Per chi non lo conoscesse, liberliber è un sito che mette a disposizione gratuitamente libri in formato digitale. Per la stragrande maggioranza si tratta di libri con copyright scaduto, con qualche occasionale copyleft di autori viventi.
Trattandosi di opere datate, risalenti a epoche in cui la stampa su carta era l'unica pubblicazione possibile, la digitalizzazione avviene nel modo più primitivo, ovvero con la paziente trascrizione del testo orignale su un file word da parte di moderni amanuensi forniti di tastiera.
É solo grazie al loro lavoro che ho potuto leggere libri ormai scomparsi da ogni catalogo editoriale e difficili da reperire persino nelle biblioteche; scritture ormai dimenticate eppure a modo loro gradevoli (ne avevo parlato qui, qui e qui).
In questi giorni sto apprezzando un altro di questi volumi obliati della storia letteraria nazionale: Di giorno in giorno, un testo di prose di Ada Negri, una poetessa e scrittrice meno ricordata di quanto meriterebbe.
Il genere della prosa non prettamente narrativa, sospesa tra autobiografia, diario di viaggio, esposizione dei propri pensieri e annotazioni di sensazioni che durano solo un attimo eppure lasciano il segno nell'anima, è un genere non particolarmente diffuso, quantunque abbia tuttoggi i suoi apprezzabili esponenti.
Parlando solo di autori italiani, di questo medesimo genere avevo letto l'emotivo Il mio carso di Scipio Slataper e l'assai più oscuro - onestamente troppo oscuro - collage di prosa e poesia dei Canti orfici di Dino Campana. Anche questi grazie a liberliber.
Quindi, se in questi giorni mi sto godendo una lettura inusuale ma gradevole, è doveroso che io ringrazi pubblicamente non solo l'ormai deceduta autrice ma anche coloro che rendono possibile la sopravvivenza on line delle sue opere.
Non ricordo d'aver mai veduto testa di fanciulletta che possegga
tale purezza, biondezza, superba perfezione. Non posso descriverla. Non credo che la vera bellezza si possa descrivere:
è un mistero. Mi colpisce in questa
creatura una gravità superiore ai suoi anni:
direi (ma è possibile?) ch'è già consapevole di dover portare tutta la vita un segno
diverso, un peso prezioso. Mi fissa, senza timore, vedendosi fissata: indifferente
alla mia meraviglia, certo avvezza a udirsi lodare, già esperta a legger l'ammirazione nelle facce rivolte a lei. Le sue larghe pupille nuotano
in una liquida luce bluastra fra le ciglia piú scure
dei capelli: il loro sguardo vien di
lontano, o dal profondo, ch'è lo stesso.
domenica 26 febbraio 2017
martedì 21 febbraio 2017
Ancora nuvole
Eh sì, sono proprio fissato con nuvole. Un nuvole-dipendente, o forse un nuvolofilo, non ho la minima idea di come mi possa autodefinire per esprimere questo interesse / ossessione.
Però si tratta di una passione solo estetica. Sul piano scientifico le mie cognizioni sulle nubi sono assai elementari, quasi nulle.
Infatti non conosco con esattezza neppure le definizioni meteorologiche delle formazioni nuvolose. Quindi, se vi dico che in questo post illustrerò fotograficamente alcune formazioni particolari che ho visto negli ultimi mesi, non pensiate che parlerò di strati alti, cirri o cumuli: sarà una cosa molto più... fantasiosa ;-)
Cominciamo con la
formazione a scie chimiche
quando capita che le nuvole si sfilacciano e si sfarinano sul blu del cielo e rammentano un po' le famigerate scie tanto amate dai complottisti... E poi si prosegue con la
formazione a tsunami
che, insomma, dalla foto magari non si capisce, ma la location dello scatto è una banchina del porto, dietro i rimorchi c'è il mare, e vedere quella specie di ondata che premeva sul molo un po' di ansia me la trasmetteva, potete credermi. Andiamo avanti con la
formazione a fiocco d'ovatta
non credo che ci sia molto da spiegare, no? Ed ecco invece la
formazione a latte cagliato
sicuramente questo era un cielo intero, non era parzialmente scremato, siete d'accordo? Passiamo adesso alla
formazione a montagna
quando guardi in lontananza e pensi: eppure non mi ricordavo che ci fossero montagne innevate a così breve distanza dalla costa... Ora invece è il turno della
formazione a spuma per capelli
avete presente quando si preme il pulsante e dal beccuccio esce fuori quella spuma che si espande in mezzo secondo? La successiva è la
formazione a schiuma da bagno
l'acqua esce dal rubinetto, la vasca si riempie e si forma quello strato di schiuma densa che rende il bagno così rilassante... Infine concludo con la
formazione a fumo d'incendio
quando alle spalle delle palazzine portuali il sole sta tramontando e rosseggia come fuoco, così quelle nuvole basse e verticali che ci si piazzano sopra fanno per un attimo dubitare che davvero sia in corso un incendio (ma per fortuna il mare non può bruciare ;-)
W le nuvole!
