L'ho scoperto tramite
Luca... L'idea di base è nata sul blog
diegozilla... Ci si è cimentato anche
Glauco...
Alex ha proposto una variante (che intendo adottare) di 15 aneddoti anziché 20...
Indegnamente provo a dare il mio contributo.
Quella volta che... una bambina, in prima elementare, mi disse che la mia gomma per cancellare non andava bene perché era "da chirurgo" (parole testuali) e io, che non sapevo neppure cosa fosse un chirurgo, temetti orribili punizioni da parte della maestra e, terrorizzato, nascosi la gomma nella cartella.
Quella volta che... in seconda media, il ragazzino più alto e robusto della classe, il doppio rispetto a me, mi fece uno scherzo di cattivo gusto e io reagii dandogli un calcio nel didietro. Lui mi trascinò minaccioso in un angolo, quasi di peso, e poi, sottovoce, mi confidò che il suo sedere era purtroppo soggetto a emorroidi e i calci ai glutei non gli facevano per niente bene... Infine mi chiese se potevo aiutarlo a fare i compiti perché voleva evitare di essere ancora bocciato - era un ripetente - e da quel giorno fummo praticamente amici.
Quella volta che... una ragazza delle superiori, durante una festa a casa di un compagno di classe, per penitenza ebbe l'obbligo di baciarmi. Lo fece come se le avessero chiesto di baciare un cassonetto della spazzatura. E mi tolse, senza rendersene conto, ogni minima stima che avevo di me.
Quella volta che... all'ultimo anno di università, al termine di una bella passeggiata dalle parti di Trinità dei Monti, dissi alla ragazza che mi piaceva da morire che avevo un desiderio enorme di baciarla. Siccome il vento le scompigliava i capelli facendoglieli finire sul viso, lei li scansò con una mano per liberare le labbra e permettermi di darle il bacio. E oltre all'amore e alla felicità, mi restituì inconsapevolmente un po' di autostima.
Quella volta che... sempre all'università, corso di letteratura inglese quarto anno, una studentessa che sedeva davanti a me si girò per chiedermi un'informazione sugli orari di lezione, e vedendola in faccia il primo, primissimo pensiero che mi passò per la testa fu: "Quanto è bella! Neppure in un'altra vita potrei mai sperare che questa ragazza accetti di uscire con me". E invece era la ragazza che qualche mese dopo avrei baciato a Trinità dei Monti.
Quella volta che... ero vittima di una crisi depressiva - la prima - senza rendermene conto. Mentre viaggiavo in treno verso Roma, in uno scompartimento a sei posti dove tutti i passeggeri erano persone estranee le une alle altre e stavano compostamente sedute in religioso silenzio, io trascorsi un'ora infinita in cui dovetti fare uno sforzo atroce per non scoppiare a piangere come un idiota davanti a quella gente.
Quella volta che... il medico di famiglia mi consigliò di prendere degli antidepressivi per superare lo stress che stavo accumulando a causa del lavoro. Io gli obiettavo che mi sentivo male a causa di due capiufficio stronzi oltre ogni limite, ma lui insisteva che c'era qualcosa di più profondo, lo capiva grazie alla sua specializzazione da psicologo... Sorpreso dalla diagnosi, gli feci alcune domande alle quali lui rispose con dovizia di particolari. Solo in quel momento mi resi conto che quindici anni prima avevo già sofferto dello stesso male senza averlo compreso (e d'altronde, essendomi tenuto tutto dentro senza rivelare niente a nessuno di quel malessere, come avrei potuto comprendere?)
Quella volta che... con alcuni compagni, in terza media, avevamo preso il vizio di taccheggiare gli scaffali della Standa... Per fortuna non ci hanno mai beccato, altrimenti come lo avrei spiegato ai miei genitori?
