla pausa appena trascorsa in compagnia di uno degli incisori più inaffidabili al mondo, capace di impiegare giorni e giorni per produrre una singola stampa, ritrovandosi costretto a vivere senza soldi per qualche settimana ma senza mai perdere la gioia di essere vivo. E, soprattutto, senza perdere la capacità di trasmetterla agli altri.
Fuori dal suo studio il mondo è diverso. Ringhia. Ruggisce. Ti intima di correre, di fare alla svelta. Ed ecco che – quasi senza accorgersene – Tezuya affretta il passo, cammina a testa bassa, si stringe nelle spalle temendo che il tempo che ha programmato di trascorrere in redazione sia insufficiente per redigere il suo articolo.
Anche il volto sembra restringersi, gli occhi guardano fisso verso terra, mentre le labbra si incollano fra loro, come se la bocca fosse diventata un inutile foro sulla pelle del viso. In pochi minuti la metamorfosi è avvenuta: l’uomo con giacca e calzoni grigi non è più Murasaki Tezuya, ma Suzuki Soichiro.
Murasaki Tezuya è solo il suo nome d’arte, lo pseudonimo con cui ha firmato alcuni romanzi pubblicati a puntate sulla rivista Kaito, roba di pessima qualità adatta ai gusti rozzi della plebaglia che ha da poco imparato a leggere e desidera storie sensazionali e volgari. Tuttavia in quei panni si sente a suo agio, come certi dignitari dell’antica Edo che fuggivano di nascosto dal palazzo dello Shogun per indossare vestiti da cittadino comune e andare in luoghi sconvenienti come il teatro Kabuki e il quartiere dei piaceri di Yoshiwara.
Appena è costretto a ritornare nei panni di Suzuki Soichiro, infimo giornalista di cronaca mondana presso il più importante quotidiano giapponese e unico sostegno per la signora Shigezugu Yoko, sente un peso enorme sulle spalle. O piuttosto un fastidio profondo nello stomaco.
Attorno a lui tanti rami di ciliegio coi boccioli fioriti, ma non lo rallegrano. Anzi, gli rammentano il lavoro che lo attende. Il suo pezzo giornaliero è proprio sulla fioritura. Dovrebbe essere abbastanza semplice, eppure il percorso sino a Yurakucho gli sembra interminabile e ha l’impressione di perdere tempo. Comincia a temere di essere in ritardo. Si sta quasi pentendo di essersi trattenuto così a lungo da Abe Akira, e l’unico modo per sentirsi meno in colpa è affrettare il passo. Quasi corre, urtando di continuo altri passanti frettolosi ai quali rivolge dei rapidi inchini per scusarsi.
Finalmente appare la sede del grande giornale, anche se solo in lontananza. Respira affannosamente mentre percorre l’ultimo tratto della via, tagliando la strada alla bicicletta di un fattorino.
“Sta attento, idiota!”
Inchino e scuse, anche se è solo un ragazzino di nessuna importanza. Suzuki Soichiro è cresciuto sentendosi continuamente ripetere che lui era un peso, un fastidio, e la sensazione gli è rimasta dentro.
“Se non ci fossi stata io, tu saresti finito in un orfanatrofio”, era la frase ricorrente della signora Shigezugu quando lui era un bambino.
“Devi ringraziare me se hai un lavoro rispettabile”, è l’altra frase tipica che lei ripete ogni giorno. “Tu sei una nullità, come tua madre”.
La scalinata che conduce al piano dei giornalisti è l’ultima fatica prima di giungere a destinazione.

“Salve a tutti”, accenna più volte con un tono di voce rispettoso. I colleghi abbozzano gesti di saluto, mezze parole per contraccambiare, senza però distogliersi dalle loro attività.
Si siede alla sua scrivania e finalmente riceve le prime vere parole.
“Signor Suzuki buongiorno”. Il giovane Taro è ancora un galoppino, un passacarte alle prime armi, ed è tenuto a portare rispetto a chiunque abbia il ruolo di giornalista.
“Posso portarle del tè?”
“Si, grazie”, risponde mentre sistema un foglio di carta e si batte la penna sulla testa per fare il punto della situazione. Eppure sa bene qual è il suo compito di oggi, gli ha persino teso un agguato lungo la via…
“Fioritura dei ciliegi, si. Vediamo…”

La rosea bellezza della primavera torna a salutare il nostro Imperatore, ed egli si inchina assieme a tutti i suoi sudditi della capitale di fronte al vero sovrano del Giappone: il fiore di ciliegio.
I suoi petali delicati racchiudono da sempre lo spirito del nostro popolo, la nostra ispirazione poetica, il nostro gusto per il bello e la consapevolezza della fugacità di ogni istante. E’ un immenso piacere compiere il mio lavoro di redattore ammirando dalla finestra le cupole eteree dei ciliegi

In realtà Soichiro non ha nessuna finestra da cui potersi affacciare. Si trova nel bel mezzo di un corridoio dove l’unico panorama sono i colleghi che scrivono, rileggono e sbuffano.
“Le ho portato il suo tè” lo interrompe Taro mentre gli porge una tazza. Ma appena inizia a versare una voce lo reclama. C’è una gerarchia da rispettare, e chiunque lì dentro è più importante di Suzuki.
“Mi scusi”, si spiccia il galoppino quasi tirandogli la teiera in mano e correndo a tutta velocità verso il redattore che ha ordinato la sua immediata presenza
Soichiro si ritrova a maneggiare tazza e teiera come un giocoliere. Alcune gocce cadono sul foglio cancellando la rosea bellezza e la capitale.
Sorseggia rapidamente un po’ di tè, e un attimo dopo è nuovamente chino sul suo articolo, la schiena completamente inarcata.

In questo momento penso alle parole del poeta Sobaku: ‘Fiori di ciliegio, così tanti, mi fanno piegare’

Sobaku non avrebbe mai immaginato che in futuro i suoi versi sarebbero stati citati ironicamente da un giornalista con qualche dolore alla schiena… Un giornalista che in presenza dei suoi colleghi non ammetterebbe mai il doppio senso di quella citazione. Lo rivelerà solo a Abe Akira, e lo farà sorridere.
Intanto, con qualche sbavatura sulla carta bagnata, le parole continuano a prendere forma.

Viviamo in un’epoca che tenta di illuderci che le macchine possano compiere qualunque prodigio, ma i boccioli rosa ci rammentano che la grandezza della natura non potrà mai essere eguagliata da nessun progresso tecnologico