giovedì 16 febbraio 2017
Città letterarie di noi bloggers scribacchini - 4
... e per concludere questa serie di post sulle città letterarie, mi sembra giusto concedere almeno un minimo di (sacrosanto) spazio a quelle nostre, ai centri urbani in cui si svolgono le vicende di romanzi e racconti per ora autopubblicati, o pubblicati da piccoli editori, o magari ancora in gestazione.
Il qui presente vive in una città sul litorale nord del Lazio chiamata Civitavecchia, sicuramente l'avrete sentita nominare come porto di imbarco per navi passeggeri con varie destinazioni in tutto il mar Mediterraneo.
E poi?
In effetti non c'è molto altro da dire, è il prototipo di tante città di provincia senza arte né parte, benché abbia una storia plurisecolare.
Io non la nomino mai esplicitamente nei miei libri, però è lo scenario in cui sono ambientati il romanzo Cronaca di natale e la raccolta di racconti 3A Investigazioni. Un compaesano che li leggesse riconoscerebbe subito i riferimenti a vie ed edifici citati.
Un'altra città che per ovvi motivi conosco abbastanza bene è Roma. L'ho immaginata decadente e mortificata nel futuro della Bilogia del Bicentenario d'Italia, ma più come simbolo dell'intera Italia che non come possibile evoluzione di se stessa.
Un'altra città, Venezia, tra le italiane quella che più amo, mi ha ispirato la Trilogia veneta sognata, in cui la Serenissima diventa quasi uno dei personaggi nel primo racconto, "Iperbole", mentre negli altri due l'ambientazione è altrove ma la città lagunare è sempre presente almeno come ispirazione.
Negli altri miei libri le ambientazioni sono più variegate. Spesso si tratta di luoghi in cui non ho mai messo piede materialmente ma sui quali mi sono documentato tramite tutti i canali possibili (guide turistiche, immagini, film, siti internet dedicati).
Ne sono un ottimo esempio i quattro libri dei racconti sensazionali di Hiroshi Miura tutti ambientati - inevitabilmente - in città giapponesi che ancora devono ricevere l'onore (o meglio: il disonore) di una mia visita.
In Storie di scrittori mi sono divertito, letteralmente, a universalizzare la figura dello scrittore ambientando diversi racconti in note metropoli internazionali, talvolta visitate di persona (Londra, Parigi), in altri casi ancora in wishlist fra le città in cui soggiornare - si spera - in futuro. Analogo procedimento ho seguito in Shakespeare noir, ambientando quattro tragedie del bardo inglese, dopo averle riscritte in chiave moderna, in metropoli quali New York, Rio, San Francisco e Tokyo.
Nei miei tentativi da scribacchino compaiono anche luoghi totalmente inesistenti: l'ebook Nazioni immaginarie ha un titolo sin troppo chiaro. Preciso che non ci sono "camuffamenti": sia Santa Libertà che la città-stato di Lampara le ho immaginate senza avere in mente alcun luogo reale, sono esclusivamente frutto della mia fantasia. Il borgo in cui sto ambientando il manoscritto in corso di lavorazione è ugualmente immaginario, però ammetto di essermi ispirato ad alcuni paesini dell'appennino al confine fra Lazio e Abruzzo.
