lunedì 4 aprile 2016

Letterati suicidi - seconda parte

Come dicevo nel post precedente i motivi di un suicidio sono fondamentalmente lo stato di depressione causato da turbe mentali o da mortificanti delusioni o dalla scomparsa di una persona amata, oppure il rifiuto di affrontare qualche grave malattia e la vecchiaia, o ancora una via di fuga estrema per evitare di assistere al proprio pubblico ludibrio o di essere arrestati o uccisi.
Nel caso di Yukio Mishima (1925-1970) l'impressione è che si sia trattato piuttosto della volontà di concludere la propria esistenza in modo spettacolare (sul piano individualistico) e di lasciare un messaggio al suo paese (sul piano storico e sociale). Il suicidio si svolse dopo un teatrale tentativo di aizzare i soldati di una caserma a compiere un colpo di stato contro il Giappone molle e politicamente sottomesso agli Stati Uniti del dopo guerra. Lo scrittore, insieme ad alcuni suoi seguaci coi quali aveva fondato un'associazione paramilitare, dopo aver arringato inutilmente le truppe regolari della caserma si tolse la vita compiendo un seppuku, il suicidio rituale dei samurai, come richiamo agli antichi valori del suo paese e come forma di protesta contro il governo.
Come è stato notato da molti studiosi del letterato giapponese, numerosi dettagli lasciano pensare che quel gesto fosse accuratamente pianificato da circa un anno. Egli sapeva che il suo improbabile colpo di stato non aveva alcuna speranza di riuscita e le sue motivazioni erano di natura "estetica" per così dire: morire nobilmente come un antico samurai dopo aver compiuto il proprio dovere. Una frase scritta su un biglietto il giorno in cui compì questo gesto è assai significativa, quantunque ambigua:

La vita umana è limitata, ma io vorrei vivere per sempre.

"Vivere per sempre" entrando nella Storia? E quale modo migliore se non compiere un gesto clamoroso di grande risonanza mediatica, più ancora che grazie alla sua fama letteraria? Ecco, forse nel caso dello scrittore giapponese la scelta di darsi la morte segue una logica "artistica" anziché esistenziale. Come ulteriore conferma è opportuno notare che Yukio Mishima aveva già messo in scena il proprio seppuku. Nel 1966 aveva infatti girato con alcuni amici un breve film ispirato a uno dei suoi racconti, Patriottismo, in cui il protagonista, un ufficiale, si toglie la vita per motivi di onore e rispetto verso i propri commilitoni che hanno appena tentato un fallito colpo di stato (coincidenza sospetta, non è vero?) Lo scrittore stesso recita in tale cortometraggio impersonando il personaggio principale e la sequenza del suicidio rituale, pur essendo estremamente realistica, è grondante di febbrile esaltazione (se vi interessa, l'intero filmino è visibile su youtube).
Un altro scrittore giapponese, Osamu Dazai (1909-1948), ha vissuto l'intera sua vita adulta cercando di togliersela. La sua biografia denota costanti comportamenti autodistruttivi, abuso di alcolici e medicinali, cure psichiatriche e cinque tentativi di suicidio in vent'anni, quattro dei quali evidentemente falliti.
Ancora più inquietante è il fatto che in tre occasioni convinse le sue compagne occasionali (anche la sua vita sentimentale fu alquanto disordinata) a condividere il gesto. Fu così che Shimeko Tanabe morì annegata nel 1930 mentre Dazai venne salvato da alcuni pescatori. Hatsuyo Oyama, sua moglie, si salvò invece dall'avvelenamento volontario da medicinali che lo scrittore aveva progettato per entrambi (si salvò anche lui in effetti, e ciò lascia presupporre un ripensamento dei coniugi, o più verosimilmente della sola Hatsuyo) mentre nell'ultimo e riuscito tentativo di darsi la morte, nel 1948, insieme a Dazai si suicidò anche la sua ultima amante, Tomie Yamazaki.
Vi sono stati anche suicidi di natura incerta. Il caso più noto è quello dello scrittore americano Jack London (1876-1916), di cui si dice genericamente che si sia tolto la vita poiché questa è anche la fine che sceglie Martin Eden, il protagonista semi-autobiografico di uno dei suoi romanzi più noti, e l'accostamento fra uno scrittore e un suo personaggio sembra sempre una spiegazione plausibile. Inoltre London era alcolizzato e le sue condizioni di salute ne risentivano parecchio. In assenza di un messaggio scritto, l'unico dato certo è che il decesso venne causato da una dose eccessiva di morfina che il romanziere stava assumendo per sopportare il dolore fisico causatogli da un'uremia acuta che lo tormentava. Anche se così diventa assai più banale, forse si è trattato di una morte accidentale dovuta a un avventato sovradosaggio. Il dubbio dell'incidente è spesso presente nei suicidi, che diventano quindi presunti. Persino nel caso di Primo Levi c'è stato chi ha ipotizzato che il tragico volo nella tromba delle scale del palazzo in cui viveva sia stato causato da un malore e non dalla volontà di farla finita.
D'altronde il suicidio viene spesso ammantato di un'aura quasi romanzesca. Di Guido Morselli si dice che si sia tolto la vita per la delusione di vedere i propri manoscritti puntualmente respinti dagli editori, ma in effetti è più corretto affermare che egli viveva in un'Italia post-monarchica che ai suoi occhi appariva di giorno in giorno più disgustosa e nella quale non si riconosceva più da tempo; inoltre aveva raggiunto uno stato di alienazione mentale e deperimento fisico tali da non sentirsi più legato in nessun modo alla sua vita terrena.
Nel caso di Emilio Salgari e di Ernest Hemingway è possibile ipotizzare addirittura una predisposizione genetica al suicidio. É altamente probabile che nel loro DNA allignasse il gene di una qualche paranoia ereditaria, considerato che anche il padre e due figli di Salgari, e il padre, due fratelli e una nipote di Hemingway si sono tolti la vita volontariamente.
Per concludere, con riferimento ancora a Osamu Dazai, si potrebbe inoltre stilare una lista di letterati che pur non essendosi materialmente suicidati hanno lucidamente e volontariamente scelto una serie di comportamenti autolesionistici tali da far supporre che stessero inconsciamente cercando la morte. La vita di Charles Baudelaire, per dire, non è forse caratterizzata da un costante abuso di oppiacei, alcolici e compimento di azioni autodistruttive? Quali nomi potrebbero comparire in una lista del genere?

