La
prima scintilla era partita da Francisco Hernandez Mendieta. Doverosamente
precisando, però, che non era nelle sue intenzioni scatenare una qualsivoglia bagarre. O forse un po’ di ostilità
latente bruciava nelle sue parole, quantunque su un punto – almeno uno –
possiamo essere certi: i due grandi scrittori non si erano mai incontrati di
persona. Entrambi si conoscevano solo tramite l’aura di personaggio pubblico
che li ammantava, ma per qualche bizzarra coincidenza del caso non era mai
accaduto che fossero contemporaneamente presenti a un evento culturale o a una
premiazione letteraria, non si erano mai incrociati financo in luoghi non
connessi alle loro attività.
D’altronde
Buenos Aires è una metropoli estesa come la Catalogna con più
abitanti di Portogallo o Grecia; e la conoscenza diretta fra due abitanti non
di una città, ma praticamente di una nazione, non è un fatto scontato,
tutt’altro.
L’intervista
del Clarìn era incentrata sull’ultima
opera pubblicata da Mendieta, Il gatto
galleggiante sul Mare della Tranquillità. Il giornalista Diego Andretti,
avendo esaurito le domande relative al libro, aveva azzardato un apparentemente
innocuo: “Tra i suoi colleghi c’è qualcuno che segue con particolare
interesse?”
Francisco
Hernandez Mendieta si era concesso alcuni istanti di riflessione prima di
replicare: “Li seguo allo stesso modo in cui certa gente guarda la televisione:
come uno spettacolo di intrattenimento che aiuta a riempire il proprio tempo
libero e del quale a volte si può pensare male senza sentirsi in colpa”.
Andretti
era rimasto incuriosito dal tono poco lusinghiero della risposta, però privo di
riferimenti oggettivi, così aveva insistito con una domanda più diretta:
“Cosa
gliene pare di Juan Brady?”
Aveva
nominato Juan Brady anziché un qualunque altro scrittore perché in quel momento
era il più popolare: il romanzo L’esercito
dei pezzenti era nella classifica dei dieci libri più venduti da cinque
mesi – per molte settimane era stato al primo posto – e sui social network parecchie
discussioni a sfondo libresco vertevano sul titolo in questione e sulle
precedenti opere dell’autore.
Mendieta
aveva anteposto l’usuale pausa di riflessione, stavolta più lunga del solito.
Con prudenza aveva dichiarato che il collega “Segue la tradizione” e poi aveva
aggiunto: “Uno scrittore con le sue capacità potrebbe osare percorsi più
innovativi”.
Il
Clarìn – sia nell’edizione cartacea
che in quella web – aveva intitolato il pezzo con un neutralissimo ‘Intervista a
Francisco Hernandez Mendieta’. Ma alcuni siti aggregatori di notizie avevano
fiutato la possibilità di una polemica, l’argomento che più di qualunque altro
appassiona i popoli, perciò avevano presentato la notizia (se ‘notizia’ si può
chiamare un’intervista dai contenuti tutto sommato sobri e prevedibili) con
titoli assai mirati: “Mendieta stronca Brady”, “Mendieta, che attacco a Brady!”
“Mendieta: ‘Brady, un autore antiquato’”.
La
diffusione delle chiacchiere si accompagna a un’inevitabile distorsione delle
parole originarie, soprattutto a causa di coloro che pur di dimostrarsi trendy
e partecipare alla discussione più in voga del momento vogliono a ogni costo
dire la loro, anche se in effetti non hanno neppure ascoltato – o in questo
caso letto – la frase che ha dato origine alla presunta polemica.
Ventiquattro
ore dopo i salotti del web riportavano ogni genere di deformazione.
Un
tale X.Alarcon, iscritto a 426 gruppi su facebook con più di novecento amici –
ma era presente anche su twitter con circa quattromila followers – aveva attribuito
a Mendieta la frase ‘Brady scrive come un bambino di cinque anni’ e molti dei
suoi contatti erano convinti che lo scrittore lo avesse detto realmente.
Qualcuno si era persino premurato di replicare agli utenti che sottolineavano
l’assenza di tali parole sul Clarìn
che “ovviamente i redattori del quotidiano hanno edulcorato l’intervista per
renderla più presentabile”, chiaro no?
Fu
in questo contesto che Juan Brady apprese la notizia. Lesse attentamente ogni
domanda e risposta, notò la sproporzione fra il testo ufficiale riportato dal
giornale e le rielaborazioni esagerate di certi siti, e tuttavia si infastidì.
