venerdì 31 dicembre 2010

Ariano's side of Survival - 4

AVVISO: questo post non rientra nella normale routine del mio blog, ma appartiene al progetto Survival Blog


Primo giorno del 2016 (o meglio: un giorno qualsiasi)

Il paesino di cui sono stato re per alcune settimane si chiama Mugnano. Poi sono arrivati i razziatori natalizi e ho capito di non essere più al sicuro, oltre ad aver perso le mie scorte alimentari.
Adattarsi sempre all’ambiente e alle nuove circostanze, questo è il segreto della sopravvivenza. Ergo, dovevo trovare una zona di caccia sicura, priva di nemici più forti di me. Però ho esitato per alcuni giorni. Paura, incertezza, istinto.
Stamattina però era il primo giorno del nuovo anno. Stronzate. Un alba come tante altre, il concetto di “nuovo anno” fa parte dei retaggi anacronistici della mente sapiens. Ma io ho deciso ugualmente di considerarlo un “segnale” e di andare finalmente in cerca di una nuova tana. PRIMO ERRORE!
Dopo pochissimi chilometri ho sospeso incautamente la mia migrazione solitaria. Era inevitabile che transitassi davanti al fratello maggiore di Mugnano, il vecchio borgo tufaceo di Bomarzo, con il cartello turistico che ancora pubblicizzava il Parco dei Mostri. C’ero stato tante volte da bambino, e non mi aveva mai fatto paura. I “mostri” sono opere d’arte, da ammirare più che da temere.
Non avrei dovuto, ok. Gli animali non hanno ricordi. Io invece mi sono lasciato trascinare dai residui della mia umanità e mi sono addentrato nella boscaglia per rivedere le sculture di tufo, un pezzo di memoria di un’epoca talmente lontana che sarebbe stata preistoria persino cinque anni fa, quando ancora la pandemia era solo un trafiletto sulla cronaca estera. SECONDO ERRORE!
La vegetazione era selvaggia, ma non più di quanto sia sempre stata. Non lo hanno mai curato quel parco, era abbandonato a se stesso anche prima dello spopolamento. I rami degli alberi schermavano il sole, foglie secche e erba congelata scricchiolavano con discrezione sotto i miei piedi.
Le sculture erano sempre lì. Ed è accaduto che, a quarantacinque anni suonati, sono rimasto terrorizzato a causa della Grande Faccia. Non mi aveva turbato neppure quando ero un bimbo di sei, da adulto invece mi ha gelato il sangue. Perché stavolta l’ho vista viva. Feroce. Regredita anche lei. Non più elegante e allegorica opera figurativa creata da un brillante artista rinascimentale, ma idolo pagano di un pianeta primitivo, pronto a esigere il suo sacrificio umano.


Sì, la Grande Faccia aveva masticato un uomo. Le gambe erano già nelle sue fauci, mentre il tronco insanguinato ancora penzolava fuori come un boccone in attesa di essere inghiottito.
Era destino che anche le statue si dessero al cannibalismo. In questo mondo nuovo e diverso, nulla può più essere come prima. Se io ho banchettato con carne umana, se gli uomini del futuro lo faranno con ancor più naturalezza, è giusto che la Grande Faccia del Parco di Bomarzo si adegui.
Belle riflessioni eh? No, cazzate. Roba anacronistica. Un predatore non riflette, rischia di distrarsi. TERZO ERRORE!
E infatti c’è mancato davvero poco. Era troppo tardi quando ho capito che quello scricchiolio di foglie non lo stavo causando io. Ormai ero fottuto. Ero solo, in mezzo a una selva buia, perfetto bersaglio per qualunque nemico nascosto nell’ombra. Se ci fosse stato uno di quei “miliziani” ero praticamente già morto, pronto per essere il nuovo pasto della Grande Faccia.
Ne avevo ammazzati diversi di quei bastardi in mimetica: loro entravano in paese, pattuglie di due persone al massimo, e io sfruttavo la posizione nascosta per freddarli alle spalle. Bum bum. Ora la situazione era invertita: io bersaglio allo scoperto, loro cecchini invisibili.
Il terrore è aumentato. Sangue gelato come un’antilope in mezzo alla savana e l’odore di leone a troppa poca distanza per poter anche solo tentare una fuga. Insetto che ormai si rende conto che la foglia di quella pianta carnivora non si sta muovendo a causa del vento, è una morsa che si sta serrando attorno alle sue ali.
Mi sono preparato mentalmente all’idea di morire. Ciclo della natura. Mors tua vita mea. Stavolta tocca a me, ok, fa parte del gioco. Non ho più nulla da perdere. Preda sì, ma almeno boccone indigesto per il predatore, se possibile. Lentamente ho infilato le mani nel giaccone, afferrando le armi. Poi ho concentrato le orecchie verso il suono delle foglie secche. Mi sono girato di colpo verso destra e ho estratto a tutta velocità le pistole, come John Wayne in un film western. Un John Wayne imbranato, perché una pistola mi è caduta, e oltre tutto il rumore veniva da sinistra (evidentemente i miei sensi animali sono abbastanza scadenti).
Ma per fortuna era un “giallo”. Sì, per fortuna. Perché loro aggrediscono da bestie vere (non fittizie come me). Mi stava per saltare al collo, ma lui non aveva armi da fuoco. Ho fatto in tempo a girarmi e gli ho scaricato addosso cinque colpi, anche se il primo lo aveva già steso.
Per fortuna era un “giallo”, lo ripeto. Se fosse stato un miliziano a quest’ora non potrei raccontarlo. In questo nuovo mondo sono più pericolosi certi uomini che hanno mantenuto la loro umanità rispetto a quelli che ormai sono regrediti al cannibalismo endemico della pandemia. Io sono a metà strada, o piuttosto sperduto tra questi due estremi. Sperduto, anche tra i paesini della Tuscia. La mia strada è ancora lunga, ed estremamente incerta.
“Buon anno” a chi ancora mantiene nella sua mente questo bizzarro concetto legato al ciclo di rivoluzione della Terra attorno al sole. Anch'io continuo a concepirlo nella mia testa, e questo è sicuramente il mio QUARTO ERRORE.

giovedì 30 dicembre 2010

Medaglia d'argento

E così sono arrivato secondo nel concorso organizzato da Ferruccio. Complimenti alla vincitrice Michela che ha indubbiamente scritto il raccontino più bello, ma anche tutti gli altri partecipanti si sono ben difesi.
Riguardo il mio scritto dedicato a Borges, volevo fare una precisazione. A prima vista sembra quanto di più lontano possibile ci sia dalla sua letteratura: una partita di calcio, una folla di tifosi, un giocatore che ha appena fallito un rigore... sembra più adatto a celebrare un altro grande scrittore argentino, Osvaldo Soriano.
Però chi ha letto Borges sa bene che uno dei temi che spesso compare nelle sue opere è la passionalità furiosa e irrazionale degli argentini, che egli ammirava senza riuscire a condividere. Mezzo inglese, svizzero di adozione, la sua "argentinità" gli causava quasi vergogna proprio perchè era privo del coraggio guerriero dei suoi antenati e della tempra focosa dei gauchos della Pampa. Il racconto "El sur", o le sue poesie dedicate al nonno combattente e a un noto maneggiatore di coltelli della periferia di Buenos Aires testimoniano proprio questa sua particolare ammirazione per chi è privo di intellettualismo ma ha nel sangue il fuoco dell'azione.
E poi un altro tema tipico di Borges è l' "infamia". Il più celebre dei traditori, Giuda, viene quasi riabilitato dal racconto "Tre versioni di Giuda", e più in generale è una tematica che compare spesso nelle sue opere, a partire dalla "Storia universale dell'infamia". Colui che se ne rende colpevole deve in qualche modo redimersi, anche nella maniera più bizzarra o estrema.
Alla luce di queste precisazioni, vi invito a giudicare il raccontino in questione:

Un brivido oscuro raggelò Garcìa  e si propagò sulle tribune.
I tifosi del River Plate gremivano lo stadio invocando il gol risolutore che sbloccasse lo snervante 0-0 imposto dal Quilmes, in campo con un portiere, tre terzini, sei macellai, e un invisibile santo protettore che aveva eretto un muro davanti alla loro rete.
Invece Garcìa, pazzo per il River sin da bambino, aveva appena fallito un calcio di rigore.
Era il 92°, ormai sarebbe finita col pareggio e lo scudetto volava sulle maglie dell’odiato Boca Juniors.
Si sentiva perduto. Ma quando capì che la vita lo stava lasciando, sorrise. La morte per crepacuore avrebbe eternato il suo immenso amore per il club, salvandolo dalla vergogna.

mercoledì 29 dicembre 2010

Alfa e omega (come ogni fine dicembre)

Visto che siamo alla fine dell’anno, dovrei esprimere una serie di buoni propositi da portare a compimento durante quello nuovo che verrà.
Ebbene, nel 2011 io ho l’intenzione di…
No, ci ho ripensato. Sarà un caso, ma ogni volta che provo a stabilire un obiettivo, o anche solo a ripromettermi di essere più (aggettivo a scelta) e meno (idem), puntualmente non ci riesco. Non voglio dare la colpa al destino, è la classica scusa di chi non ha carattere. E probabilmente il mio problema è proprio questo: senza un’adeguata volontà non si può portare a compimento nulla. Ho dei progetti in testa, certo, ma all’atto pratico sono uno che si accontenta, uno che si arrangia con ciò che ha a disposizione, e la smania per avere le cose che ancora non possiedo non è mai così violenta da soffocare la soddisfazione per quelle che già ho. I risultati sono appannaggio degli ambiziosi, non dei sempliciotti magari insoddisfatti ma non al punto di essere bramosi. E io appartengo alla seconda categoria.
E per quanto riguarda i miei atteggiamenti, purtroppo non riesco mai a essere troppo severo con me stesso: posso anche promettere che eviterò certi comportamenti censurabili, ma so già che all’atto pratico, in determinate situazioni, non riuscirò a controllarmi e mi comporterò (male) come sempre.
L’unica cosa in cui posso provare a sbilanciarmi è l’attività scrittoria, anche qui senza garantire nulla.
Intanto vorrei terminare le cose in ballo: una terza tragedia di Shakespeare rielaborata in chiave noir (sto lavorando su “Macbeth”), il romanzo di fantascienza sociologica che ho già incominciato (ma per questo la strada sarà lunga) e un paio di racconti “da tradurre” di Hiroshi Miura per cui sono già a buon punto. Ancora lui, il mio autore giapponese preferito (^_^) potrebbe fornirmi lo spunto per un’esperienza letteraria in cui non mi sono mai cimentato ma che mi piacerebbe provare: creare il personaggio di una saga, che sia protagonista di diversi racconti avventurosi con tutti gli ingredienti classici. Detto così è un po’ vago, ma spero che le idee mi si chiariscano col passare delle settimane.
Anticipo gli auguri di buon anno a tutti, perché il post di fine anno cade nel week end, e sarà dedicato come ormai d’abitudine al survival blog.
Un felice 2011 a gli amici, ai lettori palesi e a quelli nascosti, con la speranza di continuare a condividere le nostre esperienze on line ;-)