E ora, cari colleghi, è il vostro turno: scatenatevi, parlatemi delle vostre città narrative, ditemi tutto, se volete create pure un post apposito sull'argomento ;-)
Il qui presente vive in una città sul litorale nord del Lazio chiamata Civitavecchia, sicuramente l'avrete sentita nominare come porto di imbarco per navi passeggeri con varie destinazioni in tutto il mar Mediterraneo.
E poi?
In effetti non c'è molto altro da dire, è il prototipo di tante città di provincia senza arte né parte, benché abbia una storia plurisecolare.
Io non la nomino mai esplicitamente nei miei libri, però è lo scenario in cui sono ambientati il romanzo Cronaca di natale e la raccolta di racconti 3A Investigazioni. Un compaesano che li leggesse riconoscerebbe subito i riferimenti a vie ed edifici citati.
Un'altra città che per ovvi motivi conosco abbastanza bene è Roma. L'ho immaginata decadente e mortificata nel futuro della Bilogia del Bicentenario d'Italia, ma più come simbolo dell'intera Italia che non come possibile evoluzione di se stessa.
Un'altra città, Venezia, tra le italiane quella che più amo, mi ha ispirato la Trilogia veneta sognata, in cui la Serenissima diventa quasi uno dei personaggi nel primo racconto, "Iperbole", mentre negli altri due l'ambientazione è altrove ma la città lagunare è sempre presente almeno come ispirazione.
Negli altri miei libri le ambientazioni sono più variegate. Spesso si tratta di luoghi in cui non ho mai messo piede materialmente ma sui quali mi sono documentato tramite tutti i canali possibili (guide turistiche, immagini, film, siti internet dedicati).
Ne sono un ottimo esempio i quattro libri dei racconti sensazionali di Hiroshi Miura tutti ambientati - inevitabilmente - in città giapponesi che ancora devono ricevere l'onore (o meglio: il disonore) di una mia visita.
In Storie di scrittori mi sono divertito, letteralmente, a universalizzare la figura dello scrittore ambientando diversi racconti in note metropoli internazionali, talvolta visitate di persona (Londra, Parigi), in altri casi ancora in wishlist fra le città in cui soggiornare - si spera - in futuro. Analogo procedimento ho seguito in Shakespeare noir, ambientando quattro tragedie del bardo inglese, dopo averle riscritte in chiave moderna, in metropoli quali New York, Rio, San Francisco e Tokyo.
Nei miei tentativi da scribacchino compaiono anche luoghi totalmente inesistenti: l'ebook Nazioni immaginarie ha un titolo sin troppo chiaro. Preciso che non ci sono "camuffamenti": sia Santa Libertà che la città-stato di Lampara le ho immaginate senza avere in mente alcun luogo reale, sono esclusivamente frutto della mia fantasia. Il borgo in cui sto ambientando il manoscritto in corso di lavorazione è ugualmente immaginario, però ammetto di essermi ispirato ad alcuni paesini dell'appennino al confine fra Lazio e Abruzzo.
E ora, cari colleghi, è il vostro turno: scatenatevi, parlatemi delle vostre città narrative, ditemi tutto, se volete create pure un post apposito sull'argomento ;-)
sabato 11 febbraio 2017
Città letterarie fittizie - 3
Dopo le città reali e quelle camuffate, un'altra tipologia di centri urbani letterari è quella degli interamente fittizi: luoghi per i quali non è neppure possibile tracciare un parallelo con possibili modelli di ispirazione concreti.
Identificare questa tipologia di città letterarie è semplice quando si fa riferimento a narrativa fantasy o fantascientifica: è evidente che Minas Tirith o Robot City sono completamente immaginarie. É possibile che Tolkien si sia ispirato alla ricostruzione storica di un'antiche urbe o che Asimov abbia preso spunto da elaborazioni architettoniche con ipotetici sviluppi futuri delle grandi metropoli, però non ci può essere alcun tipo di identificazione con luoghi esistenti.