C’era un elemento all’origine del suo fastidio: aveva letto un paio di libri di
Mendieta e li aveva giudicati uno schifo. Però non si era mai permesso di proclamarlo
pubblicamente, lo aveva rivelato solo alla sua compagna e al suo editore (ed entrambi
gli avevano consigliato di simulare invece rispetto per un collega
indubitabilmente famoso e stimato).
Perciò,
scoprire che quel sopravvalutatissimo autore di romanzi di merda si era posto
assai meno scrupoli di lui nell’esprimere un giudizio non lusinghiero, lo aveva
fatto infuriare. Tale era il nervosismo di Brady da offuscargli la mente
sull’evidenza che essere tacciati di tradizionalismo non implica alcun attacco
al talento letterario. Anzi, l’invito a essere innovativo in riferimento alle
sue “capacità” implicava una certa stima da parte del collega.
Ma
lui non la leggeva così, lui la percepiva come una frecciata malignamente velenosa.
Più ancora che la frase riservata esclusivamente a lui – Segue la tradizione. Uno scrittore con le sue capacità potrebbe osare
percorsi più innovativi – lo pungolava la frase precedente riferita al
contesto letterario nazionale e agli scrittori argentini contemporanei in
genere: Li seguo allo stesso modo in cui
certa gente guarda la televisione: come uno spettacolo di intrattenimento che
aiuta a riempire il proprio tempo libero, e del quale a volte si può pensare
male senza sentirsi in colpa.
Brady
interpretava tale affermazione in senso offensivo: le parole utilizzate da
Mendieta sottintendevano che le opere dei suoi compatrioti fossero di scarsa
qualità, non paragonabili alla sua immensa bravura… Che arrogante!
Il
sillogismo, quantunque forzato, era inevitabile: Mendieta disprezza tutti i
romanzieri argentini, Brady è un romanziere argentino, Mendieta disprezza
Brady.
Dapprima
si sfogò con la compagna, e lei gli diede ragione ritenendo inopportuno che
Mendieta desse suggerimenti su come scrivere, quasi fosse diventato un maestro
di scuola. Però gli sconsigliò nuovamente di esternare le sue reali opinioni
sul collega ormai diventato rivale.
Juan
Brady telefonò poi all’editore e si lamentò anche con lui, ricevendo uguale
solidarietà e una mezza concessione all’ipotesi di rispondere a Mendieta in
forma ufficiale. Poteva replicare – a titolo personale lasciandone fuori la
casa editrice – utilizzando però l’ironia e senza ricorrere a termini
offensivi.
Juan
non attendeva altro. Le dita gli fremevano come neppure quando iniziava a
elaborare un nuovo romanzo. Si sbizzarrì e nel giro di mezz’ora aveva già
elaborato una ventina di possibili tweet. Verso le sei di sera, finalmente,
l’account @JBrady partorì le seguenti parole:
Chi è F.H. Mendieta? Quello che scrive
capolavori per lettori incompetenti?
Dopo
neanche un’ora gli trillò il cellulare. L’editore lo invitava a cancellare
subito quel tweet. Forse si faceva ancora in tempo a evitare che venisse letto
da troppi internauti…
“No”
sbraitò Brady in risposta. “Mi sono stufato di tenere le palle in un cassetto!”
L’editore
era preoccupatissimo: possibile che il suo autore non si rendesse conto che con
quel messaggio aveva offeso non solo Mendieta ma anche centinaia di migliaia di
argentini che leggevano i suoi libri?
“Sì,
me ne sono reso conto. Voglio che la gente apra gli occhi e capisca quanta
merda ingoia credendola miele ogni volta che legge le vaccate di quello stronzo!”
La
mattina seguente, mentre sull’account @JBrady fioccavano commenti stizziti da
parte dei lettori di Mendieta, Diego Andretti contattò Juan per proporgli
un’intervista.
*
Stavolta
il giornalista mantenne un premeditato atteggiamento istigatore: era
intenzionato a soffiare sul fuoco. Se nel caso precedente era saltata fuori una
dichiarazione a sfondo lievemente polemico all’interno di un’intervista
equilibrata, in questa possibilità di replica offerta a Brady ci fu, al
contrario, una raffica di domande che innescavano deliberatamente la possibilità
di estendere la dimensione della querelle.
Per conto suo Juan Brady non rispose mai in modo da smorzare i toni, deciso a
sfruttare in pieno la chance che gli veniva offerta per insistere con più
durezza nel suo attacco.
“Perché
‘capolavori per lettori incompetenti’?”
