E' un tema che riguarda riguarda tutte le forme espressive dell’arte. Personalmente ritengo che un libro non debba per forza essere “a compartimenti stagni” nell’uno e nell’altro senso. Ci deve essere una certa compenetrazione fra le due cose, anche se in alcuni casi diventa difficile capire quando l’aspetto “impegnato” è troppo carente rispetto all’ “intrattenimento” o viceversa.
Soprattutto, credo che sia fondamentale la possibilità di scegliere fra più prodotti. Per fare un esempio cinematografico attinente alla mia generazione, ciò che dava un senso di “squallore” nella filmografia italiana fine anni ’70 / inizi anni ’80, non era il singolo film con Banfi, con Franco & Ciccio, con Celentano, con Edvige Fenech, con Bombolo e Cannavale… non erano peggiori di certe “vacanze di natale” vanziniane di oggi. Il senso di squallore nasceva dal fatto che QUEI film rappresentavano il 90% del totale. Non c’erano alternative.
Ecco perché i film con De Sica dei nostri anni non creano senso di squallore, perché comunque sono una piccola parte di una produzione più variegata con tanti titoli anche interessanti e “impegnati”.
I libri “squallidi” hanno il diritto di esistere, anzi, rivendico il diritto ad usufruirne se un giorno avessi voglia di leggermene uno. L’importante però è che non si finisca con l’avere un’offerta libraria composta quasi esclusivamente da interviste a tronisti defilippiani, biografie di calciatori, memoriali dei tre mesi trascorsi nella caaaasa del Grande Fratello, romanzi firmati da Maurizio Costanzo o Sandro Mayer, e via dicendo. Datemi la più ampia varietà possibile, please.
Forse bisognerebbe definire meglio cosa sia la "letteratura impegnata". Già... perché quelli che oggi sono i grandi classici, un tempo era letteratura di evasione, di intrattenimento. Mi viene in mente Dumas, che scriveva i suoi capolavori a puntate, per pagarsi vitto e alloggio, e pubblicava sui giornali dell'epoca. Mi viene in mente Shakespeare, che scriveva per intrattenere il volgo nel pessimo teatro londinese (il Globe... che ho pure visitato quando sono stato a Londra). Alcuni romanzi, poi, son diventati "importanti" solo dopo essere comparsi in cartoni animati (vedi Heidi) o in pellicole cinematografiche (vedi la Tigre della Malesia). Per cui... cos'è veramente la letteratura impegnata?
RispondiEliminaI generi sono una invenzione moderna. Nata soprattutto per catalogare le opere e disporle ordinatamente sugli scaffali dei negozi, delle biblioteche, o tra le pagine dei vari cataloghi.
Servono a mercificare la letteratura, a trasformarla in un prodotto di consumo e a catalogarla come fosse del prosciutto (prosciutto di Parma, San Daniele, etc etc).
E chi dovrebbe decidere, poi, cosa è "impegnato" e cosa non lo è? Chi dovrebbe eleggersi giudice massimo in questa distinzione di generi. Io sinceramente credo che chiunque lo faccia non è in grado di compiere distinguo efficaci. Ho trovato tra gli scaffali per bambini dei testi che avrebbero meritato di essere proposti agli adulti e... viceversa.
I gusti dei lettori sono troppo variegati per pretendere che un testo sia globalmente definito "impegnato" e un altro invece no. Queste mosse... anche se commercialmente pagano... finiscono, secondo me, per essere pericolose. Perché tendono ad omologare le scelte dei lettori e a dirigerli verso determinate scelte preconfezionate e... decise da "qualcun altro".
La letteratura è letteratura e basta. Così almeno io credo. Un libro può trasmettere messaggi anche se parla di zombie, di omicidi, di elfi e nani, di donne bruciate vive o dei barbapapà. Le distinzioni tra bianco e nero, buono e cattivo, stupido e intelligente, etc etc... non fanno altro che alzare muri, creare ostacoli, impedire il libero flusso di pensiero.
Se un libro viene etichettato già prima di essere letto, allora avrà meno possibilità di trasmettere ciò che contiene.
Si, infatti é quel che intendevo dire quando parlavo di "compenetrazione" tra le due cose. Però é innegabile che certe opere sono meno "impegnate" di altre, magari PRESCINDENDO DALLA VOLONTA' STESSA DELL'AUTORE. Carlo Goldoni era il teatrante della "leggerezza", voleva "intrattenere" il suo pubblico, ma molte sue opere erano anche piene di significati profondi rapportati alla vita reale, questo grazie al suo talento individuale, anche se il pubblico apprezzava più l'aspetto umoristico (allo stesso modo in cui un certo pubblico apprezzava le tragedie di Shakespeare più per le scene "splatter" piene di sangue che per i suoi contenuti più profondi).
RispondiEliminaPer capirci: alcuni libri vengono scritti per essere venduti in grandi quantità (lo sai bene) e quindi sono impostati "in un certo modo". Altri libri vengono scritti per cercare di "dire qualcosa", senza preoccuparsi di quante copie venderanno (e infatti spesso sono libri che non trovano nessun editore disposto a rischiarci sopra). Poi può accadere che il libro nato come "intrattenimento" si riveli di grande spessore grazie al talento di chi l'ha scritto (vedi Jane Austen), e che invece un lavoro "impegnato" non raggiunga lo scopo che l'autore si era prefisso (esempio: Voltaire aveva scritto delle opere teatrali "impegnate" che lui considerava molto più importanti dei suoi "contes philosophiques", ma sono considerate orrende dalla critica, addirittura non sono più state pubblicate e sono difficili da reperire persino tra gli editori specializzati in testi del grande pensatore illuminista).
Insomma, io non parlavo di "etichette", ma solo dell'aspetto più profondo del libro (prescindendo dal genere): la capacità di lasciare qualcosa in chi l'ha letto, oppure l'averlo semplicemente "intrattenuto" per la sola durata della lettura.
quoto Glauco. Non credo nei generi. Per me esistono soltanto i libri scritti bene e quelli scritti male.
RispondiEliminaMa io non parlavo di "generi", solo del contenuto profondo di un libro prescindendo dal "genere" che, per quanto mi riguarda, può anche essere abolito.
RispondiElimina