venerdì 30 ottobre 2009

Compendio sui centri commerciali - 2

continua il poco serio compendio sui sacri templi del consumismo alla voce "Commesse"

La psicopaticasnob è un’altra tipologia tipica. In genere si incontra più facilmente in quelle catene dove le commesse devono indossare una divisa. La classica situazione in cui capita di vederla è di fronte a uno scaffale, mentre rimette in ordine due articoli fuori posto bisbigliando frasi tipo “Tutte le volte, tutte le sante volte!” con una voce che sembra il sibilo di un demone infernale che si è appena impadronito della sua anima. In genere basta guardarla negli occhi per decidere che, tutto sommato, forse è meglio rivolgersi a un’altra commessa. Però c’è anche qualche incosciente che si azzarda a chiedergli se può aiutarlo a trovare un certo articolo. In genere lei non risponde subito. Si volta con un’espressione del viso a volte sarcastica, altre volte minacciosa, e risponde: “Ma certo, io sto qui apposta per fare la schiava! E fai questo, e fai quest’altro, metti a posto, servi il cliente, magari vai pure alla cassa a fargli lo scontrino…”. Mentre finisce di pronunciare le ultime parole si allontana, e uno non capisce se sta cercando l’articolo che gli è stato richiesto o se piuttosto sta andando a prendere la sega elettrica e lo scatolone dove conserva i resti delle sue vittime. Nel dubbio è meglio andarsene e non tornare mai più in quel negozio.

La psicopaticasnob viene quasi sempre abbinata alla cicciottellasimpaticona, che sembra fatta apposta per integrarsi con lei. Si riconosce subito per l’evidente sovrappeso, ma anche per lo stile tipo Flash con cui si muove. In genere serve sette clienti contemporaneamente e attraversa l’intera area del negozio alla media di venti volte al minuto. Mentre conclude la vendita trova comunque il tempo di rimettere al loro posto tutti i 104 articoli che gli hanno fatto tirare fuori, e riesce anche a rispondere alla tua domanda “Sa dove è il bagno?” sorridendo in modo sincero e indicandoti dettagliatamente dove puoi trovarne uno. Ride e scherza con tutti, riesce a scovare la taglia M o la scarpa n. 42 che parevano terminate, corre al bar a prendere un caffè per tutte le colleghe e contemporaneamente finisce di servire la signora anziana e noiosa che tutte cercano di evitare, e al momento della chiusura abbassa le serrande, azzera il registratore di cassa e controlla il magazzino con un’ubiquità quasi paragonabile a quella di Sant’Antonio da Padova. Nello stesso tempo in cui lei è riuscita a fare tutte queste cose, la psicopaticasnob sta ancora finendo di rimettere in ordine i due articoli fuori posto…

La raffinataesclusiva è un livello di commessa più elevato, tipico delle catene di prestigiose marche di abbigliamento e accessori, ma talvolta è possibile trovarne alcuni esemplari anche in negozi di secondo piano. La si riconosce perché indossa sempre vestiti di colori pastello, tutti perfettamente abbinati con scarpe, foulard, cinta e persino con lo smalto alle unghie (sempre rigorosamente tenue perché i colori accesi sono troppo volgari). Mentre serve i clienti fa venire il dubbio che il tempo si stia per fermare: ogni passo, ogni gesto, tutto viene eseguito al rallentatore, perché i movimenti troppo rapidi sono roba da cafoni. Capire la sua provenienza geografica è impossibile. Ha una voce così totalmente priva di accenti regionali che potrebbe benissimo fare la speaker radiofonica, ma non lo farebbe mai perché la radio ha un difetto mostruoso: fa sentire la voce, ma non fa vedere le immagini, e la povera raffinataesclusiva non potrebbe mostrare in pubblico i suoi vestiti… la sua esistenza sarebbe priva di uno scopo. Gli abiti che indossa una commessa raffinataesclusiva in effetti sono sicuramente qualcosa di unico al mondo. Non accetterebbe mai di indossare un vestito che potrebbe essere visto anche addosso ad un’altra donna: sarebbe una situazione orribilmente volgare. Questa sua particolare esigenza spesso ha delle conseguenze piuttosto dolorose. C’è un caso documentato di una commessa raffinataesclusiva che, dopo aver trovato un abito perfetto per il suo gusto, ha chiesto alla boutique che lo vendeva se ne esistessero esemplari identici. La padrona della boutique ha spiegato che ne aveva fatti otto, due per ogni taglia. Dopo una meditazione lunga e sofferta, la raffinataesclusiva ha firmato un assegno da 800 euro e li ha presi tutti. Ha conservato una taglia M per se, e gli altri sette esemplari li ha bruciati nel caminetto. Quelle con un fidanzato danaroso e paziente in genere cercano di farsi portare in vacanza in luoghi dove nessun loro connazionale si sognerebbe mai di mettere piede, così da essere certi di riportare a casa capi di abbigliamento mai visti in Italia. Quando ti capita di leggere notizie tipo: “Due turisti italiani in vacanza nel Bhutan sono stati presi in ostaggio dai guerriglieri locali” o “Giovane coppia rapita dai predoni del Gabon”, quasi certamente era una raffinataesclusiva col suo fidanzato.