lunedì 27 dicembre 2010

Scritture e idee

In questi ultimi giorni ho finalmente letto come si deve un "classico contemporaneo", ovvero La Storia Infinita di Michael Ende (farà sicuramente piacere a Mirco).
Una cosa che ho notato nella scrittura è la mancanza di ogni preoccupazione a proposito di certe regole "fondamentali" dettate dai manuali del settore. Vi sono avverbi e aggettivi ripetuti più volte all'interno della stessa frase (quindi ripetizione, ma magari sarà colpa del traduttore, non so), frasi involute, concetti espressi due volte consecutivamente con immagini diverse (ridondanza), descrizioni molto "tell" e poco "show"...
La narrazione procede grazie all'inventiva dell'autore. Con buona pace dei tanti precetti sul "come si deve scrivere un buon romanzo". Evidentemente nulla può insegnare la creatività, neppure il miglior manuale di tecniche letterarie. E allo stesso modo nulla riesce a rendere interessante un libro quanto il contenuto che l'autore riesce a infondervi, indipendentemente dal suo modo di scrivere.
Forse si potrebbe obiettare che questo è un libro per ragazzi, che è fantastico, e che le ormai stranote "regole" valgono per la letteratura tradizionale. Io però credo che in linea generale quando si crea qualcosa è inevitabile avere uno stile personale, e questo è una somma delle proprie competenze (libri letti, film visti, etc.), del proprio impegno, della propria inventiva (e questa è un dono innato), anche del manuale di scrittura, perchè no (ma è solo una parte, non certo il tutto), e infine delle proprie esperienze esistenziali. Certi capolavori non sarebbero mai stati realizzati se i rispettivi ideatori non fossero passati attraverso vicende personali molto particolari. Lo stesso Ende potrebbe essere un esempio, visto che la dittatura nazista influenzò negativamente la vita della sua famiglia, e l'esperienza del regime e della guerra costituì per lui un incubo reale. In assenza di questo evento, chissà che direzione avrebbe preso la sua attitudine creativa.
Concludendo, via libera alle idee e al confronto con gli altri. La revisione dei testi lasciamola agli editors ;-)

venerdì 24 dicembre 2010

Ariano's side of Survival - 3

AVVISO: questo post non rientra nella normale routine del mio blog, ma appartiene al progetto Survival Blog


Natale, anno 2015

Negli ultimi anni prima della nuova Era Gialla, ho sempre immaginato Babbo Natale come uno spiritello maligno che si introduce furtivamente nelle case e lascia un pacchettino invisibile con il suo speciale regalo per le feste: una bella maledizione. Che funziona sempre, anche se uno non se ne rende conto.
Stamattina neppure ci pensavo. Anzi, non mi ricordavo proprio che fosse il 25 dicembre. Avevo smesso di contare i giorni e di guardare il calendario.
Però verso l’alba ho sentito un rumore in lontananza. Ho dato un’occhiata dalla finestra della mansarda, la stanza strategica dove dormo e dalla quale si può dominare l’intero paese come un aquila reale su una pianura, o piuttosto come un cecchino in una città assediata.
Era lui, Santa Claus. Aveva un berretto rosso con la visiera, barba grigia incolta, giaccone verde invernale, calzoni militari e anfibi. E poi, a tracolla, il sacco coi regali: una mitraglietta e una cartucciera. Ovviamente c’erano anche le otto renne, con le tute mimetiche e il volto coperto da passamontagna o cappucci neri. Si erano stufate di trainare la slitta, e infatti camminavano su due piedi e viaggiavano sul retro di un furgone. Anche loro avevano i sacchi coi doni natalizi: fucili, pistole, granate, persino un mortaio portatile.
Se avessi avuto un equipaggiamento più appropriato avrei potuto realizzare uno dei miei vecchi sogni da uomo anacronistico e liberare il mondo dal flagello di quello spirito maligno che entra nelle case dei bimbi buoni per regalargli qualche brutta sorpresa (dai bimbi cattivi non ci va perché gli fanno paura, pure vigliacco il trippone mascherato). Ma non avevo i mezzi. Sapete, io non ho il porto d’armi, e quando ho chiesto all’armaiolo di fornirmi un paio di pistole di nascosto lui ha fatto un casino, non si può, è contro la legge, mi revocano la licenza, mi arrestano. Per convincerlo ho dovuto dargli più soldi di quanti ne ho spesi in cibarie. Se gli avessi domandato anche un fucile di precisione e un mirino a raggi infrarossi probabilmente non mi sarebbe bastata la liquidazione.
E così eccomi qua, in posizione vantaggiosa ma con due pistole e basta. Uno contro nove armati, due Beretta contro quattro Uzi, due Winchester, un paio di Remington e di tutto di più. Niente da fare, sarebbe un suicidio. Istinto di sopravvivenza. Nascosto e silenzioso in attesa che il nemico se ne vada.
Mentre il sole non sorgeva, e le nuvole cominciavano a far scendere a terra gli odiosi biglietti da visita delle festività noti come “fiocchi di neve”, Santa Claus e le sue renne incazzate hanno visitato proprio la casa che avrebbero dovuto evitare: la cascina in cui avevo stivato la maggior parte delle mie masserizie: taniche di benzina, scatole di proiettili, e decine di casse con cibi inscatolati. In pochi minuti Babbo Natale mi ha rubato tutto. Nuovo mondo, nuova versione: il vecchietto entra in casa e non ti lascia un cazzo, neppure la maledizione, anzi, si porta via le tue cose più preziose.
Ho valutato se fosse il caso di uscire allo scoperto e tentare una sortita in stile guerrigliero sudamericano: spara e nasconditi, spara e nasconditi. Poi mi sono ricordato che sandinisti, tupamaros, sendero luminoso e montoneros non hanno mai vinto una cazzo di rivoluzione che sia una, e ho concluso che anche se mi avessero derubato di tutto, quanto meno mi restava la vita. E due pistole cariche. E persino qualche derrata alimentare che mi ero portato nella mansarda proprio nell’ipotesi di assedio.
Non c’è stato alcun assedio perché loro non mi hanno visto. Le renne, anzi le cavallette natalizie hanno razziato tutto quello che entrava nel furgone. Dopo un’ora sono arrivati i rinforzi: tanti folletti vestiti di verde, con pistole non giocattolo e machete non di plastica e ben tre camionette per caricare il restante. Il paese sembrava ripopolato. Una succursale del polo nord, tra Santa Claus, renne e aiutanti, senza contare il freddo cane e i tetti delle case disabitate imbiancati.
Per fortuna negli ultimi mesi ho imparato a far scorrere le ore inutilmente senza andare in paranoia. Ho atteso sino a dopo il tramonto, quando la notte ha finalmente posto termine all’ennesimo maledetto Natale della mia vita. Sono uscito con estrema cautela, ma tanto loro non c’erano più. Spariti insieme a proiettili e scatolame. E benzina ovviamente, anche se un paio di taniche le tenevo nascoste altrove, vicino al generatore di elettricità autonomo.
Ora sono nudo. Ho autonomia per dieci, dodici giorni al massimo, poi devo diventare predatore. Non più avvoltoio che attende pazientemente le sue vittime e intanto spolpa i resti di una carogna. Non ho più nulla. Devo riorganizzarmi, sicuramente andarmene, anche se dubito che Babbo Natale ritornerà visto che il 25 dicembre è passato. Però non posso rischiare. Faccio il pieno a una vecchia Fiat e parto. Nei dintorni ci sono altri paesi che conosco bene, ma io me li ricordo solo in versione pre-gialla. Cosa siano diventati ora è un mistero. Proprio come il mio domani.

mercoledì 22 dicembre 2010

Post natalizio

Si avvicina il Natale, che io odio per i suoi aspetti ritual-consumistici e retoricamente moraleggianti nel segno dell’ipocrisia (nessun riferimento agli aspetti religiosi che, anzi, riescono invece a rammentarmi il vero significato della Natività).
Comunque sia, mi arrendo al buonismo d’obbligo e per stavolta intendo redigere un post privo di malignità. Oggi 22 dicembre 2010 voglio stilare un’edificante lista di ringraziamenti per chi ha creato quelle piccole cose che mi rendono più piacevole la vita.
Tanti auguri di buon Natale e infinite grazie a:
-la Alpro Soya per la sua soia gusto cappuccino (trovatevi all'improvviso nella situazione di non poter più bere né latte né caffè, e vedrete che la metterete anche voi al primo posto);
-la Mondadori e la Saturn per aver aperto due punti vendita all’interno di un mega-centro commerciale con annesso outlet (provincia di Roma), dove altrimenti rischierei di suicidarmi una volta al mese mentre la mia lei passa ore e ore fra migliaia di negozi di abbigliamento femminile;
-Matt Groening (i Simpson li conoscete tutti no?);
-il tizio che ha avuto la geniale intuizione di aggiungere una parte adesiva ai foglietti di un comune blocco notes e ha ottenuto il post-it, l’arma segreta di noi impiegati distratti;
-e infine, visto che siamo in inverno, onore all’ingegnere automobilistico che ha capito che, sì, le cinture di sicurezza, l’airbag e l’ABS sono importanti, ma aggiungere un bocchettone per l’aria calda all’altezza dei pedali per riscaldarti i piedi se te li senti congelati è comunque una buona idea.

lunedì 20 dicembre 2010

Haiku

Come avevo già accennato nel mio post dedicato al poeta giapponese Kobayashi Issa, ho una certa passione per gli haiku. Mi piace leggerli, e talvolta scriverli, pur consapevole dei miei limiti.
Le regole sono semplici: diciassette sillabe, suddivise in tre versi da cinque, sette, e ancora cinque sillabe. Io spesso faccio il furbo e applico le regole metriche italiane, pertanto considero un'unica sillaba l'unione fra l'ultima sillaba di una parola e la prima della parola successiva se c'é contatto fra vocali. Ad esempio: “azzurro intenso” é composto da sei sillabe, ma io ne conto cinque perché nella poesia classica italiana  sarebbero conteggiate così: az(1)-zur(2)-ro in(3)-ten(4)-so(5).
Una precisazione importante da fare riguarda i contenuti. L'haiku tradizionale é sempre ispirato alle stagioni e alla natura. Tuttavia esistono componimenti che seguono le stesse regole metriche ma sono improntati al paradosso, alla considerazione intellettuale condensata con un tocco di ironia, o comunque a tematiche più connesse all'umanità che non alla natura. Ad esempio questo di Matsuo Basho (n.b.: per esigenze di traduzione la regola delle 17 sillabe non viene rispettata):

Ammalato mentre viaggio,
i miei sogni vagano
su un campo d'erba secca.

che sintetizza splendidamente l'aridità del mondo circostante e quella intima del poeta malato e stanco.
Volevo invitare tutti a provare a comporne qualcuno. Un passatempo in più per queste giornate freddissime da trascorrere al chiuso ;-)

sabato 18 dicembre 2010

Ariano's side of Survival - 2

AVVISO: questo post non rientra nella normale routine del mio blog, ma appartiene al progetto Survival Blog


