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mercoledì 19 maggio 2021

Una poesia per Yumi & Nana

 ... che ovviamente non è opera mia poiché io non sono un poeta (neppure scrittore e fumettista in effetti ;-)
L'autore è il rockpoeta Daniele Verzetti che ha voluto omaggiare le due gentili fanciulle con dei versi a loro dedicati.
La riporto così come lui l'ha scritta, con un'aggiunta finale delle due destinatarie.

"YUMI E NANA"
(autore: DANIELE VERZETTI ROCKPOETA® )

Yumi e Nana
Amiche per la pelle
Figlie di una mano magica e talentuosa
Si sentono e si credono brutte
E gli altri, con crudele sadismo,
Glielo confermano per ferirle
Bullizzandole vergognosamente
Portando entrambe
Ad una forte carenza di autostima.

Crescono quasi insieme
E finalmente adesso
Con un lavoro,
E con un'autostima in parte recuperata
Entrambe
Hanno il ragazzo
Anche se nonostante ciò
E nonostante siano leggermente
Più sicure di loro stesse
L'autostima di entrambe
Latita ancora fortemente.

Unite indissolubilmente
Non si separeranno mai
Non permetteranno alla vita
Ed al loro creatore di far loro del male
Di allontanarle
Non potrebbero sopportarlo
Non riuscirebbero a farcela.

Yumi abbraccia Nana
Sorridono commosse
E si sentono per un attimo, bellissime
E sono davvero bellissime.
Sono davvero due meravigliosi fiori
E non solo per la durata di un istante,
Possono esserlo sempre
E restarlo per sempre
Se solo lo capissero...

Peccato che non sappiano vedersi
Con gli occhi più obiettivi
E comunque il problema è irrilevante
Perché sono due angeli dentro
Ironici
Capricciosi a volte
Confusi
Gelosi ed impauriti
Sono due ragazze normali
Sono soltanto Yumi e Nana.


giovedì 6 aprile 2017

Un haiku e un quadro in dialogo inconsapevole

Il poeta giapponese Santoka Taneda (1882-1940) e il pittore norvegese Edvard Munch (1863-1944) quasi certamente ignoravano l'uno l'esistenza dell'altro.
Hanno dato forma alla loro inquietudine tramite haiku che non rispettavano la metrica tradizionale e quadri che non si uniformavano alle regole accademiche.
Taneda, dopo una giovinezza costellata di momenti difficili - due fallimenti di diverse attività commerciali della sua famiglia, il suicidio del fratello, il divorzio dalla moglie, la perdita del lavoro e la miseria - all'età di quarantadue anni si fece monaco e iniziò a peregrinare per il Giappone in solitudine. Pregava, chiedeva l'elemosina e componeva haiku.
Munch, in perenne conflitto con il padre e quasi congenitamente portato a cacciarsi in avventure sentimentali tumultuose - una culminata in un apparente tentato omicidio da parte della donna alla quale si era legato - nonostante il discreto successo della sua opera pittorica all'età di quarantacinque anni ebbe un grave esaurimento nervoso che lo costrinse a lunghe cure e, successivamente, a vivere in una sorta di romitaggio in un'isolata fattoria vicino Oslo.
E ora, dopo questa brevissima e lacunosa premessa, posto il quadro Malinconia di Edvard Munch e un haiku di Santoka Taneda:


















Un'intera giornata
e io non ho pronunciato una parola.
Suono di onde.


venerdì 9 ottobre 2015

Haiku masters

Saprete già che ho una passione per gli haiku, non solo come lettore ma anche come espositore (nel senso che talvolta ne scrivo anch'io ed espongo pubblicamente tutta la scarsità del mio mai sbocciato talento).
Nonostante ciò, continuo spudoratamente a cimentarmi in questa antica forma poetica giapponese e tento financo di fare proselitismo.
É con tale spirito che vi segnalo il programma televisivo Haiku masters messo in onda da alcune settimane dal canale internazionale giapponese NHK World. La formula per partecipare è semplice: basta inviare un proprio haiku corredato da una foto che in qualche modo ne esprima lo spirito, oppure scrivere un haiku da abbinare alla foto "muta" fornita dal canale, o infine proporre una foto da abbinare all'haiku proposto da NHK (naturalmente un classico di qualche poeta famoso). L'unico limite è l'obbligo dell'inglese per la composizione del proprio haiku, non sono accettate altre lingue.
Il maestro Michio Nakahara premia i migliori partecipanti durante un apposito programma che va in onda una volta al mese il sabato e, in replica, varie volte durante la domenica seguente.
Se volete unirvi al qui presente e partecipare, troverete i termini del concorso spiegati con nipponica meticolosità a QUESTO LINK.