(continua)

giovedì 29 ottobre 2009

Letteratura di intrattenimento vs Letteratura impegnata

E' un tema che riguarda riguarda tutte le forme espressive dell’arte. Personalmente ritengo che un libro non debba per forza essere “a compartimenti stagni” nell’uno e nell’altro senso. Ci deve essere una certa compenetrazione fra le due cose, anche se in alcuni casi diventa difficile capire quando l’aspetto “impegnato” è troppo carente rispetto all’ “intrattenimento” o viceversa.
Soprattutto, credo che sia fondamentale la possibilità di scegliere fra più prodotti. Per fare un esempio cinematografico attinente alla mia generazione, ciò che dava un senso di “squallore” nella filmografia italiana fine anni ’70 / inizi anni ’80, non era il singolo film con Banfi, con Franco & Ciccio, con Celentano, con Edvige Fenech, con Bombolo e Cannavale… non erano peggiori di certe “vacanze di natale” vanziniane di oggi. Il senso di squallore nasceva dal fatto che QUEI film rappresentavano il 90% del totale. Non c’erano alternative.
Ecco perché i film con De Sica dei nostri anni non creano senso di squallore, perché comunque sono una piccola parte di una produzione più variegata con tanti titoli anche interessanti e “impegnati”.
I libri “squallidi” hanno il diritto di esistere, anzi, rivendico il diritto ad usufruirne se un giorno avessi voglia di leggermene uno. L’importante però è che non si finisca con l’avere un’offerta libraria composta quasi esclusivamente da interviste a tronisti defilippiani, biografie di calciatori, memoriali dei tre mesi trascorsi nella caaaasa del Grande Fratello, romanzi firmati da Maurizio Costanzo o Sandro Mayer, e via dicendo. Datemi la più ampia varietà possibile, please.
Capitolo 13

Il tizio vestito di bianco lo conduce in una piccola residenza privata. Sembra la casa di un contadino, messa a disposizione di una persona molto importante che aveva bisogno di estrema riservatezza.
C’è un piccolo ingresso rialzato in legno, in cui istintivamente Tezuya lascia gli zoccoli. Il bestione invece entra con le scarpe ai piedi, e gli indica una scala a pioli.
Arrampicandocisi, si giunge a un soppalco bassissimo dove non si può camminare in piedi, altrimenti si batterebbe la testa sul soffitto. E’ buio, ci sono delle cassette con foglie di gelso probabilmente destinate all’allevamento dei bachi da seta. L’unica luce che filtra nella stanza arriva da una finestrella che è quasi un foro sul muro di legno, e riesce a malapena a delineare le sagome massicce di quattro persone sedute a terra. Si indovina un uomo solenne, con lunghi baffi e la testa rasata a zero, uno che ha l’aria di essere un personaggio ricco e importante come il signor Yoshizu…
Ai suoi lati due tizi muscolosi e minacciosi, uno dei quali ha al suo fianco una ragazza che indossa una tunica bianca… Una ragazza che sembrerebbe fragile e indifesa, se non fosse per una scintilla di feroce determinazione che le brilla negli occhi e che riesce a emergere persino nel buio.
“Lei sa perfettamente quale potrebbe essere il futuro di mia figlia”, esordisce il signor Yoshizu con una voce tetra come il suo volto nascosto dalla penombra.
“Noi ci amiamo!” urla di colpo Sakura, “Non mi importa nulla del fatto che lui non sia un uomo importante!”. Uno sfogo surreale, che ha chiaramente lo scopo di far capire a Tezuya la versione dei fatti che lei ha fornito a suo padre. Evidentemente sono stati pedinati e scoperti, e lei ha dovuto inventare questa storia per giustificarsi…
“Se lei vuole bene a Sakura”, riprende il signor Yoshizu dopo aver zittito la figlia, “di certo non la vorrà privare della grande opportunità che sta per avere. La mia famiglia sta lavorando da generazioni per diventare sempre più ricca e sempre più importante, sino a meritare il privilegio di imparentarsi con la dinastia imperiale. Ora che siamo a un passo dall’obiettivo, non possiamo certo rinunciare e dare in moglie la nostra erede femmina a un giornalista”.
Tezuya (anzi, semmai Soichiro) è immobile come una statua. Non ha la minima idea di cosa sia opportuno rispondere.
Dire la verità e spiegare che è stato tutto un equivoco? (Però rivelerebbe implicitamente che Sakura è una pervertita, e forse al signor Yoshizu non piacerebbe molto saperlo).
Stare al gioco della ragazza? (Ma è pericolosissimo ostacolare i sogni di grandezza di una stirpe di samurai, che si saranno pure trasformati in industriali ma conservano le spade sempre affilate e pronte all’uso…)
Nell’oscurità, la sua presunta innamorata gli fa una smorfia inequivocabile. E’ come se gli dicesse: ‘assecondami’, e un attimo dopo si prostra davanti a suo padre.
“Ti prego papà, concedimi di sposarlo! Io lo amo!”
“La supplico, onorevole signor Yoshizu!”, aggiunge Soichiro prostrandosi a sua volta, “Ci permetta di amarci e essere felici insieme!”
Silenzio carico di tensione. Il potenziale futuro suocero dell’imperatore ha uno sguardo glaciale. I due energumeni al suo fianco attendono ordini.
“Devo riflettere”, sibila infine il signor Yoshizu a denti stretti. “Torni pure al suo hotel, ma non si allontani. I miei uomini la sorveglieranno a distanza. Entro le cinque deciderò come risolvere questa situazione incresciosa”.
Soichiro scende dalla scala a pioli. Il bestione vestito di bianco gli lancia un’occhiata torva mentre la lama del coltello di Thiers brilla nell’ombra.
Con le gambe molli e il respiro affannato, esce dalla casa contadina e si ritrova all’aperto. Il paesaggio è sempre lo stesso incantevole paesaggio di prima: il verde boscoso dei versanti collinari, l’azzurro scintillante del lago Ashi sotto il sole… Però ora gli appare sotto una luce diversa: è tutto così precario, come se stesse per scomparire.
‘Torni pure al suo hotel, ma non si allontani’, gli ha detto il padre di Sakura, e Soichiro obbedisce. E’ talmente terrorizzato che avrebbe obbedito a qualunque richiesta senza fiatare. Ma prima deve fare un’ultima cosa: spedire l’articolo al giornale. E’ così abituato a rispettare gli ordini del signor Kimura da eseguirli in qualunque circostanza.
‘Entro le cinque di stasera potrei essere ucciso e fatto a pezzi a colpi di spada, quindi prima di quell’ora devo assolutamente far pervenire il mio articolo’, questo più o meno il pensiero inconscio del giornalista.
Tezuya lo scrittore riflette invece sul fatto che ha finalmente trovata la trama ideale per il suo romanzo, ed è un peccato che non riuscirà a scriverlo. Comunque, una volta assassinato si trasformerà in un fantasma e magari potrà provare a conoscere meglio lo spirito di Keiko, chissà…