“Cosa stai scrivendo con tanto impegno?”, lo distrae Hosono, il caporedattore del reparto di cronaca estera.
“Un articolo sulla fioritura dei ciliegi a Tokyo”.
“Ah, capisco. E per l’edizione serale cosa ti hanno assegnato?”
“Niente. Non devo fare nessun articolo per stasera, perché fra poco vado a Hakone. Da domani dovrò raccontare la villeggiatura della signorina Yoshizu”.
Hosono ridacchia. “Sono almeno cinque le potenziali future imperatrici, e lei è la meno probabile”.
“Il capo mi ha detto di andarci”, spiega Soichiro quasi dovesse giustificarsi.
“Lo so, ti affidano sempre i servizi più importanti”. Nella voce di Hosono non c’è scherno, ma negli occhi si. E purtroppo lui ha sempre ragione. Se dice che ci sono altre candidate al vaglio della corte imperiale con maggiori possibilità di essere prescelte, evidentemente è la verità. E a Soichiro è stata affidata la più bassa in graduatoria.
Ha raccolto qualche informazione su questa giovane, anche se le notizie conosciute sono per lo più relative alla famiglia: zio ambasciatore, madre di discendenza aristocratica, e padre ricchissimo industriale tessile. Una perfetta sintesi del Giappone moderno: nobili origini e presente borghese, grandi ideali e montagne di soldi. Quindi sarebbe la consorte ideale per il futuro imperatore. Però le parole di Hosono gli hanno lasciato poche speranze.
“Beh, ti lascio ai tuoi ciliegi. Io devo verificare a che punto siamo con gli aggiornamenti telegrafici. Sai, il mondo sembra in ebollizione. In Italia Mussolini ha sempre più potere, e la tensione fra Gran Bretagna e Irlanda rimane forte. In Cina la situazione è tesissima dopo la morte di Sun Yat-Sen, e l’Unione Sovietica sta muovendo le sue truppe al confine con la Mongolia. E non parliamo dell’America, dove i contrabbandieri di alcolici si sparano per strada e ci sono più morti per omicidio che per vecchiaia”.
Soichiro ridacchia come uno scemo e china la testa. Si sottomette all’importanza del suo collega Hosono che si occupa di cose davvero serie. Non sciocchezze come quelle riservate a lui e alla sua mente mediocre.
E se invece provasse mettere un po’ di cronaca estera anche nel suo articolo?

In Europa e in America non potranno mai capire il significato della fioritura del ciliegio. E’ un privilegio di noi giapponesi restare inebriati da questo spettacolo, che alimenta il nostro spirito poetico e la nostra indole gentile e rispettosa

“Dove è quel coglione di Suzuki?”
La voce del caporedattore della cronaca mondana, Kimura, rimbomba come un tuono. Soichiro si alza in piedi per abbassare meglio la testa.
“Perché non sei passato da me?” gli urla con ferocia.
“Mi perdoni signor Kimura, volevo iniziare subito a scrivere l’articolo”.
“Cosa sono queste sbavature? Non sei neppure capace di bere senza sgocciolare?”
“Lo riscrivo in bella copia appena ho finito”.
“A che ora parti?”.
“Prenderò il treno delle quindici, così alle sedici sarò a Hakone”.
“No, prendi quello prima. Meglio anticipare”.
“Certo signore”.
“Ci serve un articolo al giorno da inserire nell’edizione del pomeriggio, quindi fai partire la lettera dall’ufficio postale entro le dieci di sera. Guai a te se non mi arriva in tempo utile!”
“Avrà un articolo al giorno, e glielo consegneranno con la posta della mattina, pronto per essere pubblicato nell’edizione pomeridiana”.
“La signorina Yoshizu probabilmente soggiornerà all’hotel Fujiya. L’hotel Tamaki sta a soli cinque chilometri di distanza, basta fare una decina di tornanti in salita e lo raggiungi”.
Perfetto, Soichiro consumerà un paio di scarpe al giorno. Le dovrà comprare nuove. Peccato che i polmoni di scorta non siano ancora in vendita... Abe Akira direbbe: ‘Questione di tempo e li inventeranno’, anzi, magari in futuro esisteranno negozi in cui si potranno acquistare cuori, fegati e stomaci nuovi, e si pagheranno a peso. Per il momento però bisogna accontentarsi delle scarpe.
“Finisci al volo questo articolo e vai a prendere il treno”.
“Subito signor Kimura”.

E’ un gran dispiacere per me dover assistere solo per poche ore a questo spettacolo che ogni anno si ripete, sempre uguale e sempre nuovo. Prima del tramonto dovrò lasciare Tokyo per motivi di lavoro, ma sicuramente raccoglierò un petalo di ciliegio e lo terrò nella tasca della mia giacca. Un pizzico di primavera della nostra grande capitale mi accompagnerà anche quando sarò sul treno

Lo rilegge rapidamente prima di esprimere un giudizio. “Tante frasi fatte, tutte intrise di banalità. Un articolo veramente stupido. Quindi dovrebbe piacere molto ai lettori”.
Infatti il caporedattore lo apprezza. “Si, può andare. Adesso corri alla stazione ferroviaria”.
“Subito signore”.
Esce di corsa, ma in realtà non va affatto alla stazione di Ueno. Prenderà il treno delle tre, anziché anticipare la partenza come gli ha ordinato il signor Kimura.
Incredibile: Soichiro ha mentito al suo superiore. Eppure non si sente in colpa, perché in questo momento si sta dirigendo ad Akihabara dall’editore Tanaka, e quindi Suzuki Soichiro sta ritornando ad essere Murasaki Tezuya, scrittore irrispettoso che non pone troppi limiti alla propria moralità. Ecco che le spalle si distendono, il passo si fa tranquillo anche se è in ritardo, il cappello cala davanti alla faccia per nascondere con rilassata disinvoltura i propri lineamenti. Non vuole che si sappia in giro di questa sua doppia identità.  Solo due persone ne sono a conoscenza: Abe Akira e Tanaka Mikio, e non lo rivelerebbero mai a nessuno.
L’incisore è un amico sincero, ha dato la sua parola e la manterrà sicuramente, anche perché non gli costa assolutamente nulla.
Per l’editore invece c’è anche un aspetto economico: se i suoi lettori sapessero che dietro la penna di Murasaki Tezuya si nasconde un giornalista rispettabile che lavora in un quotidiano rispettabile, resterebbero sdegnati. La rivista Kaito è un appuntamento irrinunciabile per chi cerca piccole trasgressioni, più sognate che reali. Non è possibile che l’autore di certe storielle morbose sia in realtà l’omuncolo insignificante che redige articoli sulla fioritura dei ciliegi e sui fuochi d’artificio per la Festa d’Estate… No, Murasaki Tezuya se lo immaginano come uno che a questa ora tarda del mattino sta ancora dormendo, dopo aver trascorso la notte in qualche locale notturno dalla dubbia reputazione. Uno che beve molto, che intrattiene relazioni con molte donne, magari anche sposate. Soichiro non è certo questo tipo d’uomo, ma quando si atteggia a Murasaki Tezuya ha quasi l’illusione di esserlo.
Sale le scale ritmando i passi, mentre fischietta un ritornello di musica jazz.
“Buongiorno Mikio”.
“Ce l’hai fatta a arrivare. Dai, che devo organizzarmi con la tipografia. Dammi i fogli subito…”
“Quelli del nuovo romanzo ancora non li ho”.
“Cosa?”
“Tanto per ora ti basta l’ultima puntata di Sachiko. Per il prossimo numero non c’è fretta”.
“Deve uscire fra dieci giorni, non dieci settimane!”
“E io fra quattro giorni ti consegno la prima puntata del nuovo romanzo. Ti rimane abbastanza tempo per preparare la bozza, no?”
“Ma perché non hai ancora scritto nulla?”
“Non ho le idee chiare”.
Tanaka Mikio sbuffa. Con i suoi tipici movimenti nevrotici inizia a sfogliare il capitolo conclusivo della patetica vicenda di Sachiko, giovane ingenua costretta a prostituirsi da un uomo che lei ama disperatamente.
Intanto Tezuya si siede. Non fuma, ma in quella stanzetta la puzza di tabacco è talmente forte che non resiste al vezzo di chiedere una sigaretta. Solo poche boccate, tanto per atteggiarsi come certi personaggi delle sue novelle. Intanto si guarda attorno: sullo scaffale a destra ci sono ammucchiati un bel po’ di libri, quasi tutte traduzioni di autori stranieri. L’editore Tanaka ha un gusto particolare per tutto ciò che può essere sconveniente: Confessioni di un fumatore d’oppio inglese di De Quincey, Madame Bovary di Flaubert, Il piacere di D’Annunzio, Il ritratto di Dorian Gray di Wilde, Le relazioni pericolose di Laclos, Le mille e una notte
“Perché Sachiko non muore? Non doveva suicidarsi?”
“Sarebbe stato troppo triste. Ho pensato che era più interessante farla fuggire in America, verso un futuro nuovo”.
Mikio riesce a trasformare in un gesto carico di agitazione persino un banale aggrottamento delle sopracciglia. Si gratta la testa pelata biascicando qualche strano borbottio. “Ma si, può andare. Passiamo al prossimo numero…”
Tezuya spegne la sigaretta, anche se era praticamente integra. Con lo sguardo carico di sicurezza accenna il suo progetto: “Devo passare tre giorni a Hakone. Potrei raccontare una storia d’amore fra due villeggianti alle terme”.
Mikio approva con un gesto rapido della mano. “Si, è una buona idea. Magari fra un uomo sposato e una donna sposata che tradiscono segretamente i rispettivi coniugi. Oppure fra un uomo anziano e una ragazza giovane. Basta che sia una vicenda piena di colpi di scena”.
“Che impostazione gli devo dare? Un gotico, una storia sentimentale? Oppure qualche situazione comica? O magari un protagonista patetico che riceve tante umiliazioni? O un dramma con suicidio finale?”
“Può andare bene tutto, basta che sia adatto ai nostri lettori. Cerca di renderlo intrigante. La gente vuole cose torbide, ma non in modo troppo esplicito. Mettici situazioni capaci di far mordere le labbra a chi legge, però senza farlo sentire troppo in colpa con la propria moralità di onesto cittadino”.
Tezuya ripensa alle parole di Akira. “Posso inserire alcune scene di sesso, sullo stile di certe stampe erotiche di Eisen?”
Il volto paffuto e sudato dell’editore Tanaka si distorce in una maschera di tensione. “E’ sempre un rischio, bisogna fare molta attenzione. Tu comunque metticele, eventualmente cancellerò le descrizioni troppo scabrose. Non è solo una questione di censura: i nostri stessi lettori potrebbero essere infastiditi da un eccesso di carne”.
In fondo Abe Akira ha detto una grande verità: ‘Non esistono più i censori, ma ce li siamo creati in testa’.
“Se ti dovessi cercare, dove ti posso trovare?”
“Non ti preoccupare Mikio, mi farò vivo io”.
“Aspetta Tezuya…”
Inutile chiamarlo. Di fronte all’editore Tanaka c’è Murasaki Tezuya, che non si sogna minimamente di fornire elementi utili per essere rintracciato. Lui è uno spirito libero. E poi fra loro c’è un accordo ben preciso: venti pagine per ogni numero della rivista. Lui gliele fa avere, e tanto basta. Se decide di scriverle mentre sta alle terme, o a casa sua, o in cima a una montagna, o nell’isola dei demoni, questo è un suo problema. Mikio deve solo attendere pazientemente il postino fra quattro giorni.
Mentre riesce all’aperto, l’aria di Akihabara si sta impregnando di aroma di frittura, di odore di salsa di soia e spaghetti soba. E’ ora di pranzo, ma dovrà saltarlo perché ha due priorità cui va concessa la precedenza assoluta: andare alla stazione ferroviaria e, prima ancora, un’ultima incombenza domestica di cui farebbe volentieri a meno.
La donna che tiene le fila della sua vita lo sta aspettando…