Il discorso è più problematico quando la città fittizia ha connotati realistici. La Castle Rock che fa da sfondo a numerose opere di Stephen King si trova nel Maine, proprio come la sua nativa Portland. Però la piccola città letteraria ha i connotati generici di tante towns americane disseminate nei giganteschi sobborghi delle metropoli. Città camuffata o interamente immaginaria?
Anche Clanton in Mississippi - set di alcuni romanzi di John Grisham - pur ispirandosi chiaramente a certe contee del grande sud americano ha dei connotati indefiniti, probabilmente perché le tensioni razziali narrate dall'autore sono particolarmente gravi cosicché ha preferito evitare un'identificazione troppo esplicita con un luogo reale perché avrebbe potuto incorrere in polemiche che è sempre preferibile evitare.
La Warlock di Oakley Hall è invece generica solo perché l'autore, dovendo immaginare una città di frontiera del selvaggio ovest americano, ha preso spunto dalle numerose opere di letteratura western di fine ottocento, e le città presenti in tali opere si erano ormai evolute in centri urbani moderni senza alcun retaggio dei vecchi saloon, case in legno e ufficio dello sceriffo.
Connotati generici ha anche Dunwich, una delle numerose fictional towns create da H. P. Lovecraft. Mentre altre località immaginarie che compaiono nelle sue opere possono essere ricondotte, nei loro aspetti generali, a città realmente esistenti (ad esempio l'onnipresente Arkham sembrerebbe proprio Providence, residenza dell'autore) la sperduta Dunwich presenta gli aspetti tipici delle comunità dei cosiddetti hillbillies, diffuse soprattutto nella zona dei monti Appalachi, ma senza un legame evidente con località reali. D'altronde gli stereotipi associati agli hillbillies sono decisamente offensivi (l'americano medio li considera montanari aggressivi, rozzi, semi-analfabeti e ostili al progresso) ed essendo in parte riscontrabili nei personaggi di Dunwich inventati da Lovecraft , è stato assai opportuno che l'autore evitasse riferimenti troppo espliciti a comunità realmente esistenti.
Per identiche ragioni il letterato spagnolo Ramòn del Valle-Inclan ha creato la città immaginaria di Santa Fe de Tierra Firme, capitale della nazione omonima. Il suo romanzo Tirano Banderas parla infatti di un ipotetico dittatore sudamericano e ricorre a stereotipi tipici sui latinoamericani, quindi ha preferito tratteggiare in modo confuso e indefinito lo stato in cui si svolge la vicenda.
Rinnovo la stessa domanda dei post precedenti: avete qualche altro nome da menzionare per arricchire questa lista?
Identificare questa tipologia di città letterarie è semplice quando si fa riferimento a narrativa fantasy o fantascientifica: è evidente che Minas Tirith o Robot City sono completamente immaginarie. É possibile che Tolkien si sia ispirato alla ricostruzione storica di un'antiche urbe o che Asimov abbia preso spunto da elaborazioni architettoniche con ipotetici sviluppi futuri delle grandi metropoli, però non ci può essere alcun tipo di identificazione con luoghi esistenti.
Il discorso è più problematico quando la città fittizia ha connotati realistici. La Castle Rock che fa da sfondo a numerose opere di Stephen King si trova nel Maine, proprio come la sua nativa Portland. Però la piccola città letteraria ha i connotati generici di tante towns americane disseminate nei giganteschi sobborghi delle metropoli. Città camuffata o interamente immaginaria?
Anche Clanton in Mississippi - set di alcuni romanzi di John Grisham - pur ispirandosi chiaramente a certe contee del grande sud americano ha dei connotati indefiniti, probabilmente perché le tensioni razziali narrate dall'autore sono particolarmente gravi cosicché ha preferito evitare un'identificazione troppo esplicita con un luogo reale perché avrebbe potuto incorrere in polemiche che è sempre preferibile evitare.
La Warlock di Oakley Hall è invece generica solo perché l'autore, dovendo immaginare una città di frontiera del selvaggio ovest americano, ha preso spunto dalle numerose opere di letteratura western di fine ottocento, e le città presenti in tali opere si erano ormai evolute in centri urbani moderni senza alcun retaggio dei vecchi saloon, case in legno e ufficio dello sceriffo.
