sabato 16 maggio 2015

La polemica tra Juan Brady e Francisco Hernandez Mendieta – terza parte

Come moderatore la Fondazione Herrera aveva prescelto il proprio presidente onorario, Guillermo Esteban Vazquez, sessantacinquenne sempre di buonumore dall’aria giovanile e dalla battuta pronta, il tipo d’uomo capace di smorzare la tensione persino se i contendenti fossero stati due balordi di Villa Lugano col coltello già ben stretto fra le dita.
La sede della fondazione era sull’Avenida Corrientes, non molto lontano dal Teatro del Paseo La Plaza. Nel salone era stato montato un palco che si elevava di circa un metro sopra il pavimento e gli scrittori sedevano su due sgabelli posti ai lati (Brady a destra e Mendieta a sinistra dal punto di vista degli spettatori). I presenti potevano vederli bene, anche l’ultima fila aveva la possibilità di notare che Juan indossava dei jeans e una giacca di pelle marrone mentre Francisco Hernandez aveva bizzarramente optato per una  tuta da ginnastica bianca con rifiniture blu scuro (sin troppo scuro per poter immaginare che fosse un tentativo di apparire argentinamente biancoceleste).
“Due anni fa ho letto L’intersecazione del nulla. Sono un lettore incompetente?” cominciò Vazquez con tono bonariamente scherzoso all’indirizzo di Brady.
Juan, i lineamenti distesi e la bocca sorridente, replicò: “Se mi spiega quel che le ha trasmesso le saprò rispondere”.
“Abbiamo qui l’autore in persona per chiedergli cosa volesse trasmettere” colse l’occasione Vazquez per innescare la prima discussione diretta fra i contendenti.
Mendieta, con l’usuale flemma, spiegò che il messaggio del romanzo andava cercato nel fluire delle sensazioni che assecondano i vagheggiamenti dell’anima quando si percepisce il disagio di tutte le certezze che ci avevano apparentemente accompagnato nel corso dell’esistenza. Aggiunse che forse Brady si trovava in difficoltà a comprendere il libro in questione poiché lo leggeva come se fosse prosa nel senso storico del termine, mentre esso andava inteso piuttosto come poesia lirica, un lungo poema lirico in forma di romanzo.
Il segretario gli chiese inoltre quale fosse il romanzo di Brady che aveva maggiormente apprezzato e perché.
Francisco Hernandez sostenne di aver fondamentalmente apprezzato i due romanzi di Brady che aveva letto, nella fattispecie La vita dimenticata di Carlos Wurth e L’ultima missione. Quasi si scusò per averne letti soltanto due, e infine precisò che quantunque il suo stile realista ricco di comprensibili metafore fosse apprezzabile allo stesso modo in cui lo sono le immortali opere di Güiraldes, mancava però quell’evoluzione in senso moderno che aveva iniziato il suo lungo percorso nel XX secolo, ciò non togliendo che i romanzi di Brady fossero notevoli.
Identica domanda venne rivolta a Juan, che ammise la faticosa lettura de L’intersecazione del nulla e La memoria delle montagne ma non riuscì a essere elogiativo come l’altro contendente. Non disse quel che realmente pensava di quei libri (sarebbe stato troppo offensivo con effetti controproducenti) e non fu neppure troppo tagliente – sicuramente meno di quanto aveva programmato giacché l’atmosfera solenne della conferenza lo aveva intimidito – però ribadì che a suo avviso essi non avevano reali contenuti ma solo divagazioni fini a se stesse che tendevano a perdersi senza costruire alcuna storia, né credibili insiemi di sensazioni esistenziali, e neppure ipotetici simbolismi dai quali trarre un concreto, ulteriore tassello da porre nel grande mosaico della comprensione dell’esperienza della vita.
La replica di Mendieta fu che condivideva in pieno la disquisizione di Brady, con un’unica e fondamentale differenza: i “tasselli” che lui offriva ai propri lettori per essere inseriti nel “grande mosaico della comprensione dell’esperienza della vita” non sarebbero mai stati “concreti” perché lui stesso concepiva l’esperienza umana su un piano principalmente spirituale prima ancora che materiale.
“I danni provocati dalla new age sono incalcolabili” commentò Juan con un tono di voce in cui il sarcasmo strideva con l’apparente giovialità del sorriso, e quasi senza volerlo orientò per alcuni minuti la conversazione proprio su questo argomento.
