mercoledì 6 marzo 2013

Il buon lettore

Nella prima prefazione della “Storia universale dell’infamia”, Jorge Luis Borges scrive:

A volte credo che i buoni lettori siano dei cigni persino più oscuri e singolari rispetto ai buoni autori. Nessuno mi negherà che i meriti attribuiti da Valéry al suo più che perfetto Edmond Teste sono evidentemente meno importanti rispetto a quelli di sua moglie e dei suoi amici.
Leggere, all’atto pratico, è un’attività posteriore rispetto allo scrivere: più rassegnata, più civile, più intellettuale.

Tralasciando il riferimento erudito al poeta francese Paul Valéry e al suo immaginario monsieur Teste, mi chiedo se questa glorificazione del lettore posta nell’introduzione di un libro debba considerarsi una lusinga o un'opinione sincera.
Propendo per la seconda ipotesi, anche perché Borges stesso era un lettore prima ancora che uno scrittore. I suoi racconti e saggi denotano un’attitudine alla lettura che raggiunge dimensioni gigantesche, quasi impressionanti. Lui stesso talvolta parlava della propria vita sostenendo che l’aveva trascorsa più leggendo che vivendo. Evidentemente riteneva che ne valesse la pena.
Ma come si potrebbe definire “un buon lettore” dal punto di vista dell'autore?
Io ci provo partendo da un dato di fatto: tra scrittore e lettore si crea talvolta una compenetrazione che trascende il tempo e lo spazio. A molti lettori appassionati capita di incontrare un autore che sembra parlargli direttamente e con il quale condividono ogni singolo concetto espresso tramite la pagina scritta.
Nel suo breve commento Borges osserva questo fenomeno dal lato opposto. Presumo (ma ovviamente posso sbagliare) che intendesse dire che dal punto di vista dell’autore l’esistenza di questi “buoni lettori” definiti “oscuri e singolari” è probabilmente la più grande soddisfazione che derivi dalla scrittura, quasi quanto la scrittura in se stessa e l'eventuale successo in termini di vendite.
Con spirito borgesiano, inserisco una citazione colta tratta da un libro sullo zen di Tsai Chi Chung per esprimere più dettagliatamente la mia idea.
Si narra che Bo Ya fosse un eccellente suonatore di cetra. Zhong Ziqi amava ascoltarlo, e andava letteralmente in estasi mentre il musicista eseguiva le sue melodie. Il giorno in cui Zhong Ziqi morì, Bo Ya tagliò le corde della sua cetra e non suonò mai più, perché trovare qualcuno che amasse così profondamente la sua musica era quasi impossibile. Nel momento in cui Zhong Ziqi se ne era andato, Bo Ya aveva perso una parte di se: era ancora vivo, ma il piacere di suonare era morto assieme al suo ascoltatore più appassionato.
Ecco, penso che un “buon lettore” sia qualcuno che raggiunge una simbiosi di questo genere con taluni autori, ovviamente in un senso assai ampio e senza raggiungere l’apice estremo della storia zen citata.

8 commenti:

  1. Si, credo che tu abbia ragione e che la storiellina zen la dica tutta sul rapporto artista- lettore ( o ascoltatore).

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    1. Una compenetrazione che travalica il semplice rapporto scrittore/lettore.

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  2. Che bellissima la storia d Tsai Chi Chung...

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    1. Sì, molto suggestiva. Si conclude rammentando che in cinese l'espressione "strappare le corde" è diventata sinonimo di essere in lutto o qualcosa del genere.

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  3. È forse una risposta alla domanda: "perché scriviamo?" il 'buon lettore' viaggia sulla stessa lunghezza d'onda dello scrittore e coglie al volo le sfumature, anzi vive dentro la stessa storia creata da chi scrive.

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    1. Già, come se avvenisse un dialogo tra lettore e scrittore, anche se in una forma assai particolare e - solo apparentemente - unidirezionale.

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  4. Questa cosa è assai curiosa… e mi fa riflettere.
    Il mio scontatissimo (ma anche no, nn mi dilungherò qui a spiegare il perché) autore preferito è Tolkien. Ma io l'ho cmq scoperto DOPO la sua morte…
    A volte mi chiedo come questo rapporto con lui sarebbe stato diverso se avessi letto le sue opere mentre era in vita, o se nel mondo - ai suoi tmepi - ci fosse stato uno strumento divulgativo potente e immediato come internet.

    Per assurdo, la stessa cosa per me non vale con Martin: sebbene le cronache del ghiaccio e del fuoco siano ancora in corso, ed egli sia venuto addirittura al Lucca Comics qke anno fa, non provo lo stesso feeling…

    Musicalmente, quando F De André morì, sentii una parte di me andarsene…

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    1. Sì, ti capisco in pieno.
      La stessa sensazione di perdita che ho provato quando morì Kurt Cobain.
      Anch'io, a livello di scrittura, provo un rapporto particolarmente profondo per un autore ormai ampiamente postumo come Pirandello. Se provassi qualcosa del genere per un vivente forse cercherei di contattarlo, chissà...

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