venerdì 7 maggio 2010

Torri d'avorio e paura del futuro

Come avevo già detto in alcuni post, ammetto che tendo a isolarmi nella mia torre d'avorio e cercare rifugio nella bellezza dell'arte e della letteratura (ma anche in quella della quotidianità, come la bellezza di un tramonto o di un balcone pieno di fiori).
Naturalmente sono consapevole di non vivere in una sfera asettica separata dal resto del mondo, il problema è che ormai ho sviluppato una sorta di orrida assuefazione agli allarmismi.
Sono stato bambino negli anni '70. Si parlava solo di crisi energetica, prezzi alle stelle, inflazione fuori controllo, disoccupazione, produzione in caduta libera, debito pubblico oltre il tetto massimo...
Poi sono venuti gli anni '80. Un politico molto noto diceva che l'Italia era il 5° paese più industrializzato e ricco nel mondo, anche se i dati forniti dagli organismi di controllo non erano così rassicuranti. Io continuavo a leggere percentuali abnormi alle voci "disoccupazione", "debito pubblico", "produttività", etc. e cominciavo a vedere coi miei occhi che purtroppo certe cose nel nostro paese non funzionano bene (scuola, uffici pubblici, tribunali...)
Sono arrivati gli anni '90, la crisi di tangentopoli, i continui riferimenti al baratro in cui stavamo cadendo, la deindustrializzazione e la fuga degli imprenditori verso Cina, India e altri paesi a basso costo, il crollo demografico e l'impossibilità per i giovani di poter pagare le pensioni a una popolazione anziana che li supera di numero...
Siamo ormai nel 2010, e francamente comincio a guardare avanti con molto fatalismo, senza preoccuparmi. Ma NON perché credo che non ci siano motivi per preoccuparsi. Quello che é successo anni fa in Argentina e adesso in Grecia mi rammenta che purtroppo i collassi nazionali sono possibili. Non riesco più a preoccuparmi perché non riesco più ad accettare mentalmente questo clima di allarme permanente, questa sensazione che siamo prossimi allo sfacelo.
Ecco, scusate lo sfogo ma era per sottolineare che la torre d'avorio non impedisce di vedere e sentire il mondo circostante. Nella mia testa non ci sono solo l'ammirazione per i quadri di Magritte e le decorazioni di Galileo Chini, non sono un idiota raffinato che si chiude nella sua stanza virtuale senza sapere quel che accade fuori. Conosco il mondo reale, ci sono immerso fino al collo e sono consapevole (purtroppo pienamente consapevole) di tutte le cose preoccupanti.
Ma non riesco a pensarci dal momento in cui mi alzo dal letto sino a quando vado a dormire. Passare la propria vita solo con questa angoscia permanente, l'attesa del crollo che tanti profetizzano da quando ero bambino, pian piano mi é diventata insostenibile. Inoltre la mia vita privata non é sempre stata ordinata come ora, ho avuto dei momenti difficili da cui non riuscivo più a venire fuori.
Ecco perché la torre d'avorio diventa una necessità per sopravvivere. Devo mantenere la consapevolezza che esistono ANCHE l'arte, il bello, l'ingegno, la creatività e i loro prodotti straordinari. Altrimenti rimane solo l'angoscia e qualche ricordo spiacevole.

giovedì 6 maggio 2010

Il fascino della Storia

I romanzi storici godono sempre di ottima salute, che si tratti di accurate ricostruzioni con riferimenti ben precisi, o di improbabili intrecci poco verosimili ma comunque inseriti in un'epoca antica. D'altronde anche la letteratura fantastica attinge continuamente al passato, dai fantasy "medievali" alle ucronie.
In effetti la Storia con la "S" maiuscola è una fonte di ispirazione straordinaria, forse più della vita stessa poiché in essa si decide il destino di milioni di persone.
Mi piace leggere romanzi storici ogni tanto, ma ancora di più leggere la Storia, che in certi contesti è più appassionante di qualunque fiction. Grazie alla digitalizzazione dei testi antichi è ormai possibile consultare su internet cronache originali di storici dei secoli passati, letture sempre interessanti non solo dal punto di vista accademico.
Capitolo 3