15 commenti:

  1. La lista dei letterati che hanno corteggiato il suicidio è pressoché infinita.

    Di quelli che hai menzionato, non conosco Osamu Dazai, forse il più inquietante di tutti nei suoi comportamenti perché, appunto, coinvolgeva chi gli stava accanto. La cosa mi ha fatto anche venire in mente che chiunque si accosti a determinate personalità è destinato a bruciarsi le ali, in un modo o nell'altro. Basti pensare alle amanti e compagne di Pablo Picasso.

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  2. Non so se si trattava del filmino da te citato o della reale scene del seppuku di Mishima ma ricordo di aver visto in effetti il girato del suicidio rituale dell'artista. La cosa che mi sconvolse di più fu l'assistere alle facce allegre dei giornalisti nipponici presenti al momento.
    So che si tratta di una cultura lontanissima dalla nostra però spero davvero che fosse il corto e non la vera morte dello scrittore!

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    1. Penso che fosse il set di un film. Per quanto ne so il suicidio si è svolto nella sala della caserma che Mishima e i suoi seguaci avevano occupato, presenti solo lui e due fedelissimi, uno dei quali ha provveduto a tagliarli la testa dopo che lui si era inflitto la ferita nel ventre come prevede il rituale del seppuku. Peraltro il ragazzo, che ovviamente non era un samurai, non riuscì a decapitarlo e dovette cedere l'incarico all'altro seguace di Mishima. Non ci si inventa samurai...

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  3. Di Mishima sapevo le cose che hai scritto. È incredibile! ci sono pensieri, forse anche valori che per qualcuno hanno più importanza della vita, che per me resta il bene più prezioso.
    Scusa se approfitto per darti una lettura soggettiva: non condivido nessuna forma di suicidio, la giustifico solo in chi è privo di senno, in chi non ragiona più. Invece mi pare che in molti casi ci sia una lucidità fin troppo spiccata.

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  4. Jack London si ritiene si sia suicidato perché il dosaggio di morfina da lui calcolato in occasione della morte, e trovato scritto su un foglietto, era vistosamente sbagliato. E poiché lui era abituato a calcolare le dosi di morfina, il tutto fa pensare a una sua scelta intenzionale.

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    1. Silvya Plath, poi, aveva una vera vocazione al suicidio. Si è suicidata a trent'anni come Howard ma con due precedenti tentativi alle spalle, di cui il primo quando era ancora bambina. Il particolare notevole è che ha fatto autoironia su questi suoi tentativi falliti attraverso una sua poesia, "Lady Lazarus".

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  5. Il suicidio è un argomento che mi tocca profondamente. Ho sempre letto con partecipazione le biografie dei miei autori preferiti che hanno scelto quella strada. Non mi toglierei mai la vita volontariamente, ma in un periodo turbolento della mia giovinezza posso dire di aver cercato "la bella morte". Ma questa è un'altra storia. Chissà se riuscirò prima o poi a scrivere il romanzo Balcanico che rimaneggio da anni.

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    1. Può essere un modo di esorcizzare, come ho fatto io con questo post ;-)

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  6. E' bellissimo posto. Grazie.
    Non sapevo che anche i famigliari di Salgari si suicidarono...

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    1. Sì, e recentemente un suo discendente si è reso colpevole di un'aggressione contro una persona anziana... É come se nel loro DNA ci fosse qualche malattia mentale cronica...

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