Un sabato del mese di dicembre, anno 2015

Provo a spiegare meglio come sono andate le cose.
Quando le prime notizie sulla pandemia e sui “gialli” hanno cominciato a circolare ero scettico, ma poi ho visto dei filmati decisamente crudi sulla tv satellitare. Erano canali credibili come NHK e Arirang, ma per la mia famiglia e i miei compaesani era come se quel programma venisse da Marte. I tiggì Mediaset dicevano di stare tranquilli, e allora tutti tranquilli. Cazzo, la parola di Siria Magri contro quella di uno sconosciuto mezzobusto coreano! Chi era quel muso giallo per contraddirla?
Io ho fatto del mio meglio per convincere la mia donna che bisognava subito fuggire in un luogo sicuro perché era in arrivo il ritorno all’epoca della sopravvivenza pura, mors tua vita mea, ma lei niente. Diceva che ero impazzito. Anche gli altri con cui parlavo erano completamente imbambolati davanti alla televisione, che gli diceva di non preoccuparsi. E quindi non si preoccupavano. Dopo il tiggì seguiva il talk show con la Marcuzzi, quindi sta zitto Ariano, rilassati, ne riparliamo il giorno dopo.
Uno spettacolo penoso. Uomini razionali ridotte a amebe col cervello atrofizzato dalla televisione. Allora ho avuto l’illuminazione. Quel che stava succedendo era GIUSTO! I “gialli” rappresentavano un’evoluzione migliorativa dell’uomo, un suo ritorno all’animalismo puro, selvaggio ma nobile, privo di civiltà ma pregno di dignitoso istinto. E allora bisognava adeguarsi. Diventare come loro.
Come già detto, ho onorato la mia donna facendone il mio primo pasto umano. L’ho resa per sempre parte di me. Poi ho noleggiato un camion, speso tutti i miei risparmi in cibi inscatolati, acqua minerale, armi, proiettili e taniche di benzina, e mi sono ritirato in un paesino isolato della Tuscia. Molta gente era fuggita, perché senza più rifornimenti di medicinali, concimi chimici e mangimi per il bestiame, la vita stava diventando difficile. C’erano rimaste due famiglie soltanto, dieci persone in tutto.
Ho sperimentato la sindrome di accerchiamento già al secondo giorno. Loro erano lì da sempre, amici da una vita, e senza viveri. Io ero uno straniero misterioso, un intruso con tonnellate di cibarie… Se avessero deciso che dovevo dividerle con loro, quante speranze avevo di farcela uno contro dieci?
Ma poi ho capito che non dovevo preoccuparmi. Il mondo era cambiato. Survival of the fittest. Niente scrupoli morali. Ragiona come un predatore e precedi le mosse dell’altro. Durante la notte ho caricato le pistole e ho fatto visita ai paesani. Dieci cadaveri. Due me li sono mangiati, gli altri no perché il terzo giorno iniziavano a puzzare e avevo paura che mi facessero male allo stomaco.
Da quel momento sono diventato il padrone del paese. E l’unico abitante.
Ogni tanto passa qualche “giallo”, e io non posso fare altro che bucargli la testa. Li rispetto seguendo un codice d'onore: io li ammazzo così come loro ammazzerebbero me. Un leale rapporto predatore / preda che può invertirsi in qualunque momento.
Ultimamente si vedono anche dei tizi in mimetica, e ovviamente sparo pure a loro. Sulla radio avevo sentito strani messaggi: dei sedicenti “miliziani” parlavano di “controllo del territorio”, ma non ci avevo dato peso. Comunque ho capito che sono peggio dei “gialli”. Non chiedetemi perché, lo dico seguendo l'istinto. Ormai ragiono tramite l’istinto e basta, mi sono adeguato subito a questo ritorno allo stadio semi-animale dei primi uomini. Infatti sono convinto che non è un caso se io ho immediatamente percepito l’importanza epocale della pandemia e ho saputo ambientarmi nel nuovo contesto. Era ciò che aspettavo – e speravo inconsciamente – da un bel pezzo. Mentre cammino fra le viuzze deserte in mezzo alle case di tufo, con la pistola pronta a far fuoco, mi sento in estrema armonia col mondo circostante. Parte del ciclo della natura. Fiori, cani randagi, mosche. E io. Un nuovo vecchio tipo di belva. Homo sapiens, anzi, homo e basta.
Una sensazione meravigliosa.
Oh, intendiamoci: Alex, Glauco, Luca, Temistocle, Ferruccio o qualunque altro mio amico possono transitare da queste parti senza problemi, mica gli sparo addosso. Anzi, magari possiamo scambiare due chiacchiere. A meno che non abbiate beccato il contagio o mi diciate che sono diventato matto. In questi due casi (beh, forse anche in altri tre o quattro casi un po’ più complessi) l’istinto prevarrebbe. Bum. Ma vi giuro che non vi farei soffrire e vi concederei l’onore di essere rispettosamente mangiati. Per sempre nel mio cuore. E nello stomaco.

giovedì 16 dicembre 2010

Libri vissuti - Il Signore degli Anelli

Non necessita di alcuna presentazione. E' stato uno dei fenomeni letterari della seconda metà del XX secolo, capace di riplasmare il genere fantastico e di appassionare milioni di lettori, oltre a spaccare la critica, divisa fra possibilisti e giustizialisti senza appello.
Viene considerato un libro “per ragazzi”, anche se sono in molti a dissentire. Io l'ho letto da adulto, quindi lontano dalle suggestioni adolescenziali e purtroppo parzialmente privo di quell'alone magico che genera spontaneamente la giovinezza. Ma é stato capace ugualmente di farmi vivere la narrazione. Per me é un "libro vissuto" a tutti gli effetti. Perché Tolkien ha saputo spingersi oltre il semplice aspetto avventuroso e fantastico.
La saga di Conan l'ho letta all'età giusta, mi ha coinvolto pienamente, però a distanza di anni mi rendo conto che R. E. Howard raccontava imprese e combattimenti fini a se stessi, sword & sorcery allo stato puro.
Ne “Il Signore degli Anelli” invece c'é la ricerca di una morale, il tentativo di creare dei valori. La seconda metà del '900 è dominata dal relativismo etico e dall'agnosticismo, anche e soprattutto in ambito intellettuale. Tolkien invece prova a dare una sua particolare collocazione a tolleranza, rispetto, rifiuto della violenza gratuita, abnegazione e spirito di sacrificio. Valori cristiani, é stato notato da alcuni. In effetti l'autore era dichiaratamente credente.
Per questa sua capacità di fondere morale e fantastico con risultati davvero straordinari sul piano dell'inventiva letteraria, inserisco la grande trilogia tra i miei “libri vissuti”. Forse non piacerà mai completamente alla critica e agli esperti, ma un romanzo deve piacere soprattutto ai lettori

mercoledì 15 dicembre 2010

Invidia

Ne avevo già parlato in questo post. Un autore che ha scritto un libro e ha fatto degli spot pubblicitari sulla Rai per promuoverlo (presumo a sue spese).
Lo ha rifatto, e stavolta ha usato come testimonial Manuela Arcuri (potete vedere il filmino su youtube).
Ammetto di essere invidioso. Per promuovere un mio libro io al massimo posso fare passaparola con parenti e amici...

martedì 14 dicembre 2010

Svuotando la libreria

Ringraziando le piogge abbondanti e le pessime condizioni delle pareti esterne del condominio, l'umidità ha potuto tranquillamente installarsi nella mia casa. Un'intera stanza da ridipingere, e un mastodontico mobile da spostare: la libreria. Siamo in tre, ognuno coi suoi libri: per bambini, per donne e per bloggers. Circa 500 pezzi, ovviamente tutti da sfilare e accantonare pazientemente in un'altra stanza in attesa che i lavori siano finiti.
Scavare negli scaffali è stata un' autentica operazione archeologica. Sono emersi libri che avevo dimenticato e che mi hanno rievocato dei ricordi.
Intanto l'università. “Fondamenti di Linguistica”, uno dei testi base del mio primo esame. Primo di una lunga serie. Quante nozioni ormai parzialmente dimenticate... “Libri, editori e pubblico nell'Europa moderna” di Armando Petrucci, saggio interessante ma di cui ricordo poco; o “Morfologia lessicale”, spaventoso almeno quanto il titolo.
Poi il periodo successivo alla laurea, quello delle letture libere. Messer Boccaccio e paron Goldoni, quanto è stato più piacevole leggervi in queste edizioni economiche ma integrali dei vostri capolavori invece che spezzettati e incompleti sui manuali scolastici. Niente annotazioni critiche e nessun professore che indirizza il senso della lettura.
E poi ci sono quelle piccole cose legate ai libri in quanto tali, sensazioni che solo un lettore accanito può capire. Quella sorta di feeling che si crea con un testo scritto. Tipo:
il romanzo che hai detto mille volte “lo devo leggere!”, però è lì intonso (spiacente monsieur Flaubert, “L'educazione sentimentale” devo ancora iniziarlo);
il romanzo elogiato dalla critica che che ti é stato consigliato da persone competenti, ma che dopo tre capitoli hai mollato perché proprio non ti prendeva (“Voyage au bout de la nuit”, le voilà, nulla di personale verso Céline anche se di sicuro non gli perdono le sue posizioni antisemite);
le poesie che a venticinque anni ti piacevano, ma oggi non ti incantano più allo stesso modo (T. S. Eliot non se ne abbia a male, ma la “Terra desolata” e gli altri suoi versi ora mi suonano lontani);
i libri che ti hanno regalato pensando di farti una gentilezza, ma che tu non hai mai neppure aperto (non si offenda don Camilleri, ma “Il cane di terracotta” poco mi attira);
quelle rarità che pochissimi altri hanno (ad esempio una raccolta di poesie di Salvador Espriu tradotte in spagnolo con testo originale catalano a fronte);
i classici che hai letto ma, nonostante tutto, non ti sono mai piaciuti (“Giulia o la nuova Eloisa”, ogni volta che vedo la copertina ho l'istinto a chiedere perdono a Rousseau);
i libri che ancora riescono a farti sognare (“I crepuscolari” e le loro patetiche poesie da adolescenti sfigati le sento più autentiche di tante liriche tecnicamente assai superiori);
quelli scritti da amici e parenti (avete mai letto “The point of splitting” o “Invito”? Beh, se non conoscete Sally e non siete nipoti di Renato, sarà difficile che vi siano capitati fra le mani...);
Tanti libri, tante letture e tanti ricordi e sensazioni. Anche una gran fatica per spostarli, lo ammetto, senza contare che fra qualche giorno bisognerà rimetterli a posto uno per uno. Ma si può fare. Per i libri si può fare tutto :-)

lunedì 13 dicembre 2010

Conversazione immaginaria (forse) - 4

TESTIMONE DI GEOVA: Posso rubarle un minuto?
IO: Veramente vado un po’ di fretta…
TESTIMONE DI GEOVA: Le chiedo solo una cosa: lei crede in Dio?
IO: Sì.
TESTIMONE DI GEOVA: Lei è cattolico?
IO: Sì.
TESTIMONE DI GEOVA: Lei lo sa che la chiesa cattolica le fa leggere una versione della Bibbia inesatta?
IO: Un attimo. Se parliamo di traduzioni della…
TESTIMONE DI GEOVA (interrompendomi): Lei non immaginava che la Chiesa Cattolica le dicesse il falso, vero?
IO (abbastanza infastidito perché odio essere interrotto mentre parlo): Allora, la Bibbia…
TESTIMONE DI GEOVA (interrompendomi di nuovo): Lo sa perché le mentono? Perché…
IO (interrompendolo a mia volta con lo sguardo torvo): All’inizio la prima versione utilizzata era la Vetus Latina, traduzione che si basava sulla versione delle Sacre Scritture in lingua greca creata dai leggendari Settanta Saggi di Alessandria d’Egitto del III secolo avanti Cristo. Lei sa chi erano i Settanta Saggi?
TESTIMONE DI GEOVA: No, però…
IO (deciso): E’ vero che lì ci sono delle ambiguità testuali e mancano interamente alcuni libri ritenuti canonici, però già nel IV secolo San Girolamo venne incaricato di redigere una nuova versione, quella storicamente chiamata Vulgata, e per realizzarla fece riferimento a più fonti, compresi documenti appartenenti alle tradizioni di lingua ebraica e aramaica, reperiti sul posto in un’epoca cronologicamente abbastanza vicina alla predicazione di Cristo…
TESTIMONE DI GEOVA (prova a interrompermi ma guardandomi in faccia capisce che non è il caso)
IO (alzando man mano la voce): Anche in questa versione sono presenti delle ambiguità, tuttavia le inesattezze sono per la stragrande maggioranza relative all’incapacità di trovare un giusto corrispettivo tra le parole originali ebraiche e la lingua latina, e ciò può influenzare solo alcune sottigliezze teologiche ma non il messaggio fondamentale del testo. Comunque sia, già negli anni ’60 venne iniziata una revisione della Vulgata facendo riferimento ad altre trascrizioni antiche con le quali è stato eseguito un riscontro incrociato, e il risultato è una nuova traduzione in lingua italiana. Negli anni ’80 è stata creata addirittura una Bibbia interconfessionale concordata fra Chiesa Cattolica e alcune Chiese Protestanti, dove sono riportate delle note a piè di pagina con le possibili varianti interpretative del testo, così qualunque lettore può consultarle liberamente e farsi una sua idea. Mi sa dire un solo cazzo di motivo valido per ritenere che la vostra traduzione sia migliore?!?!
TESTIMONE DI GEOVA (spaventato, allontanandosi man mano): No, beh, io non mi riferivo solo alla traduzione, ma… Comunque buona giornata, arrivederci.

