La sensazione orrenda di essere uscito sconfitto dal confronto con Mendieta lo spinse a concepire una nuova opera di ampio respiro per rispondere con l'unica vera arma di uno scrittore: la sua narrativa.
Per un anno e mezzo Juan Brady lavorò a un nuovo romanzo che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto costringere i critici a scomodare Don Segundo Sombra e Il giocattolo rabbioso per cogliervi i medesimi elementi di potenza narrativa.
Per un anno e mezzo Juan Brady lavorò a un nuovo romanzo che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto costringere i critici a scomodare Don Segundo Sombra e Il giocattolo rabbioso per cogliervi i medesimi elementi di potenza narrativa.
Ci
si impegnò con un’ossessività talmente malata da spaventare la sua compagna,
che fu più volte costretta a trascinarlo via dal computer portatile che utilizzava
d’abitudine per scrivere. Anche quando riusciva a condurlo sulla spiaggia, o a
cena da qualche amico comune, non riusciva quasi mai a togliergli dalla faccia
l’aria distratta di chi sta rimuginando su possibili varianti nella trama del
capitolo in corso o sulla più opportuna sequenza verbale per imprimere maggiore
impatto a una descrizione o un dialogo.
Nonostante
il suo strenuo sforzo l’editore lo invitava quasi sistematicamente ad apportare
delle modifiche. Lui si stressava, non capiva che il problema nasceva proprio
dal suo tentativo di eguagliare Güiraldes e Arlt: così facendo finiva col quasi
copiare – di sicuro inconsciamente – alcune costruzioni frasali presenti nelle
opere dei due grandi romanzieri. Più che un’ispirazione la sua pareva imitazione.
Al
volgere del citato anno e mezzo l’opera di Brady era ancora un ammasso confuso
di capitoli, note, varianti, versioni alternative e ipotesi. Aveva trascritto
quasi quattrocento pagine, ma il loro livello di organicità era piuttosto
basso.
Mentalmente
sfinito, accettò quasi con sollievo la proposta della sua compagna di
trascorrere il venerdì sera al Teatro Vorterix dove da più di due mesi era in
corso uno spettacolo musicale che stava riscuotendo un enorme successo di
pubblico e critica. Lei era curiosa di assistervi, e in fondo Juan necessitava
di una valida scusa per sospendere la gestazione del romanzo almeno per un fine
settimana, così le propose a sua volta un diversivo: l’indomani, invece di
passarlo a Baires, avrebbero potuto sfruttarlo per volare a Rosario da sua
sorella Gabriela, viaggio che a lei avrebbe fatto sicuramente piacere poiché le
capitavano poche occasioni per incontrarla. Volendo avrebbero potuto anche
pernottarvi per condividere con Gabriela e col cognato il pranzo della domenica.
Era
il fine settimana perfetto per ritemprarsi: la cultura musicale della capitale
il venerdì sera, l’evasione verso l’altra grande città argentina il sabato, la
convivialità famigliare la domenica.
Mentre
il taxi li portava verso l’Avenida Lacroze avevano l’aria di due fidanzatini,
anche se ormai erano entrambi vicini ai quaranta e convivevano da più di dieci
anni.
Nel
salone d’ingresso gli accessi per la platea erano ancora chiusi e gli
spettatori si accalcavano ordinatamente in attesa dell’apertura. In quell’ampio
spazio chiuso risuonava monotona la cacofonia di centinaia di voci sovrapposte,
lo sgraziato caos sonoro intessuto da discorsi che si intrecciano contorti in
un ordito di rumore. Le luci al neon trasformavano in pallore lunare anche gli
incarnati abbronzati di ragazze giovani e borghesi meno giovani che
frequentavano abitualmente solarium lussuosi.
Juan
Brady e la sua compagna avevano tacitamente optato di starsene in silenzio dopo
aver sperimentato l’impossibilità di comunicare tra loro senza doversi ripetere
le stesse frasi ad alta voce per tre volte di seguito.
Lui
si guardava attorno, vedeva volti in gran parte giovanili, talvolta di uomini e
donne di mezza età che si sforzavano di apparire meno anziani indossando
accessori trendy e sfoggiando make up da diciottenni in fregola per una serata
in discoteca.