Parlò della new age come se fosse una moda per adolescenti, mentre Francisco Hernandez, pur ammettendo che il fenomeno in questione fosse stato astutamente commercializzato da professionisti santoni, ne sottolineò la spontaneità dei tanti, sia uomini che donne, che vi si rivolgevano proprio perché alla ricerca della spiritualità perduta della razza umana.
A quel punto il presidente pose una domanda apparentemente triviale che fu invece – come capì Brady a posteriori – la chiave di volta dello scontro verbale.
“Se dovesse simboleggiare la scrittura di Mendieta con un’immagine, quale sceglierebbe?
Con la massima spontaneità, lasciando da parte ogni discorso preimpostato, Juan Brady rispose che avrebbe potuto metaforizzare la narrativa dello scrittore seduto di fronte a lui con un quadro astratto. Entrando nel dettaglio si spinse addirittura a descriverlo: “Una tela bianca solcata da una linea ininterrotta che traccia, curve, angoli, ghirigori… Una linea contorta che di primo acchito può sembrare suggestiva, ma se la si osserva attentamente ci si rende conto che è soltanto una linea contorta e nulla più”.
Era sereno mentre dava corpo a questa allegoria raffigurante l’opera del rivale, era certo di aver finalmente fornito la giusta lente d’ingrandimento per aiutare il lettore medio a distinguere il vero diamante dal fondo di bottiglia.
Ma Francisco Hernandez Mendieta godeva del diritto di replica. Declinò l’invito a ipotizzare immagini simboliche che descrivessero la scrittura di Juan Brady e si concentrò invece sulle parole dello sfidante.
“L’esempio che ha illustrato è perfetto. Esprime compiutamente il senso profondo della mia ricerca narrativa. Quando scrivo un romanzo il mio approccio è realmente quello di un pittore che intende inseguire una visione parziale, la cui completezza verrà raggiunta grazie alla comunione collettiva con coloro che lo osservano mentre impone lievi tracce di colore sulla tela bianca, dandole una sua identità unica ma non indivisibile. Il mio obiettivo è proprio quello di dare forma a un romanzo con le caratteristiche di un quadro abbozzato affinché possa essere completato dal lettore. Le pennellate che per Brady sono solo ‘una linea contorta’ possono assumere infinite forme e significati dal punto di vista di ogni singolo lettore. Io voglio che i miei lettori siano coinvolti in forma attiva nella lettura anziché farsela imporre passivamente in modo netto e inequivocabile come accade leggendo i romanzi perfettamente delineati e definiti di autori come Brady”.
Juan si concesse una smorfia di scherno prestando però la massima attenzione a nasconderla al pubblico. Riteneva la replica appena ascoltata un gioco di prestigio malriuscito, un patetico tentativo di Mendieta di insistere col gioco delle tre carte nella speranza che almeno i distratti non si accorgessero di essere stati ingannati e si accontentassero di osservare le mani in rapido movimento come uno spettacolo, considerando i soldi puntati un’elemosina al questuante che, smascherato, non poteva più atteggiarsi a mago.
Vazquez pose poi altre domande, sollevò argomenti di carattere più ampio e generico sul ruolo dello scrittore e – finalmente in tema col ciclo di conferenze – sul valore della denuncia letteraria. Gli interventi dei due autori divennero enunciazioni individuali senza alcun elemento di schermaglia, lo scontro di fatto si era concluso, e verso le dieci di sera una stretta di mano al centro del palco suggellò la fine del dibattito, suggellata dal moderatore con l’inevitabile richiesta di un applauso dei presenti.
*
Nella settimana seguente le riviste letterarie e gli inserti culturali dei quotidiani diedero spazio alla serata tenutasi alla Fondazione Herrera. Anche sui social network l’elemento ‘Brady VS Mendieta’ riprese vigore, quantunque stavolta i mass media generalisti lo snobbarono poiché, notoriamente, una minestra riscaldata rischia sempre di suscitare lamentele nella clientela.
Già dal ventisette febbraio Brady aveva chiesto alla sua compagna, ai suoi genitori, al suo editore e agli amici cosa ne pensassero del match. Aveva colpito a fondo l’avversario? Poteva legittimamente ritenere di aver trionfato per k.o. tecnico?
Tutti ritennero di sì, ma il loro tono aveva qualcosa di troppo amichevole. Si percepiva che il sostegno fornito era basato sul legame affettivo piuttosto che su un’oggettiva disanima del combattimento verbale.