sabato 11 dicembre 2010

Ariano's side of Survival

AVVISO: questo post non rientra nella normale routine del mio blog, ma appartiene al progetto Survival Blog


Sabato 12 (o forse 14, che importanza ha) del mese di dicembre, anno 2015

A voi evidentemente no, ma a me questo mondo nuovo piace proprio tanto.
Sto trascorrendo il fine settimana, cui seguirà il lunedì. Un anno e mezzo fa avrebbe significato uscire di casa infastidito per infilarsi dentro una scatola di metallo, incolonnarsi col gregge delle altre scatole di metallo, sopportare frastuono di motori, clacson e radio che rovinano il sacro silenzio del mattino, perdere tempo insieme a colleghi di lavoro che non sopportavo e che avrebbero appestato l’aria con le loro chiacchiere inutili.
Invece ora é diverso. Lunedì mi alzerò lentamente, e mi godrò la meravigliosa quiete dell’alba facendo un’oziosa passeggiata fra le strade deserte del paesino in cui mi sono sistemato quando ho capito cosa stava accadendo (non prima di essermi dimesso e aver speso qualche migliaio d’euro in cibi inscatolati, taniche di benzina, armi da fuoco e noleggio di un camion. Quelli del supermercato ridevano mentre io caricavo decine di carrelli con lattine e bottiglie per trasferirli sul rimorchio. Adesso credo che non ridano più).
Sarà un lunedì bellissimo. Passerò un’oretta a osservare il cielo, poi un’altra ora in cima al campanile a guardare il panorama dall’alto, poi magari scriverò qualcosa sul blog (buffo come i post di Alex mi abbiano fatto tornare voglia di aggiornarlo). Poi cosa altro farò?… Mah, non c’è fretta, ci penserò con calma quando sarà il momento. Anni fa sarei andato di corsa in ufficio, attraversando la strada sulle strisce pedonali ma rischiando ugualmente di essere investito dal testa di cazzo di turno che guidava e parlava al videofonino contemporaneamente, e si sarebbe pure fatto una risata spiegando al suo amico che stava per mettere sotto una persona, “Divertente no?”… La classica situazione in cui – inevitabilmente – avrei pensato: “L’ammazzerei questo coglione”, per poi invece lasciar perdere perché altrimenti faccio tardi al lavoro, pazienza, e poi ci sono le leggi, la civiltà, verrei denunciato, etc. …
Ora è tutto più semplice. Mi godo la quiete, e se qualcuno la interrompe con un rumore inatteso sono perfettamente legittimato ad alzare la pistola e sparare. Il contesto mi giustifica. Ormai chiunque potrebbe essere un pericolo per me. Bum! Due, tre, sei colpi. Ascolto i rantoli e aspetto di vederlo strisciare moribondo come una lumaca che sbava sangue. Se è un “giallo” gli do il colpo di grazia per non farlo soffrire, gli scavo una fossa e gli porto rispetto, perché loro hanno una logica e una coerenza nelle proprie azioni. Se invece è uno della milizia gli sputo in faccia e lo lascio agonizzare, perché quelli lì mi fanno veramente schifo. Ancora non ho capito chi li comanda e quali sono i loro scopi, ma di sicuro non voglio avere niente a che fare con loro. Se poi, per ipotesi, ho sparato a un essere umano qualsiasi che non c’entrava niente né coi “gialli” né coi nipotini di Rambo… beh, vorrà dire che per questo lunedì non devo aprire nessuna scatoletta. Accendo il fuoco e mi faccio una bella grigliata all’aria aperta, quella che una volta era un momento di relax ritagliato all’interno di una settimana di stress, e adesso invece é la normalità.
Non avrei mai pensato che un giorno lo avrei detto, e invece lo proclamo a gran voce: adoro il lunedì. E anche il martedì, il mercoledì, il giovedì...

giovedì 9 dicembre 2010

Librerie di qualità

Ultimamente si parla molto del rischio che le librerie indipendenti scompaiano e che la distribuzione libraria finisca completamente nelle mani dei tre giganti Mondadori, Feltrinelli e Giunti, più altre catene a livelli minori (abitando in provincia di Roma mi viene in mente la Arion). Ovviamente con un ruolo sempre più preminente per i distributori online IBS, Libreria Universitaria, BOL e Amazon, e una crescente espansione del libro digitale che non necessita di intermediari tra editore e lettore.
In questo contesto, le librerie indipendenti vengono presentate come oasi di libertà in mezzo a un deserto di omologazione, ameni luoghi a metà fra il circolo culturale e il salotto letterario, ovviamente gestite da illuminati intellettuali che amano i libri e non li considerano merce da vendere.
Andando controcorrente, mi dichiaro non del tutto d’accordo. Premessa: è ovvio che bisogna esaminare caso per caso, ogni libreria fa storia a se. E altrettanto ovviamente sono solidale a prescindere con tutti i librai, ai quali auguro di non dover mai abbassare le serrande per cessata attività. Voglio però dire che conosco molte librerie indipendenti che hanno a cuore un solo tipo di vendita: quella dei testi scolastici, per ragioni talmente ovvie che non vale la pena di spiegarle. Espongono anche narrativa, ma solo i romanzi più pompati dalla pubblicità e vincitori di premi letterari, quindi non brillano per l’originalità dell’offerta. E se uno prova a chiedergli un libro di un editore poco noto ti rispondono che lo ordineranno, ma poi magari passano settimane prima che arrivi, e il gestore non sembra particolarmente infastidito dal ritardo… Insomma, in molti casi sono assai peggiori delle Giu-Monda-Feltri
Credo che – come in tutti i settori – ci vuole la passione, e a volte questa latita. Io mi auguro che le librerie indipendenti sopravvivano, però spero che si pongano davvero come una reale alternativa alle grandi catene, e non come la loro brutta copia.

martedì 7 dicembre 2010

Celebrity

In questi giorni mi è capitato di leggere cose pubblicate da autori contemporanei che sicuramente non erano malvagie, però neppure così straordinarie rispetto a libri respinti da vari editori, e che al momento sono leggibili solo tramite il blog dello scribacchino bocciato. Presumo che a volte sia importante avere le conoscenze giuste, quelle che ti permettono di parlare faccia a faccia (e non tramite un plico postale con manoscritto rilegato dentro) con le persone che alla fine decidono materialmente se la tua creazione merita il codice isbn e un contratto firmato oppure no.
Ma un biglietto da visita davvero irresistibile per ogni editore, soprattutto quelli più affermati, è la notorietà. Sei famoso? Sei un politico, un cantante, un comico, un tronista della De Filippi? Di recente sei stato al centro di una caso di cronaca divenuto di interesse nazionale? Vai tranquillo, il tuo libro uno straccio di pubblicazione la rimedia. Non con Feltrinelli, ma almeno uno dei sei editori che reputava il tuo ultimo romanzo non confacente al suo catalogo, beh, di sicuro avrà cambiato idea.
Quindi finora ho sbagliato tutto già dalla premessa: non dovevo spedire manoscritti, perché devo prima diventare famoso. Dopo che ci sarò riuscito potrò iniziare a preparare i plichi. Il problema è soltanto il come…
Partecipare al GF sicuramente mi aiuterebbe, ma temo che dopo il terzo giorno lì dentro andrei in esaurimento nervoso e mi passerebbe la voglia di scrivere, pubblicare, e probabilmente anche di vivere.
Un omicidio atroce, di quelli che i mass media ne parlano morbosamente per cinque anni, potrebbe essere un’opportunità semplice da portare a termine, ma mi scoccerebbe abbastanza trascorrere ben tre mesi in carcere in attesa di essere rimesso in libertà prima sulla parola, poi tramite arresti domiciliari, e infine grazie all’amnistia necessaria a ridurre la densità delle troppo affollate prigioni italiane.
Diventare il nuovo fidanzato della Arcuri sarebbe ugualmente utile, e confesso che questa opzione mi interesserebbe anche se non fosse di nessun aiuto per pubblicare un libro.
Oppure... ci sono altre possibilità? Qualcuno ha dei suggerimenti?

domenica 5 dicembre 2010

Scritture a quattro mani

La scrittura normalmente è un’attività solitaria, ma esistono anche molti casi di libri scritti a quattro mani. Qualche maligno ritiene che questa opzione sia più frequente del previsto, e che parecchi romanzi firmati da autori ormai affermati in realtà sono il risultato di un lavoro d’equipe: autore, shadow writer, editor… il prodotto finale sarebbe assai diverso se fosse stato realizzato dal primo della lista e basta.
Ma io voglio parlare dei casi conosciuti, quelli dichiarati pubblicamente. Wu Ming (e prima ancora Luther Blisset) è lo pseudonimo dietro il quale si nasconde un noto collettivo di scrittura. Fruttero e Lucentini sono due nomi che è difficile immaginare separati l’uno dall’altro. Fantomas, misterioso protagonista di una serie di romanzi di successo a cavallo fra XIX e XX secolo, è nato dal lavoro d’equipe fra Pierre Souvestre e Marcel Allain. La coppia più celebre è però quella dei fratelli Goncourt, Jules e Edmond (quest’ultimo fondatore del premio letterario omonimo, che col tempo è diventato il più prestigioso di Francia).
In questa metodologia é fondamentale che ci sia il giusto feeling tra due menti diverse, e si può arrivare a livelli estremi. Souvestre e Allain avevano sviluppato una sintonia creativa talmente forte che si dividevano i capitoli: fatta la scaletta, uno scriveva quelli pari, l’altro i dispari, e poi facevano un controllo congiunto finale.
Asociale come sono, dubito che riuscirei a lavorare in coppia con qualcun altro. Però a volte mi piace sognare che i miei limiti personali possano essere superati proprio incontrando un partner scribacchino il cui talento si incastri perfettamente col mio: la somma di due decimali incompleti, entrambi con lo zero davanti, che finalmente conduce all’ 1, al genio intero sia pure suddiviso tra due cervelli distinti.
E’ solo una speranza, lo ammetto. Ma non si sa mai…