A Inaricho le case sono nuove. Il terremoto ha distrutto quelle vecchie senza pietà, tutte tranne una.
E’ una casa a due piani che non passa inosservata: vecchia, malridotta, con dei vasi a forma di gatto davanti all’ingresso. Ha una brutta fama: si dice che il penultimo proprietario si sia suicidato e che il suo spirito ancora vaghi dentro quelle mura.
Magari ci fosse davvero uno spirito! Invece vi risiede un mostro ben peggiore.
Tezuya si avvicina a passi nervosi, compiendo movimenti bruschi con il collo e tenendo le labbra irrigidite. La metamorfosi è di nuovo in corso, e in pochi attimi torna ad essere Suzuki Soichiro.
Varca la soglia. Gli scorrevoli sono anneriti dalla polvere e lasciano filtrare poca luce, così c’è sempre penombra, anche in pieno giorno. Il soffitto è percorso da travature particolarmente scure, e anche i tatami sono di un marrone denso.
“Buongiorno nonna”.
La signora Shigezugu non risponde.
“Sei in camera?”
Silenzio. Bisogna cercarla, ma è un’indagine abbastanza elementare.
La camera dove dormiva Masahiro è perennemente delimitata dagli scorrevoli, che non sono più stati rimossi. E’ un luogo sacrale e non può essere violato. Anche la camera al secondo piano è solo un reliquiario per conservare gli oggetti che furono del nonno, e non vi si può accedere.
Lo spazio restante è pochissimo.
“Buongiorno nonna”.
Ovviamente sta davanti all’altare domestico ostentando dolore e fermezza, e anche il solito fastidio verso il nipote ingrato. “Sei stato fuori tutta la mattinata”.
“Stavo lavorando al giornale”.
“Sei stato al tempio a pregare per la mia salute?”
Stavolta il silenzio è di Soichiro. La nonna gli incute timore, anche se ormai è solo una vecchia e gli arriva all’altezza del gomito. Lui ci ha vissuto insieme da quando era un bambino di pochi anni, e all’epoca la signora Shigezugu lo guardava dall’alto verso il basso, era un gigante che lo opprimeva sotto la sua mole. Per Soichiro lei continua ad essere quel gigante della sua infanzia. Ha la schiena curva, le gambe intorpidite, eppure davanti al nipote sembra ergersi solida come una montagna.
Lei lo ha cresciuto, rammentandogli continuamente che sua madre era una disgraziata e lo aveva lasciato.
In realtà le cose sono andate diversamente. La signora Shigezugu non aveva mai accettato la nuora. Quando suo figlio Masahiro le aveva detto che voleva sposare quella ragazza di Yokohama lei l’aveva giudicata inadatta, proponendogli altri matrimoni più opportuni. Niente da fare però, Masahiro si era intestardito. E poi la ragazza era rimasta incinta…
Dopo pochi mesi Masahiro era partito per la Cina con indosso la divisa dell’esercito imperiale, e si era fatto onore. Decorato come eroe di guerra. La medaglia alla memoria era stata consegnata da un ufficiale direttamente nelle mani della signora Shigezugu, con la raccomandazione di sentirsi orgogliosa di essere stata madre di un così degno figlio. Il paradiso dei giusti lo aveva sicuramente accolto.
Rimasta sola con la nuora e con quel nipote maschio appena nato che somigliava tanto a Masahiro, aveva ritenuto che spettasse a lei prendersene cura. Fu abbastanza facile mettere in difficoltà la giovane vedova e costringerla a tornare dalla sua famiglia. Soichiro sarebbe stato suo, lei gli avrebbe fatto da madre, da padre e da nonna contemporaneamente.
All’atto pratico gli ha fatto da istitutrice. Un’educazione ferrea, adatta al figlio orfano di un eroe di guerra.
“Sei stato al tempio a pregare per la mia salute?”, ripete la signora Shigezugu.
Sarebbe facile mentire e rispondere di “si”. Sarebbe facile per Murasaki Tezuya, non per Suzuki Soichiro.
“Non ho avuto il tempo, ma…”
“Tu vuoi la mia morte”.
“… appena arrivo a Hakone andrò subito al tempio dedicato a Ninigi a dire delle orazioni per te”.
Silenzio sdegnato della nonna.
Soichiro china la testa. E’ cresciuto in una casa dove gli uomini sono tutti fantasmi: suo padre, suo nonno, il vecchio proprietario morto suicida… Alla fine anche lui è venuto fuori come un fantasma, almeno finché si trova dentro quelle mura.
“Tu non vuoi la mia salute, vuoi vedermi morta. In fondo sono una vecchia, sono un peso per te”. Il tono è accusatorio, freddo, studiato appositamente per farlo sentire in colpa.
“No, non dirlo nonna”.
Invece glielo dice sempre. Quando ci fu il terremoto Soichiro si trovava ad Asakusa. Nel caos che seguì, fu costretto a rimanere per un’intera giornata in un’area di sicurezza in cui i erano stati alloggiati alcuni superstiti, mentre i pompieri cercavano di spegnere gli incendi che bruciavano ogni cosa. Solo il giorno dopo ebbe la possibilità di andare a Inaricho, dove scoprì con sorpresa, e anche paura, che la casa stava ancora in piedi. In pessime condizioni ma in piedi. Entrando trovò sua nonna seduta a terra, perfettamente lucida, senza un graffio. “Dove sei stato tutto questo tempo? Tu sei deluso di trovarmi viva, tu mi volevi morta”.
A forza di sentirselo dire, Soichiro si è quasi convinto che le parole della signora Shigezugu siano vere. Mentre era Tezuya ci ha pensato qualche volta: in un’altra epoca, quando ancora regnava lo Shogun, sarebbe stato quasi normale per un giovane far fuori la nonna per ricevere subito l’eredità famigliare. La avrebbe fatta morire soffocata nel sonno e nessuno avrebbe avuto niente da dire. La gente avrebbe sospettato, ma anche tacitamente accettato la cosa.
Però è rimasta solo un’idea, poi trasformata in uno spunto per un romanzo ambientato nel secolo scorso. Persino l’immorale Tezuya non avrebbe mai il coraggio di commettere un gesto così atroce, neppure per iscritto. Non è stato capace neanche di far morire Sachiko, la protagonista della sua ultima novella.
“Era proprio necessario che andassi lontano da casa per tutto questo tempo?”
“Sono solo tre giorni nonna. E poi sto a Hakone, in caso di emergenza basta un’ora di treno e torno da te”.
“E se mi sentissi male all’improvviso? Chi mi verrebbe a soccorrere? Pensa: mentre tu stai alle terme io svengo e cado in terra. Ci rimango per tre giorni, e quando torni a casa mi trovi morta. E’ questa la tua speranza?”
“Ma no, io…” Si zittisce e china la testa. Basta uno sguardo della nonna e si sente come se fosse tornato bambino, intimidito dalla figura colossale di colei che lo ha cresciuto nonostante una madre indegna e un padre che, purtroppo, gli è stato strappato via dalla guerra. Non riesce a replicare. Accetta ogni accusa e chiede perdono, non sa neppure per quale motivo.
“Scusami nonna”.
“Ho sbagliato a raccomandarti al signor Kimura. Avrei dovuto trovarti un altro lavoro che ti avrebbe tenuto sempre a casa”.
“Non ti preoccupare nonna, sono solo tre giorni. Non succederà nulla”.
Ancora silenzio carico di sdegno.
“Mi fanno male i piedi”.
“Ci penso io nonna”.
“E se mi succede domani cosa faccio? Chiedo alla vicina? Già immagino la scena: lei mi domanda perché non posso farmi aiutare da mio nipote, e io devo rispondergli che mio nipote se la sta spassando alle terme mentre io ho i crampi. Cosa ho fatto di male per meritare tutte queste sofferenze nella vita? Perché devo sopportare tanto dolore? Tuo nonno è morto prima di compiere trenta anni, tuo padre anche. Hai vissuto più di loro, tu che lo meritavi meno. La vita è così ingiusta!”
Soichiro sospira mentre massaggia i piedi ossuti della signora Shigezugu. Se spreca altro tempo potrebbe perdere il treno. Già è in ritardo rispetto agli ordini del signor Kimura, se rimanda ancora la partenza rischia davvero grosso.
“Ora devo andare nonna”.
Silenzio.
“Appena arrivato reciterò un’orazione per te a Ninigi”.
Ancora silenzio.
“Fra tre giorni torno a casa”.
Nessun commento.
Con passi rapidi Soichiro si avvia verso l’ingresso. Parte.
Anzi, scappa via.