mercoledì 27 maggio 2015

Tra gioco, disegno e poesia

La disposizione di un testo sulla carta (o sulla pergamena secoli fa, o su un display digitale ai giorni nostri) segue l'ordine prefissato della scrittura utilizzata: per l'italiano da sinistra a destra, ma vi sono alfabeti di altri idiomi che avanzano da destra a sinistra, o persino dall'alto verso il basso.
Ma quando si tratta di trascrivere una poesia, il testo può anche permettersi una licenza (poetica ovviamente) e non rispettare la disposizione canonica.
Ciò può dare origine a giochi grafici graziosi.
Un esempio l'avevo già fornito su un vecchio post con una poesia del 1633 di George Herbert intitolata "Ali di Pasqua" in cui i versi assumono appunto la forma di ali. La ripropongo in formato immagine:
Un vero appassionato di questo tipo di poesia disegnata fu il francese Guillame Apollinaire (1880-1914) creatore del genere definito calligramma, in cui il testo della poesia tratteggia dei veri e propri disegni. Questo è uno dei più noti, sicuramente vi sarà capitato di vederlo:

I futuristi italiani hanno spesso utilizzato le presse da stampa in modo alquanto contorto realizzando composizioni tipografiche degne della loro foga innovativa. Il libro "Zang Tumb Tumb" del gran capo F.T. Marinetti, poema grafico sulla guerra bulgaro-turca, è esemplare. Ne riporto una pagina come esempio:

Nel Giappone dell'Era Tokugawa era diffuso il moji-e, ovvero un tipo di stampa tradizionale in cui i soggetti del disegno vengono tracciati anche (ma non esclusivamente) con gli ideogrammi che li descrivono. Se osservate la stampa che segue noterete che i caratteri riportati in alto sono poi riutilizzati per tracciare la sagoma del vestito del mercante che regge le due ceste:

Nel mio piccolo ho dovuto inventarmene uno anch'io per aiutare mia figlia che aveva ricevuto come compito per casa proprio la creazione di un calligramma (e, diciamoci la verità: è stato questo episodio che mi ha ispirato il post che state leggendo ;-)
Poiché la mia calligrafia è penosa, preferisco mostrare la rielaborazione fatta con il buon vecchio Word di Office:

E voi avete mai composto giochi grafici di qualche genere?

lunedì 14 aprile 2014

Qualche giorno di pausa

Considerata la Pasqua, la Liberazione e - nella mia città - la festa del patrono locale, ci saranno alcuni giorni di festività non lavorative che paraltro si adattano perfettamente alla mia attuale posizione di cassintegrato...
Colgo l'occasione per sospendere le attività blogghistiche e scrittorie per un paio di settimane e riflettere su come intendo affrontare la mia situazione contingente.
Auguro in anticipo buone festività a tutti, in particolare per la santa Pasqua che celebro a modo mio con un sonetto acrostico in stile elisabettiano (tre quartine con rime proprie e un distico finale, invece delle due quartine e due terzine con rime ricorrenti della tradizione italica).
Il sonetto in questione esprime il mio rapporto con la fede...

Balugina pallida una fiammella.
Untume appare sulla sfoglia bianca,
Ostia indigesta a un'anima stanca
Nascosta nell'ombra della cappella
Ansimando gioie da peccatore:
Probiti libri, coscienti bramosie,
Accordi e controcanti di litanie...
Sacro è il rispetto, santo ogni timore:
Quaresima costante sia la vita.
Un'anima stanca tuttavia cede
A simulare un'insincera fede
Sentendola vera quando è tradita.
Ingrato figlio sono io, uomo morto
Amato inutilmente dal Risorto.