sabato 4 dicembre 2010

Conversazione immaginaria (forse) - 3

RAGAZZO 1: Guarda, quello nun capisce un cazzo.
RAGAZZO 2: Nun ha mai capito un cazzo.
RAGAZZO 1: Bravo. Hai detto bene: nun ha mai capito un cazzo. Io lo conosco da quando annava a le scuole medie, e già all’epoca diceva solo cazzate.
RAGAZZO 2: E che cazzo deve dì, nun c’ha er cervello.
RAGAZZO 1: Che cervello, quello nun c’ha un cazzo in testa. Completamente vòta.
RAGAZZO 2: Io me chiedo come cazzo fa a raccontà certe cazzate che…
RAGAZZO 1: Le cazzate che s’inventa? Eh, non c’ha limiti!
RAGAZZO 2: Infatti secondo me quello… ma come cazzo fa uno che non capisce un cazzo come lui a esse’ promosso, boh!
RAGAZZO 1: Perché fa pena. Pensano: povero testa de cazzo, promuoviamolo, sennò questo come cazzo fa se je tocca ripete’ l’anno…
RAGAZZO 2: Sì, ma uno che non capisce un cazzo come quello lì, e alla fine è promosso, è uno scandalo, eh! Io mi ci incazzo! Come cazzo se fa, dico io!
RAGAZZO 1: Che ti incazzi? Se sa che più uno è testa de cazzo e più va avanti.
RAGAZZO 2: Ma quello non è un testa di cazzo, quello nun sa un cazzo, che è diverso.
RAGAZZO 1: Nun sa un cazzo, ma è pure testa de cazzo, credime.
RAGAZZO 2: A me, me sta proprio sul cazzo.
RAGAZZO 1: Sapessi quanto sta sul cazzo a me. Io le teste de cazzo nun le sopporto, e lui più de tutti.
RAGAZZO 2: Lui se crede pure d’esse’ stò cazzo, sa? Lo vedi come cazzo s’atteggia certe volte…
RAGAZZO 1: E’ vero, mica se rende conto che non vale un cazzo come persona…
IO (senza pronunciare una parola mi alzo e mi allontano)
RAGAZZO 1: Che je avremo dato fastidio?
RAGAZZO 2: E stì cazzi. Che cazzo vole quello, mo’ nun se po’ manco parlà?
RAGAZZO 1: Sì, infatti stavamo solo a parlà, cazzo, manco che urlavamo.
RAGAZZO 2: Ma nun hai visto che faccia da cazzo che c’aveva? Sarà er classico fio de papà che se crede d’esse’ stò cazzo...
RAGAZZO 1: Un altro testa de cazzo. Semo circondati.
RAGAZZO 2: Che ce voi fa’, è un mondo der cazzo. C’è sempre qualcuno che rompe er cazzo…

venerdì 3 dicembre 2010

Vita

Lo spunto me lo ha fornito il post di Tim su argomenti seri come il biotestamento e l'eutanasia, al quale non ho voluto fare commenti articolati ritenendo di non poter dire nulla.
Il punto é che davvero mi sento impotente di fronte ad argomenti del genere, così come mi sento frustrato davanti all'ineluttabilità del decadimento fisico e della morte. E proprio a causa di questa frustrazione penso spesso che non vorrei mai arrivare a ridurmi a una larva umana, invecchiata e indebolita, senza più uno scopo.
Perché poi alla fine tutto si esaurisce qui: avere uno scopo per andare avanti. Può venire meno anche quando si é giovani, ma almeno la salute e il benessere fisico bastano da soli a fornire una spinta propulsiva, a compiere tanti gesti quotidiani che - fatti con piacere o per puro senso del dovere - finiscono comunque per trascinarti dentro un meccanismo di azioni incrociate coi tuoi simili, di empatia profonda che trascina la vita senza la necessità di percepirne le motivazioni reali.
Quando tuttò ciò viene meno, beh, il suicidio di Monicelli presumo abbia un'origine del genere. Ho una parente stretta che da alcuni mesi é ridotta in condizioni pietose, ha quasi cento anni, e gli ultimi dieci sono stati una progressiva sofferenza, la perdita graduale di vista, udito, mobilità sulle gambe, lucidità.
Io non so se sia giusto togliere la vita a una persona ormai priva di coscienza che, a suo tempo, aveva detto che prima di ridursi così preferiva morire. Non so esprimermi, lo dico con la massima sincerità.
Però sicuramente riesco a capire il profondo stato di prostrazione mentale che può spingere una persona anziana e malata a lasciarsi andare, rifiutare le cure, e magari accelerare quella che ormai le appare come una lenta agonia.

giovedì 2 dicembre 2010

Frank Frazetta

Torno a parlare di illustrazione, e lo spunto me lo hanno fornito i miei vecchi libri di Howard con la saga di Conan il Barbaro.
Avete presente quelle classiche copertine con donne fatali e supersexy, guerrieri muscolosi e invincibili, città incantate e scenari favolosi? Roba palesemente esagerata per letteratura da edicola, ok, perché no. Ma io (prendetemi per blasfemo) riesco a riconoscergli una sua dignità artistica. In fondo quel tipo di immagini sono create appositamente per descrivere un genere, e ci riescono perfettamente.
Partendo da Conan e dalle tante illustrazioni ispirate al ciclo hyboriano, é stato automatico risalire a Frank Frazetta, di cui ho potuto ammirare una gran quantità di tavole messe online sia da siti ufficiali che amatoriali. L'artista americano purtroppo é morto proprio nel corso del 2010, e io posso solo rendergli un omaggio postumo per come ha saputo interpretare gli universi immaginati da Howard e da altri autori del fantastico-sensazionale tipo Rice Burroughs, ma anche "fumettacci" come Creepy. Tutta roba disdegnata dagli intellettuali oltranzisti, ma che un dilettante come me può permettersi di apprezzare.
Io inserisco solo le abituali tre immagini, ma sul web c'é molto altro.


martedì 30 novembre 2010

Sogno di una mattina di mezzo autunno

A volte mi capita di pensare a cosa farò da anziano, possibilmente pensionato (coi tempi che corrono purtroppo non è una certezza).
Almeno quando sogno vorrei essere libero dalla mia ossessiva razionalità, e immaginarmi mentre faccio un tour lunghissimo da San Pietroburgo a Kyoto, ma inevitabilmente inizio a ragionare in termini oggettivi e concludo che non avrò mai i mezzi economici per togliermi sfizi del genere, anzi, semmai il contrario.
Le uniche cose su cui spero di poter contare (almeno guardando i tanti pensionati che incontro mentre vado in giro a fare commissioni di lavoro) sono la salute e il tempo libero.
Come passerei il tempo non avendo troppi soldi da spendere? In questo momento non avrei dubbi: farei il cacciatore di nuvole. Novembre è un mese umido e piovoso, ma ha il pregio di mettere in mostra le nuvole più belle dell’anno. Bianche, spumose, enormi che spuntano da dietro i palazzi, oppure tendenti al grigio in varie sfumature, come se il cielo fosse diventato un acquerello. Fotocamera digitale e click!, un po’ di scatti alla ricerca della nube più bella.
… Vabbé, per il momento devo andare in banca.

domenica 28 novembre 2010

Conversazione immaginaria (forse) - 2

IO (sto leggendo un ebook sul mio palmare in sala d’attesa in banca)
AVVENTORE: Che è, uno smartphone?
IO (con poca voglia di parlare): No, è un palmare.
AVVENTORE: Ah! Ci si può installare il navigatore satellitare, no?
IO: Volendo, sì.
AVVENTORE: E ci si può pure connettere con facebook tramite il cellulare, giusto?
IO: Giusto.
AVVENTORE: Che è quello, twitter?
IO: No, è un libro.
AVVENTORE (sbalordito): Un libro?
IO: Sì.
AVVENTORE (curioso): L’ultimo di Dan Brown?
IO: No, è di un blogger italiano.
AVVENTORE: Un blog? Allora sei connesso su internet.
IO: No.
AVVENTORE (confuso): Cioè, ma che scrive questo?
IO: Romanzi.
AVVENTORE: Ma come si chiama? Per caso é quello che ha vinto il premio Strega?
IO: No, non ha ancora pubblicato niente. Distribuisce i suoi lavori tramite il proprio blog.
AVVENTORE: Ah, si possono scaricare con emule!
IO: Non c’è bisogno, li offre gratuitamente.
AVVENTORE (dubbioso): Ma è famoso?
IO: No.
AVVENTORE (con l’aria di chi sta facendo un ragionamento): Cioè, questo è un palmare ma non ci stai navigando su internet. Lo usi per leggere un libro. E l'autore di questo libro non è famoso.
IO: Esatto.
AVVENTORE (resta per un attimo sconcertato, poi si alza e va a sedersi da un’altra parte).

venerdì 26 novembre 2010

Prometeo e la guerra - 1935 di Alessandro Girola

Solo in questi ultimi giorni ho letto “1935”, inizio della trilogia ucronica di Alex, e sono talmente in ritardo rispetto alla sua uscita che, mentre io finivo questo primo libro, contemporaneamente sta prendendo forma (e dovrebbe essere disponibile a breve) il terzo.
Io non scrivo mai recensioni in senso stretto, anche per una questione di principio che magari un giorno spiegherò in modo più dettagliato, ma mi limito a esprimere le mie impressioni da lettore/scribacchino che sono ovviamente opinabili.

se l’avessi scritto io: l’atmosfera plumbea con cui parte il romanzo cede il passo a uno stile più pacato, soprattutto in certi capitoli dove effettivamente non è necessario mantenere un clima di inquietudine, salvo poi riprendere man mano che inizia il climax finale in cui si susseguono una serie di colpi di scena. Personalmente avrei mantenuto una certa tensione anche nella parte centrale.
io non ne sarei stato capace: la ricostruzione ucronica è perfetta. Già dall’antefatto (di cui non cambierei una virgola) il lettore viene immerso in questa storia alternativa dove il mostro di Frankestein (o meglio: tantissimi suoi simili “assemblati”) esiste davvero ed è un’arma militare al servizio degli Asburgo. L’infodump per spiegare i dettagli di questa Europa "dieselpunk" (copyright A. Girola) è molto discreto ma esauriente, non annoia, non crea complicazioni al lettore che può comunque documentarsi separatamente tramite una ricca appendice, ed è tracciato in modo verosimile. La scrittura è scorrevole ma non banale, e il romanzo si lascia leggere sino all’ultima pagina senza tempi morti.