Capitolo 4

C’è mancato poco. Il treno da Ueno per Odawara stava per partire, e Soichiro ha dovuto implorare il controllore per convincerlo a farlo salire ugualmente.
“Per colpa sua arriveremo in ritardo di un minuto. Si vergogni!”
Si, certo. Vergogna. Un’enorme vergogna. Mentre passava davanti agli altri passeggeri, tutti già ordinatamente seduti ai loro posti, si sentiva in colpa come se li avesse gravemente danneggiati. E’ rimasto in piedi, fissando il pavimento.
Il cambio di treno è stato essenziale. Appena è arrivato a Odawara si è sentito sollevato, come se la sua vergogna fosse stata trasportata via dal vagone da cui era appena sceso.
Seduto sulla panchina, ha atteso lo sbuffo della locomotiva che, come un cavallo, è stata agganciata al suo carro, mentre l’altoparlante preannunciava la partenza per Hakone.
Non è ancora salito però. Ormai si è tranquillizzato e pensa con la mente di Murasaki Tezuya, quindi sa bene che può aspettare per un paio di minuti, così intanto ha il tempo di osservare la gente che monta sul treno prima di lui.
Sono soprattutto giovani coppie in viaggio di nozze, con gli occhi lucidi di eccitazione. C’è anche qualche famiglia borghese con figli più o meno grandi, e alcuni coniugi anziani. Nessuno però colpisce la sua attenzione in modo particolare. Volti felici, ma banali. Cercava ispirazione per i protagonisti del suo romanzo, ma è rimasto deluso. Non c’è traccia di torbido, tutti appaiono così candidamente onesti.
Quella coppia ad esempio. Lei sorride, ma i suoi occhi tradiscono una piccola esitazione, un filo di tensione che le trascina impercettibilmente le sopracciglia verso il basso. Ha paura, la paura di una donna vergine in procinto di avere il suo primo rapporto.
Lui ha un’espressione che tenta di essere rassicurante, ma la rigidità delle sue mascelle lo tradisce. Anche per lui è la prima volta.
“Un romanzo su una coppia in viaggio di nozze. Entrambi gli sposi non hanno ancora avuto esperienze sessuali”.
Sorride mentre ci pensa su. Immagina l’ipotetico di commento di Akira:
‘Una metafora perfetta del Giappone di oggi’.
Però pensa anche alla probabile reazione dell’editore Tanaka Mikio:
‘Ma stai scherzando? Questo è il ritratto dei nostri lettori, e loro vogliono leggere e sognare proprio il contrario di ciò che è stata la loro vita’.
E’ vero. In fondo anche lui racconta ciò che non ha vissuto. Non si sognerebbe mai di narrare le grigie giornate di Suzuki Soichiro, sarebbe troppo deprimente. Meglio sognare quel che farebbe Murasaki Tezuya, meglio provare a immaginare che gli incontri rari e fugaci con le ragazze del postribolo cinese siano assai più frequenti, e che i resoconti di Akira appartengano un po’ anche a lui… Le taverne dove si incontrano ubriaconi e anarchici le frequenta Abe Akira, non Tezuya. Lo scrittore giornalista non ha mai diviso la sua stanza con modelle che posano nude e artisti oppiomani, quello è un privilegio del suo amico. Ma sentendolo parlare, Tezuya ha l’impressione di essere anche lui partecipe di quelle combriccole stravaganti, silenzioso abitatore di un mondo al quale in realtà non appartiene.
Un signora molto anziana tiene per mano un bambino e lo accompagna sul treno, probabilmente è il suo primo viaggio. Ridono gli occhi a entrambi. Non tutte le nonne sono come la signora Shigezugu.
‘Si avvisano i signori viaggiatori che è in partenza dal primo binario il treno per Togendai. Ferma a Yumoto, Tonosawa, Myanoshita…’
E’ ora di prendere posto. Sale sull’ultimo vagone e si siede di fronte all’unico viaggiatore solitario come lui, un uomo con indosso un solenne kimono grigio scuro. A giudicare dall’aspetto sembra aver superato i quaranta anni. Sicuramente è un discendente di samurai che mantiene vive le tradizioni famigliari, almeno nel contegno.
Non sembra l’interlocutore ideale per Tezuya, ma forse potrebbe ugualmente provare ad attaccare discorso. Tanto per fare qualcosa e tracciare un ritratto di questo austero viaggiatore. Lui è uno scrittore, e in ogni persona che incontra si sforza di scorgere il potenziale personaggio che vi è nascosto. In futuro potrebbe tornargli utile per infilarlo in qualche storia
Ma all’improvviso si accorge che quel nipote di samurai ha una copia del giornale più importante del Giappone, quello in cui lavora Suzuki Soichiro…
‘Posso sapere il suo nome?... Mi sembra di averlo già sentito… E’ possibile che lo abbia letto sul quotidiano? Lei è un giornalista?’
No, troppo imbarazzante come situazione. Che numero ha in mano? L’edizione del mattino. Quindi c’è l’articolo che Soichiro ha scritto ieri sera, un pezzo sulla festa rionale del quartiere di Ebara, con una dettagliata descrizione delle bancarelle che offrivano

deliziosi polipi fritti e gli appetitosi dolcetti di riso della tradizione.
Per la gioia dei bambini, la serata è stata rallegrata da uno spettacolo pirotecnico di rara bellezza, con gioiose esplosioni colorate che tracciavano scie luminose sul cielo notturno

Meglio lasciar perdere, tanto il viaggio è abbastanza breve. Prima delle sei sarà a destinazione.
Si accoccola sul sedile provando a chiudere gli occhi, ma all’improvviso ha la strana sensazione che gli restino pochi giorni di vita…
“Sciocchezze”, prova a tranquillizzarsi da solo.
Eppure sente un brivido freddo lungo la schiena…

martedì 4 maggio 2010

Sanshiro


Fra i miei libri "vissuti" un posto a parte lo occupa Sanshiro di Natsume Soseki, scrittore giapponese vissuto tra il 1867 e il 1916.
Mi é successo di leggere il romanzo giusto al momento giusto, per così dire.
Avevo vent'anni e iniziavo a frequentare l'università in una grande città come Roma dopo aver sempre vissuto in una piccola città di provincia. Il protagonista del romanzo é un giovane della provincia giapponese che va a studiare all'università di Tokyo...
Man mano che leggevo la sua storia mi sentivo coinvolto, e la vivevo in prima persona nella vita reale.
La vicenda é abbastanza semplice, e si può riassumere nel dover fare una scelta per il proprio futuro, magari ponendosi qualche problema di troppo...
Sanshiro si rende conto sin dai primi giorni quanto sia immenso il sapere, e quanto sia conseguentemente minimo tutto ciò che lui ha appreso sino a quel momento. La sua famiglia vorrebbe che, appena finiti gli studi, lui tornasse in paese per sposare la ragazza con la cui famiglia esistono già degli accordi. Ma questa opzione non lo attrae.
Una seconda possibilità é restare a Tokyo e tentare la vita nella grande città, anche se per lui, giovane provinciale senza soldi, significherebbe rischiare di rimanere ai margini.
Oppure, sull'esempio di un giovane ricercatore conosciuto in facoltà, dedicarsi totalmente allo studio sacrificando la propria vita privata sull'altare delle ricerche e delle possibili scoperte, una nobilitazione della propria esistenza a beneficio degli altri.
All'epoca pensai di aver individuato la mia opzione, ma nel corso degli anni poi ne scelsi un'altra...
Una lettura che per me ha avuto un valore molto personale, anche in ragione del mio interesse per la cultura giapponese, ma che può essere interessante per chiunque abbia vent'anni e si trova di fronte al proprio futuro o ne ha quaranta e prova a rievocare i momenti in cui ha scelto cosa voleva "fare da grande"...
Non un capolavoro, ma sicuramente un libro per riflettere.

domenica 2 maggio 2010

Artifici letterari in corso...