lunedì 6 febbraio 2012

Rarità - 4

Evaristo Carriego è conosciuto come... personaggio letterario, essendo il protagonista del libro omonimo di Jorge Luis Borges, un libro in cui lo scrittore argentino rievoca la vita di fine secolo a Buenos Aires.
Ma non è una fiction, è una sorta di biografia, perché Evaristo Carriego è esistito davvero (1883-1912), ed era un poeta.
Anzi, era il tipico poeta: pallido, emaciato, malaticcio, straordinariamente romantico e sempre alla ricerca della parola giusta.
Per quanto ne so le sue poesie non sono mai state tradotte in italiano, probabilmente perché non particolarmente rilevanti né per influenza letteraria né per qualità. Tuttavia, nel mio blog gli concedo diritto di cittadinanza, e propongo un suo sonetto.

EL CLAVEL
Fue al surgir de una duda insinuativa
cuando hirió tu severa aristocracia,
como un símbolo rojo de mi audacia,
un clavel que tu mano no cultiva.
Quizás hubo una frase sugestiva,
o viera una intención tu perspicacia,
pues tu serenidad llena de gracia
fingió una rebelión despreciativa...
Y, así, en tu vanidad, por la impaciente
condena de un orgullo intransigente,
mi rojo heraldo de amatorios credos
mereció, por su símbolo atrevido,
como un apóstol o como un bandido
la guillotina de tus nobles dedos.



IL GAROFANO
Accadde al sorgere di un dubbio insinuativo
che la tua severa aristocrazia venne ferita,
come un simbolo rosso della mia audacia,
da un garofano che la tua mano non coltiva.
Forse ci fu una frase suggestiva,
o la tua perspicacia subdorò un’intenzione
e allora la tua serenità piena di grazia
finse una ribellione dispregiativa…
E così, nella tua vanità, per l’impaziente
condanna di un orgoglio intransigente,
il mio rosso araldo di preghiera amorosa
meritò, per la sua simbolica insolenza,
- come fosse un apostolo o un bandito -
la ghigliottina delle tue nobili dita.

domenica 8 gennaio 2012

Rarità in italiano

In attesa di idee migliori, provo a creare un nuovo tag senza scadenze fisse dedicato alle rarità letterarie, ovvero agli scritti apparentemente mai tradotti in italiano. Ovviamente posso sbagliare, e spacciare per "mai tradotto" qualcosa di già pubblicato nella nostra lingua, ma garantisco che non si tratterà mai di millanteria, bensì di banale incompetenza del sottoscritto, una qualità che non ho mai negato di possedere.
Vorrei cominciare con Senryu Karai (1718-1790) poeta giapponese creatore degli haiku satirici. Gli haiku tradizionali sono componimenti lirici e hanno come riferimento le stagioni e la natura. Senryu Karai invece utilizzò la struttura metrica di queste tipiche poesie giapponesi per dare forma ai suoi guizzi ironici, in una maniera che per certi aspetti rammenta gli epigrammi della tradizione classica occidentale. Questo tipo di composizione viene ancora oggi chiamato senryu in suo onore, e si distingue dagli haiku. Per quanto ne so, non esistono traduzioni italiane dei suoi componimenti. Ne propongo alcuni, tratti però da una versione inglese (direttamente dal giapponese purtroppo mi è impossibile…)

“Presto ci sarà
un’affascinante vedova” – è il pettegolezzo
che gira fra i medici.

Mentre va al lavoro
il ladro fa alla moglie:
“Chiudi a chiave prima di andare a dormire!”

Il lavandaio:
un uomo che mangia
grazie al sudiciume dei vicini.

Qualunque cosa lui riferisca
chi lo ascolta
deve applicarci uno sconto del 50%.

A giudicare dalle immagini
l’inferno sembra
più eccitante che qui.

mercoledì 11 maggio 2011

Una poesia di Salvador Espriu

CANÇÓ DE CAPVESPRE

S'enduien veus d'infants
el sol que jo mirava.
Tota la llum d'estiu
se'm feia enyor de somni.

El rellotge, al blanc mur,
diu com se'n va la tarda.
S'encalma un vent suau
pels camins del capvespre.

Potser demà vindran
encara lentes hores
de claror per als ulls
d'aquest esguard tan àvid.

Però ara és la nit.
I he quedat solitari
a la casa dels morts
que només jo recordo



CANZONE DEL CREPUSCOLO

Voci di bambini trasportavano
il sole che io guardavo.
Tutta la luce dell'estate
si faceva in me desiderio di sogno.