Giunto a Togendai trova Takeshita Noboru, anche lui pronto a spedire il suo pezzo.
“Te la sei presa comoda alle terme, eh? Comunque, visto che ci troviamo già qui, possiamo andare subito a quella taverna a Kagetsuen. Sai, ho saputo che le due sorelle che gestiscono il locale non offrono solo la cena, ma anche qualche servizio supplementare… Visto che domani torniamo a Tokyo, prima di partire possiamo concederci uno sfizio, no?”
“Ti ringrazio per la proposta Takeshita, ma a dire il vero non ne ho voglia”.
“Accidenti, sei proprio un virtuoso!”
Già. Tre giorni senza avere rapporti sessuali completi con la signorina Yoshizu sono stati massacranti… E poi, adesso Tezuya ha altre cose per la testa, e soprattutto alle sue spalle (nella fattispecie: un bestione vestito di bianco che appare molto sospettoso e soprattutto minaccioso).
“Purtroppo mi sento poco bene e preferisco tornare in albergo. La cena insieme sarà per un’altra occasione, mi dispiace”, spiega al suo amico Noboru, e un attimo dopo cammina a ritroso sul lungolago lanciando occhiate al bestione. E’ come se gli stesse dicendo: ‘Hai visto? Non volevo mica fuggire, mantieni la calma’.
Sono le quattro e mezza. Gli resta solo il tempo di rientrare all’hotel Tamaki e attendere il proprio destino.
“Bentornato signor Suzuki, c’è una lettera per lei”. Ancora una volta la proprietaria dell’albergo gli consegna un messaggio inatteso.
Il mittente indicato sulla busta è

Il tuo personaggio femminile

Il testo della lettera:

Cosa te ne è parso del mio romanzo? Tu sei stato il protagonista, quindi nessuno può giudicarlo meglio di te.
Come ti avevo preannunciato, ti ho costretto a vivere tutte le situazioni assurde in cui vengono a trovarsi i personaggi dei romanzi sensazionali: perversioni sessuali assurde, donne fantasma innamorate, storie d’amore impossibili tra due persone appartenenti a classi sociali diverse, scene comiche, situazioni patetiche con un protagonista sfortunato che sembra l’uomo più inutile sulla faccia della terra, situazioni da romanzo gotico, situazioni da romanzo poliziesco, situazioni da romanzo sentimentale.
Manca solo la situazione da romanzo melodrammatico: il finale tragico e la morte strappalacrime del personaggio principale.
Ti toccherà sicuramente. Te l’avevo detto che per una volta sarebbe toccato allo scrittore vivere sulla sua pelle le trame riservate a noi personaggi, quindi non puoi sfuggire.
Preparati a morire.

Ormai è tutto chiaro. E’ anche abbastanza logico: Tezuya (anzi, Soichiro) è a conoscenza di verità estremamente scomode sulla potenziale futura imperatrice del Giappone, e la potente famiglia Yoshizu non può permettersi l’esistenza di un testimone tanto pericoloso. L’unico modo di risolvere la ‘situazione incresciosa’ è farlo sparire.

Mentre il sole tramontava dietro il monte Futagoyama e i villeggianti ammiravano il cielo tingersi di rosso, il corpo martoriato di Suzuki Soichiro, sigillato dentro un sacco di juta, affondava lentamente nelle acque del lago Ashi per il suo ultimo viaggio verso il riposo eterno.
FINE

Ecco, questo è l’epilogo che lo attende.
Mentre Tezuya valuta se è un buon finale e se piacerebbe al suo editore, un sassolino sbatte sulla finestra.
Si affaccia: il bestione vestito di bianco gli fa cenno di uscire dall’hotel e raggiungerlo.
“Ci siamo”, pensa rassegnato Soichiro.
Viene condotto nuovamente nella casetta contadina. Nel soppalco ritrova il signor Yoshizu coi due energumeni ai lati, esattamente come li ha lasciati. Manca solo Sakura.
“Ho parlato con mia figlia e l’ho convinta a desistere”, esordisce senza troppi preamboli il padre. “Però lei, signor Suzuki, ormai è di troppo. Sono costretto a farla sparire”.



Capitolo 14

Il momento culminante della vicenda è arrivato. Il protagonista sta per terminare drammaticamente la sua esistenza terrena. Il climax è al massimo. Il pathos è giunto al limite.
“Mi dispiace ma lei deve sparire”, ribadisce il signor Yoshizu. “Perciò non avrà neppure il tempo di tornare a Tokyo per salutare amici e parenti. Fra poche ore lei lascerà il Giappone e dovrà starne lontano per due anni, non posso concederle neanche un minuto di commiato da dedicare alle persone care. Però le permetto di scegliere la destinazione. Posso assegnarle un posto come nostro corrispondente commerciale a San Francisco, oppure a Londra oppure a Parigi. Riceverà uno stipendio adeguato per pagarsi il soggiorno, e non dovrà fare praticamente nulla. Le darò anche un somma extra, un mio omaggio personale per rendere più confortevole possibile la sua permanenza all’estero. Allora, quale località preferisce?”
Tezuya non sa cosa rispondere. E’ confuso, le situazioni si accavallano troppo rapidamente. Però all’improvviso gli viene in mente una frase del suo amico Akira:
‘Mi piacciono il disordine e i vizi delle grandi città, e Tokyo è anche troppo virtuosa. Se solo potessi vivere a Parigi!…’
“Parigi”, risponde meccanicamente.
Il signor Yoschizu sembra sorpreso. “Ho appena troncato la sua storia d’amore con mia figlia, le offro come contropartita dei volgari soldi, e lei accetta senza battere ciglio! Come pensavo, voi giovani uomini di oggi non sapete affrontare le difficoltà di una passione amorosa. Vi fate comprare subito, non avete fermezza. Siete castrati rispetto agli uomini del passato”.
“Temo che lei abbia ragione”, conferma Tezuya. “Conosco un artista incisore che la pensa allo stesso modo”.
“Da questo momento ha due ore di tempo”, riprende a parlare il signor Yoshizu. “Le sfrutti per avvisare la sua famiglia che sta per partire, e si sbrighi a preparare le sue cose. Alle sette precise i miei uomini la porteranno a Kobe, dove la motonave Kagirumaru partirà domattina all’alba per fare il giro del mondo. Per Parigi ci vorranno circa tre mesi”.
“Ma non ho praticamente nessun vestito con me…”
“Faccia una lista di quel che le serve e domani la consegni al capitano della nave. Lui telegraferà al porto di Busan e fra cinque giorni il mio ufficio in Corea le farà trovare tutto pronto già al momento dell’attracco”.
“Da Busan posso spedire un romanzo al mio editore?”
“Certo”.

