Lo
scrittore insultato sembrava svanito nel nulla. Suo padre, dopo aver dato del
“borioso” a Brady, spiegò che Francisco Hernandez era a Bariloche insieme alla
moglie in qualche luogo dove probabilmente non arrivavano né internet né il
gps. Cercava pace.
Anche
Omar Ballesteros, il suo agente, si premurò dapprima di sostenere che Juan
Brady aveva dato prova di “atteggiamento immaturo”, ma poi confermò che lui
stesso non riusciva a contattare Francisco Hernandez e d’altronde lo aveva
preventivamente informato che sarebbe stato irraggiungibile per alcuni giorni.
L’editore
di Mendieta ritenne a sua volta di dover prendere le difese del proprio
scrittore con un comunicato stranamente molto pacato (era probabile che non
intendesse arrischiare un conflitto con l’editore di Brady). Si trattava di un
breve testo lungo neppure una pagina in cui si deplorava il tono aggressivo dell’autore
de L’esercito dei pezzenti, si
definiva “limitativo” l’approccio di Juan Brady nei confronti di uno stile
letterario che aveva la sola colpa di essere diverso dal suo, e gli si
rammentava la grande tradizione della narrativa argentina in cui l’elemento
reale si mescola al fantastico in un magico caleidoscopio all’interno del quale
la finzione romanzesca sconfina nei labirinti onirici della mente: da Borges a
Casares, da Onetti a Cortàzar, fino a Soriano.
Brady
replicò quasi immediatamente tramite il proprio sito internet – il suo editore
continuava ostinatamente a tenersi fuori dal campo di battaglia – sostenendo
che egli provava il massimo rispetto per tutti gli autori citati ritenendoli
tra i migliori maestri della letteratura nazionale, ma che Mendieta non era
minimamente paragonabile ad essi, se non per l’astrattismo delle sue storie (non
certo per le spessore della prosa e la densità simbolica dei significati che
quei grandi sapevano infondere a differenza dell’autore de Il gatto galleggiante sul Mare della Tranquillità).
Mentre
scriveva tale messaggio ebbe un piccolo brivido all’idea che in una nuova
ipotetica intervista gli ponessero domande in merito perché, a essere onesti,
riguardo Cortàzar nutriva le stesse riserve che aveva verso Mendieta e da anni
non toccava un suo libro, perciò se lo avessero trascinato in una dissertazione
su Cortazàr si sarebbe probabilmente tradito con qualche frase inopportuna che
avrebbe dimostrato la sua scarsissima conoscenza di uno dei pilastri della
narrativa argentina moderna. Decise che la sera stessa avrebbe letto qualcosa
di quell’autore canonico per non rischiare figuracce.
*
Intanto
la polemica aveva raggiunto il culmine. Pur mancando uno dei due contendenti, a
combattere per suo conto erano soprattutto vip e gente comune che si
dichiaravano lettori di Mendieta e bollavano come “maleducato”, “arrogante” e “infantile”
Brady e la sua pretesa che essi fossero “incompetenti”.
L’attrice
Beatriz Ghidini dichiarò di aver adorato L’intersecazione
del nulla (pochi ci credettero in verità) e di aver invece trovato
noiosissimo L’ultima missione,
precisando che tuttavia non si era mai permessa di scrivere o dichiarare che
Brady fosse un autore noiosissimo. “Se invece, secondo lui, io sono incompetente
per aver apprezzato un romanzo di Mendieta, beh, preferisco essere incompetente
e leggere un bel romanzo piuttosto che essere competente e annoiarmi leggendo
il romanzo di uno scrittore maleducato!”
Nelle
pieghe delle discussioni emersero però anche alcuni sostenitori di Juan, meno
numerosi e attenti a sottolineare che neppure loro avevano apprezzato la
veemenza da lui dimostrata contro il collega, ma disposti ad ammettere che, insomma,
romanzi come L’intersecazione del nulla
e Il gatto galleggiante sul Mare della
Tranquillità erano a tratti realmente incomprensibili e che in fondo era
stato Mendieta a stuzzicare Brady tacciandolo di incapacità di osare.
