martedì 29 settembre 2015
giovedì 24 settembre 2015
Autobiobibliografia
Alla fine ho deciso di partecipare al meme lanciato da Ivano con questo post ispirato a un'affermazione di Henry Miller.
Ho atteso un po' perché - come avevo spiegato a Ivano stesso - la formula di proporre cento libri che mi hanno influenzato la trovo, nel mio caso, eccessiva. Ritengo che affermare di essere stato "influenzato" da un libro significa sottintendere che quella lettura ha lasciato dei segni permanenti nella propria concezione e percezione della vita. Ho letto moltissimi romanzi interessanti, commoventi, drammatici, pagine capaci di suscitare emozioni profonde, ma non di cambiare la mia psiche e neppure di aprirle nuove strade inesplorate.
Una classificazione del genere posso riconoscerla solo a un numero limitato di letture, non le cento che richiede il meme, tuttavia mi accodo con questa versione personalizzata (so per esperienza che Ivano è molto accomodante e non mi toglierà il saluto per aver snaturato il suo meme ;-)
Prima di proporre la mia lista premetto che in un certo senso io avevo già parlato dei libri che mi hanno influenzato con un tag apposito, librivissuti. Quindi per incominciare ripropongo i titoli di cui avevo già parlato nei post associati a quel tag:
-Confessioni di una maschera, di Yukio Mishima
-La vita è altrove, di Milan Kundera
-Il libro dell'inquietudine, di Fernando Pessoa
-La metamorfosi, di Franz Kafka
-Una stanza tutta per sé, di Virginia Woolf
-La condizione umana, di André Malraux
-Altre inquisizioni, di J.L. Borges
-Les enfants terribles, di Jean Cocteau
-Sanshiro, di Natsume Soseki
-Camera con vista, di E. M. Forster
-Il Decameron, di Giovanni Boccaccio
-Il Signore degli Anelli, di J.R.R. Tolkien
-Zorba il greco, di Nikos Kazantzakis
-Le particelle elementari, di Michel Houellebecq
A questi ne aggiungo altri che forse in futuro saranno anch'essi oggetto di post specifici nel tag "librivissuti", libri a proposito dei quali non posso negare che mi abbiano realmente influenzato.
-Memorie dal sottosuolo, di Fedor M. Dostoevskj
-Moby Dick, di Herman Melville
-Gita al faro, di Virginia Woolf
-La porta senza porta, di Mumon
-Candido, di Voltaire
-L'amante di Lady Chatterley, di D.H. Lawrence
-Le baruffe chiozzotte, di Carlo Goldoni
-Lezioni spirituali per giovani samurai, di Yukio Mishima
-La conquista dell'America. Il problema dell'altro, di Tzvetan Todorov
-La conquista dell'America. Il problema dell'altro, di Tzvetan Todorov
-Novelle per un anno, di Luigi Pirandello
-L'allegria, di Giuseppe Ungaretti
-gli haiku di Kobayashi Issa
-Eternidades, di Juan Ramón Jiménez
-I fiori del male, di Charles Baudelaire
e sebbene non si possa parlare di libri in senso stretto ma semmai di fumetti, mi sento nell'obbligo di aggiungere
-le strisce dei Peanuts di Charles Schulz
-le strisce di Mafalda di Quino
raggiungendo così un totale di trenta voci (le ultime due non si possono definire "libri" poiché potrebbero essere suddivise in decine di volumi se si considerano le varie pubblicazioni nel corso degli anni).
Che ne dici Ivano: anche se ho adempiuto solo al 30% del lavoro, mi accetti fra i partecipanti al meme?
Che ne dici Ivano: anche se ho adempiuto solo al 30% del lavoro, mi accetti fra i partecipanti al meme?
sabato 19 settembre 2015
Ci metto la faccia. Quasi.
Come sapete ho sempre evitato di mostrare la mia brutta faccia, un po' perché ci tengo alla privacy e un po' perché sono decisamente un insicuro. Ciò non avviene solo sul blog, ma in (quasi) tutti gli spazi web che ho frequentato.
Questa reticenza a svelarmi ha sollevato anche qualche piccola curiosità. Niente di eclatante, in fondo non sono mica un blogger famoso, però qualcuno si è dimostrato sorpreso dalla mia eccessiva riservatezza e dal rifiuto di postare immagini che mi ritraessero, un limite che a quanto pare dovrei superare.
Non credo di essere ancora pronto, però ho deciso di compiere un piccolissimo passo in questa direzione. Sfruttando i servizi di uno dei tanti siti che permette di creare una faccia stile manga (un avatar, o meglio un mangatar), per la precisione questo sito, ho tracciato il mio ritratto da personaggio di cartone animato. Se fossi il protagonista di un anime la mia faccia sarebbe più o meno quella salvata su questo link.
