giovedì 25 febbraio 2010

Nippomane

E questo é l'ultimo dei tre racconti "nerdotaku". Ultimo almeno fino alla prossima idea...

NIPPOMANE

Quel giorno il mondo di Gianmarco crollò di schianto.
Fu l’implosione della base meganoide nel momento in cui Daitarn 3 pronuncia la magica frase “Attacco solare! Energia!” e la potenza della sua invincibile arma annienta ogni cosa.
Anzi no. E’ un paragone poco calzante. Parliamo di una persona e dei suoi sogni, non di una struttura volante meccanica.
Quel giorno la sua mente si frantumò come il cervello di Ataru Moroboshi nella puntata in cui gli fanno credere che Lamù e tutti gli altri compagni di classe sono morti. Nel caso di Ataru però si tratta solo di uno scherzo, e infatti ritorna in sé (perfettamente porco e pervertito come sempre) proprio nell’attimo che precede la sigla conclusiva. A Gianmarco sembrava invece che non fosse possibile alcun finale consolatorio. Una sorda sensazione di sconforto, soffocata sotto le apparenze della normalità, lo avrebbe accompagnato per il resto della sua vita, più o meno come accade a Lowell quando Georgie gli fa capire che rinuncia a stargli vicino e di fatto lo lascia nelle mani di Elisa… Almeno così pareva…

Gianmarco aveva iniziato a studiare indirettamente l’Impero del Sol Levante sin dal periodo prescolastico. Il magico mondo di Spank, le colorate storie d’amore di Licia, le fantastiche partite di calcio di Holly e Benji… immagini meravigliose che gli avevano rivelato un mondo straordinario. Disponendo di una discreta dose di curiosità e una particolare predisposizione allo studio, un giorno decise di prendere informazioni sugli strani nomi che scorrevano nella sigla di coda: Shigetsugu Yoshida, Aoki Fumiko, Suzuki Rinosuke…
“Giapponesi”, gli aveva spiegato con un certo disgusto sua madre, appassionata di Walt Disney ed estremamente critica verso quest’animazione così rozza e piena di contenuti equivoci di matrice orientale. L’aveva pronosticato sin dalla prima puntata di Atlas Ufo Robot, benché all’epoca non fosse ancora madre ma solo una ragazza ventunenne con qualche sogno nel cassetto: “Questa roba fa schifo”, era stato il suo giudizio secco, “rovinerà la mente dei bambini”. La verità di quell’affermazione così perentoria si sarebbe rivelata solo alcuni anni dopo, e lo avrebbe fatto nel modo più atroce: insinuandosi in colui che lei aveva portato in grembo per nove mesi.
Gianmarco iniziò a raccogliere tutte le informazioni possibili sul paese che compariva ogni pomeriggio nello schermo televisivo di casa.
Ideogrammi: le strane scritte sopra i negozi e all’ingresso delle case, case dove in genere non ci sono letti ma solo delle stuoie (le avrebbe poi codificate come tatami), e dove si fa colazione con gli spaghetti che però non stanno nel piatto, ma dentro un bicchiere di carta tipo quelli con la Coca Cola alla spina.
Uniformi: le portano tutti gli studenti, blu o comunque scure per i maschi, con la gonna e qualche cenno di bianco per le femmine.
Terme: (per essere precisi onsen) il luogo preferito per rilassarsi, possibilmente all’aperto e completamente nudi, in genere con vista panoramica sulla piscina delle ragazze (nude pure loro, ci mancherebbe).
… e l’elenco potrebbe continuare. Gianmarco disponeva solo di una vecchia enciclopedia degli anni ’60, e ogni giorno cercava di aggiornarsi con una notizia nuova seguendo uno schema ben preciso (arcipelago; migliaia di isole; quattro principali: Hokkaido, Honshu, Kyushu e Shikoku; suddivisione in regioni e prefetture: Hokkaido, capitale Sapporo; Aomori, capitale Aomori; Iwate, capitale Morioka; etc.)
Il pomeriggio continuava i suoi studi facendo ricorso a metodi audiovisivi. Analizzava attentamente ogni singola puntata (novità o replica che fosse) di ‘Lamù’, ‘Lo specchio magico’, ‘Bia la sfida della magia’ e altro ancora, tenendo sempre un foglio bianco in mano sul quale prendeva appunti. Seguiva qualunque serie ambientata in Giappone. Evitava invece accuratamente quelle con altre locations, tipo la finta America di Candy o la ridicola Grecia di Pollon.
Sua madre era abbastanza infastidita da questa ossessione, ma aveva altre priorità. I suoi sogni nel cassetto erano finiti esattamente due anni dopo quella maledetta prima puntata italiana del principe Actarus e del suo robot Goldrake (in realtà il robot si chiamava Grendizer, e il pilota Duke Fleed, ma la televisione italiana preferì utilizzare un’altra versione dei loro nomi.). Quel militare l’aveva implorata di non abortire promettendole di sposarla, ma dopo il parto aveva cambiato idea e se ne era andato via senza farsi più sentire. Magari si era trasferito proprio in Giappone, chissà.
Tra lavori e lavoretti vari per portare a casa qualche lira, la mamma era sempre fuori e Gianmarco doveva rimanere dalla nonna, alla quale non pareva vero che quel bambino stesse tanto buono semplicemente guardando la tv dopo aver regolarmente finito i compiti.
Ogni nuova nozione nipponica che acquisiva veniva subito condivisa.
“Nonna, lo sai che la capitale del Giappone si chiama Tokyo ed è la città più popolata del mondo?”
“In Giappone ogni scuola ha i suoi club sportivi”.
“Lo sport più diffuso è il baseball, sai come si gioca a baseball?”
E naturalmente le raccontava anche i suoi sogni.
“Da grande andrò a vivere in Giappone. E’ un paese bellissimo, il terzo paese più ricco del mondo dopo gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, anche se è grande praticamente come l’Italia. I giapponesi sono molto più intelligenti di noi, e lavorano di più”.