Come avevo già detto ho avuto un’ispirazione (poco seria, d’accordo, ma pur sempre ispirazione) e ho cominciato a scrivere a ruota libera. In pochi giorni ho accumulato parecchie pagine.
E’ un divertissment, una cosa scritta solo per il piacere di essere scritta, però presenta anche gli elementi dell’artificio letterario, un genere che mi piace molto.
Il suo punto debole è la difficoltà ad essere gestito quando la narrazione diventa lunga.
Borges, un maestro dell’artificio letterario, non ha mai scritto romanzi ma solo racconti, perché evidentemente era conscio del problema.
Come lettore posso dire che - pur essendo un appassionato di questo tipo di narrativa – mi è capitato di rimanere deluso proprio da romanzi basati sull’artificio. In “Collages” di Anais Nin e “Nebbia” di Miguel de Unamuno il gioco letterario resta troppo fine a se stesso, travalica i suoi stessi obiettivi e lascia un senso di incompletezza. “L’uomo che era giovedì” di Chesterton è più scorrevole, ma nonostante ciò rimane una lettura per pochi appassionati.
Nel mio caso assai più modesto, ci ho provato con “Trilogia veneta sognata” ottenendo rifiuti dagli editori già a partire dalla sinossi…
Insomma, sto scrivendo l’ennesimo romanzo inutile. Un divertissment che è anche un artificio letterario, una somma di due generi impubblicabili. Forse è questa la mia specialità.
Ne parlerò meglio in altri post...

sabato 1 maggio 2010

Autopromozione...

Da un po’ di tempo ho reso disponibili gratuitamente alcuni miei scritti (a sinistra, sotto l’avatar) però per alcuni di questi non ho fornito nessuna informazione sui contenuti. Quindi ho pensato che, nei prossimi giorni, potrei dedicare alcuni post all’auto-promozione di questi ebook anonimi, con gran gioia dei miei lettori assidui (ciao mamma, ciao zio).
Visto che sono preso dalla stesura di un romanzo-divertissment, come accennavo poco tempo fa, colgo l’occasione per presentare un esempio di libro-divertissment giù ultimato da parecchi mesi: 3A Investigazioni (scaricabile da questa pagina).
Andrea Arcani ha 27 anni, appartiene a una famiglia benestante dell’alta borghesia di provincia, è viziato e prova un rancore latente verso il mondo intero e verso il suo patrigno (comunque non è certo colpa del patrigno se Andrea ha perso suo padre quando era ancora un bambino).
Visto che ormai è vicino ai trent’anni, sua madre non vuole più vederlo apparire agli occhi degli altri come un mantenuto nullafacente. Non gli chiede di lavorare, ma almeno di crearsi un’attività professionale fittizia, tanto per dare l’impressione che faccia qualcosa per vivere. E lui, dovendo scegliere un’attività di facciata, decide di “fare” il detective. Tanto abita in una piccola città di provincia dove non succede mai nulla…
Qualche indagine comunque gli toccherà farla: corna, gelosie, piccole questioni personali…
La struttura del libro è quella di racconti collegati fra loro, nel senso che oltre al protagonista vi sono altri personaggi ricorrenti.
Il tono è improntato alla leggerezza e alla ricerca della comicità (almeno nelle mie intenzioni), anche se talvolta traspare qualche commento un po’ malevolo da parte della voce narrante. E sicuramente emerge molta meschinità, sia quella dei clienti sia quella del protagonista, che è non è migliore degli altri, anzi.
Insomma, questo è quanto. Se qualcuno vuole provare a leggerlo per darmi un’opinione ovviamente gliene sarò grato… (grazie mamma, grazie zio).
N.B.:  se ci sono problemi per il download segnalatemelo. Come scrittore non sono un granché, e anche come webmaster ho parecchi limiti...
Capitolo 5

Il treno è arrivato puntuale a Togendai, e i passeggeri sono scesi dai vagoni esprimendo la loro inevitabile ammirazione per il paesaggio. Il lago Ashi giace in mezzo ai versanti delle montagne, riflettendo la luce ormai calante del sole che sta sparendo in direzione del vulcano Fuji.
Tezuya si incammina verso Motohakone seguendo il sentiero che costeggia lo specchio d’acqua, lungo il quale incrocia alcuni villeggianti che si godono la tranquillità della passeggiata pomeridiana. Tutti gli uomini indossano lo yukata e tutte le donne hanno il kimono, lui è l’unico con giacca, calzoni e addirittura scarpe chiuse, e si rende conto di essere completamente fuori posto. In effetti è abbastanza ridicolo concepire la frase ‘vado a Hakone a lavorare’. E’ un luogo per riposarsi, per andare alle terme, per fare piacevoli escursioni in mezzo ai sentieri boscosi, per ammirare il Fuji incorniciato dal verde delle montagne, per solcare lentamente le acque del lago su una barca a remi.
Lungo il percorso ci sono due hotel stupendi, ma purtroppo nessuno dei due riporta il nome “Tamaki” sull’insegna. In lontananza comincia a vedersi il rosso intenso del torii del tempio dedicato al dio Ninigi, e questo dovrebbe fargli venire in mente qualcosa. Suzuki Soichiro aveva fatto una promessa alla nonna…
“In tre giorni lo troverò pure un attimo per dire una preghiera, non c’è motivo di andarci subito”.
Ma si, ha tutto il tempo per comportarsi da bravo nipote. Ora è più importante essere un giornalista professionale, cercare il proprio alloggio e organizzare il lavoro.
Oltrepassato il luogo sacro, si arriva all’estremità meridionale del lago dove gli alberi si infittiscono e la presenza umana si dirada. Ma sul limitare di un sentiero in terra battuta è piantato un cartello in legno che indica un antico ryokan con il tetto di paglia, e il suo nome è inequivocabile…
“Un bellissimo pseudonimo”.
E’ vero. L’edificio che si autoproclama ‘Hotel Tamaki’ in realtà è solo una pensione scalcinata, e da questo punto di vista è il rifugio ideale per un Suzuki che si spaccia per un Murasaki.
Sulla veranda, un tizio con lunghi baffi e occhiali sta oziando. Vedendo un nuovo cliente avvicinarsi si risveglia dal proprio letargo.
“Buonasera. Deve alloggiare qui?... Mi sembra di conoscere il suo volto. Per caso viene da Kyoto?”
Ovviamente è una scusa per attaccare bottone. Soichiro lo sa bene, lui stesso la usa di frequente per motivi di lavoro…
‘Mi sembra di conoscerla. Per caso abita dalle parti di Inaricho?’
‘No, si sbaglia’.
‘Ah, mi scusi. Però, già che ci siamo, posso chiederle un cosa?’…
L’uomo coi baffi ha l’aria di un professore pedante che sta in vacanza da solo, e cerca disperatamente altri villeggianti solitari per seppellirli sotto le sue dotte chiacchiere accademiche. Bastano poche parole per confermare l’esattezza di questa impressione iniziale.
“… era la migliore università di Kyoto, un tempo. Ma adesso le famiglie benestanti preferiscono quell’istituto costruito dai tedeschi dove la metà dei professori sono europei. Bah! Dove andremo a finire?... Ma lei avrà voglia di sistemare i suoi bagagli e mettersi in libertà, e io le sto facendo perdere tempo, mi scusi. Vada pure, prego. Avremo tutto il tempo per parlare di argomenti interessanti nei prossimi giorni”.
Spaventato da questa minaccia, Soichiro varca la soglia del ryokan. Con la mano destra regge una valigia, con la sinistra le sue scarpe.
Il pavimento è fatto di lunghe assi di legno chiaro, e gli scorrevoli sono tutti disposti in modo da far entrare più luce possibile. Sulla parete destra c’è la nicchia con un vaso di iris, al centro il tavolo basso su cui sono stati sparsi dei petali di fiori di ciliegio.
I signori Tamaki lo accolgono indossando vestiti e sorrisi del secolo scorso, mentre una ragazza bassa e bruttina lo accompagna nella sua stanza.
C’è spazio solo per srotolare il futon. Nessun mobile, neppure un tavolinetto. Ogni minima cosa, compreso scrivere e mangiare, dovrà farla seduto in terra.
“Hotel di lusso per un giornalista illustre”.
In questi casi l’unica soluzione è fare autoironia. Quando Hosono torna dai suoi soggiorni esteri racconta sempre la magnificenza degli alberghi in cui ha alloggiato: il Plaza a New York, l’Oriental a Shanghai, il Grand Hotel a Londra… Lui dorme in stanze meravigliose, ha tanti camerieri al suo servizio e naturalmente dispone di un bagno in camera.
Al Tamaki non ci sono tutte queste comodità, però lo yukata e gli zoccoli per gli ospiti sono disponibili. E dopo pochi minuti la porta si apre e una mano sbrigativa deposita in terra il vassoio con la cena: un lussuoso piatto freddo a base di trote lesse e una scodella di riso.