Resta l’annotazione più importante: si tratta di una trilogia, e il libro si chiude con un finale che non è un finale, ma solo il prologo al secondo volume della trilogia (che cercherò di leggere quanto prima possibile ;-)

giovedì 25 novembre 2010

Un po' di copertine per i miei ebook

Mi piace ammirare l'arte grafica, ma non ho il talento per produrla.
Luca Morandi invece di talento ne ha in abbondanza, e lo ha gentilmente impiegato per me fornendomi delle copertine per alcuni dei miei ebook, che ora hanno un'immagine a rappresentarli.
Propongo le copertine in questo post ringraziando nuovamente l'amico "cyberluke".




martedì 23 novembre 2010

Per leggere i miei ebook



N.B.: I DOWNLOAD GRATUITI SONO SOSPESI 

Per la lettura dei miei scritti ho applicato qualche modifica.
Il 75% di quel che scrivo è sempre leggibile gratuitamente. Il 25% mancante NON è il finale della storia. State pur tranquilli che se iniziate a leggere un mio ebook non troverete mai una narrazione incompleta, ma solo racconti autoconclusivi. Potete consultare le tre sezioni divise per tipologia di cui rammento i link:
NARRATIVA TRADIZIONALE
NARRATIVA STORICO-FANTASTICA
NARRATIVA ATIPICA
Oppure potete trovarli in un unico elenco su questa pagina statica del blog in cui sono indicate le varie versioni disponibili.
Se restate soddisfatti della lettura e volete fare un complimento al sottoscritto (e magari vi viene anche la curiosità di leggere il 25% mancante nella versione free) sappiate che questi e altri titoli sono disponibili anche su AMAZON (formato prc / mobipocket) al prezzo minimo imposto dal rivenditore (attualmente € 1,10). L’eventuale acquisto diventa quindi una forma di riconoscimento verso l'autore per far capire che il libro è piaciuto (ovviamente un feedback sul blog o su amazon è sempre il complimento più gradito).
Per premiare gli ipotetici acquirenti disposti a spendere 1 € per un mio scritto, nelle versioni a pagamento ho inserito qualche “bonus track” che manca nella versione free (ad esempio un racconto in più o l’aggiunta di una prefazione, praticamente il 25% mancante di cui parlavo sopra).
Infine, c’è la mia PAGINA SU ILMIOLIBRO dove sono disponibili alcuni miei lavori in formato cartaceo. Confermo che ho mantenuto il prezzo di stampa più basso possibile, sia perché le spese di spedizione vanno poi a pesare sul costo globale, sia perché si tratta di libri autoprodotti (ma l’acquirente può preventivamente leggere la versione gratis sul mio blog e decidere anticipatamente se il prodotto è valido).
Ecco, questo è tutto. Buona lettura ;-)

lunedì 22 novembre 2010

Eclettismo

In questi ultimi giorni ho rispolverato le mie letture su Mikhail Bulgakov, passando dai “Racconti di un giovane medico”, letteratura tradizionale estremamente realista a “Diavoleide”, surreale e grottesca parodia della burocrazia, senza dimenticare “Cuore di cane”, romanzo fantastico con intenti satirici.
Quello che mi colpisce in autori come Bulgakov è la capacità di passare da uno stile all’altro, non solo come genere ma anche e soprattutto come linguaggio. “Diavoleide” in particolare é decisamente sperimentale e pieno di suggestioni e immagini che disorientano il lettore, in netto contrasto con la prosa lineare dei “Racconti”.
Parlando di me, in una scala infinitamente più bassa rispetto al grande scrittore russo, anch’io tendo a cimentarmi in più generi e stili, secondo l’ispirazione del momento. E forse sbaglio.
Mi chiedo spesso se questo eclettismo sia una scelta giusta, ma in fondo rientra nel mio carattere, e non solo per le mie inclinazioni scribacchine. Da sempre mi riesce più spontaneo andare di palo in frasca...

domenica 21 novembre 2010

Esiste pure questa...

Essendo un frequentatore di librerie (anche virtuali), non posso fare a meno di notare certi titoli che compaiono sugli scaffali...
DISCLAIMER: io ho il massimo rispetto per i libri e per chi li scrive. In questa "rubrica" saltuaria magari non sembrerò tanto rispettoso, ma é solo un modo di scherzare sul variegato universo delle pubblicazioni editoriali italiche, senza voler offendere nessuno.

In questo caso più che “questo libro esiste” sarebbe il caso di dire “anche questo editore esiste”…
Tutto è partito da un libro, che ho notato per caso sul sito di amazon mentre ne cercavo un altro. In genere quando compare un elenco di libri mi basta un attimo per spuntare i vari titoli (giusto il tempo di capire se è quello che cerco oppure no) ma in questo caso sono rimasto… sconcertato. Vorrei vedere voi se trovaste un titolo di questo genere:

La Tensione, E La Pressione Dispvtanti Qual Di Loro Sostenga L' Argantovivo Ne' Cannelli Dopo Fattone Il Vuoto

Ho immaginato fosse un libro antico, e lo è, ma sembrava assurdo sia il titolo sia l’autore, senza contare l'editore "unknown", sconosciuto. Allora ho cercato di trovare più informazioni nel web, e alla fine ho trovato associato questo titolo alla “Nabu Press”.
Però ho scoperto anche che questo bizzarro editore non ha un sito internet, non ha link, non ha nulla di rintracciabile. Però vanta migliaia di titoli, ma acquistabili solo su amazon o su altri rivenditori on line tipo webster (vedi qui per esempio). Si nota subito che le copertine spesso sono identiche, e TUTTI i libri sono descritti così:
This is an EXACT reproduction of a book published before 1923. This IS NOT an OCR'd book with strange characters, introduced typographical errors, and jumbled words. This book may have occasional imperfections such as missing or blurred pages, poor pictures, errant marks, etc. that were either part of the original artifact, or were introduced by the scanning process. We believe this work is culturally important, and despite the imperfections, have elected to bring it back into print as part of our continuing commitment to the preservation of printed works worldwide. We appreciate your understanding of the imperfections in the preservation process, and hope you enjoy this valuable book
Traduzione rapida: "é un libro con copyright scaduto, e se sulle pagine ci sono macchie, sbavature, etc. è perché si tratta della scansione di un originale antico. Speriamo che lo apprezziate per il suo valore storico".
Piccolo particolare: i libri in elenco (quasi tutti) si trovano già scansionati su google libri o altrove, e ovviamente sono scaricabili gratuitamente.
Per capirci, se io comprassi un libro "antico" di questa sedicente casa editrice, loro non farebbero altro che connettersi su google libri e stampare tramite print-on-demand un libro già scansionato da Google (cosa che potrei fare anche per conto mio), e poi spedirmelo facendomelo pagare dagli 11 ai 50 euro più spese di corriere…
commento: ma qual è lo scopo di una cosa del genere? Non può essere solo il cercare di spillare soldi al prossimo, perché la ectoplasmatica “Nabu Press” qualche costo comunque ce lo avrà, quanto meno per attribuire i codici ISBN e per l'inserimento dei titoli negli internet bookshops. Inoltre, per la maggior parte sono documenti che quasi nessuno si sognerebbe di comprare (neppure io, pensate un po'). Perciò, qual é lo scopo?
consiglio: lo do a me stesso: basta scrivere, da oggi in poi voglio diventare editore. Perché uno che riesce a inventarsi una cosa come quella appena descritta, dimostra di avere una creatività davvero pazzesca. Roba che nessuno scrittore potrebbe mai eguagliare.

venerdì 19 novembre 2010

Conversazione immaginaria (forse)

AVVENTORE (leggendo il giornale): Ma che vonno cambià i programmi scolastici, tanto i giovani d’oggi so’ ignoranti. C’hanno tutti il diploma, ma ne sanno meno di noi co’ la quinta elementare. Tu ce l’hai il diploma?
IO (accettando incautamente di conversare): Sì.
AVVENTORE: Ecco, tu lo conosci il latino?
IO: No, non ho fatto il Classico…
AVVENTORE: Ecco, io, a settant’anni conosco il latino, e mica ho fatto il liceo! Rose rosarum rosis rosas rose rosis! Tu mica lo sapevi, eh?
IO: No.
AVVENTORE: E le poesie! Che tra i ragazzi d’oggi ce ne sta uno che sa le poesie? Manco uno! Io me le ricordo tutte invece! La nebbia agli irti colli piovigginando sale, e sotto il maestrale urla e biancheggia il mar… Non insegnano più niente! Ai tempi miei sì che c’insegnavano bene le cose!
IO (continuando stupidamente a farmi coinvolgere nella discussione): Il fatto di imparare le cose a memoria non credo sia rilevante. Una cosa che mi fastidio – questa sì – è che non riescono quasi mai a terminare il programma e a arrivare almeno al ventesimo secolo. Autori come Svevo e Pirandello andrebbero studiati meglio…
AVVENTORE (con aria decisa e sdegnata): Pirandello lo possono pure saltà, tanto nun serve a niente.
IO (cominciando tardivamente a capire): Come non serve a niente?
AVVENTORE: Tu l’hai mai visto “Sei personaggi in cerca d’autore”? Cioè, nun è una cosa normale, quella è roba bona pe’ er pissicologo! A me me so’ bastati cinque minuti in televisione e poi ho subbito cambiato canale.
IO (inspiegabilmente fiducioso nel voler insistere nella discussione): E’ un testo teatrale complesso, però la letteratura di Pirandello è qualcosa di gigantesco, non è solo “Sei personaggi in cerca d’autore”. Ha scritto tantissime opere di narrativa tradizionale piene di spunti straordinari, e c’è anche dell’umorismo. Infatti molte novelle di Pirandello hanno avuto successo proprio perché erano perfettamente comprensibili per tutti, e spesso avevano elementi comici.
AVVENTORE: Comici? Pirandello? Me sa che stai a sbajà, eh!
IO: Beh, per fare un esempio: “La giara” e “La patente” sono due racconti divertenti, anche se hanno contenuti profondi…
AVVENTORE (ridendo con l’aria di chi la sa lunga): Eccolo là, te lo dicevo che a voi non ve insegnano niente! “La giara” e “La patente” nun sono di Pirandello, ma del grandissimo Edoardo De Filippo. E tu sicuramente nun lo sai, ma de “La patente” hanno fatto pure un film col grandissimo Totò, che oltre a essere un grandissimo comico era pure un grandissimo poeta. Tu l’hai letta “A’ livella”?
IO (meglio tardi che mai, finalmente mi sono reso conto): Sono argomenti interessanti, però adesso devo andare perché… mi aspettano… altrimenti faccio tardi… Arrivederci.
AVVENTORE (soddisfatto di se):  'A morte 'o ssaje ched'e? E’ una livella… Altro che Pirandello, dovrebbero insegnà Totò ai giovani d’oggi. Ma tanto che ne sanno, nun sanno niente!

mercoledì 17 novembre 2010

E.L.I.T.E. di Glauco Silvestri

Come avevo già detto tempo fa, ho preso l’abitudine di utilizzare il palmare e il software gratuito mobipocket per leggere in formato digitale gli ebook disponibili in rete, soprattutto classici con il copyright ormai scaduto, ma anche autori contemporanei che rendono disponibili le proprie opere.
Ovviamente non potevano mancare gli autoprodotti, e dovendo fare una scelta ho optato per quelli che già conosco via web.
Glauco Silvestri è stato un riferimento per me, poiché tramite il suo blog ho raccolto molte informazioni utili sull’editoria. Inoltre mi è stato d’esempio per creare un mio blog e per trovare il coraggio di mettere on line i miei scritti.
Ma qui voglio parlare di lui come autore. Ho letto diversi suoi racconti: “Strage”, Sogna Sarajevio”, “Gloria” (ne avevo già parlato qui), “L'uomo dei compleanni”, “N.D.E.” e una prova di fan art come “Inferno”. Nei giorni scorsi ho aggiunto all'elenco “E.L.I.T.E.”, che é ispirato a un videogioco, ma nel mio caso appariva totalmente privo di questo legame creativo poiché non conoscevo il videogame in questione, e quindi l’ho letto senza alcuna predisposizione specifica. Tuttavia qualcosa mi ha risvegliato, ma solo per motivi generazionali: un ricordo della fantascienza stile anni ’80 (*).
La vicenda si snoda in un futuro ipertecnologico dove però le rotte spaziali assomigliano alle piste dei pionieri del vecchio west, e presumo che non sia un caso se a un certo punto…
Ma non intendo spoilerare, mi limito a esprimere le mie opinioni da lettore-scribacchino, non da critico.

se l'avessi scritto io: essendo un racconto ha una lunghezza limitata, tuttavia certi passaggi (soprattutto nel finale) potevano essere maggiormente ampliati, la vicenda lo meritava.
io non ne sarei stato capace: cala perfettamente nell’atmosfera dello space far west che accennavo. Si vola verso la misteriosa Confederazione, si gioca tra passato e futuro, sembra di stare davvero lì accanto a Jonathan O'Reele, e la lettura fila che è un piacere.