Nel mese di ottobre del 1990, secondo anno dell’Era Heisei sotto il regno dell’imperatore Akihito, Gianmarco compiva dieci anni. Chiese un regalo un po’ particolare: restare alzato fino a tardi per vedere il reportage giornalistico del TG2 sulle scuole giapponesi, purtroppo trasmesso in seconda serata a partire dalle 22:30.
“Ma è una cosa per grandi, è noiosa”, gli fece notare la nonna.
“E’ malato in testa”, semplificò la madre.
“Ti prego…”
“Ma si, veditelo pure”.
“Grazie mamma!” (e mentre lo diceva si chinava in avanti tenendosi le mani).

Aveva preparato un blocco notes di grosse dimensioni per prendere tutti gli appunti possibili. Per cena aveva voluto del riso bollito, però gli era toccato mangiarlo col cucchiaio, niente bacchette.
I grandi gli fecero compagnia fino alle dieci, poi si arresero al sonno indotto dalla tarda età e dalle necessità lavorative del giorno seguente.
Dopo un interminabile film francese, un sacco di pubblicità e segnali orari vari, finalmente l’annunciatrice informò i gentili ascoltatori che “TG2 Dossier” stava per avere inizio.
Gianmarco fremeva.
Aveva già visto immagini reali dal paese del Sol Levante, ma questa era la prima volta che scorrevano davanti ai suoi occhi interi spezzoni con ragazzi e ragazze in divisa, proprio come nei cartoni animati! Però dovette riconoscere che erano meno colorati e gli occhi non sembravano gli stessi, neppure i capelli…