Connotati generici ha anche Dunwich, una delle numerose fictional towns create da H. P. Lovecraft. Mentre altre località immaginarie che compaiono nelle sue opere possono essere ricondotte, nei loro aspetti generali, a città realmente esistenti (ad esempio l'onnipresente Arkham sembrerebbe proprio Providence, residenza dell'autore) la sperduta Dunwich presenta gli aspetti tipici delle comunità dei cosiddetti hillbillies, diffuse soprattutto nella zona dei monti Appalachi, ma senza un legame evidente con località reali. D'altronde gli stereotipi associati agli hillbillies sono decisamente offensivi (l'americano medio li considera montanari aggressivi, rozzi, semi-analfabeti e ostili al progresso) ed essendo in parte riscontrabili nei personaggi di Dunwich inventati da Lovecraft , è stato assai opportuno che l'autore evitasse riferimenti troppo espliciti a comunità realmente esistenti.
Per identiche ragioni il letterato spagnolo Ramòn del Valle-Inclan ha creato la città immaginaria di Santa Fe de Tierra Firme, capitale della nazione omonima. Il suo romanzo Tirano Banderas parla infatti di un ipotetico dittatore sudamericano e ricorre a stereotipi tipici sui latinoamericani, quindi ha preferito tratteggiare in modo confuso e indefinito lo stato in cui si svolge la vicenda.
Rinnovo la stessa domanda dei post precedenti: avete qualche altro nome da menzionare per arricchire questa lista?
lunedì 6 febbraio 2017
Città letterarie in incognito - 2
Come avevo detto nel precedente post l'argomento delle città letterarie si presta a numerosi spunti.
Uno di questi riguarda i luoghi camuffati. Perché oltre alle città reali nelle opere letterarie compaiono spesso nomi di paesi e metropoli fittizi dietro i quali però si nascondono luoghi esistenti.
Dissipatio HG di Guido Morselli è un romanzo a metà strada fra fanta-apocalittico e introspettivo, un lungo monologo dell'autore in cui ogni luogo sembra virtuale e avente uno scopo esclusivamente funzionale per l'esposizione dei ragionamenti/deliri della voce narrante. Però è stato notato che la spettrale città senza più esseri umani chiamata Crisopoli ha i riconoscibili connotati di Zurigo.
Stando in contesti narrativi più realistici, le mappe dello stato americano dell'Ohio riportano l'esistenza di una sperduta località chiamata Winesburg, che tuttavia non è quella che ha dato vita all'omonima raccolta di racconti dello scrittore Sherwood Anderson. Il vero palcoscenico dei suoi personaggi è la cittadina di Clyde, che però l'autore ha preferito nascondere dietro un altro nome forse per evitare che qualche abitante si riconoscesse in uno dei protagonisti.
Parlando invece di un caso nostrano, le umoristiche vicende che contrappongono il prete democristiano Don Camillo e il sindaco comunista Giuseppe "Peppone" Bottazzi sono ambientate nell'inesistente paesino di Ponteratto, nel cuore della bassa padana. Ma le descrizioni di Giovannino Guareschi e ancor più la serie di film ispirati alla collana di romanzi lasciano intendere che si tratti invece di Brescello, comune emiliano tutt'altro che immaginario. L'identificazione è stata talmente forte che a Brescello hanno addirittura creato il Museo di Don Camillo e Peppone.
Una serie di gialli di successo, quella arcinota del commissario Montalbano nato dalla penna di Andrea Camilleri, è a sua volta ambientata in un luogo camuffato. La città di Vigàta che fa da sfondo alla sue indagini è fittizia, ma ha dei connotati che la identificano con Porto Empedocle, sebbene lo scrittore siciliano ci tenga a sottolineare che si tratta comunque di un luogo ideale e non reale.
Anche la stazione di villeggiatura di Balbec, uno dei luoghi più frequentati dai personaggi de Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust, in effetti non esiste. Però sono state riscontrate sin troppe similitudini con la città costiera di Cabourg, località marittima della Normandia che l'autore conosceva bene.