L'orologio, sul muro bianco,
racconta come se ne va il pomeriggio.
Un vento calmo e soave
soffia nei sentieri del crepuscolo.

Forse domani verranno
ancora lente ore di
chiarore per gli occhi
di questo sguardo così avido.

Ma ora è notte.
E sono rimasto solo
nella casa dei morti
che soltanto io ricordo.


Nota: ho riportato la versione originale in catalano dell'autore, ma per onestà devo ammettere che la mia traduzione si basa su una versione in castigliano (spagnolo) tratta da un'antologia bilingue dell'opera poetica di Espriu.

domenica 24 aprile 2011

Buona Pasqua a tutti :-)

Come post pasquale voglio inserire una poesia del poeta inglese George Herbert (1593-1633) che anticipa di due secoli i giochi grafici dei futuristi e delle altre avanguardie letterarie che creavano i loro testi scritti dandogli forme e strutture tipografiche particolari. In questo caso la poesia è disposta in modo da formare le due ali alle quali si riferisce il titolo.
Il contenuto invece è tradizionale, e in fondo la Pasqua è sempre la stessa: per chi crede in Cristo, è l’occasione in cui si riflette sulla propria fede.

Easter Wings

Lord, who createdst man in wealth and store,
Though foolishly he lost the same,
Decaying more and more,
Till he became
Most poore:
With thee
O let me rise
As larks, harmoniously,
And sing this day thy victories:
Then shall the fall further the flight in me.

My tender age in sorrow did beginne
And still with sicknesses and shame.
Thou didst so punish sinne,
That I became
Most Thinne.
With Thee
Let me combine,
And feel Thy victorie
For, if I imp my wing on Thine,
Affliction shall advance the flight in me.

Le ali della Pasqua

Signore, che creasti l’uomo in ricchezza e abbondanza,
sebbene scioccamente egli le perse
decadendo sempre più,
finché egli divenne
così povero:
con Te
fammi risorgere
come un’allodola, armoniosamente,
e cantare in questo giorno le Tue vittorie:
così la caduta favorirà ulteriormente il mio volo.

La mia tenera età con dolore ebbe inizio
e anche con malattia e vergogna.
Tu hai punito il peccato,
e io divenni
più Tuo.
Con Te
fammi unire,
e sentire la Tua vittoria:
perché se rinforzo la mia ala con la Tua,
l’afflizione sosterrà in me la capacità di volare.

sabato 16 aprile 2011

Una poesia di Giuseppe Ungaretti


GIROVAGO
Campo di Mailly maggio 1918


In nessuna
parte
di terra
mi posso
accasare

A ogni
nuovo
clima
che incontro
mi trovo
languente
che
una volta
già gli ero stato
assuefatto

E me ne stacco sempre
straniero

Nascendo
tornato da epoche troppo
vissute

Godere un solo
minuto di vita
iniziale

Cerco un paese
innocente

lunedì 20 dicembre 2010

Haiku

Come avevo già accennato nel mio post dedicato al poeta giapponese Kobayashi Issa, ho una certa passione per gli haiku. Mi piace leggerli, e talvolta scriverli, pur consapevole dei miei limiti.
Le regole sono semplici: diciassette sillabe, suddivise in tre versi da cinque, sette, e ancora cinque sillabe. Io spesso faccio il furbo e applico le regole metriche italiane, pertanto considero un'unica sillaba l'unione fra l'ultima sillaba di una parola e la prima della parola successiva se c'é contatto fra vocali. Ad esempio: “azzurro intenso” é composto da sei sillabe, ma io ne conto cinque perché nella poesia classica italiana  sarebbero conteggiate così: az(1)-zur(2)-ro in(3)-ten(4)-so(5).
Una precisazione importante da fare riguarda i contenuti. L'haiku tradizionale é sempre ispirato alle stagioni e alla natura. Tuttavia esistono componimenti che seguono le stesse regole metriche ma sono improntati al paradosso, alla considerazione intellettuale condensata con un tocco di ironia, o comunque a tematiche più connesse all'umanità che non alla natura. Ad esempio questo di Matsuo Basho (n.b.: per esigenze di traduzione la regola delle 17 sillabe non viene rispettata):