Complimenti all'autore, e adesso non posso più rimandare la lettura di altri suoi lavori di fantascienza, stavolta formato romanzo.

(*) per Glauco: mi sono ricordato, il titolo era "Bryger"

lunedì 15 novembre 2010

Roberto Innocenti

 Avevo accennato qualche giorno fa all'intenzione di approfondire la mia conoscenza nel settore dei libri illustrati contemporanei, e il primo post sull'argomento lo dedico al nostro connazionale Roberto Innocenti, che a quanto ho avuto modo di capire gode di maggior fama all'estero che non in Italia.
Sul web ho potuto reperire un certo numero di informazioni, e soprattutto di esempi del suo lavoro, e sono rimasto davvero colpito dalla sua abilità nell'uso di prospettive particolari: vedute dall'alto, o dal basso, inquadrature con punto di fuga inusuale rispetto a quello tipico. E poi una cura minuziosa dei dettagli e delle scelte cromatiche perfette. Riporto come esempio tre sue tavole relative a Pinocchio, probabilmente il libro per ragazzi italiano più conosciuto (e illustrato) al mondo, dove era quindi difficile essere originale, eppure... Giudicate voi.
(N.B.: se volete vederle con uno zoom maggiore, e insieme ad altre della stessa serie, provate su questo link)

sabato 13 novembre 2010

Giganti contro

Esistono i mostri sacri della letteratura, decretati tali dai critici e dalle opinioni favorevoli degli addetti ai lavori.
Non necessariamente piacciono anche ai lettori, o almeno non a tutti. L'apprezzamento di uno stile narrativo é un fattore estremamente soggettivo (come qualunque altra cosa :-), e la maggior parte di noi "utenti finali" dell'opera letteraria non dispone del necessario background culturale per poterla valutare "oggettivamente" (parola grossa quando si parla di scrittura e arte in genere, ma questo é un altro discorso).
Comunque, la cosa curiosa é quando un mostro sacro viene criticato da un suo pari.
William Shakespeare è sicuramente odiato da tantissimi studenti inglesi, così come Manzoni é detestato da migliaia di studenti italiani. Ma quando a trovare difetti nelle opere di Shakespeare (anche quelle ritenute capolavori) é George Bernard Shaw (1856-1950), premio Nobel per la Letteratura nel 1925 e premio Oscar per la miglior sceneggiatura cinematografica nel 1938, la cosa diventa intrigante. Come nascono questi scontri fra giganti (anche postumi, come quello citato)? Cosa spinge due grandi della letteratura a criticarsi reciprocamente? Possono subentrare questioni ideologiche e antipatie personali, o tutto é davvero legato all'impressione che il rivale - classico o contemporaneo che sia - goda di una stima eccessiva rispetto ai suoi meriti effettivi?
I casi di questo genere sono molti nella storia della letteratura.
Nel XVIII secolo Voltaire non sopportava le opere di Blaise Pascal (vissuto circa cento anni prima), che a sua volta non apprezzava i saggi di Montaigne (secolo precedente al suo).
Parlando invece di schermaglie fra autori che hanno potuto confrontarsi anche faccia a faccia poiché viventi nella stessa epoca, é noto che l'autore di romanzi polizieschi Raymond Chandler non sopportava lo stile dei gialli di Agatha Christie e Conan Doyle.
Ecco, é una questione che mi ha sempre interessato. Quanto meno perché fa pensare che sia sempre legittimo criticare, anche quando si parla di giganti apparentemente intoccabili del grande universo letterario.

giovedì 11 novembre 2010

Avventura

Come avevo preannunciato, ho reso disponibile un nuovo racconto.
L’ho inserito nella sezione della narrativa tradizionale (secondo link in questo messaggio).
Ha un ambientazione storica (per me è sempre un piacere rievocare la Venezia del XVIII secolo) ma é fondamentalmente una novella sentimentale, che parte come una riflessione sui viaggi e sul loro scopo. Il viaggio come metafora dei turbamenti della vita e al tempo stesso come fuga da questi turbamenti, senza mai perdere la sua natura di ricerca di qualcosa di nuovo e diverso.
Riporto di seguito il preambolo al racconto:

AVVENTURA
Il viaggio non inizia nel momento in cui si parte.
Il viaggio comincia quando l’irrequietezza pervade lo spirito, e ogni luogo conosciuto assume la forma di una prigionia nascosta ma percepibile. Un carcere talmente ampio da non riuscire a scorgere l’esatto perimetro delle sue mura. I guardiani hanno le fattezze delle persone conosciute, i loro gesti sono i medesimi di sempre, e nessuna sbarra apparentemente ostacola il cammino. Eppure la pelle stessa sembra diventata un involucro che costringe all’inerzia il desiderio di evadere. Persino su nel cielo sembra di scorgere le travature di un soffitto.
E’ possibile sfuggire a questa curiosa sensazione solo spostandosi altrove.
Il primo passo è immaginare l’altrove con la mente, e talvolta può persino bastare.
Il secondo passo è partire fisicamente verso una destinazione, che sovente non è la vera meta del viaggio. Quella è nascosta dentro l’anima, e lo spostamento del corpo è solo uno strumento per cercare di raggiungerla intimamente.
Il terzo passo è quando il viaggio assume i contorni dell’avventura. Colui che ritorna non è la stessa persona che era partita.

martedì 9 novembre 2010

Un lettore per Hamlet noir

Ho scoperto in modo casuale negli ultimi giorni che Angelo "The Swordman" ha letto e recensito sul suo blog la mia rielaborazione dell'Amleto.
Lo ringrazio per aver utilizzato parte del suo tempo e un post apposito per un mio scritto, e prometto di fare tesoro di quanto da lui segnalato, soprattutto ciò che "non va".
Nel frattempo rammento che il racconto in questione forma adesso un piccolo ebook assieme ad un'altra rielaborazione ("Tito Andronico"), ed é disponibile col titolo "Shakespeare noir" tra i miei scritti atipici (né letteratura tradizionale né storico-fantastico, per capirci, terzo link nella pagina dei downloads).

lunedì 8 novembre 2010

Bologna Book Fair

Grazie a un servizio molto esauriente de La compagnia del libro, il programma di TV 2000 di cui avevo già parlato in termini lusinghieri e per il quale confermo gli attestati di stima, ho potuto viaggiare virtualmente sino alla Book Fair di Bologna, evento editoriale in cui si celebra un genere che onestamente non rientra tra i miei favoriti, ovvero il libro per l'infanzia, ma che é stato esaminato da un punto di vista per me interessante: l'illustrazione.
Al giorno d'oggi i libri illustrati sono considerati esclusivamente un genere per bambini, almeno in Italia. Spesso il loro corredo grafico ricalca proprio lo stile della prima infanzia, con disegni naif abbastanza simili a quelli che produrrebbe un ragazzino di sei anni col pennello in mano.
Ma in passato i libri illustrati non erano riservati ai più piccoli. Anche i romanzi d'avventura per adolescenti (e, perché no, per gli adulti) erano finemente illustrati con graziosi capolavori di arte pittorica che accompagnavano la lettura. Le "tavole" di Aubrey Beardsley e di Edmund Dulac (di cui ho parlato in un paio di post e i cui nomi compaiono infatti nell'elenco delle etichette) non corredavano la favolina di Nuvoletta e dell'uccellino Cipcip, ma i racconti cavallereschi di re Artù narrati da Thomas Malory e pregiate edizioni antologiche sui miti greci.
Insomma, l'illustrazione sul libro aveva una sua dignità pari al testo, anche per i lettori adulti.
A quanto sembra in Italia siamo (tanto per cambiare) indietro, tanto é vero che gli illustratori sono costretti a guardare i mercati esteri per lavorare.
Per un appassionato di arti grafiche e di codici miniati come me, questo terreno é sicuramente interessante. Vedrò di sfruttare quanto più possibile il web per scoprire quel che offre il mercato anglosassone, che purtroppo continua a superare sotto ogni punto di vista quello nostrano. E comunque in questo settore ha una grande e consolidata tradizione risalente all'Età Vittoriana.

domenica 7 novembre 2010

Una poesia di Walt Whitman

A CLEAR MIDNIGHT

This is thy hour O Soul, thy free flight into the wordless,
Away from books, away from art, the day erased, the lesson done,
Thee fully forth emerging, silent, gazing, pondering the themes thou lovest best,
Night, sleep, death and the stars.


LIMPIDA MEZZANOTTE

Questa é la tua ora, Anima, il tuo volo libero nell'assenza di parole,
Lontano dai libri, lontano dall'arte, il giorno cancellato, i compiti fatti,
Tu che emergi pienamente, silenziosa, sguardo fisso, riflettendo sulle materie che più ami,
Notte, sonno, morte e le stelle.

venerdì 5 novembre 2010

Il punto della situazione - il sequel !

Se qualcuno sta pensando che sono a corto d’idee… evidentemente ha un’ottima memoria, perché io stesso ho ammesso che quando faccio “il punto della situazione” significa che non so proprio cosa postare.
In effetti “fare il punto” serve anche a autoconvincermi che, siccome sto scrivendo qualcosa e lo dichiaro addirittura pubblicamente, devo andare avanti ad ogni costo e non arenarmi.
Qualcosa di concluso già esiste. Ho ultimato il racconto ucronico per il concorso di Alex, e glielo ho inviato. Inoltre, ho praticamente terminato la revisione di un altro racconto un po’ inusuale per me, una narrazione sentimentale ambientata nel XVIII secolo, ma in cui l’elemento storico non è poi così importante. Probabilmente la metterò on line entro qualche giorno, o forse la pubblicherò a puntate sul blog se la crisi di idee persiste ;-)
Sto iniziando inoltre una revisione più complessa, quella de “L’ultimo libro del Maestro”. Da un lato posso contare sull’editing di Tim, che ringrazio sentitamente per avermi pazientemente annotato tutte le cose che non "filano", dall’altro devo evidentemente riscrivere alcune parti, soprattutto il finale. Non sarà una cosa tanto rapida.
Infine i progetti futuri.
Ho iniziato a scrivere i primi capitoli di un romanzo di fantascienza sociologica ambientato nel futuro, ma qui non posso porre alcuna scadenza. Ci potrebbero volere mesi e mesi.
E poi sono tentato dall’idea di “tradurre” un'altra novella di Hiroshi Miura, l’immaginario scrittore giapponese autore del “Romanzo sensazionale”. Ho qualche idea per la testa, ma solo in embrione. Niente di scritto per il momento.
Che ne dite, può bastare?