... Ogni commento o giudizio verrà severamente... accettato ;-)
lunedì 14 settembre 2015
A proposito di copertine
Non ho mai dato particolare importanza alle copertine dei libri. Sarà che da bimbo ho imparato ad apprezzare la lettura tramite i volumi di mia zia, ed erano libri vecchio stile, come si usavano una volta, testi classici tutti con la copertina rigida di marocchino rosso intarsiato di motivi dorati. Che si trattasse dei sonetti romaneschi di Trilussa o di un romanzo di Dickens, esternamente erano identici.
Ciò che rendeva speciale il libro era il suo contenuto, le parole che leggevo al suo interno aprendo la copertina come uno scrigno (il marocchino rosso intarsiato assomiglia un po' a uno scrigno, non trovate?)
Personalmente ho sempre ritenuto le copertine "fighe" poco più che uno spot pubblicitario: ovvio che ti promettano il meglio e ti facciano sognare, tutte le pubblicità nascono con questo scopo. E spesso (quantunque non sempre) sono ingannevoli.
Ho notato però che tanti lettori attribuiscono un particolare valore alla copertina, pertanto presumo come sempre che sia io a sbagliare col mio atteggiamento troppo minimalista e che dovrei curare maggiormente questo aspetto, se non come lettore, almeno come scribacchino.
Purtroppo temo di essere negato. Me ne sono reso conto mentre sto lavorando alla copertina per "Nazioni immaginarie". Ho sviluppato due idee diverse, una basate sulle bandiere e una sulle mappe geografiche, entrambe con qualche variante...
Ora, mi rendo conto che la terza è la più dilettantesca, quella che davvero rammenta lo scarabocchio d'un ragazzino che s'illude di poter creare la copertina d'un romanzo.
Però, al tempo stesso è la più sincera rispetto allo spirito del libro, che in un certo senso è la fantasia infantile di uno che vorrebbe cambiare il mondo (o inventare un luogo inesistente) proprio come uno... scribacchino che disegna su una carta geografica, col pennarello, uno stato immaginario e ne inventa la storia.
Che ne dite, la terza copertina potrebbe farmi vendere qualche copia in meno?
;-)
Ciò che rendeva speciale il libro era il suo contenuto, le parole che leggevo al suo interno aprendo la copertina come uno scrigno (il marocchino rosso intarsiato assomiglia un po' a uno scrigno, non trovate?)
Personalmente ho sempre ritenuto le copertine "fighe" poco più che uno spot pubblicitario: ovvio che ti promettano il meglio e ti facciano sognare, tutte le pubblicità nascono con questo scopo. E spesso (quantunque non sempre) sono ingannevoli.
Ho notato però che tanti lettori attribuiscono un particolare valore alla copertina, pertanto presumo come sempre che sia io a sbagliare col mio atteggiamento troppo minimalista e che dovrei curare maggiormente questo aspetto, se non come lettore, almeno come scribacchino.
Purtroppo temo di essere negato. Me ne sono reso conto mentre sto lavorando alla copertina per "Nazioni immaginarie". Ho sviluppato due idee diverse, una basate sulle bandiere e una sulle mappe geografiche, entrambe con qualche variante...
Ora, mi rendo conto che la terza è la più dilettantesca, quella che davvero rammenta lo scarabocchio d'un ragazzino che s'illude di poter creare la copertina d'un romanzo.
Però, al tempo stesso è la più sincera rispetto allo spirito del libro, che in un certo senso è la fantasia infantile di uno che vorrebbe cambiare il mondo (o inventare un luogo inesistente) proprio come uno... scribacchino che disegna su una carta geografica, col pennarello, uno stato immaginario e ne inventa la storia.
Che ne dite, la terza copertina potrebbe farmi vendere qualche copia in meno?
;-)
mercoledì 9 settembre 2015
Due ebook entro l'anno e poi chissà
Entro la fine di settembre conto di inserire sul kindle store di amazon uno dei due ebook sui quali stavo lavorando. L'altro seguirà a dicembre. Poi, come da titolo, chissà.
Scrivere è sempre stata una mia passione sin da quando ero bambino: mio padre aveva una vecchia Olivetti e io, dapprima per gioco e in seguito con un certo metodo, battevo caratteri tipografici sul foglio A4, parole, sequenze di parole, storie, idee...
Ma non è un'attività che ho svolto ininterrottamente. C'è stato un periodo, quando ho iniziato a lavorare, a sistemare la casa in cui sarei andato a vivere con la mia futura moglie e a staccarmi dalle abitudini precedenti, in cui avevo cessato le attività. Per alcuni anni non ho scritto neppure una riga, nulla.