Per alcuni giorni andò in giro per le librerie, con occhiali da sole e cappello con la visiera, ad ascoltare ogni eventuale commento. Prendeva tre caffè – decaffeinati – e altrettante brioche in tre locali diversi frequentati da studenti universitari nei pressi di Valmonte. Quando tornava a casa spulciava il web con ricerche mirate per analizzare le reazioni dei giornalisti presenti, ma soprattutto i pareri degli utenti comuni, il lettore medio dei romanzi suoi e di quelli di Mendieta.
Su twitter scoprì – e fu la prima sorpresa negativa – un hashtag abbastanza condiviso piuttosto emblematico: #iononsonounlettorepassivo. La maggior parte dei commenti attinenti a questo hashtag tendevano a evidenziare la capacità di Francisco Hernandez di essere straordinariamente carismatico. Persino indossando una sciatta tuta da ginnastica diventava autorevole semplicemente enunciando concetti. Man mano che procedeva nelle sue ricerche su internet Brady si rese conto che lo scrittore col quale aveva duellato negli ultimi mesi denotava un’impeccabile cura nel creare la propria immagine come personaggio pubblico. Contestualmente all’apparente aria da santone new age che spariva per settimane nascondendosi nella natura selvaggia della sua amata Bariloche, esisteva anche un Francisco Hernandez Mendieta che partecipava a meeting studenteschi, programmi televisivi, festival cinematografici e serate teatrali con assai maggiore frequenza – e sicuramente con molto più metodo – di quanto non riuscisse a Brady.
Le fotografie, soprattutto, erano altamente indicative di quanto fosse mediaticamente costruita la sua figura come autore. Primi piani espressivi, giochi di luce da fotografo esperto, pose da intellettuale europeo con dettagli da rockstar, camei come comparsa in video amatoriali su youtube realizzati da studenti di cinematografia.
Naturalmente Juan Brady era conscio di tali piccoli trucchetti – perché questo erano secondo lui – utilizzati da Mendieta per accrescere la propria popolarità, ma solo adesso si stava rendendo conto della loro estensione e soprattutto organicità. Il suo editore gli aveva detto una volta che Omar Ballesteros era un agente esoso ma efficace. Finalmente capiva in pieno il senso della frase: l’agente di Francisco Hernandez aveva il compito di promuoverlo al di fuori dell’ambito letterario, di farlo conoscere a prescindere dall’essere un romanziere. Non basta sapersi vendere, occorre anche un commesso viaggiatore che cerchi acquirenti disposti a comprare, e Ballesteros aveva conoscenze in ambito cinematografico, universitario, televisivo e persino contatti con agenzie di eventi mondani, quelle che organizzano matrimoni vip fra calciatori e attricette o compleanni di cantanti che, effimeramente celebri grazie a un singolo di successo, battono il ferro finché è caldo. In ognuno di questi eventi Mendieta era sicuramente presente, sempre ben introdotto e con la possibilità di creare legami e amicizie utili per piccoli favori quali opinioni positive sui profili twitter e facebook del famoso di turno (ora cominciava a capire la presa di posizione in favore di Mendieta da parte di quell’oca analfabeta di Beatriz Ghidini).
Il momento culminante di questa orrenda giornata di sinistre scoperte fu il dialogo, casualmente intercettato, fra due trentenni che davanti a un paio di tazze di cappuccino discutevano del romanzo Il gatto galleggiante sul Mare della Tranquillità. Uno dei due spiegò all’altro che non aveva mai letto nulla di Mendieta, ma dopo “l’ignobile” (usò esattamente questa parola) attacco di Juan Brady di qualche mese prima si era deciso a leggerlo, e peraltro gli era piaciuto.
“Si sono confrontati di nuovo proprio pochi giorni fa” lo informò l’amico. “Sembra che abbiano appianato le loro divergenze”.
"Come è successo?"
"C'è stata una serata letteraria alla fondazione Herrera e alla fine si sono stretti la mano".
“Avrà organizzato tutto Brady. Ha capito di aver fatto una pessima figura e adesso ha tentato di rimediare” dedusse quello che ne valutava “ignobile” l’atteggiamento.
Lo scrittore si alzò rapidamente dal proprio posto a sedere e se ne andò con tale furia che un cameriere dovette corrergli dietro per fargli notare che non aveva pagato il conto. Gli allungò una banconota senza neppure fare caso alla cifra che vi era stampigliata e subito riprese la ritirata a passo svelto, calcandosi con foga il cappello sulla testa per nascondere la faccia dietro la visiera.

