Ormai sembra che i soli libri degni di essere pubblicati siano i romanzi, possibilmente lunghi più di trecento pagine e corredati di una gran quantità di utilissimi dettagli tipo: cosa ha mangiato il protagonista a pranzo, come era vestito all'ora di cena e cosa ha guardato alla televisione prima di addormentarsi.
Il racconto breve e la sua essenzialità sembrano ormai confinati ai soli concorsi letterari e a certe raccolte-paccottiglia di piccoli editori con necessità di garantirsi un congruo numero di esordienti-acquirenti (con rispettive famiglie) pubblicando un solo libro: tanti piccioni con una fava.
Eppure ci sono stati autori capaci di farsi conoscere solo tramite le narrazioni brevi.
I casi più celebri e recenti sono quello di Raymond Carver e Jorge Luis Borges. L'americano ha lasciato come eredità letteraria racconti e poesie, e anche lo scrittore argentino non ha mai scritto romanzi, solo storie di poche pagine a metà strada fra letteratura fantastica e filosofia. Persino i suoi saggi, sebbene più corposi, in genere sono libriccini che difficilmente superano le cento pagine.
Ryunosuke Akutagawa (1892-1927) è considerato uno dei padri della letteratura giapponese moderna pur avendo scritto "solo" un centinaio di racconti brevi e nessuna narrazione lunga.
Il russo Anton Cechov (1860-1904) noto soprattuto come autore di testi teatrali, si è tuttavia ritagliato un suo spazio nelle antologie letterarie mondiali coi propri racconti, acute analisi della Russia in cui lui viveva. Scrisse un solo romanzo a puntate, probabilmente su richiesta della rivista che pubblicava i suoi lavori, che è stato completamente dimenticato e rappresenta l'aspetto meno importante della sua produzione.
Nell'era della multimedialità e della fretta, si spera che le narrazioni brevi riescano nuovamente a ritagliarsi un loro spazio privilegiato e non secondario nell'interesse dei lettori.
Io preferisco, specie nel'approccio ad un nuovo autore il racconto al romanzo, perché mi da la misura di come sappia andare al nocciolo della questione e sappia trovare le parole giuste per descrivere situazioni anche complesse in poche righe. E poi mi da la possibilità, se il tizio in questione non mi piace, di poter lasciare a metà il libro.
RispondiEliminaIn generale anch'io preferisco i racconti. E comunque penso che ci siano scrittori "da racconto" e scrittori "da romanzo".
Temistocle
Io quoto Temistocle.
RispondiEliminaPreferisco i racconti, soprattutto ultimamente: mi ritrovo a leggere solo in palestra o sull'autobus; ormai riempio il Reader di cose che posso leggere nell'arco di mezzora o poco più.
Ammetto che anch'io prediligo i racconti e le novelle brevi.
RispondiEliminaAggiungete anche il mio nome tra quelli che preferiscono i racconti ai romanzi. Mi sembra che un autore libero dai vincoli obbligati del romanzo possa essere più sincero nella costruzione della storia.
RispondiEliminaSono d'accordo che ci siano scrittori "da racconto" e "da romanzo", ma per me un romanzo è un'altra cosa, se scritto bene ovviamente.
RispondiEliminaDi sicuro è più facile scrivere bene un romanzo che un racconto: anzo scriverlo in modo godibile. Con più spazio a disposizione aumenti la capacità dle lettore di affezionarsi ai personaggi e vivere le loro storie, hai un vantaggio.
Lieto di trovare un altro raro lettore di Akutagawa, approfitto di questo post che riguarda tutti noi novellieri per sbarcare sul tuo blog e porgerti i miei saluti.
RispondiEliminaAlessandro Forlani
Grazie a tutti per i vostri commenti, e un benvenuto al "grande avvilente" ;-)
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