mercoledì 3 novembre 2010

Le note del guanciale

Visto il mio patologico interesse per la cultura giapponese, e la congenita propensione a leggere cose strane (non è vero, Mirco?), era inevitabile che finissi col comprare “Le note del guanciale” di Sei Shonagon, sorta di diario semi-privato di una dama di corte del X secolo d.c.
Niente di apparentemente più lontano dai nostri giorni, sia in termini cronologici che culturali.
Eppure, sebbene possa sembrare assurdo ho come l’impressione di esplorare un… blog.
Nel raffinato e ozioso mondo dei cortigiani di Heian (l’antica capitale del Giappone) questi “diari” erano - a quanto sembra - un passatempo diffuso. Erano privati ma non troppo, nel senso che quasi certamente venivano fatti leggere ad altre persone della corte (più o meno come i post dei nostri blog), quindi il contenuto era "preparato" in modo da poter essere apprezzato da un lettore. Inoltre, procedevano senza un filo logico. Così, la dama che si nasconde dietro il nome di Sei Shonagon magari racconta un episodio curioso capitato a corte. Poi in un’altra pagina invece si lancia in una poetica descrizione dei momenti più belli della giornata a seconda delle stagioni. In quella successiva si mette a fare delle liste… Sì, proprio delle liste! Come facciamo noi sui blog? “I 5 film che mi sono piaciuti di più”, oppure “I 10 capi d’abbigliamento che non indosserei mai”. Sei Shonagon elenca “cose fastidiose”, o “cose armoniose”, ma con la massima leggerezza (ad esempio, tra le cose fastidiose inserisce il fatto di accorgersi che un paio di parole scritte su una lettera non andavano bene, ma solo dopo che la lettera in questione è stata ormai consegnata al destinatario).
La trovo una lettura piacevolmente frivola ma al tempo stesso intrigante. Aiuta a calarsi in un’antica corte imperiale, tra giovani cortigiane con un notevole grado di libertà individuale, quasi paragonabile a quello delle ragazze di oggi. C'é il fascino del documento storico e la profonda umanità di situazioni e sensazioni che potrebbero essere attuali (i cortigiani al tempio per la funzione religiosa, che seguono poco il sermone e invece cercano di scorgere le donne più interessanti all'interno dei loro palanchini, gli amanti che si incontrano segretamente durante la notte...)
E poi non necessita di continuità, si può leggere a sbalzi, pochi minuti al giorno… esattamente come un blog!
Insomma, è proprio vero che tutto ciò che possiamo immaginare forse già esisteva prima di noi.
Annotazione finale: fa il paio con un post di Alex, e riguarda il prezzo. Anche se conosco abbastanza bene l’inglese avrei preferito leggerlo nella mia lingua madre, salvo scoprire che una selezione italiana delle “Note” è presente nei cataloghi librari nazionali al modico prezzo di 21 euro (peraltro scontato, perché il prezzo di copertina sarebbe 28 euro).
Ho cercato su libraccio.it, ma non esisteva una copia usata. Allora mi sono rivolto ad amazon… In cinque minuti ho reperito una copia usata “state: good” (praticamente nuova, pagine in perfette condizioni) e ho comprato “The Pillow Book of Sei Shonagon” edito dalla Penguin al prezzo di  6,25 euro, spese di spedizione incluse!
Seguendo lo stile diaristico di questa dama giapponese mi viene da concludere:
“Cose piacevoli: mantenere l’abitudine a leggere in inglese risparmiando 14 euro” ;-)

lunedì 1 novembre 2010

La parte manuale della creazione di un libro

In un vecchio post avevo accennato al fatto che alcuni miei libri li ho “creati” anche nel senso materiale della parola. Stampati e rilegati con copertina di cartone.
Non è difficile. Bisogna solo armarsi di taglierina e avere la pazienza di smezzare un po’ di fogli A4 in modo preciso e senza strappi, controllare costantemente l'alimentatore della stampante perché la funzione fronte/retro coi fogli formato A5 crea spesso degli inceppamenti, assicurarsi che le pagine così ottenute siano nell’ordine giusto, compattarle in modo che il blocco dei fogli risulti perfettamente liscio (soprattutto sul lato sinistro che costituirà il dorso del libro), tenere fermo il blocco con l’aiuto di una pressa, spalmare colla abbondante sul lato sinistro, e dopo che si è asciugata fare una serie di incisioni con la taglierina su cui inserire dei pezzetti di filo. Basta una seconda passata di colla, un cartoncino bristol poco più grande di un foglio A4 su cui è stata disegnata (meglio ancora stampata) la copertina al punto giusto, si ripiega in modo da adattarlo al blocco dei fogli ormai rilegati, e il libro fatto in casa è pronto.
Può sembrare stupido, ma compiere questa semplice operazione (che comunque richiede qualche ora di lavoro) mi ha sempre dato soddisfazione. Anzi, ogni tanto mi viene voglia di rifarlo. In fondo a me i libri piacciono anche come oggetto materiale, e non solo per i loro contenuti.

sabato 30 ottobre 2010

Ucronizzate la Storia!

Anche se il mio blog non é certo la piattaforma ideale per promuovere un evento (non ho tutti questi gran contatti), raccolgo doverosamente l'invito di Alex a pubblicizzare il concorso letterario "Ucronie Impure".
E' un'iniziativa sicuramente coraggiosa e meritevole di attenzione, considerando che competizioni di questo genere abbondano, ma nel 99% dei casi non conducono assolutamente a nulla, anche perché spesso organizzate da enti locali o associazioni culturali che all'atto pratico non so quanto siano davvero entusiasti di leggere racconti, e forse si inventano concorsi letterari solo "tanto per".
Alessandro Girola invece, nel suo piccolo, ha già coinvolto una casa editrice, ha messo sul piatto un premio in denaro e in libri, e soprattutto sta portando avanti la cosa con un entusiasmo contagioso e ammirevole. Sicuramente parteciperò, e spero che siano in tanti a farlo.

venerdì 29 ottobre 2010

Sospetto

Da un po’ di tempo ho iniziato a tenere il conto dei downloads dei miei ebook, più che altro per capire se c’è davvero qualcuno che mostri interesse scaricandoli (leggerli è un altro paio di maniche, ma ovviamente la seconda azione non potrebbe esistere senza la prima).
Con mia sorpresa ho notato che il più gettonato in assoluto non è un mio libro… In cima alla hit parade dei downloads c’è “Reginald”, la mia traduzione in italiano di alcuni racconti dello scrittore inglese H.H. Munro “Saki”.
Mi è venuto un tremendo sospetto: poiché, oltre alla traduzione, c’è anche una prefazione stile saggio scolastico e un apparato critico con l’elenco delle opere di “Saki”, non sarà mica che uno studente ha scoperto su internet questo lavoro bello e pronto da presentare al professore di inglese e ha fatto circolare la voce tramite qualche social network?
Se fosse così, spero almeno che qualcuno mi ringrazi se è riuscito a prendere un bel voto...

giovedì 28 ottobre 2010

Un grazie a Tim

Ricevere una recensione positiva fa sempre piacere, é inutile negarlo e fare i finti modesti: i complimenti sono sempre un ottimo carburante per la propria soddisfazione personale.
Ma il post che Tim ha dedicato sul suo blog a "L'ultimo libro del Maestro" é veramente piacevole poiché ha saputo cogliere proprio certi aspetti che avevo voluto inserire nel romanzo, e questo mi fa pensare che, forse, tutto sommato, sono riuscito almeno in parte nei miei propositi iniziali.
Ho preso atto anche di "ciò che non va". Vedrò di applicarmici sopra appena il tempo me lo permetterà, e prometto a Tim che riceverà in anteprima il capitolo finale ampliato.

mercoledì 27 ottobre 2010

Giulio Clovio

Il Libro d’Ore della famiglia Farnese, un codice miniato rinascimentale di cui ho comprato un fac-simile tempo fa, mi impone di inserire l’autore di questa piccola meraviglia fra le etichette degli artisti le cui opere mi hanno sinceramente colpito.
Giulio Clovio è il nome italianizzato di un pittore croato vissuto tra il 1498 e il 1578. La sua abilità come miniaturista lo aveva reso celebre, e così il giovanissimo cardinale Alessandro Farnese gli affidò l’incarico di creare il proprio libro di preghiere (“libro d’ore”).
In questo tipo di lavori era normale che la parte scritta fosse curata da un amanuense, mentre un pittore aggiungeva le decorazioni. I committenti dei codici miniati si affidavano a grandi artisti per farsi creare libri assolutamente unici sul piano della bellezza estetica, e ovviamente maggiore era il rango del committente maggiori erano le pretese di ricevere un’autentica opera d’arte. Per contro, il pittore richiedeva delle cifre stratosferiche per eseguire questi lavori, e si prendeva tutto il tempo che riteneva necessario.
Per realizzare il Libro d’Ore Farnese, Giulio Clovio impiegò nove anni, dal 1537 al 1546.
Oltre a pagine interamente coperte dai suoi disegni, tutti a carattere sacro vista la natura del libro, vi sono anche numerose decorazioni ai lati della scrittura, e talvolta a fondo pagina (in questi ultimi casi fanno capolino temi profani come immagini di città, grottesche, figure celebri dell’antichità classica).
Di Giulio Clovio parlò anche Vasari nella sua celebre raccolta di biografie degli uomini illustri, definendolo un miniaturista di cui non si avranno più uguali per secoli, e un piccolo Michelangelo (nel senso che le sue miniature sembrano riprodurre in scala ridotta i temi del grande pittore rinascimentale).
In effetti la cosa straordinaria è rendersi conto delle proporzioni. Ho pubblicato in basso alcune mie (pessime) foto di alcune pagine del libro, che ovviamente possono essere zoomate per ammirare ogni minimo dettaglio. Però è opportuno rammentare che le dimensioni originali di ogni pagina del codice sono pari a 17,2 cm di lunghezza per 10,5 cm di larghezza. Praticamente un formato tascabile dei giorni nostri, uno spazio davvero piccolo su cui Clovio ha saputo inserire una quantità enorme di dettagli lavorando su ogni millimetro quadrato come se si trattasse di una tela di grandi dimensioni.
Davvero un piccolo Michelangelo.




lunedì 25 ottobre 2010

Maschile e femminile

Sono sempre stato dell’idea che la differenza tra uomo e donna sia fisiologica, ma non psicologica. Per capirci, carattere e personalità non sarebbero legati al sesso, tanto meno la scrittura.
Eppure, quando leggo opere letterarie al femminile le trovo talvolta molto più attente a certi dettagli relativi al gusto, alla percezione, alle sfaccettature dei sentimenti e degli stati d’animo… Mi sembrano anche caratterizzate da una maggiore lentezza narrativa, dall’indugiare sui particolari piuttosto che sul meccanismo complessivo della trama. Vedo meno nettezza, maggiore sfumatura. E la adoro. La prosa di Virginia Woof, di Edith Wharton, di Jane Austen hanno uno stile che apprezzo tantissimo.
Probabilmente è solo una mia impressione, però. Mi basta leggere qualcosa di Pessoa per trovare qualcosa di “femminile” anche nella sua maschilissima scrittura.
Voi che ne dite? Esiste davvero una differenza (sia pure impercettibile) fra maschile e femminile in letteratura?

sabato 23 ottobre 2010

Aggiornamento

Come diceva Fra in un suo post, è meglio non finirci mai.
Io al momento me la sono cavata benino, nel senso che dopo una visita specialistica e una medicazione in ambulatorio abbastanza dolorosa, sono stato rimandato a casa senza essere ricoverato, anche se l’ipotesi purtroppo non è ancora esclusa del tutto...
Nel frattempo sto scontando una sorta di convalescenza a casa. Non posso mangiare molto, non posso fare sforzi, devo riposare il più possibile, e riesco a sentirmi comodo solo stando sdraiato. Non è il massimo della vita, ecco. E’ proprio vero che la salute è la cosa più importante, più ancora della letteratura ;-)
Comunque mi sono stufato di essere un pupazzo di pelouche sopra il letto, mi devo organizzare per fare qualcosa di utile e anche per tornare al lavoro. Credo che sia l’occasione buona per comprarsi un pc portatile e una chiavetta internet, così posso svolgere le mie mansioni anche a domicilio, in attesa di recupero completo.
Nel frattempo cercherò anche di riprendere possesso del blog e dei contatti con gli amici.
E soprattutto, voglio tornare a parlare dei miei argomenti preferiti. Per il momento, salvo novità particolari, non intendo parlare ancora della mia condizione fisica. Ho già programmato un paio di post attinenti alla natura di questo blog.