E così la situazione si è risolta nel modo più imprevedibile. Senza morire, per fortuna.
Mentre cammina per l’ultima volta lungo la riva del lago Ashi, scortato dai bestioni del signor Yoshizu, Tezuya osserva in lontananza il monte Fuji. Passerà parecchio tempo prima di rivederlo.
Poi transita davanti all’hotel Yamano, e alla finestra della camera 25 scorge Sakura che lo saluta con un sorriso amichevolmente sincero. Lui contraccambia. In fondo prova un po’ di pena per lei. Ci tiene tantissimo a diventare imperatrice, ma se dovessero optare per un’altra ragazza, come diceva Hosono? Sarebbe una delusione tremenda.
E se anche la scegliessero, è davvero la vita ideale per lei? Secondo Tezuya no. Se riuscisse a sposare il principe primogenito si trasformerebbe in un prezioso soprammobile all’interno del palazzo imperiale, una bambola costretta a muoversi come un burattino nelle mani del cerimoniale di corte. Sarebbe un peccato. Una ragazza piena di vita come lei dovrebbe diventare attrice di cinema, o qualunque altra professione che le permetta di essere una donna libera, una donna che ha la possibilità di infrangere le regole senza doverlo fare di nascosto.
“In nome dell’ambizione si rinuncia a cose più importanti dell’ambizione stessa”, sussurra a bassa voce senza che nessuno possa ascoltarlo.
Intanto ecco di fronte a lui l’hotel Tamaki.
“Preparo un paio di lettere e torno da voi”, spiega ai due guardaspalle che si accomodano nella veranda tra lo stupore del professor Komazu e degli altri clienti.
Già, per Soichiro ci sono alcune cose da sistemare prima della partenza. Cominciamo col giornale…

Rispettabile signor Kimura,
la presente per comunicare le mie dimissioni con decorrenza immediata.
Mi piacerebbe porgerle dei sentiti ringraziamenti per la gentilezza da lei dimostrata nei miei confronti, ma non posso perché tale circostanza non si è mai verificata. Lei ha fatto del suo meglio per trattarmi come uno schiavo, e le auguro sentitamente di ricevere lo stesso trattamento dai suoi superiori.
Mentre starò a Parigi a godermi la veduta della Torre Eiffel, penserò a lei che si alza alle cinque di mattina per recarsi in ufficio a ricevere insulti dal capo Otonashi.
Cordialmente,
Suzuki Soichiro

Poi è il turno della rivista Kaito e dell’editore Tanaka Mikio.

Carissimo Mikio,
purtroppo non riuscirò a rispettare la scadenza. Sul prossimo numero piazzaci un racconto autoconclusivo, qualcosa saprai inventarti.
Per farmi perdonare, fra sei giorni ti spedirò da Busan il manoscritto completo del romanzo. Lo scriverò rapidamente perché devo solo mettere nero su bianco quello che mi è successo a Hakone negli ultimi tre giorni. Ovviamente dovrò cambiare i nomi e ambientarlo nel 1700 all’epoca dello shogun, tanto i romanzi storici stanno riscuotendo il favore del pubblico, no?
E pensa che fra tre mesi ti potrò spedire racconti direttamente da Parigi! Sarai l’unico editore di Tokyo con un autore che vive nella peccaminosa capitale della Francia, non è grandioso?
Tuo affezionatissimo
Murasaki Tezuya

Arriva il momento di scrivere la lista degli abiti e degli effetti personali di cui avrà bisogno, per i quali provvederà il capitano della motonave Kagirumaru. Rimane soltanto…
… la porta della stanza che si apre.
Una donna vestita all’americana ma con il volto truccato come una geisha. Il personaggio del suo romanzo, o piuttosto l’autrice del romanzo di cui lui è stato protagonista…
“Hai letto la mia lettera, no? Beh, il momento è arrivato. La morte strappalacrime non può attendere oltre. La trama esige il suo finale drammatico, quindi tu devi crepare”.

lunedì 26 ottobre 2009

Il mio primo romanzo...


Alcuni anni fa, quando la Cina ancora non andava di moda, scrissi un lungo racconto poi adattato a romanzo.
E' un ibrido tra uno "swords & sorcery" (anche se l'aspetto fantastico é quasi inesistente) e un "racconto filosofico" stile settecentesco, in cui la storia narrata é il pretesto per affrontare temi seri senza mortificare troppo la trama (provate a leggere "Zadig" o "La principessa di Babilonia" , noterete che Voltaire avrebbe potuto scrivere anche storie di "puro intrattenimento" a giudicare dalla sua creatività).
La storia si svolge nella Cina della dinastia Han, dominata dall'ideologia di Kong Fuzi (Confucio) che costituisce la base ideologica del potere e della società. Fino al momento in cui...
La storia ha momenti di azione, colpi di scena, tipici scenari da romanzo storico o fantasy alla Howard, ma anche lunghi dialoghi incentrati sull'analisi degli insegnamenti di Kong Fuzi e sui doveri dei governi, sulla loro "legittimità" e sul ruolo delle ideologie.
Non so se sono riuscito a bilanciare nel modo giusto queste due anime (azione/riflessione) del romanzo. Ho deciso di metterlo a disposizione gratuitamente (prego notare i link in alto sulla barra laterale sinistra). Se qualcuno ha voglia di stroncare un libro e fare a pezzi il suo autore questa potrebbe essere la sua grande occasione... ;)