Il
gruppo particolarmente numeroso che riuscì a identificare si distingueva da
tutti gli altri perché molti davano le spalle alle porte di accesso per
discorrere con gli amici in fila dietro di loro. Quasi tutti i presenti erano
rivolti verso l’ingresso e parlavano voltandosi alla loro destra o alla loro
sinistra in direzione di chi li accompagnava, quel gruppo invece era talmente
numeroso da costringere il contingente più avanzato a voltarsi completamente
per poter partecipare alle chiacchiere in attesa dell’apertura della platea.
Fu
quando si voltò per la seconda volta nella loro direzione, distrattamente, che
Brady notò la presenza di Mendieta. Il crocchio di giovani era tutto incentrato
su di lui. Juan provò una sensazione di sorpresa e fastidio talmente violente
da non accorgersi di essersi paralizzato qualche secondo di troppo in quella
posa che lo rendeva un osservatore insistente e un po’ impiccione, anziché
casuale. Fu inevitabile che anche l’altro scrittore lo scorgesse.
Le
porte si aprirono in quell’istante. Sospinto dal fluire lento ma deciso di
centinaia di corpi in movimento Brady venne trascinato nelle scalinate in mezzo
ai posti a sedere, la mano stretta alla sua compagna per non perdere contatto.
Mentre si accomodavano al loro posto la voce di Francisco Hernandez gli risuonò
alle spalle.
“Buonasera.
Posso porgere il mio saluto allo scrittore Juan Brady?”
L’intonazione
della voce era priva di malizia, lo sguardo amichevole. Juan non poté fare a
meno di alzarsi in piedi, stringergli la mano e presentargli la sua compagna.
“Sta
lavorando a un nuovo romanzo?” gli domandò con un ambiguo uso del lei.
Brady
fece cenno di sì senza entrare nei dettagli.
“Spero
che sia quella storia con la nonna, il latte e le cicogne. Se non si decide a
trasformarla in un libro sarò costretto a chiederle se posso farlo io al suo
posto” commentò con l’identica voce priva di malizia e l’espressione da vecchio
amico dipinta in faccia.
Juan
annuì senza aggiungere alcuna parola che desse maggior senso a quel gesto e
significasse in modo chiaro se quella trama la avrebbe elaborata un giorno, o
se invece la stava cedendo al rivale.
“Vado
al mio posto, mia moglie e i nostri amici mi aspettano. Buona serata”.
Per
tutta la durata dello spettacolo musicale Brady ebbe la spiacevole sensazione
che il suo ventre si contorcesse. Le splendide melodie del gruppo che si
esibiva dal vivo – ritmi contaminati che riunivano tango e rock, dance e
melodico, percussioni tribali e assoli jazz di strumenti a fiato – gli
rimbombavano nei timpani come colpi materiali, quasi sentiva illividirsi le
orecchie come se fossero state effettivamente raggiunte da schiaffi ripetuti di
mani aperte che ininterrottamente lo martoriavano.
Quando
lo spettacolo era sul punto di concludersi Brady lamentò dei forti dolori
all’addome. La compagna gli chiese se poteva resistere, lui disse di sì ma
stringeva i denti e dalle labbra chiuse a fatica filtravano gemiti che neppure
il frastuono degli strumenti e i gorgheggi dei cantanti potevano nascondere a
coloro che gli sedevano accanto.
Una
giovane donna gli chiese se si sentisse poco bene e si dichiarò disposta a far
partire un passaparola con l’intera fila per chiedere a tutti di alzarsi e
lasciarlo passare. Lui agitò la mano per sottintendere che non vi era
necessità, ma la sua compagna decise diversamente e pregò la donna di
procedere.
Dopo
pochi minuti erano fuori dal teatro, lei lo sorreggeva e intanto pregava
l’addetto al foyer di chiamare con urgenza un taxi.
“L’Alexander
Fleming per favore, subito!” istruì l’autista con la voce che le tremava.
Il
Pronto Soccorso si prese cura di lui. Aveva un infarto in corso, ma per fortuna
lo avevano preso in tempo.
“È
stato fortunato, in questi casi la velocità con la quale ci è permesso di
intervenire è fondamentale” gli spiegò un medico dopo che lo avevano
trasportato nel reparto cardiologia per intubarlo e sedarlo.
*
La
notizia del malore occorso a Juan Brady si ritagliò un piccolo spazio nei
giornali e sul web. Ricevette numerosi auguri di pronta e completa guarigione,
anche da parte di Francisco Hernandez Mendieta, Omar Ballesteros e Beatriz
Ghidini.
