Personalmente ritengo che questo tipo di problematica sia
secondaria. Vogliamo ipotizzare che un Leopardi in buona salute avrebbe
composto poemetti sulla bellezza meravigliosa della vita? Va bene, d’accordo.
Vogliamo immaginare che un Dickens con un’infanzia agiata
non avrebbe mai creato i vari David Copperfield e Oliver Twist, ma solo
principini felici? E sia, mozione approvata.
Ma secondo me la domanda da porsi è, semmai: le
elucubrazioni mentali del poeta recanatese e le storie di miseria del
romanziere inglese, hanno una loro ragion d’essere? Hanno attinenza con l’esperienza umana? Raccontano qualcosa
di autentico, quanto meno a livello individuale?
Perché, ecco, la chiave di tutto è proprio la conclusione
dell’ultima domanda retorica che ho formulato. L’esperienza è sempre
individuale. Ognuno di noi racconta la vita, se stesso, il mondo, la realtà e
ogni cosa in base alla propria
percezione. Da questo punto di vista ogni individualità è autentica, nonché
fine a se stessa. Quando poi tramite la scrittura si esprime tale visione
soggettiva, altre persone possono percepire un’assonanza e si crea in tal modo
una condivisione, segno evidente che altri esseri umani hanno sperimentato (o
continuano a sperimentare) sensazioni simili a quelle provate da Leopardi e
Dickens.
Insomma, all’origine di tutto ci sono le esperienze in se
stesse, pertanto (per come la vedo io) se Leopardi e Dickens avessero avuto
vite diverse e (ipoteticamente) avessero scritto cose differenti, comunque, in
qualche altro contesto, sarebbe emersa una figura di pessimista cosmico che -
non trovando in letteratura nulla che esprimesse il suo stato d’animo - avrebbe
scritto lui qualcosa di simile alla poetica leopardiana. Allo stesso modo ci
sarebbe stato un romanziere che, non avendo mai letto storie “dickensiane”,
avrebbe deciso lui di narrarle. Persone che nella realtà sono state semplici
lettori (o imitatori) dei due letterati, in un contesto privo di opere come “A
Silvia” e “Grandi speranze” sarebbero diventati essi stessi i creatori e
precursori di certe tematiche, magari con meno talento ma con il risultato di
ispirare a loro volta qualcun altro.
Insomma, sarò paradossale ma io capovolgo la questione: le
esperienze in se stesse sono la base della letteratura, e la singola persona
dotata della giusta sensibilità e capacità narrativa è lo strumento tramite la quale l’esperienza assume forma scritta.
Ciò che, ipoteticamente, non fosse stato scritto da Leopardi, o da Dickens, o
da qualunque autore, prima o poi sarebbe stato scritto in modo non troppo
dissimile da qualcun altro.
Bo' non lo so, questa cosa della percezione "propria" mi convince poco. E' vero che le esperienze variano a seconda dei singoli punti di vista e delle persone, ma ritengo che i punti di vista siano grosso modo limitati e non differenti per ogni singolo individuo... tant'è che si può leggere un racconto e riconoscersi nei sentimenti del protagonista.
RispondiEliminaCredo anche che una storia e un'idea siano frutto anche della loro epoca. Cioè i sentimenti e le persone restano simili, ma cambia il periodo storico e l'atteggiamento "collettivo". Per cui una volta che il periodo è passato certe cose se non sono state sviluppate un po' si perdono o meglio si può scrivere un romanzo storico su Roma antica (per dirne una) ma non si può più scrivere DI Roma antica avendola vissuta come protagonista. Quello che è stato scritto è stato scritto ed è ciò che ci rimane.
Simone
Ovviamente il post esprime il mio punto di vista sull'argomento e non ha alcuna pretesa di essere la verità assoluta. É solo una mia personalissima ipotesi qui esposta proprio per suscitare uno scambio di idee e opinioni in merito.
EliminaOvvio... e infatti era un'opinione (scambiata) anche la mia! :)
EliminaSimone
Gli scrittori sono spesso animi inquieti e malinconici. Io sono un po' uno spirito leopardiano, ma la natura matrigna non mi ha dato il suo stesso talento! Credo che tutti abbiano del dolore da raccontare, solo che chi scrive lo incanala nella sua arte.
RispondiEliminaLeopardi avrebbe scritto dei capolavori anche conducendo una vita diversa? Secondo me, sì, il suo talento sarebbe emerso in altri scritti, in altro modo, ma sarebbe emerso.
Anche questa è una possibilità intrigante e da valutare.
EliminaIo penso che io talento sia talento e basta. Stephen King avrebbe potuto scrivere romanzi rosa ed essere sempre il Re; così come Liala poteva scrivere di horror e riuscire alla grande. Certo, se l'esperienza aiuta ad esprimere meglio certe cose, allora un aiutino serve, ma poi ci vuole la capacità di mettere su carta.
RispondiEliminaLa mozione di Romina prende quota.
EliminaE chi l'avrebbe mai detto?
EliminaComunque ti segnalo che ho scoperto il blog di Tim e lui mi ha detto che ha scoperto il mio grazie a te, quindi un sentito ringraziamento per la pubblicità!