Libri vissuti - 3


"Il libro dell'inquietudine" di Fernando Pessoa é piuttosto un non-libro. E' stato "ricostruito" postumo mettendo insieme i tantissimi foglietti scritti a penna (all'epoca non esistevano i personal computer...) dell'autore, e quindi non si potrà mai dire con certezza come sarebbe stato il testo finale se l'avesse curato Pessoa personalmente. A dire il vero non si può neppure dire fosse stato concepito come un testo unitario o se, semplicemente, l'eteronimo "Bernardo Soares" (uno dei tanti creati da Pessoa) sia solo un alter-ego tramite il quale l'autore esprime pensieri propri, una parola comunque rischiosa quando si parla di Pessoa vista la sua tendenza a inventare delle nuove identità letterarie tramite le quali esprimere stili e concetti diversi...
E' comunque un non-libro nel senso che non ha una trama vera e propria. Si compone di un insieme di riflessioni, meditazioni, descrizione di stati d'animo, intuizioni, pensieri... Pessoa fu principalmente un poeta, e questo ipotetico "libro" ricostruito postumo con un lavoro quasi filologico si avvicina ad un raccolta di poesie in prosa... lo slancio lirico ha il sopravvento, anche se viene sempre elegantemente incasellato all'interno della razionalità "emotiva" di Pessoa. Non seguendo una trama precisa, può essere letto in modo discontinuo o riletto più volte, e ogni volta lascia addosso delle sensazioni diverse. E' una mano che scava nella testa che scrive, un'esplorazione dell'anima di Pessoa o di un personaggio inventato (o forse entrambe le cose...). E' un "Libro dell'inquietudine" che, paradossalmente, non lascia addosso alcuna inquietudine, ma piuttosto un indescrivibile senso di serenità, visione profonda e vastità.

mercoledì 21 ottobre 2009

Il valore di un libro pubblicato

Facendo la figura dello scemo, del rompiscatole e dell'eccentrico (peraltro tre aggettivi che mi si addicono) per la seconda volta ho annullato la richiesta di pubblicazione a Boopen di "Trilogia veneta sognata" perché mi sono accorto di alcuni refusi... Piccole cose per carità, ma ci terrei a pubblicare un libro ineccepibile almeno sul piano formale.
Il punto é che io credo che PUBBLICARE un libro (non semplicemente "stampare") implichi il dovere di renderlo perfetto almeno a livello grammaticale, sintattico e linguistico. E così, la "Trilogia veneta sognata" é rimandata di qualche giorno. E anche la mia credibilità presso Boopen...

martedì 20 ottobre 2009

E-book gratuiti

Come faceva notare Mirco qualche giorno fa, sul web é possibile reperire e-book gratuiti sulla cui qualità si può anche discutere, ma d'altronde sono gratis...
Purtroppo resto fisiologicamente predisposto alla lettura del libro cartaceo, una lettura di lunga durata in digitale mi risulta difficile, quindi problematica soprattutto per i romanzi. Per quanto riguarda i racconti invece, che sono comunque il mio genere letterario preferito per la possibilità di essere letti in un'unica soluzione (magari durante la pausa pranzo o in altri momenti di relax) ho spesso sfruttato l'offerta del web restando soddisfatto.
Per quanto riguarda gli amici di questo blog, ci tengo a segnalare alcuni racconti di Glauco magari meno noti di altri ma che a me sono piaciuti tantissimo: Sogna Sarajevo una fantasia che unisce angoscia e speranza intorno al tema della guerra, Gloria, un emozionato (ed emozionante) omaggio a un grande campione sportivo, e Strage che rammenta purtroppo uno dei momenti più bui della nostra storia recente.
Di Alex ho letto invece la raccolta Brandelli, e benché io non sia un appassionato del genere horror sono rimasto colpito intanto dalla nitidezza della scrittura (una dote tecnica che molti non hanno, me compreso) ma soprattutto dalla capacità di "spostare" di colpo la prospettiva del lettore facendogli scoprire all'improvviso che stava vivendo la narrazione dal punto di vista... non "sbagliato", ma sicuramente "diverso" da ciò che lui credeva.
Mirco mi ha colpito in particolare con due racconti fantastici molto originali, "Nato di donna" e "L'antro del Fauno", e uno comico-surreale davvero gustoso ("Appuntamento a tre") che si possono scaricare direttamente dal suo blog
Parlando invece di autori che non ho avuto il piacere di conoscere personalmente, ho trovato estremamente creativo, sia nelle idee che nel linguaggio, "Statemi bene e grazie per il caffé"  di Peter Patti, chiaro ammiratore di Burroughs.
Struggente e malinconico "Il collegio" di Alessandro Fort.

lunedì 19 ottobre 2009

Meglio ridere...