Ormai è sera. Soichiro ha cenato e si è abbigliato come un villeggiante. Decide di fare due passi per raccogliere qualche pettegolezzo utile. Purtroppo il professor Komazu è sempre in agguato nella veranda.
“Si è già messo comodo. Bene, bene, si goda il riposo. Tokyo è una città caotica, occorre rilassarsi ogni tanto. Posso chiederle come si guadagna da vivere?”
“Collaboro con un editore…”
“Ah, uno scrittore!”
“No, io faccio il correttore di bozze”, mente con disinvoltura Tezuya. Per lui è una cosa abbastanza semplice.
“Allora conosce bene le regole del giapponese tradizionale, spero! Ma lei ha mai visto quanti errori di ortografia ci sono sui quotidiani? E’ incredibile! Come si può pretendere che la gente sappia parlare bene se gli si fanno leggere articoli pieni di sbagli?”
“Ha proprio ragione. Ora, se posso cortesemente congedarmi, devo andare all’ufficio postale per inviare un telegramma”.
“Prego, vada pure. Prima però mi permetta di dirle un’ultima cosa…”
Per cinque volte Soichiro prova a sganciarsi, e per cinque volte il professor Komazu lo trattiene con un’ultima cosa. La quinta però è abbastanza interessante:
“… la signorina Yoshizu. Lei sa che si vocifera di un interessamento della famiglia imperiale per farla fidanzare con il principe erede? Ebbene, starà in villeggiatura proprio qui. Ho saputo che risiederà all’hotel Yamano”.
Ottima notizia! E’ un albergo che si affaccia sul lago a poche centinaia di metri dal Tamaki, altro che il lontanissimo hotel Fujiya!
Quasi quasi si potrebbe dare subito un’occhiata. Soichiro si incammina sul lungolago, che è totalmente deserto. Sembra che tutti i villeggianti siano ancora a cena. Ma mentre passa davanti all’onsen di Ashinoko nota una sagoma umana dentro il padiglione all’aperto in cui si trova una delle sorgenti. Sembrerebbe una donna…
Lo scrittore prevarica il giornalista, e si avvicina silenziosamente a un possibile spunto per iniziare a riempire le pagine ancora bianche del suo romanzo.
Il buio serale è al culmine, perfetto per nascondere un uomo che scivola di soppiatto sotto il recinto. Al centro del gazebo di legno, la solitaria bagnante è immersa nell’acqua sino alla vita, il busto esposto ai fumi caldi che si addensano sotto la tettoia. Di fronte c’è il lago, alle sue spalle il monte Futagoyama e un tokyota impiccione.
La giovane donna sembra ferma al centro della vasca. Tuttavia l’acqua ha dei lievi sobbalzi in superficie, piccoli movimenti che partono all’altezza del suo braccio destro. La spalla non è completamente immobile, e se Tezuya potesse guardarla in faccia noterebbe uno strano languore nei suoi occhi…
La situazione è inequivocabile: la ragazza si sta toccando. Ma all’improvviso la sua attenzione è scossa dal rumore di un ramo secco che si spezza, calpestato da un guardone maldestro.
“Chi è?”
Senza pensarci troppo la donna esce dalla vasca, coprendosi a malapena con il tenugui srotolato, e si avvia senza paura verso il rumore e la persona che lo ha prodotto.
Tezuya scappa via, confidando nella protezione dell’oscurità notturna.
“Si fermi!”
Non ci pensa neanche. Corre via come un fulmine, facendo volare via gli zoccoli e lanciandosi a piedi nudi in mezzo al bosco. Non può fare altro che nascondersi fra gli alberi e tornare al Tamaki compiendo un giro lungo.
Alcuni rametti appuntiti gli si infilano nei piedi, ma deve trattenere i gridolini di dolore. Sarà abbastanza imbarazzante spiegare agli albergatori che ha smarrito gli zoccoli, dovrà inventare una buona scusa.
‘Sono andato a bagnarmi i piedi nel lago, e quando sono tornato indietro erano spariti’.
No, ridicola.
‘Ho fatto un passo falso e lo zoccolo destro si è rotto. Glieli ripagherò nuovi’.
Ecco, questa va meglio.
“Già inviato il telegramma?”, domanda il professor Komazu che sembra incollato alla veranda.
“Ho scordato l’indirizzo del destinatario in camera”.
Si precipita nella stanza e si chiude dentro. Speriamo che quella donna non si metta a fare troppe chiacchiere in giro. Magari potrebbe essere una cameriera di qualche hotel, che di giorno non può andare alle terme perché lavora, e così ci va di notte. L’importante è che non abbia parenti maschi e aggressivi nei paraggi.
Improvvisamente bussano alla porta.
“Mi scusi”, sussurra la signora Tamaki, “C’è una visita per lei. Una donna chiede se può entrare nella sua stanza”…