Il
commento più divertente – e divertito – fu sicuramente quello di Alfonso
Domenech ‘El lector’, l’allenatore con pose intellettuali del Racing, che
dichiarò che dovendo scegliere uno dei due scrittori come giocatore aggiunto
per la sua squadra avrebbe senza dubbio prescelto Brady per il suo agonismo,
mentre nutriva dubbi sull’utilità in campo del troppo etereo Mendieta.
Il
terzo giorno susseguente al violento attacco subìto, Francisco Hernandez
ricomparve finalmente a Buenos Aires. Subito contattato da numerosi
giornalisti, troncò ogni chiamata sostenendo che avrebbe replicato in forma
ufficiale tramite il sito internet del proprio agente letterario l’indomani.
L’attesa
delle sue parole divenne a sua volta una notizia, sebbene, essendo ormai
trascorsi cinque giorni dall’inizio del tormentone, l’interesse generale
mostrava qualche primo segnale di affievolimento, inevitabile processo di
disinteresse progressivo che si verifica in tutti quei casi in cui i mass-media
bombardano eccessivamente l’utenza a proposito di una specifica news e delle
sue evoluzioni. Fosse stato un omicidio o uno scandalo a sfondo sessuale, la
morbosità dell’uomo medio avrebbe permesso una maggiore durata al picco
dell’interesse collettivo attorno al fatto, ma essendo una mera diatriba fra
due scrittori il suo grado di magnetismo nei confronti dell’audience nazionale
ne risultava penalizzato.
La
replica ufficiale di Mendieta fu l’ultima fiammata in grado di mantenere la
polemica nella top five degli argomenti più cliccati e letti, e financo
discussi dalla gente in strada come argomento di conversazione nei caffè e
nelle sale di attesa. Lo scrittore pubblicò tramite il sito di Omar Ballesteros
l’attesissima risposta che pareva una presa in giro e che invece lui,
successivamente, garantì essere sincera e priva di ironia.
“Sono
gratificato dagli intenti espressi dallo scrittore Juan Brady nella sua
intervista al Clarìn dello scorso
martedì. La trama da lui ipotizzata denota il coraggio creativo che mi ero
augurato sorgesse in lui. Sarò felice di leggere il romanzo quando egli lo avrà
ultimato”.
I
commenti spaziarono dal divertito al deluso. Brady, per parte sua, si limitò a
un tweet acido:
Non potrei mai scrivere una fotocopia
dei suoi romanzetti. Io rispetto i lettori.
L’hashtag
#BradyVSMendieta rimase uno dei più
discussi sino alle prime ore del giorno seguente, e la disputa trovava adeguato
spazio anche su facebook e in vari forum di lettori, corroborata da ulteriori
interventi e prese di posizioni (Beatriz Ghidini scrisse che la classe
dimostrata da Mendieta con la sua elegantissima risposta dimostrava
ulteriormente la sua superiore qualità rispetto a Brady, sia come letterato che
come uomo).
L’indomani,
intorno alle undici, il paese fu sconvolto dalla notizia di un tremendo incidente ferroviario a
Cordoba in cui, secondo i resoconti dei primi soccorritori, avevano perso la vita una ventina di persone. La diatriba fra i due
scrittori, già logorata dalla lunga presenza fra le news di primo piano,
divenne inevitabilmente una sciocca frivolezza nel momento in cui l’intera Argentina si trovava costretta a confrontarsi con il lutto nazionale, le polemiche
sulla sicurezza delle ferrovie e i conseguenti scambi di accuse a sfondo politico fra
i partiti di governo e l’opposizione.
*
Per
sei mesi circa vi fu una relativa calma fra i due contendenti, favorita dalla
loro misurata presenza in contesti mondani e culturali e dall’apparente volontà
di non volgarizzare la questione con ulteriori frecciate. (Forse, più
verosimilmente, erano stati i rispettivi editori a consigliare toni distensivi
per non rovinare l’immagine pubblica dei loro scrittori che rischiavano, in
caso di ulteriori prolungamenti della tenzone, di sembrare due bimbi che
litigano per stabilire chi abbia il pisello più lungo).
Invitato
a una premiazione letteraria a Rosario, Francisco Hernandez Mendieta rispose
seccamente “Non ho voglia di ritornare su tale questione” quando il redattore
di un quotidiano locale gli chiese se avesse avuto modo di chiarirsi con Brady.