Ogni tanto mi capita di sentirmi sotto pressione, tra lavoro, famiglia e piccole rotture quotidiane che mi vengono a cercare contro la mia volontà, e divento serio. Se poi "indosso" lo pseudonimo Ariano Geta divento ancora più serio, un Batman della letteratura sempre all'inseguimento di intellettualismi, significati e riflessioni profonde.
Ma in realtà S.D.P.V. (ovvero il Bruce Wayne che sono nella vita di tutti i giorni) quando é lontano da pc, carta, penne e libri, é piuttosto "scazzato", cerca di scherzare su ogni cosa... "E lasciatemi divertire", scrisse Aldo Palazzeschi, e tutto sommato approvo.
Quindi, da oggi inserisco una nuova "rubrica" saltuaria, un post dedicato alle cose scritte con leggerezza, senza significati particolari. E incomincio con un

COMPENDIO SUI CENTRI COMMERCIALI
Scritto per passare il tempo mentre stavo in fila per pagare

I centri commerciali sono perfetti per trascorrere uno o due pomeriggi al mese. Il problema è che quando hai una partner di sesso femminile più o meno fissa, più che “pomeriggi” diventano intere giornate. I sabati, le domeniche, le festività infrasettimanali, eventuali giorni di ferie che hai preso per motivi personali, tutti si trasformano in pellegrinaggi ai sacri templi dello shopping.
Alle 9 della mattina entri nel parcheggio, e LEI è già stressata perché gli hai detto che alle 19 bisognerà andare via, quindi ha a disposizione APPENA 10 ORE per visitare accuratamente tutti i 206 negozi di abbigliamento disponibili. Infili la macchina in uno dei mille posti auto ancora vuoti (praticamente siete arrivati prima ancora dei commessi che ci lavorano) e già LEI si lamenta perché l’hai posteggiata troppo lontana dall’ingresso, è tutto tempo che si perde a camminare. Allora riaccendi il motore e la avvicini, però anche questa è una perdita di tempo, i negozi sono aperti già da 36 secondi e LEI non ha ancora potuto iniziare a vedere le vetrine… Che pretese assurde. Per vedere il negozio di elettronica a me bastano 6 ore, sono più che sufficienti. Non capisco l’esasperazione dello shopping, la trovo ridicola.
Intanto finalmente si può accedere al tempio. La scala mobile simboleggia chiaramente l’ascesa di noi miseri esseri umani verso un meraviglioso paradiso sopra le nostre teste, un empireo dove la nostra grigia esistenza avrà finalmente un senso, e dove godremo di una gioia celestiale per tutto il tempo che la carta di credito continuerà a funzionare.
Nel corso di questi sacri week-end ho cercato di imparare ogni volta delle cose nuove sui luoghi magici del consumismo.

COMMESSE
Le commesse sono una delle cose che mi interessano di più nei centri commerciali. Chissà perché… A forza di osservarle e studiare i loro comportamenti sono riuscito a classificarle in varie tipologie che si ripetono abbastanza fedelmente ovunque.

La sexystronza è una delle più comuni. In genere è inguainata in vestiti aderentissimi come un pacco regalo pieno di curve, ha scollature paurose da cui emergono carnose montagne di silicone, e si muove in modo artificioso, studiato. Se deve rispondere al cellulare lo fa con gestualità da thriller hollywoodiano, sfoderando una voce a metà strada fra pornostar e dark lady. Se entri nel negozio da solo non ti si fila. Ti serve con distacco, magari masticando una gomma americana e facendoti aspettare venti minuti per spettegolare con la collega. Ma se entri in compagnia di una donna cambia tutto. Di colpo diventa ostentatamente gentile e premurosa. Sorride continuamente, ti da confidenza, anche se devi provarti un cappello trova comunque il sistema di chinarsi davanti a te per offrirti una visione panoramica delle bocce (se ha il pantacollant è più facile che stia spesso di spalle e si metta a 90° col culo puntato sui tuoi occhi). E’ quasi automatico che la donna che ti accompagna – a meno che non sia tua sorella – comincia a infastidirsi. Dice che “non c’è niente di interessante qui”, e dopo un po’ ripete automaticamente “Andiamocene” con un tono di voce che sottintende “Se non esci subito di qui ti prendo a calci nelle palle”. L’atto finale di ogni sexystronza che si rispetti è affacciarsi un attimo fuori dal negozio e verificare se l’accompagnatrice sta insultando l’uomo, rinfacciandogli di aver tenuto per tutto il tempo gli occhi incollati su quella zoccola di commessa. Se é evidente che romperanno il fidanzamento entro le prossime 24 ore, la sexystronza si prende un attimo di pausa e va al bar dove brinderà con una coppa di champagne. E la sera, a casa, aggiungerà una tacca sul suo reggiseno da guerra.
(continua...)

giovedì 15 ottobre 2009

Buchmesse

Come ogni anno a Francoforte si svolge la Fiera Internazionale del libro. Uno spazio particolare é stato dato alle nuove tecnologie che dovrebbero portare alla sempre maggior diffusione del libro digitale al posto del cartaceo.
Il sito ufficiale della Fiera permette anche di vedere chi sono gli espositori. Per l'Italia ne sono presenti 257, in maggioranza editori più qualche entità particolare come il Festivaletteratura di Mantova e alcuni organismi pubblici. Il presidente degli editori italiani, in un'intervista televisiva, ha dichiarato che il mercato mondiale dell'editoria é un po' in crisi, in Italia c'é stato un calo del 2% nelle vendite che però dovrebbe essere riassorbito grazie al periodo natalizio in cui molti libri dovrebbero trasformarsi in "strenne".
Da lontano osservatore mi chiedo se questa gigantesca kermesse consideri il libro solo come una "merce" (comunque in modo legittimo, visto che gli editori rischiano soldi di tasca propria e sono degli imprenditori a tutti gli effetti) o se vi sia ancora spazio per il suo aspetto più magico, quello della parola scritta capace di evocare storie, emozioni, speranze e fantasie.
Come ogni aspirante autore spero che un giorno riuscirò a entrare in questo tipo di contesto, ma spero anche di non perdere mai la concezione del libro quale "oggetto magico" e non semplice "prodotto" capace di generare profitti o perdite a seconda degli esiti di mercato...