Capitolo 6

Soichiro comincia a tremare. Incredibile, l’hanno rintracciato subito! Accidenti alle sue smanie da scrittore trasgressivo!
Prima possibilità: ‘Mi sento poco bene, potrebbe dirle di tornare domani?’
Seconda possibilità: parlarci e negare spudoratamente (‘Si sbaglia, mi sta confondendo con un’altra persona’).
“Prego, la faccia accomodare”, risponde con un evidente imbarazzo nella voce.
La donna si accomoda. Una bella donna giovane, con indosso un vestito rosso di stile americano che si interrompe all’altezza della ginocchia e lascia le spalle scoperte. Però non sembra quella che ha visto nell’onsen.
“Buonasera. Sono il personaggio che lei attendeva”.
Attimo di sconcerto.
“Non si ricorda più di me? Eppure, quando mi ha visto su quella stampa aveva deciso che sarei stata io il personaggio femminile del suo romanzo”.
Ma pensa te! Guarda cosa è riuscito a inventarsi Akira! Invece della stampa gli ha mandato addirittura la modella! E’ incredibile come il suo amico incisore riesca a restituirgli la serenità persino a sessanta chilometri di distanza!
“Mi scusi per la sorpresa, ma onestamente non me la aspettavo proprio una cosa del genere!”
“Ci credo”, replica tranquilla la donna mentre si siede sui talloni. Ha una postura giapponese che contrasta col suo abito americano. Anche i capelli corti da giovane emancipata sembrano strani sul suo viso incipriato pesantemente come quello di una geisha. I suoi lineamenti sono una via di mezzo tra Giappone e occidente, proprio come lo stile della stampa che la ritraeva nuda.
“Non l’avevo riconosciuta”.
“Coi vestiti addosso sono diversa, vero?”
Tezuya sorride. Adesso ha davvero l’impressione di essere un artista bohemien come Akira.
“E’ venuta ad aiutarmi per il mio romanzo?”
“Certo. Ha detto che sarebbe stato bello chiedere un’opinione al personaggio, ed eccomi qua”.
Peccato non avere sigarette da offrirle. “Se vuole posso ordinare del sake”.
“No, parliamo del romanzo. Alla fine ha trovato un’idea?”
“Per il momento no. Lei che è il… personaggio, se potesse scrivere l’intera trama cosa si inventerebbe?”
La donna lo guarda fisso negli occhi con una punta di malizia. “Se dipendesse da me invertirei completamente la situazione. Metterei lo scrittore al mio posto e lo costringerei a vivere in prima persona tutte le trame assurde che toccano a noi personaggi”.
“Trame assurde?”
“Si. Voi scrittori inventate delle vicende troppo sensazionali”.
“Ma la gente vuole leggere proprio romanzi sensazionali. E’ un modo per evadere dalla realtà, sognare a occhi aperti…”
“Certo. Ma pensa che sia piacevole per i protagonisti trovarsi coinvolti in vicende del genere?”
Murasaki Tezuya è colto di sorpresa. Non si aspettava che la modella si calasse così tanto nel ruolo di ‘personaggio’ di un’opera narrativa. Decide di stare al gioco.
“La protagonista del mio ultimo romanzo avrebbe dovuto morire, almeno secondo il mio editore, ma io l’ho salvata”.
“Bene, questo va a suo merito. Però lei ha scritto tantissime assurdità. Vorrei proprio vedere come si comporterebbe se dovesse affrontare le tipiche situazioni dei romanzi sensazionali…”
“Ad esempio?”
Gli occhi della donna s’illuminano. Le sue iridi scure ruotano verso il soffitto, cercano nell’aria i pensieri e le parole per esprimerli. “L’amore per un fantasma. E’ una cosa inconcepibile, eppure c’è chi scrive storie di donne che si innamorano di fantasmi”.
“Letteratura gotica e fantastica”, spiega con tono accademico Tezuya. “Ci sono tantissimi appassionati di questo genere”.
“Oppure una storia d’amore impossibile. La donna appartiene a una classe sociale umile, magari è già stata promessa in sposa, però s’innamora follemente di un nobile”.
“Cosa c’è di assurdo? Può succedere”.
“Si, ma non ha senso. Nella realtà la maggioranza delle persone eviterebbero di cacciarsi in una situazione così disperata. Solo nei romanzi esistono innamorati talmente ottusi che si intestardiscono pur sapendo in partenza che non potranno mai stare insieme, e sono condannati a vedere i loro sentimenti frustrati”.
“Ma a molti lettori piacciono vicende del genere…”
“Perché non le vivono sulla propria pelle, altrimenti non le troverebbero tanto interessanti”.
Tezuya sorride. In fondo è simpatica questa modella. Non capisce i meccanismi di mercato della letteratura popolare, però si rende conto perfettamente dei suoi paradossi narrativi.
“E poi ci sono le storie perverse”, riprende la ragazza. “Non è piacevole trovarcisi in mezzo. Le faccio un esempio che lei può capire bene”. Lo sguardo della donna si fa inquietante. “Provi a immaginare: un uomo è in vacanza alle terme. Durante il soggiorno conosce una donna, viene sedotto e si abbandona a una violenta passione. Ma la donna è malvagia…”
Tezuya ascolta le parole della modella, pronunciate con una voce ipnotica. E’ come se lei lo stesse soggiogando mentalmente.
“… talmente malvagia da proporgli un piano criminale. L’uomo vive con sua nonna a Tokyo. Lei gli fa immaginare quanto sarebbe liberatorio per lui se questa nonna morisse, lasciandolo libero da ogni legame, e soprattutto mettendolo in condizione di ereditarne subito il patrimonio, senza attendere ancora per chissà quanti anni. Ovviamente lui non può ucciderla, non ne sarebbe capace, e sarebbe il primo ad essere sospettato. Ma la donna potrebbe farlo al suo posto…”
Tezuya comincia a sentirsi a disagio.
“… Basta che lui le consegni le chiavi di casa. Lei prenderebbe il treno per Tokyo la mattina presto, andrebbe a casa della nonna, la ucciderebbe e ritornerebbe subito alle terme. L’uomo avrebbe un alibi perfetto perché decine di persone potrebbero testimoniare di averlo visto a sessanta chilometri da casa sua mentre avveniva il delitto. Nei giorni successivi lui potrebbe decidere di andare via da Tokyo per fuggire dall’orribile dolore che sta provando. In realtà si incontrerebbe con la donna malvagia, dividerebbero i soldi dell’eredità, e poi potrebbero partire insieme in un oscuro viaggio verso gli abissi più profondi della perversione umana…”
La trama si interrompe all’improvviso e la modella scoppia a ridere. “Non si preoccupi, non esistono donne così crudeli nel mondo reale. Magari esistono, ma non sono affascinanti come quelle dei romanzi”.
“Confesso che mi ha provocato un po’ di tensione. E’ molto brava a creare l’atmosfera giusta con le parole. Potrebbe essere una buona scrittrice!”
“No, io rimango un personaggio”, ribadisce la ragazza in tono serio. “Ma per i prossimi tre giorni ci scambieremo i ruoli. Lei è appena diventato il protagonista del mio romanzo, e sappia che ho proprio voglia di divertirmi”.
“Quindi?”, domanda in tono scherzoso Tezuya.
“Si aspetti di tutto”, replica la donna con una voce che suona sinistramente seria. “Ora devo andare”.
“Attenda, non vuole trattenersi un attimo?”
“Non posso, devo iniziare a creare il romanzo”. Con un cenno della testa lo saluta e esce dalla stanza.
Strana ragazza. Proprio il tipo di donna che ci si immagina di incontrare negli ambienti frequentati da Abe Akira. Peccato che non sia rimasta. Magari insistendo un po’ sarebbe riuscito a convincerla a ordinare del sake, e poi…
E poi inutile fantasticare. E’ meglio mettersi a dormire, domani bisognerà lavorare.
Si sdraia sul futon, e mentre chiude gli occhi le parole del ‘personaggio’ sembrano ancora echeggiare nell’aria.
‘Si aspetti di tutto’…