Persino un luogo letterario apparentemente mitico quale la Macondo che compare in diversi romanzi di Gabriel Garcìa Màrquez nasconderebbe in effetti una città esistente, ovvero Aracataca (che d'altronde ha dato i natali allo scrittore colombiano). Nel 2004 un comitato locale avanzò la proposta di cambiare nome al comune dandogli quello inventato da Màrquez, ma non se ne fece nulla.
Un'operazione del genere è andata invece a buon fine in Francia, sempre con riferimento all'opera di Marcel Proust. I ricordi del protagonista de Alla ricerca del tempo perduto lo portano spesso a Combray, paesino immaginario ma ispirato a Illiers, un piccolo borgo nella regione della Loira in cui lo scrittore trascorreva l'estate durante l'infanzia. Nel 1971, in occasione del centenario della nascita di Proust, il paese venne ribattezzato Illiers-Combray, unendo il nome storico con quello della trasposizione letteraria.
In questo post non ho fatto riferimento alle città letterarie totalmente immaginarie, ovvero quelle non ispirate a nessun luogo in particolare ma create in modo esclusivo dalla fantasia dell'autore. Forse ne parlerò fra qualche giorno ;-)
Restando invece nell'ambito delle città camuffate, vi vengono in mente altre metropoli, paesi, villaggi o borghi letterari inesistenti che però si ispirano chiaramente a luoghi reali?
Uno di questi riguarda i luoghi camuffati. Perché oltre alle città reali nelle opere letterarie compaiono spesso nomi di paesi e metropoli fittizi dietro i quali però si nascondono luoghi esistenti.
Dissipatio HG di Guido Morselli è un romanzo a metà strada fra fanta-apocalittico e introspettivo, un lungo monologo dell'autore in cui ogni luogo sembra virtuale e avente uno scopo esclusivamente funzionale per l'esposizione dei ragionamenti/deliri della voce narrante. Però è stato notato che la spettrale città senza più esseri umani chiamata Crisopoli ha i riconoscibili connotati di Zurigo.
Stando in contesti narrativi più realistici, le mappe dello stato americano dell'Ohio riportano l'esistenza di una sperduta località chiamata Winesburg, che tuttavia non è quella che ha dato vita all'omonima raccolta di racconti dello scrittore Sherwood Anderson. Il vero palcoscenico dei suoi personaggi è la cittadina di Clyde, che però l'autore ha preferito nascondere dietro un altro nome forse per evitare che qualche abitante si riconoscesse in uno dei protagonisti.
Parlando invece di un caso nostrano, le umoristiche vicende che contrappongono il prete democristiano Don Camillo e il sindaco comunista Giuseppe "Peppone" Bottazzi sono ambientate nell'inesistente paesino di Ponteratto, nel cuore della bassa padana. Ma le descrizioni di Giovannino Guareschi e ancor più la serie di film ispirati alla collana di romanzi lasciano intendere che si tratti invece di Brescello, comune emiliano tutt'altro che immaginario. L'identificazione è stata talmente forte che a Brescello hanno addirittura creato il Museo di Don Camillo e Peppone.
Una serie di gialli di successo, quella arcinota del commissario Montalbano nato dalla penna di Andrea Camilleri, è a sua volta ambientata in un luogo camuffato. La città di Vigàta che fa da sfondo alla sue indagini è fittizia, ma ha dei connotati che la identificano con Porto Empedocle, sebbene lo scrittore siciliano ci tenga a sottolineare che si tratta comunque di un luogo ideale e non reale.
Anche la stazione di villeggiatura di Balbec, uno dei luoghi più frequentati dai personaggi de Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust, in effetti non esiste. Però sono state riscontrate sin troppe similitudini con la città costiera di Cabourg, località marittima della Normandia che l'autore conosceva bene.
Persino un luogo letterario apparentemente mitico quale la Macondo che compare in diversi romanzi di Gabriel Garcìa Màrquez nasconderebbe in effetti una città esistente, ovvero Aracataca (che d'altronde ha dato i natali allo scrittore colombiano). Nel 2004 un comitato locale avanzò la proposta di cambiare nome al comune dandogli quello inventato da Màrquez, ma non se ne fece nulla.