mercoledì 14 ottobre 2009

Francesco Paolo Michetti

Parlo nuovamente di pittura, ovviamente col mio solito approccio amatoriale e privo del sostrato culturale di chi si é dedicato interamente allo studio delle arti figurative.
Mi riferisco ancora ad un artista vissuto a cavallo fra 1800 e 1900. Anche in questo caso ad affascinarmi é lo stile che lo identifica, la profusione di dettagli con richiami esoticheggianti e la capacità di raffigurare una realtà trasfigurata, anche se sicuramente più "autentica" rispetto alle immagini "idealizzate" di Godward e quelle "sognate" di Moreau.
Francesco Paolo Michetti nelle sue tele ha rappresentato l'Abruzzo, un Abruzzo "selvaggio" e pieno di energia primitiva. Tra i suoi soggetti vi sono spesso situazioni connesse al sacro (processioni, eventi quali il Corpus Domini o le messe per il santo patrono) in cui pare di trovarsi di fronte a rituali pagani più che cattolici. La vivacità dei colori, delle persone e delle scene rappresentate riesce a trasmettere l'energia dell'azione che si sta svolgendo, la forza interiore e naturale di una regione all'epoca ancora rurale e legata a rituali tramandati di generazione in generazione. L'Abruzzo di Michetti ricorda l'Egitto di Gérôme o il Marocco di Delacroix, ma con una differenza fondamentale: per lui non era una "esotica colonia d'oltremare" dove attingere ispirazione, era la sua terra, alla quale era profondamente legato. E nelle sue opere infatti si legge l'amore per le scene rappresentate, rispetto alle quali egli non era solo uno "spettatore", ma un partecipante.

martedì 13 ottobre 2009

Capitolo 15

Soichiro guarda la donna negli occhi, e sono spaventosamente seri. Sembra proprio che l’epilogo della vicenda non sia quello che stava prendendo forma. C’è un ultimo colpo di scena imprevisto.
“Vuoi ammazzarmi?”, le domanda con un lieve tremore nella voce.
“Lo farai da solo. Ti ucciderai con le tue stesse mani”.
Respiro profondo. Tensione massima.
“Lo farai con la penna. Prendi un foglio di carta e inizia a scrivere”.
Soichiro non capisce più nulla, comunque esegue l’ordine. La donna misteriosa gli detta le parole:

Cara nonna,
fino a quando avevo dieci anni ti sei presa cura di me.
Successivamente sono stato io a prendermi cura di te, da quando avevo undici anni sino a oggi. Venti anni in cui ho sacrificato ogni singolo istante della mia vita per conformarmi alla tua. Mi sembra di poter dire che non ho più debiti nei tuoi confronti.
Perciò ti comunico che da questo momento devi fare finta che io sia morto. Suzuki Soichiro è stato assassinato, ucciso dagli eventi imprevisti della vita, e quindi non tornerò più a vivere sotto il tuo stesso tetto. Hai tanti parenti, puoi rivolgerti a qualcun altro per badare a te.
Ovviamente, essendo io deceduto, non posso pretendere nulla della tua eredità. Lascerai i tuoi beni ad altri, non a me. Anzi, fa conto che io non sia mai esistito.
Suzuki Soichiro
Il tuo nipote morto

“Da oggi in poi sarai solo ed esclusivamente Murasaki Tezuya. Ora puoi partire per la Francia”, conclude la donna.
“Sarebbe questa la mia morte?”
“Esatto. Ti era stato chiesto di far suicidare la protagonista del tuo ultimo romanzo, e invece l’hai salvata e l’hai spedita in America alla ricerca di un futuro migliore. Meriti lo stesso trattamento di favore”.
Tezuya, sempre più confuso, guarda attentamente questo personaggio misterioso che da alcuni giorni sta giocando con la sua vita. Viso truccato come quello di una geisha e vestito occidentale… lineamenti che sembrano a metà strada fra Giappone e America…
“Per caso ti chiami Sachiko?”, le domanda.
La donna sorride. “Chissà, può darsi. E’ possibile che io continui a esistere solo grazie a te. Ora però devo andare”, spiega mentre apre la porta della stanza. “Da questo momento smetto di scrivere. Il romanzo della tua esistenza ritorna nelle tue mani, devi decidere tu come sarà il prossimo capitolo. Io non interferirò più, te lo prometto”.
“Ma sei veramente…?”
La porta si chiude. La domanda resterà senza risposta.
Tezuya prova a riflettere, ma smette quasi subito. Impossibile capire cosa sia realmente successo negli ultimi tre giorni, meglio concentrarsi sul momento presente. Cosa rimane da fare?
Chiudere i bagagli, pagare il conto, e… un’ultima lettera da scrivere.

Akira, amico mio,
non ci crederai ma sto per partire, destinazione Parigi. Ti spiegherò meglio nei prossimi giorni. Intanto però vorrei chiederti se ti interesserebbe venire a farmi visita fra tre mesi, appena sarò arrivato. Non ti preoccupare per le spese di viaggio e di soggiorno, sarai mio ospite e pagherò tutto io.
Puoi inviare la tua risposta a qualunque porto toccato dalla motonave Kagirumaru.
Mi piacerebbe tanto scoprire i vizi della capitale francese in tua compagnia.
Attendo risposta,
tuo Tezuya
(p.s.: Suzuki Soichiro è morto)

Bussano alla porta. E’ uno dei due bestioni, ma adesso ha un’aria molto rispettosa. Con estrema educazione spiega che gli dispiace doverlo disturbare, però l’autovettura che li condurrà a Kobe è già arrivata e devono partire entro pochi minuti.
“Arrivo subito”.
La macchina inizia il suo viaggio verso il futuro di Murasaki Tezuya a Parigi. Lui guarda per l’ultima volta Hakone e il lago Ashi, poi adagia la testa sullo schienale e fissa il cielo.
E’ coperto da una cortina di nuvole, un immenso chiarore su cui passa uno stormo di uccelli neri, piccoli ideogrammi tracciati su un foglio bianco.

FINE

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lunedì 12 ottobre 2009

Questo libro esiste - 3

Essendo un frequentatore di librerie, non posso fare a meno di notare certi titoli che compaiono sugli scaffali...
DISCLAIMER: io ho il massimo rispetto per i libri e per chi li scrive. In questa "rubrica" saltuaria magari non sembrerò tanto rispettoso, ma é solo un modo di scherzare sul variegato universo delle pubblicazioni editoriali italiche, senza voler offendere nessuno.