(CONTINUA)

16 commenti:

  1. Bella fregatura (per Brady)!
    Un successo "de relato", costruito strategicamente in modo indiretto attraverso cura dell'immagine e presenza mediatica: che sia questa la ricetta "giusta" per lo scrittore in cerca dl lettori?

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    1. Questo è solo un racconto. Ogni riferimento alla realtà è puramente... soggettivo ;-)

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  2. E adesso? Quale sarà la prossima mossa di Brady? Non so davvero cosa aspettarmi...

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    1. Devi pazientare solo per quattro giorni e poi la vicenda si conclude :-)

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  3. Devo essere sincero: a questo punto parteggio anche io , in maniera abbastanza spudorata per Mendieta. :)

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    1. Sono riuscito a creare delle fazioni, chi l'avrebbe detto!
      ;-)

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  4. Anche stavolta hai creato un sostrato che tutto ad un tratto mi ha colta e mi ha fatta riflettere effettivamente su quello che stavo leggendo.
    Al di là delle posizioni dei due autori, al di là dell'ironia, del sarcasmo o della ritrattistica delle loro personalità ci sono due grandi verità che emergono: l'umanità - nel senso proprio di essere umani senza accenti filantropi - di entrambi e la delusione che salta fuori quando si riscontra da parte del lettore questo lato di umanità. Mi spiego.

    Quando ci troviamo in presenza di opere come spettatori il pensiero che va agli autori di suddette è quasi sempre grandioso, nel senso che se ci colpiscono per sensibilità, bravura o quant'altro ci dimentichiamo totalmente del fatto che sono persone fatte di carne e ossa come tutti e si trasformano in figure quasi mitologiche, mentali ed espressive se però fatti di cronaca letteraria o critica letteraria/artistica ci mettono davanti la persona-scrittore/artista con tutte le proprie manie ed insicurezze personali la delusione ed il pregiudizio riguardo il suo lato umano divengono talmente pesanti da pregiudicare certe volte l'apprezzamento e l'approccio stesso con le sue opere (ad esempio: D'Annunzio ninfomane = che schifo non lo leggo troppi rimandi sessuali etc) - cosa che per altro ho avuto modo di ritenere via via sempre meno matura -, però mentre personalmente ho superato questo ostacolo nel corso degli anni non lasciandomi più influenzare da quello che viene scritto dai biografi ma andando al sodo delle opere, la questione che esponi mi lascia sempre un po' perplessa perché è proprio il grande opposto della grandiosità e dell'immensità delle potenzialità mentali di cui queste persone sono dotate: come se prendessero tutto il loro operato e lo gettassero nel cestino solo a causa di una stupida ed infantile insicurezza.

    Però... a questo gioco siamo soggetti tutti, in piccola o larga parte, sarebbe da sciocchi non ammetterlo e quindi ho scritto un commento che si rigira da solo su se stesso!

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    1. Invece hai scritto un commento articolato e che centra in pieno uno degli elementi del racconto: l' "umanità" (con tutti suoi limiti) degli apparentemente divini scrittori.

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  5. Ok.. non so perchè mi ero persa le prime due parti.. ormai le notifiche appaiono come preferiscono.
    In effetti mi chiedevo quando sarebbe iniziata la serializzazione.. ^^

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    1. Sì, in effetti sia blogger che bloglovin perdono colpi... Non si riesce più ad avere un aggiornamento adeguato...

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    2. Recupero tutto!!! Ce la farò! xD

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  6. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  7. certo se cambiassimo i nomi dei contendenti con quelli di due politici o attorucoli da strapazzo la storia avrebbe gli stessi risvolti!

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  8. Ora sempre così. Per attirare l'attenzione dei pubblici, fanno o dicono le cose stravaganti appositamente... ma forza Brady!

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    1. Tu tifi per Brady, alcuni invece tifano per Mendieta :-D

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