“Perché
i romanzi di Francisco Hernandez Mendieta sono delle prese in giro. Un lettore
preparato, una persona matura che comprende il mondo attorno a sé, dopo poche
pagine capisce che quei libri sono una processione di parole decorative messe
elegantemente una dopo l’altra per non raccontare nulla. Solo un adolescente
alle prime letture o un adulto che legge mediamente un libro all’anno e si
lascia influenzare dall’opinione dell’amico che glielo ha consigliato può farsi
fregare da quel nulla”.
“In
che senso racconta il nulla?”
“Basta
analizzare i suoi libri senza il paraocchi della ‘suggestione’, il pregio
immaginario col quale hanno ammantato tutte le sue storie prive di senso. Se si
supera questo stato di ubriachezza forzata e si giudicano i suoi romanzi con la
mente lucida, alla fine vengono fuori per quel che sono: il nulla. Potrei
scrivere anch’io un romanzo alla Mendieta: basta inventarsi una circostanza
surreale un po’ comica, tipo, che so, il fantasma di mia nonna che tutte le
mattine mi appare sulla superficie del latte che mangio a colazione. Poi, per
dieci pagine, mi metto a descrivere con un mare di dettagli inutili le
increspature della pellicola del latte, altre venti pagine per ricordare quella
volta in cui, da bambino, mia nonna mi aveva detto che le cicogne migrano nei
paesi caldi ripetendo lo stesso concetto in sedici modi diversi, altre venti
pagine sulla vita delle cicogne e sulle favole che parlano dei bebé portati in
volo proprio dalle cicogne. Per concludere aggiungo una cosa che non c’entra
niente, qualcosa come: un amico della nonna in gioventù avrebbe voluto sposarla
ma i genitori della nonna la costrinsero a sposare un altro, e infine un
apparente punto di contatto tra le due cose, ad esempio che l’uomo in
questione, crescendo, è diventato ornitologo e si è specializzato nello studio
delle cicogne. Finale: la tazza di latte cade a terra mentre sento un rumore
sul tetto e mi accorgo che una cicogna sta facendo il nido accanto al
comignolo. Ecco cosa è realmente un romanzo alla Mendieta: una buffonata”.
Quest’ultima
risposta non era improvvisata: Brady aveva preparato mentalmente le proprie
motivazioni da esporre nel corso dell’intervista ad Andretti, ed era deciso a
inserirne i concetti a ogni costo, anche forzando il senso della domanda e
replicandogli con discorsi pre-impostati che non c’entravano nulla con quel che
gli veniva chiesto. Tra le varie dichiarazioni anti-Mendieta già caricate nel
fucile della propria bocca e pronte a essere sparate, vi era – appunto – anche una
trama ridicoleggiante per un ipotetico romanzo di Francisco Hernandez, una
parodia che nelle intenzioni di Brady non era affatto una parodia ma – come lui
stesso aveva affermato – una buffonata scambiata per un capolavoro e finalmente
palesatasi per la sua vera natura di buffonata. Lui si proponeva come un
esaminatore di pietre preziose particolarmente esperto che riesce infine ad
aprire gli occhi alle tante persone che hanno acquistato fondi di bottiglia
convinti di avere in mano dei brillanti, e tenta addirittura di insegnargli la
tecnica per distinguere il vetro dal diamante e non essere più ingannati in
futuro.
Aveva raggiunto il suo scopo? Difficile dirlo. Per ora era riuscito, assai più
banalmente, a scatenare un putiferio rispetto al quale le male interpretazioni
dell’intervista a Mendieta di due giorni prima erano al confronto baruffe da
ragazzini. Juan Brady aveva aizzato uno scenario di guerra in cui tutti
avrebbero combattuto, compresi quei personaggi pubblici che non si erano mai
interessati a questioni letterarie. Anzi, i più attivi sarebbero stati proprio
loro: nei giorni seguenti ogni talk show televisivo, persino i notiziari
televisivi e radiofonici, avrebbero dato ampio spazio alle accuse sprezzanti di
Juan Brady e alle opinioni in merito di vari cronisti, presentatori, top model
e calciatori. Qualcuno di loro invocò – inutilmente – una controreplica di
Francisco Hernandez Mendieta.
(CONTINUA)
(CONTINUA)
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiEliminaMi sembra scritto in modo scorrevole e avvincente, Ariano, e ha anche un ottimo incipit ;-)
RispondiEliminaGrazie. Spero di reggere il passo anche nel prosieguo.
EliminaVedi, tu prendi per racconto la mia cronaca, io all'inizio avevo preso per reale il tuo racconto, chiedendomi chi fossero questi due scrittori. Mi è piaciuto, aspetto il resto, in alcuni punti mi ha ricordato il modo di scrivere di alcuni autori sud americani e, non so perché, anche "Zia Julia e lo scribacchino". L'ho letto molto tempo fa e non ricordo nulla, ma è la prima cosa che mi è venuta in mente, per cui può essere che non c'entra nulla, eh!