Ho ricominciato solo quando qualcosa che nasceva dentro di me mi ha spinto a rimettere su carta le emozioni che smaniavano per manifestarsi. Le cose stavano cambiando rispetto a quando ero ragazzo: si stava affermando una piattaforma comunicativa chiamata internet, c'era persino la possibilità di creare libri digitali saltando tutta la trafila classica e c'erano dei siti dinamici, costantemente aggiornati, chiamati blog...
Seguendo l'esempio di Glauco Silvestri mi sono lanciato nel mondo dell'autopubblicazione digitale, degli ebook gratuiti per dare la possibilità agli internauti di valutarmi e conoscermi, e i risultati a distanza di anni sono in fondo soddisfacenti.
Nel corsi di questa mia militanza nella blogosfera ho talvolta rielaborato libri già scritti nel mio lontano passato analogico, ma ho anche creato racconti e novelle completamente nuovi, direi che questi ultimi prevalgono nettamente sui primi. Insomma, sono stati anni di grande creatività che mi hanno ripagato pienamente per il tempo sottratto a... beh, in effetti non riesco neppure a definire sottratto a qualcos'altro il tempo trascorso a scrivere e editare: è stato ben speso.
Ma da qualche mese l'euforia creativa si è spenta e la scrittura non è più spontanea. Se si esclude qualche fiammata nata quasi di getto come i due racconti "L'era dell'esibizionismo globale" e "La polemica letteraria tra Juan Brady e Francisco Hernandez Mendieta" (attorno a quest'ultimo è nato l'embrione dell'ebook previsto a dicembre) in effetti il desiderio di raccontare storie è latitante.
Primo Levi rammentava ne L'altrui mestiere che "per scrivere, bisogna avere qualche cosa da scrivere".
Appunto.
In fondo un periodo sabbatico è proprio ciò di cui ho bisogno. La durata però è imprecisata: potrebbe essere pochi mesi come più di un anno.
Nel frattempo mi limiterò ad aggiornare il blog.
Scrivere è sempre stata una mia passione sin da quando ero bambino: mio padre aveva una vecchia Olivetti e io, dapprima per gioco e in seguito con un certo metodo, battevo caratteri tipografici sul foglio A4, parole, sequenze di parole, storie, idee...
Ma non è un'attività che ho svolto ininterrottamente. C'è stato un periodo, quando ho iniziato a lavorare, a sistemare la casa in cui sarei andato a vivere con la mia futura moglie e a staccarmi dalle abitudini precedenti, in cui avevo cessato le attività. Per alcuni anni non ho scritto neppure una riga, nulla.
Ho ricominciato solo quando qualcosa che nasceva dentro di me mi ha spinto a rimettere su carta le emozioni che smaniavano per manifestarsi. Le cose stavano cambiando rispetto a quando ero ragazzo: si stava affermando una piattaforma comunicativa chiamata internet, c'era persino la possibilità di creare libri digitali saltando tutta la trafila classica e c'erano dei siti dinamici, costantemente aggiornati, chiamati blog...
Seguendo l'esempio di Glauco Silvestri mi sono lanciato nel mondo dell'autopubblicazione digitale, degli ebook gratuiti per dare la possibilità agli internauti di valutarmi e conoscermi, e i risultati a distanza di anni sono in fondo soddisfacenti.
Nel corsi di questa mia militanza nella blogosfera ho talvolta rielaborato libri già scritti nel mio lontano passato analogico, ma ho anche creato racconti e novelle completamente nuovi, direi che questi ultimi prevalgono nettamente sui primi. Insomma, sono stati anni di grande creatività che mi hanno ripagato pienamente per il tempo sottratto a... beh, in effetti non riesco neppure a definire sottratto a qualcos'altro il tempo trascorso a scrivere e editare: è stato ben speso.
Ma da qualche mese l'euforia creativa si è spenta e la scrittura non è più spontanea. Se si esclude qualche fiammata nata quasi di getto come i due racconti "L'era dell'esibizionismo globale" e "La polemica letteraria tra Juan Brady e Francisco Hernandez Mendieta" (attorno a quest'ultimo è nato l'embrione dell'ebook previsto a dicembre) in effetti il desiderio di raccontare storie è latitante.
Primo Levi rammentava ne L'altrui mestiere che "per scrivere, bisogna avere qualche cosa da scrivere".
Appunto.
In fondo un periodo sabbatico è proprio ciò di cui ho bisogno. La durata però è imprecisata: potrebbe essere pochi mesi come più di un anno.
Nel frattempo mi limiterò ad aggiornare il blog.
venerdì 4 settembre 2015
Un tema pittorico ricorrente - 7
L'episodio della Torre di Babele è una delle più note storie bibliche. Dice il Libro della Genesi:
"Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall'oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l'un l'altro: 'Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco'. Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero: 'Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra'. Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: 'Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro'".
