martedì 22 maggio 2012

Poche parole

Il talento di uno scrittore è, semplicemente, la sua capacità di utilizzare le parole.
Come avevo detto in un post di pochi giorni fa conta molto l’atmosfera che riesce a creare, ma anche la suggestione.
Franz Kafka, pur utilizzando un linguaggio apparentemente scorrevole e talvolta quasi banale, riusciva a fondere questi tre elementi in uno stile ormai divenuto inconfondibile, e creava storie inquietanti.
Non aveva bisogno di tante parole. Nel suo primo libro, “Contemplazione”, vi sono racconti di poche righe, in cui però già si ravvisano i futuri esiti della sua scrittura…

I passanti (di Franz Kafka)
Se passeggiando di notte per una strada scorgiamo un uomo da lontano (perché la strada è in salita e c’è la luna piena) e lui ci viene incontro, correndo, noi non ci permetteremmo di fermarlo anche se lui appare stanco e lacero, neppure se c’è un altro uomo che lo insegue gridando; lo lasceremmo proseguire nella sua corsa.
In fondo è notte, e non è colpa nostra se la strada è in salita e c’è la luna piena. Può darsi che quei due si stavano rincorrendo per scherzo, o forse entrambi inseguivano una terza persona; oppure il primo viene inseguito pur essendo innocente, e il secondo ha intenzioni omicide e noi diventeremmo complici in un assassinio; magari i due si ignorano a vicenda, e corrono ciascuno per conto proprio verso casa; potrebbero essere semplici nottambuli; il primo dei due potrebbe essere armato…
Ma poi, in fin dei conti, avremo pure il diritto di essere stanchi, no? Non abbiamo forse bevuto del vino?... Che sollievo nel momento in cui anche il secondo passante scompare in lontananza.

14 commenti:

  1. È perfetto. Senza una virgola in più o in meno. Esattamente l'opposto di quello di cui parlavo nel mio post di ieri. Pochi tratti, linguaggio scorrevole e sembra di essere sul posto e di prendere parte al personaggio. Questa è letteratura.

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    1. In effetti stiamo parlando di un'icona letteraria del XX secolo.

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  2. Be' bel racconto, senza dubbio
    da folle per conto mio:-)

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  3. Mi affascina molto la capità di alcuni scrittori di racchiudere in poche righe una storia, un momento, e lasciara compiuta, finita.

    Mi piace parecchio.

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    1. Sì, meglio una brevità compiuta che una prolissità dispersiva.

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    2. Questa me la devo segnare su un post-it e il post-it me lo devo tenere sempre davanti al naso: è maledettamente vera.
      Non amo particolarmente Kafka, ma questo raccontino è un bijou.

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  4. C'è da dire che hai nominato un maestro dell'atmosfera, mica Baricco (sì, mi sta antipatico, perdonatemi XD)

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    1. beh, va detto che Baricco (così come Erri De Luca) di parole ne usa davvero poche, forse troppo poche :-) però dà un senso di incompiutezza, cosa che Kafka non dà.
      ma Kafka è un maestro appunto

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    2. @ Alberto: anche a me Baricco non piace molto ;-)
      @ Piero: incompiutezza, è la parola giusta per i due scrittori che hai citato. Per Kafka si potrebbe dire lo stesso, invece riesce a trasmettere tantissimo.

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  5. Hai ragione, è bellissimo racconto, semplice ma profondo.

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    1. Non è un caso se Kafka è considerato uno dei più grandi scrittori del XX secolo in Europa.

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  6. Bello sto racconto, bravissimo!!!

    Ah, non era tuo ma di Kafka...?! Ok, allora è carino :)

    Simone

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