Venne
dimesso dopo due settimane. Lo invitarono a starsene a riposo per un po’ di
tempo, magari anche lontano dal proverbiale fervore di Buenos Aires, vitale ma
talvolta mortale.
“Se
passassimo qualche settimana a Bariloche?” gli propose la sua compagna.
Lui
rispose con un “No!” netto, quasi infastidito. Nella sua mente la salubre
cittadina non veniva più associata né alla celebre piazza in stile tedesco né
alla natura rigogliosa, e non si chiamava più San Carlos ma
località-preferita-di-Mendieta. Scelse invece Ushuaia, nonostante le
perplessità della compagna e dei genitori che ritenevano inopportuno un
soggiorno in un luogo così isolato.
“E
se avessi un altro infarto?”
“Non
mi succederà” tagliò corto lui. Voleva stare lontano da tutto, perso per alcune
settimane laddove scorre la linea di confine fra le terre non ancora del tutto
disabitate e i mari artici, nelle più remote profondità patagoniche, senza
alcun frastuono di civiltà e di metropoli a contaminarne il selvaggio
isolamento.
Fu
davvero un soggiorno di totale distacco. A ogni alba, mentre la sua compagna
ancora si attardava sotto le coperte consapevole che non vi era motivo di
affrettare l’inizio di una giornata che si sarebbe noiosamente consumata in
brevi passeggiate impervie o escursioni in barca in cerca di pinguini e altra
fauna antartica, lui usciva dalla rustica casa che avevano preso in affitto e
attendeva il sorgere del sole.
Allo
stesso modo ogni pomeriggio assisteva al tramonto, attimo dopo attimo, immerso
nel rossore infinito che si riversava nell’aria candida seppure salmastra che
lui respirava a pieni polmoni.
Quando
rientrò a Buenos Aires, due settimane dopo, andò a far visita al suo editore
per intavolare un discorso in cui c’erano di mezzo tanto i rapporti
professionali quanto l’amicizia ormai sviluppatasi tra loro dopo la lunga
frequentazione che li univa.
Le
risposte ricevute furono fondamentalmente quelle che lui si aspettava cosicché
il giorno dopo annunciò tramite il proprio sito internet che “per motivi di
salute” cessava l’attività come romanziere. Si sarebbe guadagnato da vivere
continuando a collaborare con la casa editrice che aveva pubblicato le sue
opere, però nel ruolo di traduttore dall’inglese e di curatore della collana ‘Classici
Stranieri’.
Trascorse
i primi mesi da ex scrittore con una certa mestizia, poi lentamente si abituò a
quest’ineluttabile nuovo corso della sua vita.
Già
dopo un anno poteva guardare al suo passato da narratore senza provare alcun
rimpianto o malinconia. Veniva però preso da un’irrefrenabile sconforto quando
gli capitava di pensare – sempre più raramente per sua fortuna – che Francisco
Hernandez Mendieta avrebbe continuato a scrivere merdate che sarebbero state
acclamate come capolavori sia dall’establishment corporativo che dalla
suggestionabile massa dei lettori.
Fu
questo il suo unico vero cruccio per il resto dei suoi giorni.
FINE
FINE
Sarò superficiale ma io certe fisse non le capisco..
RispondiElimina..e mentre Mendieta si fa felicemente i cavoli suoi, Brady rosica fino alla fine dei suoi giorni perchè non si fa i fatti suoi e guarda troppo gli altri.
Sta cosa mi ha portato alla mente persone che conosco.
"Sta cosa mi ha portato alla mente persone che conosco"
EliminaEcco, questa parte del commento è quella che mi da più soddisfazione, si vede che sono riuscito a tratteggiare un personaggio credibile.
Un folle credibile... :p
EliminaIl finale non è sicuramente scontato. È vero che lascia l'amaro in bocca, ma la vita spesso è così e qualcuno per non sentirsi sconfitto deve fare un passo indietro. Nel complesso 4 'puntate' ottime! (P.S.: hai ricevuto la mail che ti ho spedito qualche settimana fa?)
RispondiEliminaGrazie mille Tim.
EliminaE-mail di qualche settimana fa? Onestamente non ho ricevuto nulla...