Ammalato mentre viaggio,
i miei sogni vagano
su un campo d'erba secca.

che sintetizza splendidamente l'aridità del mondo circostante e quella intima del poeta malato e stanco.
Volevo invitare tutti a provare a comporne qualcuno. Un passatempo in più per queste giornate freddissime da trascorrere al chiuso ;-)

domenica 7 novembre 2010

Una poesia di Walt Whitman

A CLEAR MIDNIGHT

This is thy hour O Soul, thy free flight into the wordless,
Away from books, away from art, the day erased, the lesson done,
Thee fully forth emerging, silent, gazing, pondering the themes thou lovest best,
Night, sleep, death and the stars.


LIMPIDA MEZZANOTTE

Questa é la tua ora, Anima, il tuo volo libero nell'assenza di parole,
Lontano dai libri, lontano dall'arte, il giorno cancellato, i compiti fatti,
Tu che emergi pienamente, silenziosa, sguardo fisso, riflettendo sulle materie che più ami,
Notte, sonno, morte e le stelle.

mercoledì 6 ottobre 2010

Una poesia di Federico Garcìa Lorca

GACELA DEL NIÑO MUERTO

Todas las tardes en Granada,
todas las tardes se muere un niño.
Todas las tardes el agua se sienta
a conversar con sus amigos.
Los muertos llevan alas de musgo.
El viento nublado y el viento limpio
son dos faisanes que vuelan por las torres
y el día es un muchacho herido.
No quedaba en el aire ni una brizna de alondra
cuando yo te encontré por las grutas del vino.
No quedaba en la tierra ni una miga de nube
cuando te ahogabas por el río.
Un gigante de agua cayó sobre los montes
y el valle fue rodando con perros y con lirios.
Tu cuerpo, con la sombra violeta de mis manos,
era, muerto en la orilla, un arcángel de frío.



GACELA (*) DEL BAMBINO MORTO

Tutte le sere a Granata,
tutte le sere muore un bambino.
Tutte le sere l'acqua si siede
a conversare coi suoi amici.
I morti hanno ali  di muschio.
Il vento torbido e quello chiaro
sono due fagiani che volano tra le torri
e il giorno è un ragazzo ferito.
Non restava nell'aria neppure una traccia d'allodola
quando t'incontrai nella grotta del vino.
Non restava sulla terra neppure una briciola di nube
quando ti affogavi nel fiume.
Un gigante d'acqua cadde sui monti
e la valle rotolò con cani e con gigli.
Il tuo corpo, con l'ombra viola delle mie mani,
era, morto sulla riva, un arcangelo di freddo.

(*) forma poetica di origine araba

venerdì 6 agosto 2010

Una poesia di William Blake

THE GARDEN OF LOVE

I went to the Garden of Love
And saw what I never had seen:
A Chapel was built in the midst,
Where I used to play on the green.

And the gates of this Chapel were shut,
And “Thou shalt not” writ over the door;
So I turn’d to the Garden of Love
That so many sweet flowers bore;

And I saw it was filled with graves,
And tomb-stones where flowers should be;
And Priests in black gowns were walking their rounds,
And binding with briars my joys & desires.



IL GIARDINO DELL’AMORE

Andai nel Giardino dell’Amore
E vidi ciò che non avevo mai visto:
Al suo interno era sorta una Cappella,
laddove ero avvezzo a giocare sul prato.

E gli accessi alla Cappella erano chiusi,
E “Proibito” era scritto sopra l’entrata;
Così ritornai al Giardino dell’Amore
Che era colmo di dolci fiori;

E vidi che si era riempito di tombe,
E c’erano lapidi al posto dei fiori;
E sacerdoti con tonache nere vagavano agli angoli
Recintando con rovi le mie gioie e i miei desideri.

martedì 29 giugno 2010

Una poesia di Guido Gozzano

I COLLOQUI     

...reduce dall'Amore e della Morte
gli hanno mentito le due cose belle...      



I

Venticinqu'anni!... Sono vecchio, sono
vecchio! Passò la giovinezza prima,
il dono mi lasciò dell'abbandono!

Un libro di passato, ov'io reprima
il mio singhiozzo e il pallido vestigio
riconosca di lei, tra rima e rima.