Secondo la teologia cristiana l'intervento di Dio simboleggia la punizione per la superbia dell'uomo che vuole innalzare una torre "la cui cima tocchi il cielo", atto arrogante e quasi di sfida alla divinità. Secondo un'altra interpretazione lo scopo di Dio è fare in modo che gli uomini si diffondano in tutto il mondo anziché "non disperderci su tutta la terra" come essi sono intenzionati a fare.
La prima interpretazione è sempre stata quella prevalente e numerosi artisti hanno tentato di raccontare questa (presunta) sfida umana alla potenza divina.
Una delle opere più celebri è la tela di Pieter Bruegel il Vecchio (1525-1569) nella quale la torre appare contorta e costruita in modo confuso, simboleggiando perfettamente il risultato di un lavoro fra uomini che non si capiscono fra loro e non sono in grado di coordinare l'edificazione e il progetto. Questa immagine sarà imitata, quasi copiata, da numerosi artisti europei.
L'artista contemporanea argentina Marta Minujìn ha invece reintepretato la storia biblica come una metafora della globalizzazione culturale, creando una torre-scultura rivestita di libri.
La confusione linguistica, l'incapacità di comprendersi, l'inabilità conseguente a realizzare una struttura e il disastroso esito della costruzione sono temi che si prestano perfettamente all'allegoria e alla satira. I gestori di questo sito ad esempio hanno espresso la loro evidente sfiducia nell'Unione Europea creando un fotomontaggio che unisce la Torre di Babele dipinta da Bruegel al palazzo che ospita il parlamento europeo, una simbologia anti-europeista non priva di suggestione...
Insomma, la Torre di Babele si presta perfettamente a esprimere e raccontare temi universali e continuerà sicuramente ad ispirare gli artisti anche nel prossimo futuro.
"Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall'oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l'un l'altro: 'Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco'. Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero: 'Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra'. Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: 'Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro'".
Secondo la teologia cristiana l'intervento di Dio simboleggia la punizione per la superbia dell'uomo che vuole innalzare una torre "la cui cima tocchi il cielo", atto arrogante e quasi di sfida alla divinità. Secondo un'altra interpretazione lo scopo di Dio è fare in modo che gli uomini si diffondano in tutto il mondo anziché "non disperderci su tutta la terra" come essi sono intenzionati a fare.
La prima interpretazione è sempre stata quella prevalente e numerosi artisti hanno tentato di raccontare questa (presunta) sfida umana alla potenza divina.
Una delle opere più celebri è la tela di Pieter Bruegel il Vecchio (1525-1569) nella quale la torre appare contorta e costruita in modo confuso, simboleggiando perfettamente il risultato di un lavoro fra uomini che non si capiscono fra loro e non sono in grado di coordinare l'edificazione e il progetto. Questa immagine sarà imitata, quasi copiata, da numerosi artisti europei.
L'anonimo decoratore di un codice miniato bavarese del XV secolo ispirato alla "Legenda Aurea" immagina invece una torre elegante e armoniosa, la cui unica colpa è quella di toccare il cielo e infastidire gli angeli, come si può notare osservando la parte più alta della miniatura.
L'incisore e pittore olandese Cornelis Anthonisz (1505 – 1553) in una sua stampa inscena addirittura un crollo di cui non c'è traccia nella Bibbia, nella quale si riferisce solo che "Il Signore li disperse [i costruttori della torre] su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città". Forse intendeva rendere ancora più evidente il disastro conseguente all'arroganza umana, o forse ha unito al tema della Torre di Babele quello della Caduta di Babilonia.
Il suo noto conterraneo (e omonimo di nome) vissuto tre secoli dopo Maurits Cornelis Escher (1898-1972) si diverte a creare un gioco prospettico, tipico della sua arte, prendendo a spunto proprio la torre biblica, trasformata in una sorta di trappola per i suoi stessi costruttori che non sono più in grado di scendere.
La confusione linguistica, l'incapacità di comprendersi, l'inabilità conseguente a realizzare una struttura e il disastroso esito della costruzione sono temi che si prestano perfettamente all'allegoria e alla satira. I gestori di questo sito ad esempio hanno espresso la loro evidente sfiducia nell'Unione Europea creando un fotomontaggio che unisce la Torre di Babele dipinta da Bruegel al palazzo che ospita il parlamento europeo, una simbologia anti-europeista non priva di suggestione...
Insomma, la Torre di Babele si presta perfettamente a esprimere e raccontare temi universali e continuerà sicuramente ad ispirare gli artisti anche nel prossimo futuro.
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