No, contrordine. Abbi pazienza, ma io la posta la controllo sempre su libero, a quella su google non ci penso mai :-(
Eliminano problem...
EliminaUn finale del tutto imprevisto, però tristissimo! Mi è piaciuto molto l'incontro in teatro, ma più mi avvicinavo alla fine più qualcosa dentro di me diceva "no, no, no!!". Non tutto più finir bene, me ne rendo conto...
RispondiEliminaComplimenti, bel racconto :)
Grazie, mi spiace se il finale non è stato quello che ti aspettavi ma sono contento che comunque ti sia piaciuto :-)
EliminaMi associo ai complimenti :))
RispondiEliminaSi percepisce che ami quella parte di mondo e ami scriverne. Comunque "Don Segundo Sombra" l'ho letto pur io ;-)
"Don Secundo Sombra" è una delle opere che costituiscono l'anima dell'Argentina tradizionale. Borges, signore del fantastico erudito, in un certo senso provava vergogna a non essere uno scrittore concreto e "d'azione" come Guiraldes. Ho tentato di dare forma all'estinzione definitiva di quell'Argentina letteraria a favore di quella più onirica di - per dirne uno - Soriano.
EliminaMi è piaciuto questo malinconico epilogo.
RispondiEliminaMi chiedo se uno romanziere possa mai smettere di scrivere senza coltivare per sempre il rimpianto di non riuscire più a farlo.
Una bella storia, complimenti.
Grazie. Non so se potrebbe mai succedere, ma spero di aver dato l'illusione che la storia sia plausibile.
EliminaNel precedente commento ti avevo detto che mi sarei lasciato trascinare dal gorgo fino ad affogare. Ora che ho portato a termine la lettura posso affermare che ( ... e Giacomo L. me lo consentirà ) " E l'affogar m'è dolce in questo mare. "
RispondiEliminaRacconto sublime.
Grazie Raffaello, troppo buono :-)
EliminaLa triste realtà è quella di cui tu parli, nel senso che moltissime persone vivono coltivando e covando il proprio rancore nei confronti di terzi! :/
RispondiEliminaNon condivido personalmente la scelta di Brady perché non è basata su una consapevolezza personale che 'in fondo non sono uno scrittore', è semplicemente il trionfo della sua insicurezza e soprattutto non risolve esattamente una mazza, ma ho compreso il motivo della tua scelta leggendo i commenti (la questione dei generi narrativi in Argentina)!
Su questo racconto ho delle impressioni contrastanti, nel senso che da un lato ho compreso tutte le scelte che hai fatto perché le hai incastonate in un disegno preciso, ad esempio i diversi caratteri e la caratterizzazione stessa dei due personaggi rispecchia in pieno la tua idea: un Brady realistico, immensamente realistico rispetto al volatile Mendieta per associarli ai rispettivi generi di competenza, ma dall'altro forse il tutto si è concluso 'in fretta' rispetto ai precedenti capitoli che erano invece così ricchi sia di eventi che di sensazioni!
Per questo infatti forse non mi sento in grado di comprendere a pieno la decisione finale di Brady, o forse mi era piaciuto talmente tanto che semplicemente volevo continuasse ancora! :°D
Può darsi che la conclusione sia troppo affrettata. Ne prendo nota, come di tutti gli altri commenti, al fine di rielaborarlo in modo migliore.
EliminaMi è piaciuto molto. E' così il nostro mondo.
RispondiEliminaNon se sia proprio così, però questo è il modo in cui io lo percepisco.
EliminaAnch'io percepisco il mondo così.
RispondiEliminaSiamo due pessimisti ;-)
EliminaNon posso criticare la tua scelta conclusiva, perché questo racconto mi è piaciuto molto e l'ho trovato scorrevole e interessante. Posso dirti che l'atteggiamento di Brandy l'ho trovato fastidioso da subito, senza contare che probabilmente avrei preferito realmente leggere un libro di Mendieta, che pare essere il tipo di romanzi che piace a me: quelli che si basano su sensazioni più che su fatti veri e propri.
RispondiEliminaIn definitiva sei riuscito ad appassionarmi e a farmi tifare per uno piuttosto che che per l'altro. Bravo!
Grazie, lo scopo di una polemica in effetti è proprio creare due fronti contrapposti, poi ovviamente ognuno "tiferà" secondo le proprie inclinazioni.
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