L’unificazione italiana non è stata condivisa all’unanimità. D’altronde è sempre difficile trovare un accordo su questioni epocali, specie quando le parti in causa sono milioni di persone.
La reazione filo-borbonica che si verificò nel meridione dopo la caduta di Francesco II e l’azione repressiva delle truppe piemontesi sono dati di fatto inoppugnabili. Ma è altrettanto vero che molti sostenevano il principio dell’unità e contestavano la dinastia di origine spagnola. Nel corso del regno di Ferdinando II (padre di Francesco II) si erano verificate rivolte contro il potere monarchico, in particolar modo in Sicilia, dove Messina venne addirittura bombardata dalla marina borbonica, in perfetto Gheddafi style.
Quindi, presentare i lealisti monarchici del sud come “briganti” è un’evidente distorsione della propaganda risorgimentale, e non può essere più portata avanti. Però, anche far passare Ferdinando II di Borbone come un sovrano illuminato e il Regno di Napoli come una nazione prospera e pacificata è ugualmente una distorsione.
Allo stesso modo, l’immagine di una Lombardia felice sotto il dominio austriaco è abbastanza forzata, peraltro contraddetta dai moti rivoluzionari del 1848 a Milano (che motivo c’era di rivoltarsi contro un governo tanto capace, liberale ed efficiente?)
Ovviamente anche lì ci sarà stato chi preferiva essere suddito degli Asburgo. Ma è nella norma.
Durante i grandi eventi storici che segnano la vita di una comunità, c’è SEMPRE una pluralità di schieramenti. Immaginare un popolo dove il 100% delle persone la pensano allo stesso modo è irrealistico, oltre che inquietante (sarebbero esseri umani o pecore?)
Anche i fatti propagandati con l’etichetta “tutto il popolo contro una minuscola minoranza” sono esagerazioni.
La rivoluzione americana. L’orgoglio nazionale degli Stati Uniti la presenta spesso come la nascita assoluta della democrazia, il successo dell’autodeterminazione di gente comune contro il dispotico potere centrale di una monarchia (peraltro non assoluta). Eppure, non tutti erano d’accordo. Ogni testo storico da me consultato riporta un concetto interessante: alla fine della rivoluzione la popolazione delle tredici colonie si era dimezzata, per colpa della guerra, certo, ma ANCHE per la fuga verso il Canada dei lealisti che preferirono restare sudditi del re d’Inghilterra... Senza contare, settant'anni dopo, la guerra civile fra nordisti e sudisti, testimonianza di divisioni interne profonde.
Persino la rivoluzione francese, per chi non lo sapesse, non è stata condivisa da tutti. E non mi riferisco solo agli aristocratici spodestati dei loro diritti, ma anche a contadini e gente comune che si oppose ai “giacobini” con rivolte popolari invocando il ritorno del re (le più celebri sono quelle in Vandea e in Bretagna, di cui parla Balzac nel romanzo “Les chouans”).
Per non parlare delle sanguinose transizioni dal potere monarchico (zar e imperatore) a quello popolare in Russia e Cina, dove i vari schieramenti dovettero ricorrere allo scontro armato. Bolscevichi contro "armate bianche", nazionalisti contro comunisti. Milioni di morti per giungere alla pacificazione (o meglio: alla presa del potere da parte dei vincitori).
Insomma, citando il film “Apocalypse now”: applicare le concezioni del codice civile e penale in un contesto di guerra (e purtroppo le rivoluzioni e le unificazioni in genere non si fanno con amichevoli strette di mano) equivale a voler fare multe per eccesso di velocità durante il grand prix di Indianapolis.
Questo non significa che bisogna ignorare le atrocità. Vanno rammentate, e occorre ricucire le ferite. Onorare tutti i caduti, senza distinzioni. E cercare di analizzare più a fondo le varie questioni per capire come mai sia nato il movimento unitario.
Sarà l’argomento di un prossimo post.
Questo percorso storico, unito al post di ieri, e a quello che verrà domani, è fantastico!
RispondiEliminaGrande Ariano. Ora ti segnalo su FB, perché credo che tutti dovrebbero leggerlo ^_^
Ti ringrazio Glauco. Ovviamente io esprimo solo le mie opinioni, cerco di inquadrare quei fatti nel loro contesto. Magari posso anche sbagliare.
RispondiEliminaLa storia appare sempre diversa a seconda di chi la racconta.
RispondiEliminaE – naturalmente – anche ad chi la ascolta, col suo carico di pregiudizi, percorsi, background culturale eccetera.
Ed io, essendo per indole individualista, potrei non vedere necessariamente di buon occhio un'unità in qualche modo forzata di un popolo.
E oggi, vedendo tanta gente in camiciola verde prato che scalpita per separare ciò che i nostri avi hanno faticosamente unito, mi viene da dire: ma fate come cazzo di pare.
Solo che non è mai così semplice.
Ma, in questi giorni, non mi sembra niente semplice, quindi anche questo mio commento è parecchio relativo. Sorry.
Bellissimo anche questa seconda parte. A proposito del regno borbonico, è illuminante 'Il gattopardo' di Tomasi di Lampedusa con le sue descrizioni e i suoi personaggi che incarnano una concezione di vita. Ad esempio si dice che il vento di novità porta sempre comunque tante cose brutte con sé, e che per far in modo che niente cambi bisogna che si cambi tutto (tipica mentalità mafiosa e, purtroppo, di certa politica di oggi).
RispondiEliminaTemistocle
@ Luca : come scriverò fra due giorni (il bello dei post programmati è anticiparne i contenuti per creare un clima di attesa ;-) accetterei una richiesta di secessione se nascesse dalla maggioranza qualificata di una regione. Però trovo assurdo il negazionismo di fatti storici e soprattutto la superficialità con cui viene trattato un argomento tanto delicato.
RispondiElimina@ Tim : :-(
Ho studiato più storia d'Italia in queste settimane che nelle mie precedenti vite....però la prossima volta falle a rate...;-)
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