La voce narrante inizia a spiegare come funzionano le scuole nipponiche.
le lezioni iniziano la mattina presto e finiscono nel tardo pomeriggio. Tre volte a settimana inoltre gli studenti devono partecipare a delle attività didattiche che li costringono a stare a scuola fino quasi all’ora di cena
Beh, si, in effetti si vedono sempre gli studenti che pranzano a scuola. Aika porta anche il suo cagnolino Spank.
non funziona correttamente. La pressione è tale che sono abbastanza frequenti casi di depressione o addirittura di suicidio, che in Giappone non viene considerato un atto di vigliaccheria ma una scelta personale dettata dal libero arbitrio
Eh?
(Primo piano di una donna in lacrime) Akiko ha perso suo figlio sei mesi fa. (Voce della doppiatrice italiana in tono patetico) ‘Il suo ultimo esame era andato male, e temeva di dover ripetere l’anno. Io gli dicevo di non preoccuparsi, ma lui era disperato’.
Eppure Gigi la Trottola non sembra tanto agitato quando prende dei brutti voti…
episodi di bullismo frequenti. Secondo un sondaggio del Mainichi Shimbun, uno dei più importanti quotidiani nazionali, il 75% degli studenti si aspetta di rimanere vittima di almeno un’aggressione nel corso dei sei anni di permanenza scolastica. Molto spesso le conseguenze sono gravi, ma il fenomeno rimane sommerso e i dirigenti scolastici si scontrano con un muro di omertà che impedisce di risalire ai colpevoli
Nessun commento. Nessun pensiero.
estrema severità da parte dei docenti, che talvolta fa pensare a certe pagine dei romanzi di Charles Dickens. Takeshi Yamada è il coach della squadra di pallavolo maschile, ragazzini dagli undici ai tredici anni che vengono sottoposti ad allenamenti estenuanti. Se nel corso dei tornei scolastici i risultati sono negativi lui li punisce rasandogli i capelli a zero
Veramente?
… ‘Non voglio umiliarli, voglio solo che capiscano di aver sbagliato’. (Primo piano di un ragazzino pelato, doppiaggio con voce infantile) ‘La scorsa settimana abbiamo perso una partita giocando molto male. L’allenatore non ci ha detto niente, ma noi ci siamo tagliati i capelli a zero di nostra iniziativa’…
Di nuovo nessun pensiero. Però alcune sensazioni strane e un po’ di acidità allo stomaco.
… (signore occhialuto intervistato) ‘Il Giappone ha compiuto un miracolo economico negli anni ’50 e 60’ diventando un paese ricco. Adesso è giunto il momento di compiere un miracolo morale e cambiare la nostra mentalità, o i nostri giovani saranno i più infelici del mondo’… (Fine del servizio. Si passa a un reportage sulla guerra civile in Sri Lanka).

Gianmarco rimase seduto per alcuni istanti con gli occhi fissi sullo schermo, anche se ormai non stava seguendo nulla. Si alzò, spense la televisione e si mise a letto con la sensazione che il mondo che lo circondava fosse solo l’inutile palcoscenico di un’indegna farsa.
Viveva in un pianeta morto.

I giorni successivi li trascorse in silenzio. Non parlò quasi mai né a scuola né a casa. La nonna si stupì nel vederlo lontano dalla televisione, ma lui spiegò che doveva studiare molto e non aveva tempo, anche se in effetti passava quasi tutto il tempo restando fermo sul bordo del letto a fissare la finestra.
Un martedì, verso le sei di sera, iniziò a ciondolare per casa senza uno scopo, solo perché si era stufato di rimanere fermo. La tv era accesa, e dal salone si sentiva un piagnucolare sommesso. Vide la nonna che si asciugava le lacrime con un fazzoletto.
“Che succede?”.
“Niente, non ti preoccupare”, lo tranquillizzò. “E’ così triste questa storia che qualche volta mi fa venire da piangere, ma è solo una telenovela”.
“Telenovela?”, domandò incuriosito Gianmarco.
“Si”, gli spiegò la nonna. “Quella ragazza, Andrea…”
“Ma Andrea è un nome da maschio”.
“Si, ma nel paese in cui si svolge la vicenda è un nome da donna. Lei è una ragazza povera, ma molto brava, però purtroppo ha una sorellastra perfida…”

Quella sera Gianmarco risorse. I suoi occhi erano lucidi, eppure il mondo aveva ripreso colore. Lo strano pianeta in cui viviamo è un luogo dove si soffre e si ingoiano bocconi amari. Si inseguono sogni destinati a schiantarsi contro il muro della realtà, si rimane soli e abbandonati sotto le loro fredde macerie. Ma per fortuna esiste un luogo in cui tutto il male assume un significato: un magico paese chiamato Brasile.
Finita la puntata con le disavventure di Andrea, Gianmarco afferrò avidamente il sussidiario scolastico e l’enciclopedia per raccogliere maggiori informazioni.
“La Repubblica Federale del Brasile è il quinto paese più grande del mondo, e copre il 47,7% della superficie del continente sudamericano. Possiede enormi risorse naturali, ma la ricchezza è distribuita in modo assai disomogeneo fra la popolazione…”

1 commento:

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