Un'operazione del genere è andata invece a buon fine in Francia, sempre con riferimento all'opera di Marcel Proust. I ricordi del protagonista de Alla ricerca del tempo perduto lo portano spesso a Combray, paesino immaginario ma ispirato a Illiers, un piccolo borgo nella regione della Loira in cui lo scrittore trascorreva l'estate durante l'infanzia. Nel 1971, in occasione del centenario della nascita di Proust, il paese venne ribattezzato Illiers-Combray, unendo il nome storico con quello della trasposizione letteraria.
In questo post non ho fatto riferimento alle città letterarie totalmente immaginarie, ovvero quelle non ispirate a nessun luogo in particolare ma create in modo esclusivo dalla fantasia dell'autore. Forse ne parlerò fra qualche giorno ;-)
Restando invece nell'ambito delle città camuffate, vi vengono in mente altre metropoli, paesi, villaggi o borghi letterari inesistenti che però si ispirano chiaramente a luoghi reali?
mercoledì 1 febbraio 2017
Città letterarie - 1
Le città sono spesso lo scenario in cui si muovono i personaggi delle opere di narrativa. Il fenomeno della grande urbanizzazione, col conseguente spopolamento delle campagne, è una dinamica sociale ormai in corso da due secoli. La letteratura è ispirata dalla vita e indaga sull'umanità, quindi laddove quest'ultima è più densa si sviluppa maggiormente il desiderio di raccontarla. Inoltre i luoghi di cultura - università, teatri, biblioteche, musei - tendono a concentrarsi nell'urbe, che pertanto attira nel proprio grembo anche i campagnoli e i provinciali con vocazione letteraria.
Certe gigantesche metropoli che sono idealmente la testa e il cuore della loro nazione di appartenenza - Londra, Parigi, Dublino, Tokyo, Buenos Aires - diventano un palcoscenico quasi inevitabile per gli scrittori di quei paesi. Le loro strade, piazze, monumenti e luoghi di ritrovo fanno da sfondo alle opere di centinaia di romanzieri.
In alcuni casi è nata una vera e propria simbiosi fra certe città e degli autori specifici che vi hanno ambientato i propri libri. Quasi tutti gli autori irlandesi raccontano vicende che accadono a Dublino, ma si tende a considerare James Joyce come il vero creatore della Dublino letteraria. Il 16 giugno di ogni anno lo scrittore viene commemorato con il Bloomsday (nome ispirato a Leopold Bloom, il protagonista del romanzo Ulisse) e nella città si tengono discorsi, seminari, letture e rievocazioni a lui dedicate.
Allo stesso modo, Londra è probabilmente la città più (concedetemi il neologismo) letterarizzata del mondo, tuttavia nell'immaginario collettivo il mito romanzesco della capitale inglese viene spesso associato a Charles Dickens (ma gli appassionati di libri gialli mettono al primo posto la Londra di Arthur Conan Doyle).
Nella nostra era caratterizzata dalla globalizzazione può capitare che il successo di un libro determini un improvviso interesse per la città o per il quartiere protagonista del best seller. Istanbul non è certo una città poco nota ed è da decenni un'importante meta turistica, però è indubbio che l'omonimo libro a lei dedicato dal suo celebre cittadino Orhan Pamuk abbia contribuito a far crescere la voglia di visitarla.
La trasformazione di una città in luogo mitico letterario è in genere motivo di orgoglio per i suoi residenti, ma può anche capitare il contrario.
Edimburgo, e più specificamente il quartiere di Leith, sono il palcoscenico in cui Irvine Welsh narra le gesta dei numerosi personaggi ricorrenti che compaiono in Trainspotting, Il lercio, Porno e Skagboys. Molti abitanti della capitale scozzese hanno poco gradito (eufemismo) l'immagine che ne viene data, chissà perché ;-)
E l'Italia?
