sabato 12 novembre 2016

Troppo singolare per puntare alla pluralità?

Ai tempi dell'università lessi una definizione interessante per indicare gli scrittori i cui romanzi si rivelano dei best seller pur non avendo i canoni tipici dei libri in voga in quel determinato momento storico. Non ricordo le parole precise, ma il concetto era più o meno che lo scrittore che riesce a cogliere lo spirito del tempo in cui vive innesca una sorta di identificazione collettiva fra coloro che lo avevano percepito ma non erano riusciti a definirlo. Lo scrittore offre ai lettori (almeno a quelli dotati della sensibilità necessaria per avvertire le inquietudini e le prospettive del momento presente) la definizione dettagliata di tale spirito fondamentalmente divergente rispetto all'immaginario sociale creato dalle opere letterarie (e anche cinematografiche e televisive) degli ultimi anni e genera un punto di rottura. Propone pertanto un nuovo modello che poi probabilmente verrà imitato e copiato da altri fino a essere a sua volta scardinato dal successivo romanzo in grado di cogliere il sempiterno spirito del tempo presente perennemente in evoluzione.
Partendo da questa considerazione così ampia nelle sue implicazioni e riflessioni che potrebbero derivarne, assai grettamente io la applico alla mia miserabile persona ponendomi una domanda: se uno che - come il qui presente - ha la tendenza a risultare sempre singolare rispetto all'opinione media della massa, possa essere mai in grado di concepire il sopracitato libro capace di innescare l'identificazione collettiva.
Sarà un caso, ma da sempre - e negli ultimi anni in modo particolare - mi sento sempre spiazzato rispetto alle collettività di cui faccio parte. Che si tratti dei colleghi di lavoro o dei condomini, o delle classiche discussioni che sorgono quando parenti e amici sono riuniti attorno a un tavolo, o quando i genitori dei bambini di una certa classe in cui c'è anche la tua si incontrano ai colloqui coi professori, beh, è una costante: sono sempre in minoranza.
Questa situazione si ripete con tale frequenza che mi sono persino chiesto se non si tratti di una mia tendenza inconscia a volermi a ogni costo distinguere dalla pluralità.
E quindi sorge la domanda: se non riesco a essere in sintonia con la pluralità, potrò mai cogliere l'immaginario collettivo e lo spirito del tempo presente necessari per creare il libro in grado di generare empatia con la massa dei lettori?

24 commenti:

  1. Questo secondo me è il paradosso, dal mio punto di vista è proprio il sentirsi spiazzato che potrebbe dar leva, in termini letterari, a un ipotetico best seller

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  2. non sarai in grado di" essere in sintonia con la pluralità " eccc ma pensa sarai in grado di affermare la tua "unicità" e questo è un grande valore

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    1. Vero, ma forse inadatto per creare un best seller...

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    2. diffido del best seller in genere lo rende tale la casa editrice e tutta una serie di manipolazioni dell'opinione pubblica, una cosa è scrivere per raccontare e raccontarsi un'altra per pubblicare un best seller il vero scrittore è il primo ,poi se il libro avrà successo e scalerà le classifiche benissimo ma non a discapito della qualità e dell'onestà intellettuale

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    3. Concordo con Ferruccio e con Flò.
      E' proprio questo non essere in sintonia che può permetterti di vedere cose che i... "sintonizzati" non notano. E tu, voce fuori dal coro, puoi fargliela notare :)

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  3. L'idea di non essere in sintonia con la pluralità mi pare un'idea molto comune e diffusa.

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    1. Quindi essere singolare è... un modo di essere uguali a tanti altri :-D

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  4. Detta così, pare che quegli autori (che colgono lo "spirito" del loro tempo) siano già una singolarità rispetto a quelli che "vendono"... o no? ;)

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    1. Non necessariamente. Talvolta il libro che è un successo è anche una pietra miliare nell'evoluzione letteraria. Poi, è ovvio che in genere i best sellers siano gialli / thriller / rosa di corto respiro.

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  5. Sono convinto anch'io che si tratti di un paradosso. Lo spirito dei tempi è sempre collettivo ma per saperlo cogliere e volgere a proprio vantaggio va osservato come dall'esterno, dal punto di vista della propria unicità.

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  6. Cogliere lo spirito del tempo e proporre nuovi modelli è tipico degli innovatori, anche loro malgrado, che non seguono canoni prestabiliti. Questo in qualsiasi campo della creazione.