Ennesima visita ad un centro commerciale nel week-end, ennesima inevitabile fuga dentro una libreria tanto per passare il tempo. E guardando qua e là noto "Fuga dall'inferno", autore Gheddafi............. Non é un saggio politico, sono proprio racconti. Nell'introduzione, il redattore italiano elogia il talento letterario del colonnello. Il racconto 'Il suicidio dell'astronauta' viene definito "un piccolo capolavoro d'ironia. Visto che é lungo solo tre pagine mi metto a leggerlo seduta stante.................................. Bah. In fondo il mio senso dell'ironia non é un granché. 
Continuo a leggere sia l'introduzione sia i racconti........

Recensione: potrei anche farla, ma non vorrei causare un incidente diplomatico internazionale.
Consiglio: il consiglio lo mando a ManifestoLibri, l'editore che ha pubblicato il colonnello Gheddafi. Ebbene: non so se ne siete a conoscenza, ma in Italia ci sono tante persone capaci di scrivere "piccoli capolavori d'ironia", però sono costrette a pubblicarli su lulu.com o farli circolare gratuitamente su internet perché non riescono a trovare uno straccio di casa editrice disposta a leggere i loro manoscritti. Avete mai pensato di prenderli in considerazione?

giovedì 8 ottobre 2009

Ispirazione...


La famosa "ispirazione" degli antichi é considerata un mito da molti scrittori moderni, secondo i quali scrivere é un'azione concreta che può essere compiuta in modo spontaneo e con ottimi risultati senza alcun bisogno di sentirsi "ispirato".
Sarà che sono un tipo un po' retrò, sarà che non sono sufficientemente moderno, resta il fatto che per me l'ispirazione é fondamentale, e non solo per iniziare a scrivere qualcosa, ma anche per leggere.
Non ho dei gusti definiti, mi piace spaziare nelle letture, e pur avendo alcuni autori che prediligo non é detto che io legga tutto quello che scrivono. Quindi seguo l' "ispirazione" del momento. In questi giorni ho sentito la necessità di leggere il romanzo fanta-filosofico del secolo scorso "Nebbia" di Miguel de Unamuno, e poche settimane prima avevo letto una novella di Pirandello, ma non perché io sia così "filosofico". Magari finita questa lettura passerò a un libro completamente diverso. Quale?
... Mi lascerò guidare dall'ispirazione...

L'ULTIMO LIBRO DEL MAESTRO

titolo: L'ultimo libro del Maestro
anno: 2009
pagine: 161
formato: e-book digitale 15 x 23
prezzo: gratuito
acquisto: download gratuito
genere: romanzo storico-fantastico
anteprima: é gratuito...









Il romanzo ha la struttura di una storia "swords & sorcery", con avventura e colpi di scena, ma é anche l'occasione per analizzare un tema profondo come il sostrato "ideologico" tramite il quale il potere politico si auto-legittima agli occhi dei cittadini.
L'ambientazione é una Cina antica e un po' fantastica, con una connotazione "modernizzata" e più affine alle attuali cognizioni geopolitiche.
Ho provato a scriverlo in modo scorrevole, cercando di renderlo una lettura piacevole e non troppo impegnativa (almeno questa era l'intenzione).
Se volete fare una recensione del libro potete inserirla come commento a questo post.

martedì 6 ottobre 2009

Quali obiettivi?

Da bravo "scrittore" coi numeri ci faccio poco, preferisco le lettere dell'alfabeto. Ma ci sono certe cifre che mi fanno riflettere.
50.000 libri pubblicati in Italia ogni anno (p.o.d. escluso), almeno secondo un editore delle mie parti. Ci sono anche saggi di professori universitari, pubblicazioni a carattere locale, etc., però la cifra rimane alta, molto alta per riuscire a inserirsi...
50% degli italiani non legge neppure un libro, e del 50% restante fanno parte gli studenti che sono costretti a leggere "per forza". Non é detto che continueranno a farlo anche da adulti, e a giudicare dalle principali ambizioni delle generazioni moderne (partecipare ad "Amici" oppure al "Grande fratello"), é probabile che gli unici autori che potrebbero suscitare il loro interesse sono ex concorrenti della "casa" o dell' "accademia" defilippiana (magari anche qualche tronista) che raccontano in un libro le loro esperienze...
25% in meno la popolazione italiana nello spazio di pochi anni, almeno se prosegue il calo demografico in atto, perciò i potenziali lettori si ridurranno a circa 8 milioni.
... Quindi?
Beh, la Svezia con un potenziale analogo di lettori occupa un ruolo non indifferente nel mercato editoriale mondiale. Perciò... forse inizierò a studiare lo svedese e mi trasferirò in Svezia ;)

giovedì 1 ottobre 2009

Non mi pongo limiti

Non pongo limiti al tempo che devo concedere alla scrittura e alla lettura, e infatti mi può capitare di scrivere qualche riga mentre sto per uscire di casa, spegnendo subito il computer dopo aver salvato una trentina di parole, e sempre più spesso mi capita di leggere solo un paio di pagine alle undici di sera prima di arrendermi all’inevitabile necessità di dormire.
Non mi pongo limiti a ciò che vorrei scrivere, infatti sto adattando un mio vecchio racconto a romanzo breve alla media di tre righe al giorno, e contemporaneamente sto portando avanti un mio antico progetto di racconti comici alla stessa media del racconto-romanzo.
Non mi pongo limiti agli obiettivi, infatti intendo spedire entrambi i manoscritti a diversi editori, ovviamente appena saranno terminati.
Per forza di cose, non mi pongo limiti di scadenza per la loro ultimazione. Non sono nella condizione di pormeli. Ci metterò il tempo che ci metterò. Sei mesi, un anno, due anni… chissà.
In definitiva, c’è soprattutto una cosa per la quale non devo pormi dei limiti: la perseveranza. E anche la pazienza.