Quest’ultimo,
a sua volta, non replicò a nessuno dei commenti sprezzanti che continuarono a
giungergli per alcune settimane da parte di lettori di Mendieta; evitò inoltre
di disabilitare il proprio account su twitter e ricevette in silenzio accuse,
battute salaci e parole sprezzanti.
Nel
mese di febbraio, però, la Fondazione
Herrera di Buenos Aires organizzò una serie di conferenze
incentrate sul valore della denuncia letteraria nella società contemporanea, e
quantunque la disputa fra due autori non fosse, in effetti, un argomento
attinente a siffatto tema, il segretario della Fondazione, Marcelo Urruticoechea,
ebbe l’idea di dedicare una serata a Brady e Mendieta. Nel suo progetto i due
romanzieri si sarebbero potuti finalmente affrontare a viso aperto, su un
palco, con un moderatore che avrebbe posto domande a entrambi evitando nel
contempo il possibile degenerare della discussione (possibilità alla quale non
voleva in nessun modo credere, dando per certo che la civiltà e l’estrema
elevazione culturale dei due letterati avrebbe sicuramente evitato qualunque
caduta di stile).
Approvato
dai soci della Fondazione Herrera, il progetto prese corpo e vennero perciò
contattati con discrezione i due scrittori. Per Mendieta si passò per il
tramite del suo agente perché lui era nuovamente lontano da Buenos Aires e
apparentemente irraggiungibile, sia al cellulare che per posta elettronica. Per
avere il suo assenso occorreva attendere, pertanto la Fondazione si premurò
di organizzare nel contempo una serata alternativa nel caso in cui fosse
mancata la presenza dell’uno o dell’altro contendente.
Ma
non era certo il caso di Juan Brady, che diede immediatamente la propria
disponibilità. Incontrare il rivale davanti a un pubblico qualificato – che
poteva essere, in un certo senso, anche una giuria – era l’occasione ideale per
dimostrare la validità del suo attacco (della sua replica, almeno dal suo punto di vista) ma anche per zittire tutti
coloro che lo avevano criticato per la veemenza eccessiva nei confronti di
Mendieta. Stavolta sarebbe stato pacato come un lord inglese, ma non per questo
meno tagliente.
“Le
faremo sapere non appena avremo la risposta del signor Francisco Hernandez”
specificarono gli emissari della Fondazione.
Ci
vollero cinque giorni, cinque giorni durante i quali Brady non riuscì a
impedirsi di pensare costantemente all’agognato match. Da un lato predisponeva
mentalmente le argomentazioni, immaginava le possibile repliche (impresa ardua
vista l’imprevedibilità di Mendieta) e dall’altro temeva che rifiutasse di partecipare e tutto il suo
sforzo mentale venisse vanificato.
La
sua compagna fu martellante nel ripetergli continuamente di non ossessionarsi
su questa eccessiva volontà di guerra contro il rivale, innervosendo Juan che
sottolineava ogni volta che da parte sua non vi era alcuna “intenzione di
guerra, né odio, né ebbrezza di spargere sangue”, ma solo la volontà di
smascherare un truffatore di lettori indifesi.
Finalmente
Francisco Hernandez accettò l’invito e la serata iniziò a essere pubblicizzata.
Stavolta però non ebbe la stessa eco mediatica, e d’altronde fu Marcelo
Urruticoechea in persona a non voler enfatizzare troppo l’evento nei canali
televisivi generalisti, preferendo che venisse trattato solo dalla riviste
letterarie e dagli inserti culturali dei quotidiani più autorevoli. Insomma,
doveva trattarsi di un duello verbale riservato a un pubblico d’élite, non di
una rozza zuffa da bar di periferia. Il segretario si spinse persino a
incontrare preventivamente i due romanzieri per accennargli nei dettagli come
si sarebbe svolto l’incontro e – fra le righe – pregarli di non lasciarsi
sfuggire di mano il controllo dei propri nervi e della propria lingua.
Il
ventisei febbraio, alle ore diciotto, presenti un centinaio di notabili
culturali della capitale tra i quali gli inviati di Ñ, Contratiempo e della Buenos Aires Review, nonché qualche
intruso politico o appartenente del mondo dello showbiz, lo scontro verbale
diretto fra Brady e Mendieta ebbe inizio.
(CONTINUA)