    E non è detto che le loro scelte controcorrente non abbiano successo. Penso ad esempio a Caravaggio che fu ammiratissimo e che rivoluzionò la pittura, ma anche a Van Gogh che fece lo stesso, ma che vendette un solo quadro nella sua vita.

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    1. Anche questo è vero. Non sempre il nuovo spirito dei tempi viene subito percepito da chi lo vive.

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  7. Tu intanto proponi il tuo nuovo modello che poi probabilmente, chissà, verrà imitato e copiato da altri. Vediamo che accade fra qualche decennio. :)

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    1. Fra qualche decennio chissà se io ci sarò ancora :-D

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    2. Meglio ancora: post mortem, i migliori successi! :P

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  8. Anch'io sento sempre di essere in minoranza. Penso di essere incompatibile con questa società. Ma non lo dichiaro apertamente.
    Quindi, non pensi che ci sono tanti altri come noi? Tu coglieresti il nostro spirito.

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    1. Un romanzo su chi è in minoranza rispetto all'opinione comune... Mi hai dato un ottimo spunto iniziale.

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  9. Com'è che tutti quanti non ci sentiamo in sintonia con la pluralità? E se la pluralità - in realtà - non esistesse? Se fosse solo una proiezione tutta personale che contiene tutto ciò che a noi da fastidio? In fondo siamo individui singoli, che vivono in società solo per l'esigenza di sopravvivere, e che si scontrano violentemente, e sempre più spesso, per futili motivi (penso alle rivolte nella mia città per la riduzione dei costi della mensa universitaria (da 6eu di prima a 5,8eu a vassoio), ritenuta non sufficiente. Oggigiorno ci si lamenta perché i prezzi aumentano, e anche perché calano, o meglio, non calano abbastanza.
    Forse questo forte senso di disagio nasce dal fatto che siamo sempre di più, gli spazi son sempre quelli, e probabilmente... Boh!
    A ogni modo, per scrivere un Best Seller non è necessario essere in sintonia con la pluralità. Già ai tempi in cui scrivevo narrativa, e tenevo un blog sul mondo della narrativa, facevo notare come i media indicassero l'uscita di un nuovo libro come 'l'uscita del nuovo best seller'. Al che il duplice dubbio: o i media non conoscevano l'inglese e da qui credevano che best seller=libro; o ci marciavano sopra per pompare le vendite sin dalle prime ore.
    E' un discorso complesso che affrontai ai miei tempi, e che in un commento non è possibile ripetere. Ma alla fine per fare un best seller è sufficiente avere 'i giusti appoggi', così che l'editore ti spinga a dovere.
    Per il resto, la pluralità compra i libri che vengono promossi in modo roboante, con fascette che citano cifre di vendita da paura, anche se il libro circola da poche ore (e qui sarebbe interessante rivangare l'esperienza di Melissa P.), e poco importa cosa sia scritto all'interno del libro stesso. La gente compra perché altra gente ha comprato prima di lei. E' infatti interessante leggere le recensioni del grande 'best seller' 50 Sfumature di Grigio (125 milioni di copie): 215 recensioni a 5 stelle, 259 recensioni a 1 stella.
    E' il motivo per cui l'uscita del nuovo iPhone provoca file interminabili davanti al negozio, e il motivo per cui in qualunque locale pubblico con più di un ingresso a vetri, se il primo di un gruppo apre una delle tante porte, tutti quelli che seguono si accodano a lui invece che aprire le altre porte disponibili.
    Ma... Ma... Ma sto divagando? Forse un pochino.
    Scrivi ciò che credi giusto e non ti crucciare più di tanto :-)

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    1. Sì, il ragionamento fila. Dopo tutto un po' la distonia nei confronti della pluralità è individualistica, e forse nessuno si sente realmente parte di una pluralità.
      A me va bene perché scrivere "ciò che credo giusto" è quel che ho sempre fatto.

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  10. Secondo me si può essere in sintonia con la collettività anche proponendo il proprio singolare modo di essere, c'è sempre qualcuno che si riconoscerà nella tua singolarità e non è detto che siano in pochi. Poi anche secondo me il best sellerò lo crea la CE con una pubblicità mirata.

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    1. Sì, anche questo è vero. Mai sottovalutare la potenza di una campagna pubblicitaria ben orchestrata.

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  11. Best seller non sellerò ... scherzi del correttore automatico

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