Nel nostro paese non c'è una metropoli che prevalga in modo assoluto su tutte, infatti credo che sarebbe difficile stabilire se vi sono più romanzi ambientati a Roma, Milano, Napoli o anche in altre città meno grandi ma notissime quali Firenze e Venezia.
Per motivi di vicinanza geografica io sono particolarmente interessato a Roma, e ammetto che mi fa un certo effetto leggere narrativa di fine ottocento con discorsi fra raffinati personaggi dannunziani che si danno appuntamento a Trinità dei Monti, o dove la voce narrante di Pirandello colloca una certa vicenda in Via del Corso. Ho persino trovato citata Tordinona (però ancora nella forma estesa Torre di Nona) nei licenziosi Ragionamenti di Pietro Aretino scritti nel XVI secolo.
Ma l'argomento è vasto e si presta a altri spunti di discussione che preferisco suddividere in più post che seguiranno nei prossimi giorni.
E per voi qual è la versione letteraria di una grande città che vi ha maggiormente sedotto come lettori?
Certe gigantesche metropoli che sono idealmente la testa e il cuore della loro nazione di appartenenza - Londra, Parigi, Dublino, Tokyo, Buenos Aires - diventano un palcoscenico quasi inevitabile per gli scrittori di quei paesi. Le loro strade, piazze, monumenti e luoghi di ritrovo fanno da sfondo alle opere di centinaia di romanzieri.
In alcuni casi è nata una vera e propria simbiosi fra certe città e degli autori specifici che vi hanno ambientato i propri libri. Quasi tutti gli autori irlandesi raccontano vicende che accadono a Dublino, ma si tende a considerare James Joyce come il vero creatore della Dublino letteraria. Il 16 giugno di ogni anno lo scrittore viene commemorato con il Bloomsday (nome ispirato a Leopold Bloom, il protagonista del romanzo Ulisse) e nella città si tengono discorsi, seminari, letture e rievocazioni a lui dedicate.
Allo stesso modo, Londra è probabilmente la città più (concedetemi il neologismo) letterarizzata del mondo, tuttavia nell'immaginario collettivo il mito romanzesco della capitale inglese viene spesso associato a Charles Dickens (ma gli appassionati di libri gialli mettono al primo posto la Londra di Arthur Conan Doyle).
Nella nostra era caratterizzata dalla globalizzazione può capitare che il successo di un libro determini un improvviso interesse per la città o per il quartiere protagonista del best seller. Istanbul non è certo una città poco nota ed è da decenni un'importante meta turistica, però è indubbio che l'omonimo libro a lei dedicato dal suo celebre cittadino Orhan Pamuk abbia contribuito a far crescere la voglia di visitarla.
La trasformazione di una città in luogo mitico letterario è in genere motivo di orgoglio per i suoi residenti, ma può anche capitare il contrario.
Edimburgo, e più specificamente il quartiere di Leith, sono il palcoscenico in cui Irvine Welsh narra le gesta dei numerosi personaggi ricorrenti che compaiono in Trainspotting, Il lercio, Porno e Skagboys. Molti abitanti della capitale scozzese hanno poco gradito (eufemismo) l'immagine che ne viene data, chissà perché ;-)
E l'Italia?
Nel nostro paese non c'è una metropoli che prevalga in modo assoluto su tutte, infatti credo che sarebbe difficile stabilire se vi sono più romanzi ambientati a Roma, Milano, Napoli o anche in altre città meno grandi ma notissime quali Firenze e Venezia.
Per motivi di vicinanza geografica io sono particolarmente interessato a Roma, e ammetto che mi fa un certo effetto leggere narrativa di fine ottocento con discorsi fra raffinati personaggi dannunziani che si danno appuntamento a Trinità dei Monti, o dove la voce narrante di Pirandello colloca una certa vicenda in Via del Corso. Ho persino trovato citata Tordinona (però ancora nella forma estesa Torre di Nona) nei licenziosi Ragionamenti di Pietro Aretino scritti nel XVI secolo.
Ma l'argomento è vasto e si presta a altri spunti di discussione che preferisco suddividere in più post che seguiranno nei prossimi giorni.
E per voi qual è la versione letteraria di una grande città che vi ha maggiormente sedotto come lettori?
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