Quella volta che... a venticinque anni circa (non ricordo con esattezza), rovistando in un cassetto per mettere ordine fra le cose vecchie ritrovai un foglietto del catechismo in cui - su richiesta della suora che ci faceva lezione - ogni bambino doveva trascrivere un voto. Con una calligrafia ancora infantile avevo scarabocchiato "Prometto di non rubare mai", e ripensando agli exploits delle scuole medie che ho appena accennato provai un profondo imbarazzo.
Quella volta che... io e un mio amico passeggiavamo nel porto della nostra città e giungemmo sino alla banchina in cui era ancorata una nave militare francese che, secondo quanto ci era stato riferito, trasportava i famigerati legionari della celeberrima Legione Straniera.
Quando fummo nei pressi trovammo i militari tutti schierati a terra, con indosso una divisa che in effetti aveva le caratteristiche delle uniformi coloniali (tipo i calzoni corti, il colore mimetico sabbia e il berretto con la visiera). Stavamo alle spalle del plotone irreggimentato in rigide file e, inaspettatamente, un soldato in ultima fila - un mulatto con bicipiti ipertrofici e faccia da ergastolano - si voltò in direzione nostra tracciando con le mani l'inequivocabile gesto che universalmente sottintende la minaccia "Ti faccio un culo così".
Dopo un istante di panico ci rendemmo conto che il gesto non era rivolto a noi ma a un suo commilitone che, alle nostre spalle, stava arrivando di corsa in clamoroso ritardo all'adunata della truppa sottobordo.
Quella volta che... In Inghilterra, durante una vacanza studio con altri studenti italiani in un college sito in una zona piuttosto isolata, io e pochi altri decidemmo di esplorare il bosco. Io avevo - o meglio: credevo di avere - una certa dimestichezza perché da bambino ero sempre andato in vacanza in una località piena di fitte boscaglie, e mi offrii di fare da guida per evitare che ci smarrissimo...
Dopo circa un'ora che camminavamo non ci stavo capendo più niente. Ero sicuro che avrebbero dovuto mandare la versione locale della guardia forestale a cercarci. Ma non dissi nulla agli altri, sperai sino all'ultimo nel miracolo e... miracolo: a una svolta dietro una radura ci ritrovammo al punto di partenza, come se avessimo fatto un giro perfettamente programmato. Tutti mi fecero i complimenti per il mio eccellente senso dell'orientamento.
Quella volta che... mia cugina mi disse una certa cosa e mi fece promettere che non l'avrei mai rivelata a nessuno. E io non la rivelai mai: con forza rispondevo che la tal cosa "non mi risultava" quando qualcuno mi poneva determinate domande riguardo mia cugina. Finsi sempre risolutamente di non essere al corrente di nulla e di ritenere le voci in questione "volgari calunnie".
E poi scoprii che nel frattempo mia cugina aveva reso pubblica quella cosa segretissima (senza ritenere opportuno di avvisarmi) e tutti pensarono che io fossi un pessimo cugino che ignorava colpevolmente fatti importanti relativi alla vita di una sua parente stretta...
Quella volta che... tamponai una macchina volontariamente (ma questa l'avevo già raccontata
QUI)
Quella volta che... stavo giocando a pallone con mia figlia in un parco pubblico e a un certo punto il pallone è volato oltre il muro che cingeva un monumento, corredato di un bel cartello con la scritta: "Divieto di accesso. I trasgressori saranno puniti". Con la massima naturalezza ho scalato il muro mentre mia figlia mi rimproverava: "Papà, non si fa, è vietato!" e io per tutta risposta le ho detto: "Dai, vieni anche tu a darmi una mano!"
Trenta secondi dopo i vigili urbani ci stavano cazziando alla grande, e mia figlia mi lanciava occhiate molto simili a quelle di un genitore che ascolta il resoconto delle marachelle compiute dai suoi bimbi.
Quella volta che... avrò avuto sette o otto anni. Giocando a dattilografare con la vecchia Olivetti di mio padre iniziai a scrivere una storia. E non avrei mai pensato che avrei continuato a praticare quel medesimo
gioco nei decenni a seguire...