Il principio è abbastanza semplice: si richiede ai bloggers di "adottare" una parola italiana ormai desueta e utilizzarla quanto più possibile all'interno del proprio blog per farne risorgere l'uso comune e salvarla dall'oblio.
Ecco, "oblio" (ovvero: lo scomparire dalla memoria, l'essere dimenticato) potrebbe già andare bene, ma io ne propongo un'altra, che tenterò di far comparire spesso nei miei post. Anzi, a volte l'ho già utilizzata.
La mia adozione riguarda il vocabolo onde, che non si riferisce alle onde del mare che piacciono ai surfisti e un po' meno ai naviganti, ma all'avverbio (o congiunzione a seconda dei casi) che può significare "da cui", "allo scopo di", "in modo che".
Un esempio me lo fornisce Carolina Invernizio in uno dei primi paragrafi de Il bacio d'una morta:
Quando mia sorella si accòrse che ero divenuto meno rozzo, meno selvatico, che cominciavo a comprendere e ad apprezzare la vita, combinò un piano di fuga per me, onde potessi recarmi in città a compire la mia educazione.
La parola appare desueta già agli inizi del 1900. Guido Gozzano, nel sognante racconto Torino d'altri tempi, immagina di trovarsi nel capoluogo sabaudo del XVIII secolo, e sente la gente parlare in un linguaggio antiquato, ovviamente utilizzando anche l'avverbio in questione:
Intorno si parla francese o un piemontese arcaico molto serrato nella erre infranciosata o l'italiano pesante dei libri stampati; così dinnanzi a me un tal conte Dellala di Beinasco e un tal cavaliere Mattè macchinista deplorano “...la fatal pioggia importuna che ieri sera nocque al fontionamento della macchina dei fuochi artefitiali di gioia, a cascatelle e figure molto vaghe e dilettevoli, onde l'ornatissima madama giovinetta volle trarre nefasto presagio...”
Insomma, sebbene io sia quasi certo di aver udito citare "onde" anche di recente, per lo più in contesti giuridici e arringhe avvocatesche, direi che il suo uso nel linguaggio comune non è molto frequente, e per tale ragione, onde evitare che scompaia dall'italico idioma, lo adotto seduta stante.
Bella iniziativa, ci penso un poco e magari adotterò anche io una parola.
RispondiEliminami piace questa cosa! ci sono già alcune parole che uso spesso e che non compaiono quasi più nel linguaggio consueto (es.: ristare), ma vedrò di adottarne una fissa.
RispondiEliminaChe simpatica iniziativa! In questo momento non mi viene in mente nulla... anche se sono sicura di usare parole desuete "per default", data la mia professione... non so se hai notato che noi consulenti, a volte, usiamo un linguaggio un po' pomposo e ricco di termini non proprio in auge... Personalmente, almeno conosco il significato dei termini che uso (non posso dire lo stesso di tutti i colleghi!) e tendo a usare un linguaggio il più semplice possibile, ONDE evitare di farmi ridere in faccia da chi legge quello che scrivo!! :)
RispondiEliminaCi penserò!
Mosche al naso "Onde" coll'infinito.
RispondiEliminaMolte sono le maniere per fare imbestialire il purista (che del resto vive già sempre in stato di tensione), ma la più sicura è di scoccargli un onde coll'infinito. Su questo punto non intende ragioni, e neppure la pietosa intercessione del Leopardi, che in casa il marchese Puoti (la cittadella del purismo) si lasciò scappare che quella forma "non gli pareva un peccato mortale" ammonendo di poi "che nelle cose di lingua si vuole andare molto a rilento .... e dire con certezza che di questa o quella parola o costrutto non è alcun esempio negli scrittori, gli è cosa poco facile" (De Sanctis, La giovinezza), non ci ha potuto far niente: il purista la condannerà sino all'ultimo fiato.
Sull'onde non si potrebbe scherzare: è uno dei più sdrucciolevoli passi della nostra lingua. Questo avverbio di luogo che vale di dove, donde, e per est. anche da qual cagione (e messer Francesco: "S'a mia voglia ardo, 'ond'è 'l pianto, e 'l lamento? ") piglia spesso in poesia e nella prosa eletta forza di pronome relativo e vale di che, di chi, del quale, pel quale, dei quali, coi quali e sim. (onde lo stesso poeta: "Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono Di quei sospiri ond'io nudriva il cuore"), ed è anche tolto in significato di per la qual cosa ( "Ond'egli a me ... ", Dante) e di sicché ( "Onde, che si fa?", Petrocchi). Quest'onde relativo può stare anche coll'infinito: "Egli ha trovato la gretola onde (cioè dalla quale) uscire" (Francesco d'Ambra); "Ogni occasione vedendo chiusa onde (coll'aiuto della quale) farlo" (Salviati); non è qui dove i puristi arrabbiano.
Lo scandalo comincia quando onde è tolto in scambio di affinché, acciocché, per, seguito, pazienza dal congiuntivo, ma dall'infinito; quando non solo paghiamo la serva onde lavori, ma onde sollazzarcisi! La ragione è nella natura di onde, voce che dice il modo, la materia, l'occasione, la causa, e non il fine; che guarda indietro o intorno, e non mai davanti. Al solito il Tommaseo illumina, e nell'esempio recato dal Firenzuola (Belle donne): « Gli stinchi non al tutto ignudi di carne, onde si veggano i trafusoli (la canna, l'osso) » ci fa sentire come quell'onde dipinga il modo di vedere, non già il fine. (Tratto da "Parlare Italiano" di Leo Pestelli)
una cultrice dell'"onde" :O
RispondiEliminaBella idea! Quasi quasi mi viene di partecipare, anche se non ho in mente nessuna parola che potrebbe fare al caso...
RispondiEliminaVa beh, intanto ci penso :)
Gaiardissima sta cosa, devo consultare l'elenco. ;-)
RispondiEliminaSono molto curiosa di quest'iniziativa... inoltre, di "onde" sapevo solo un significato "da cui" e non gli altri... Grazie!
RispondiEliminaBella idea Ariano, grande segnalazione, mi ci metto all'opera pure io!
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