Venticinqu'anni! Medito il prodigio
biblico... guardo il sole che declina
già lentamente sul mio cielo grigio.

Venticinqu'anni!... Ed ecco la trentina    
inquietante, torbida d'istinti
moribondi... ecco poi la quarantina

spaventosa, l'età cupa dei vinti,
poi la vecchiezza, l'orrida vecchiezza
dai denti finti e dai capelli tinti.

O non assai goduta giovinezza,
oggi ti vedo quale fosti, vedo
il tuo sorriso, amante che s'apprezza

solo nell'ora triste del congedo!
Venticinqu'anni!... Come piú m'avanzo    
all'altra meta, gioventú, m'avvedo

che fosti bella come un bel romanzo!



II

Ma un bel romanzo che non fu vissuto
da me, ch'io vidi vivere da quello
che mi seguí, dal mio fratello muto.    

Io piansi e risi per quel mio fratello
che pianse e rise, e fu come lo spetro
ideale di me, giovine e bello.

A ciascun passo mi rivolsi indietro,
curioso di lui, con occhi fissi
spiando il suo pensiero, or gaio or tetro.

Egli pensò le cose ch'io ridissi,
confortò la mia pena in sé romita,
e visse quella vita che non vissi.

Egli ama e vive la sua dolce vita;    
non io che, solo nei miei sogni d'arte,
narrai la bella favola compita.

Non vissi. Muto sulle mute carte
ritrassi lui, meravigliando spesso.
Non vivo. Solo, gelido, in disparte,

sorrido e guardo vivere me stesso.     

venerdì 14 maggio 2010

Atrocità e poesia

Il 14 maggio nella mia città è l’anniversario del bombardamento americano durante la seconda guerra mondiale, il primo di una lunga serie. Una tragedia che io ho vissuto solo nei racconti dei miei parenti anziani, alcuni dei quali hanno perso i loro genitori proprio a causa di questo evento.
I bombardamenti sui civili sono un’atrocità orribile. Anni fa ho letto questa poesia di Dylan Thomas, poeta maledetto del secolo scorso dal linguaggio visionario, é mi è sembrato di risentire le parole dei miei parenti sopravvissuti.


AMONG THOSE KILLED IN THE DAWN RAID WAS A MAN AGED A HUNDRED
When the morning was waking over the war
He put on his clothes and stepped out and he died,
The locks yawned loose and a blast blew them wide,
He dropped where he loved on the burst pavement stone
And the funeral grains of the slaughtered floor.
Tell his street on its back he stopped a sun
And the craters of his eyes grew springshots and fire
When all the keys shot from the locks, and rang.
Dig no more for the chains of his grey-haired heart.
The heavenly ambulance drawn by a wound
Assembling waits for the spade's ring on the cage.
O keep his bones away from the common cart,
The morning is flying on the wings of his age
And a hundred storks perch on the sun's right hand.


FRA GLI UCCISI NELL’INCURSIONE ALL’ALBA C’ERA UN UOMO DI CENT’ANNI
Mentre il mattino si svegliava sopra la guerra
Si mise i suoi vestiti, uscì fuori e morì.
Le serrature cigolarono lente e uno scoppio le disperse,
Lui cadde dove amò, sul marciapiede esploso
E nella funebre polvere del suolo massacrato.
Diglielo alla strada sulla sua schiena che egli fermò un sole,
E nei crateri dei suoi occhi crebbero virgulti e fuoco
Quando tutte le chiavi caddero dalle serrature e trillarono.
Non scavate più per le catene del suo cuore canuto.
L’ambulanza celeste disegnata da una ferita raduna,
Aspettando, i rumori delle pale sulla gabbia.
Tenete le sue ossa lontane dal carro comune,
Il mattino sta volando sulle ali della sua età
E cento cicogne si posano sulla mano destra del sole.

mercoledì 28 aprile 2010

Un'ingenua poesia di Emily Dickinson

... talvolta serve anche anche un po' di ingenuità.


To make a prairie it takes a clover and a bee.
One clover, and a bee,
And revery.
The revery alone will do
If bees are few


Per fare una prateria ci vogliono un trifoglio e un'ape.
Un trifoglio, e un'ape,
e sogno.
Basta il sogno da solo
se le api sono poche.

martedì 2 marzo 2010

Tante cose non si potranno mai avere...