RispondiEliminaNon conosco questo romanzo, quindi, sì, direi che non c'entra nulla. O almeno credo ;-P
EliminaCarino, è molto scorrevole e mi incuriosisce il proseguo.
RispondiEliminaTi dico una cosa, prendila con le pinze: secondo me si valorizzerebbe di più se usassi il tempo presente. Darebbe ancora più slancio e immediatezza alla vicenda.
Ho deciso per il passato perché volevo inquadrare la vicenda come il resoconto di una storia già successa e della quale si sa già la conclusione (almeno il narratore la sa) quindi l'ho trovato più adatto.
EliminaOttimo! Conosco (o almeno penso!) la tua scrittura da tempo, e posso dire che questo assaggio è un bel salto in avanti, quanto a scorrevolezza del testo, trama, personaggi. Naturalmente aspetto il seguito, anche per fargli le pulci!
RispondiEliminaBene, sono pronto al supplizio ;-)
Eliminamagari ti mando qualcosa in privato...
EliminaEccolo finalmente! Allora, ti avevo promesso che sarei stato inflessibile ma la tua scrittura mi mette subito in difficoltà. vediamo cosa posso inventarmi.
RispondiEliminaTutto è molto scorrevole, davvero, e si legge d'un fiato. Ci sono però un paio di punti in cui il mio fiato è interrotto e, a mio parere si potrebbe usare qualche sistema per far scivolare via tutto. Quel "però" tra due incisi nell'incipit, secondo me, spezza brutalmente il racconto proprio quando è sui razzi di partenza. Forse potrebbe funzionare semplicemente togliendo le due virgole.
Più in generale noto che hai spesso fatto in modo che il tuo protagonista usasse due tipi di linguaggio: uno molto ricercato (es.: ammantare storie) e uno molto più immediato (es. buffonata). I due esempi non sono casuali perché li trovo nella stessa frase. Ecco. io proverei a usare i due tipi di linguaggio per meglio separare l'uomo pubblico da l'uomo privato. Non so se mi sono spiegato.
P.S.: Non volermi male.... quello che scrivo va preso per quello che è.. vale a dire "il nulla" (proprio come un romanzo "alla Mendieta"), non avendo io nessuna esperienza di editing.
Invece è proprio quello che volevo: sapere le impressioni su tutto ciò che pare non filare correttamente, sono tutti spunti che mi segnerò e utilizzerò per la stesura finale del racconto (non che questo sia una bozza, l'ho editato più volte, ma alla fine di questa esperienza potrò rieditarlo basandomi però sulle impressioni raccolte sul blog ;-)
EliminaCiao Ariano, finora è tutto molto scorrevole anzi davvero fluido.
RispondiEliminaHo notato anche io la differenza di stile nel linguaggio utilizzato dal protagonista, suppongo però che sia voluto da parte tua, giusto?
In linea di massima ho immaginato Juan Brady come uno scrittore "ruspante", che bada al sodo, e ciò lo pone in contrasto con l'onirico e astratto Mendieta. Anche linguisticamente lo scopo è rimarcare la differenza fra i due, immagino che devo lavorare meglio su questo aspetto.
EliminaTrovo molto simpatica l'idea di fare confrontare due grandi scrittori come due comari che si rimbeccano a vicenda. Se fossi una lettrice de "Il Clarin" seguirei appassionatamente la vicenda facendo il tifo a pelle per Juan Brady!
RispondiEliminaParlando del tuo stile, mi piace: la narrazione è scorrevole, c'è una bella proprietà di linguaggio.
Vediamo che accade adesso...
Appuntamento fra quattro giorni ;-)
EliminaIo vedo sempre la tua ironia alla Writerman e questa cosa mi piace parecchio!
RispondiEliminaMi piace perché come ti avevo già detto in occasione dell'altro racconto pubblicato, quando leggo qualcosa di tuo è come se avessi la sensazione di avere davanti un 'libro già scritto e pubblicato', hai una mano sicura!
Nel mio caso non ho notato stranezze o punti di rottura nella narrazione, ogni cosa mi è sembrata calibrata alla situazione ed al personaggio!
Grazie per le bellissime parole, spero di non deludere con le puntate successive.
EliminaE' molto interessante, mi piace il tuo modo di ironizzare la realtà...
RispondiEliminaUn po' di ironia è fondamentale per me, altrimenti rischio di diventare il più pessimista fra i pessimisti.
Elimina