BAJO AL JARDIN (Juan Ramòn Jimenez)

Bajo al jardín. ¡Son mujeres!
¡Espera, espera...! Mi amor
coje un brazo. ¡Ven! ¿Quién eres?
¡Y miro que es una flor!
¡Por la fuente; sí, son ellas!
¡Espera, espera, mujer!
… Cojo el agua. ¡Son estrellas,
que no se pueden cojer!



GIU' NEL GIARDINO

Giù nel giardino! Sono donne!
Aspetta, aspetta! Il mio amore
afferra un braccio. Vieni! Chi sei?
E vedo che é un fiore!
Nella fonte, si, sono loro!
Aspetta, aspetta donna!
... Raccolgo acqua. Sono stelle,
e non si possono raccogliere!

lunedì 7 dicembre 2009

Haiku di Issa

Gli haiku sono un'ormai notissima forma di poesia tradizionale giapponese caratterizzata dalla brevità: la regola metrica é che sia formata da 17 sillabe divise in tre versi di 5 - 7 - 5 sillabe.
Questa enorme concisione da un lato rende facile la composizione, dall'altro la pone a rischio di eccessiva semplicità, banalità o addirittura stupidità. Insomma, bisogna saperla gestire.
Nel mio piccolo mi piace scrivere haiku, ma soprattutto mi piace leggerli. Il mio autore favorito é Kobayashi Issa, uno dei maestri del genere vissuto a cavallo fra XVIII e XIX secolo. Le sue composizioni sono caratterizzate da una gradevole ingenuità, un approccio sempre meravigliato verso il mondo e lampi di semplice saggezza:

Dove ci sono uomini
troverai mosche
e Buddha.

Un sito (in inglese) totalmente dedicato ai suoi haiku é questo. Io lo clicco spesso, magari verso le 11 della mattina quando faccio una breve pausa sul lavoro per bermi una tazza di tè verde. Un tocco di poesia quotidiano prima di rimettermi a registrare fatture...

mercoledì 11 novembre 2009

Borges

Jorge Luis Borges é uno dei miei scrittori preferiti. I suoi racconti fantastici sono un esempio straordinario di come sia possibile creare una narrazione totalmente incentrata su un'idea, realizzando storie/non-storie, qualcosa che é contemporaneamente un racconto, ma anche un saggio o una recensione o una riflessione.
Sicuramente tornerò a parlare del grande scrittore argentino anche in altri post specifici sui suoi libri.
Ma oltre che narratore é stato anche poeta, autore di versi molto intellettuali secondo il suo inconfondibile atteggiamento esistenziale. Talvolta però ha espresso una sorta di pentimento per aver vissuto così intellettualmente e assai poco emotivamente la vita. In effetti sentirsi emotivamente vuoto é una sensazione alienante, mi é capitato di viverla per alcuni mesi e non mi piaciuta per niente.
L'espressione del "pentimento" si trova in diverse poesie. Una é questa:

EL REMORDIMIENTO
He cometido el peor de los pecados
que un hombre puede cometer. No he sido
feliz. Que los glaciares del olvido
me arrastren y me pierdan, despiadados.
Mis padres me engendraron para el juego
arriesgado y hermoso de la vida,
para la tierra, el agua, el aire, el fuego.
Los defraudé. No fui feliz. Cumplida
no fue su joven voluntad. Mi mente
se aplicó a las simétricas porfías
del arte, que entreteje naderías.
Me legaron valor. No fui valiente.
No me abandona. Siempre está a mi lado
La sombra de haber sido un desdichado.


(traduzione)

IL RIMORSO
Ho commesso il peggiore dei peccati
che possa commettere un uomo, non sono stato
felice. Che i ghiacciai della dimenticanza
possano travolgermi e disperdermi senza pietà.
I miei mi generarono per il gioco
rischioso e stupendo della vita,
per la terra, per l’acqua, l’aria, il fuoco.
Li ingannai. Non fui felice. Non fu compiuta

la loro giovane volontà. La mia mente
si applicò alle simmetriche testardaggini
dell’arte che intesse nullità.
Ereditai valore. Non fui valoroso.
Non mi abbandona. Mi sta sempre a lato
l’ombra d’essere stato un disgraziato.